Capitolo 5

Tornata del Senato a pro dell'Oratorio - Discussione - Favorevole deliberazione.

Capitolo 5

da Memorie Biografiche

del 17 novembre 2006

 Era passato poco più di un mese dalla visita dei tre illustri Senatori all'Oratorio di Valdocco, quando sul principio di marzo si venne a sapere che l'alto Consesso si era occupato delle cose dell'Oratorio. In vero, il primo di detto mese, sotto la presidenza dei marchese Alfieri, i Senatori, tra le altre, discutevano due petizioni quasi analoghe, già annunziate sin dall'undici gennaio dell'anno stesso. L'una sotto il N° 47 era così concepita: “Brune, Giuseppe Carlo, professore, propone che sia provvisto con legge al ricovero e alla educazione dei giovani oziosi e vagabondi”. - L'altra sotto il N° 48 era di questo tenore: “Bosco Giovanni, Sacerdote, espone come per opera sua si siano istituiti tre Oratorii nei contorni di Torino per la educazione morale ed istruttiva dei giovani abbandonati, e chiede che il Senato voglia concorrere con opportuna deliberazione al sostentamento di detti Istituti”.

Relatore era il marchese Ignazio Pallavicini, il quale, venuto il turno della prima petizione, sorse, e a nome della Commissione stabilita a tal uopo, parlò così, come ricaviamo, dagli Atti Ufficiali, nella tornata del 1° marzo 1850.

Senatore Pallavicini. - Il professore Giuseppe Carlo Bruno, medico-chirurgo del ricovero penitenziario dei giovani discoli, colla petizione contrassegnata N° 47, si mostra giustamente commosso dal numero notabilissimo di giovanetti oziosi, orfani ed abbandonati dai genitori, bene spesso oziosi e fuggitivi dal paterno tetto, dormienti nelle vie, che percorrono la città vendendo zolfanelli o gomitoli di cera, o piccoli stampati, e quindi non dedicati a stabile mestiere, e senza ricovero fisso, per cui crescono all'infingardaggine, all'ozio, al delitto, alle pene, avvezzandosi fin da piccini a torre di tasca con arte finissima ora un fazzoletto, ora la scatola, ora l'orologio: presagio funestissimo di più gravi delitti. Ad ovviare un sì luttuoso disordine, vorrebbe il benemerito professore che tali monelli venissero tolti alla loro vita scioperata, e si allogassero invece in qualche stabilimento, onde appararvi insieme alle massime religiose un qualche proficuo mestiere, che loro valga dipoi quale mezzo bastevole di onesta risorsa; e a tale uopo propone l'istituto agrario-forestale della Generala, di recente ristaurato secondo i moderni principi della riforma penitenziaria, e munito di tutti i soccorsi atti a somministrare una educazione morale, elementare, professionale. A corroborare la sua proposta, cita l'esempio di ciò che praticasi a Losanna, nel Belgio, ed in Francia, ed invoca una legge che provveda al proposito. La vostra Commissione non può non far plauso grandissimo alle mire benefiche e filantropiche dello zelante, professore, e convinta come ella è (e crede bene che tale sua convinzione venga con lei divisa dall'intiero Senato), essere utilissima misura da non doversi procrastinare più a lungo quella di provvedere efficacemente ad un tanto disordine, e popolare di giovanetti le case d'istruzione, onde restino deserte di adulti le carceri ed i bagni, a gran cuore vi propone di tramandare simile petizione al Ministro degli Interni, affinchè provveda senza indugio e con efficacia a tórre la causa di tanta depravazione tuttodì nascente pei monelli.

Senatore Giulio. - Domando la parola.

Presidente.  - La parola è al Senator Giulio.

Giulio. - I sentimenti di umanità manifestati dal petizionario, e dei quali fa plauso la Commissione, di cui abbiamo ora udita la relazione, sono certamente divisi da ognuno di noi; e di certo, tutti facciamo eguale voto, perchè si ponga efficace rimedio a mali, che il petizionario e la Commissione a ragione lamentano. Si può tuttavia dubitare, anzi egli è certo che i mezzi dal petizionario proposti, e che il Senato in certo modo approverebbe col rinvio della petizione al Ministro, ben lungi dal poter sradicare il male che si lamenta, verrebbero ad aggravarlo ed accompagnarlo con altri mali maggiori.

Prima di pronunziare il proposto rinvio il Senato considererà certamente nella sua saviezza, se sia possibile che il Governo si incarichi direttamente dell'educazione di tutti questi fanciulli, se sia desiderabile che potendo lo faccia, se potendolo, l'incoraggiamento, che si verrebbe a dare alla negligenza dei parenti, non sarebbe male molto peggiore di quello, che si vorrebbe evitare.

Io non prolungherò di più queste osservazioni, certo che basteranno per mettere il Senato in guardia contro un sentimento di umanità, il cui effetto potrebbe essere tanto diverso da quello, che evitare si propone.

Qui il Senatore Giulio proponeva il così detto ordine del giorno contro la petizione del professore Bruno, vale a dire proponeva che il Senato passasse oltre, senza prenderla in considerazione e senza rinviarla nè raccomandarla al Governo del Re.

Presidente. - Essendo proposto dal Senatore Giulio l'ordine del giorno, io lo metto ai voti perchè ha la precedenza. Chi passa all'ordine del giorno voglia rizzarsi.

Dopo prova e contro prova l'ordine del giorno del Senatore Giulio è approvato, e perciò la detta petizione rimase inesaudita.

Questo infelice risultato della prima domanda faceva temere che sorte consimile toccasse alla seconda; ma la cosa andò ben altrimenti. Ed ecco l'esito avventurato della petizione di D. Bosco, malgrado le opposizioni del Senatore Giulio.

Senatore Pallavicini. - Analoga, per l'oggetto ed il fine che si propone, a quella che testè ebbi l'onore di riferirvi, sebbene differisca alquanto nei mezzi da adoperare, trovasi la petizione N° 48, che appartiene al distinto e zelante ecclesiastico di questa città, Sacerdote Giovanni Bosco.

Anch'egli desideroso del vantaggio di tanti giovanetti forviati, ed in pari tempo di tutta intiera la società, si dedicò già da qualche anno, coll'annuenza dell'Autorità Ecclesiastica e Civile, a radunare nei dì festivi, ed in diversi luoghi, giovinetti dai 12 ai 20 anni, e ben 500 frequentano l'Oratorio situato in Valdocco.

Quivi non capiendone più pel crescente numero, or sono tre anni, un altro ne apriva a Porta Nuova, e da ultimo un terzo in Vanchiglia, ed in questi tre luoghi con istruzioni e scuole e ricreazioni si inculca il buon costume, l'amore al bene, il rispetto alle autorità ed alle leggi, secondo i principi della nostra santa Religione, cui hannosi ad aggiungere le scuole convenienti intorno ai principi della lingua italiana, aritmetica e sistema metrico; ed in fine un Ospizio aprissi per ricoverare 20 o 30 giovani dei più abbandonati e necessitosi.

L'opera santa si sostenne così coi soccorsi di zelanti e caritative persone ecclesiastiche e secolari, chè la città di Torino non si rimane indietro in fatto di pii Istituti e di pie largizioni a pro del povero e dell'ignorante.

Ma le spese crebbero ogni anno, e l'Esponente è gravato dal fitto dei locali, che ascende a L. 2,400; da quelle della manutenzione dell'Ospizio e della rispettiva Cappella, cui aggiungonsi le quotidiane spese che l'estrema miseria di parecchi fanciulli rende indispensabili, e quindi trovasi costretto a cessare la continuazione di sì lodevole Istituto, troppo di frequente dovendo ricorrere alle persone, che finora lo beneficarono. Egli vorrebbe pertanto che il Senato prendesse in benigna considerazione un'opera sì proficua, e che la sostenesse colle sue deliberazioni.

La Commissione non si accontentò di quanto veniva esposto dal petizionario; e, benchè avesse già conoscenza di sì salutare Istituzione, nondimeno procurossi maggiori cognizioni, e risultò che oltre i doveri religiosi che vi si praticano nei dì festivi a vantaggio di tali giovanetti, ai quali eziandio porgesi la necessaria istruzione, i benemeriti fondatori altro scopo si erano prefisso, e quello si era di insegnar loro, oltre le cose già dette, il disegno lineare, la Storia Sacra, la Storia patria, e le nozioni della legge adatte al popolo, cui si sarebbe aggiunta la ginnastica, giuochi di destrezza, corse, ecc., ecc.

Si pensava ben anche di eccitare l'emulazione con qualche esposizione di oggetti d'arte, di industria, di dar qualche accademia e distribuire premii. Tutto ciò volevasi fare, ma non tutto potè praticarsi per la deficienza di mezzi e per le sorvenute critiche vicende. L'idea che vi accennai di una tale Istituzione da sè manifestasi per eminentemente religiosa, sociale, proficua, senza che abbia da spendere molte parole per persuadervene. Danno gravissimo sarebbe per la città tutta quanta, se a vece di prosperare tale Istituzione, e conseguire quello sviluppo, che si erano proposto quei buoni amici del popolo, che la coltivano, dovesse interrompersi o perdersi affatto per non trovar braccio soccorrevole che sostenga anche quel bene, quantunque incompleto, che sinora conservasi. - La vostra Commissione crederebbe di mancare a se stessa, al Senato che l'onorò di sì apprezzevole incarico, alla Società, se con tutta la convinzione del suo animo non vi proponesse di inviare simile istanza al Ministero dell'Interno, acciocchè voglia venire efficacemente in soccorso di un'Opera sì utile e vantaggiosa.

Giulio. - Con mio profondo rincrescimento adempio per la seconda volta ad uno spiacevole dovere, quello di impedirvi di entrare in una via, nella quale tutti siamo tratti dal proprio cuore, la via della carità legale, via, credo, funesta, via nella quale spero che il Senato non vorrà entrare a proposito di una petizione.

Io propongo ancora su questa petizione l'ordine del giorno.

Sclopis. - Le considerazioni esposte per la seconda volta dal mio onorevole collega, il signor Senatore Giulio, toccano sicuramente ad una delle più grandi questioni, che si agitano oggidì nella Società Europea. Non è questo nè il luogo, nè il tempo di discuterla: ma forse sarebbe, non dirò pregiudicar la questione, ma uno scoraggiare quegli Istituti, che (provenienti da beneficenza privata) intendono a sopperire ad una lacuna immensa, che è nella nostra Società attuale, se il Governo non desse qualche soccorso.

E qui mi pare che non conviene veder risolta la questione di carità legale, mentre s'invoca un soccorso, un aiuto in parte solamente sussidiario. Quando si trattò in altri paesi la gran questione della beneficenza pubblica, credo che coloro i quali con molta ragione volevano escluderne i principii assoluti, tuttavia riconobbero che là dove c'è impossibilità di soccorrere dal canto dei privati, e dove il Governo, senza impegnarsi in istituzioni sue proprie, può per altro riempire, se non altro, temporaneamente almeno, qualche lacuna, lo possa e lo debba fare.

Io vedo poi un bisogno tanto urgente, tanto stringente di provvedere a questa condizione dei ragazzi, i quali uscendo da quelle scuole infantili, di cui abbiamo qui il benemerito promotore presente, si trovano quasi abbandonati poi nella circostanza, in cui le passioni si risvegliano, il sangue bolle. Credo importante che il Governo sussidi le opere pi√π urgenti di beneficenza, senza impegnarsi tuttavia in modo permanente in queste istituzioni.

Ond'è che in questo caso inviterei il Governo a far ciò, e provvedere in modo che vi sia un mezzo di sopperire a queste gravissime esigenze. Per conseguenza dichiarando che la Commissione non ha (e credo che la Commissione sia del mio parere) avuto in mente di entrare in una discussione di carità legale, ma solo di invocare un sussidio, che il Governo dia come a tanti altri Stabilimenti di pubblica beneficenza, insisterò nella domanda dell'invio al Ministro degli Interni.

E lo dico colla più profonda convinzione, perchè appunto (come aveva già l'onore di esprimermi in questo Consesso in un'altra circostanza), il Consiglio Comunale avendo dovuto esaminare la condizione degli Operai, ha dovuto avvertire che c'è un gran difetto di assistenza in questa parte; e si può, senza esporre il Governo a prendere una assoluta determinazione, giovare per altro a mantenere in vita queste fondazioni, le quali poi con altri mezzi potranno forse diventare più durature. Il Governo debbe farlo; esso è un grande rimedio al male presente, una grande anticipazione di bene futuro.

Giulio. - Risponderò primieramente all'osservazione del Senatore Sclopis con due sole parole. I Governi sono tenuti a distribuire la giustizia ai cittadini, non a distribuire elemosine, perchè non disponendo dei beni propri, ma sebbene dei beni dei cittadini, non possono disporne se non per motivi di giustizia. Queste considerazioni, che credo indubitabili, mi paiono sufficienti a dimostrare che non è obbligo di un Governo di concorrere con fondi non suoi alla manutenzione di opere di beneficenza, comunque raccomandate da sentimenti di umanità e di religione.

I Governi non hanno altre beneficenze a distribuire che giustizia a tutti.

Sclopis. - Il Governo deve essere giusto anzitutto; sì, ma il Governo deve essere anche provvido: il Governo non deve impegnarsi in stabilimenti di carità legale, ma deve apportar sussidii nelle emergenze straordinarie. In questa parte l'assoluto non è la miglior via che si possa tenere. La esclusività, massime nelle emergenze attuali, potrebbe indurre a far disperare del bene di molte istituzioni, che ci sono raccomandate non solo dalla voce della carità, ma anche da quelle della previdenza politica.

Sauli. - Aggiungerò che queste istituzioni non sono di semplici limosine, ma istituzioni di educazione morale e religiosa, alle quali credo che il Governo sia tenuto.

Pallavicino-Mossi - Mi permetto di far osservare al Senato, che non è molto tempo egli avvisò opportuno il dare un'educazione coatta ai ragazzi vagabondi per le vie, il quale avviso manifestò con un suo voto dato per tale effetto ad un progetto di legge presentato dal Ministro alla Camera. Ora a che tende la petizione, della quale ci venne fatta relazione? Essa tende a dare un'educazione non punto dissimile da quella accennata. Dunque, se il Governo era disposto a mantener questa educazione, può benissimo anche ora sopperire alle spese a ciò necessarie, senza entrare nella teoria della carità legale.

Sclopis. - Il Governo lo ha fatto in una circostanza recente degli scaldatoi, e ne è stato rimeritato dalla riconoscenza di tutti i cittadini.

Presidente. - Due proposizioni sono fatte. Una della Commissione che raccomanda la petizione al Governo per un sussidio; l'altra del cavaliere Senatore Giulio, che vorrebbe che il Senato passasse all'ordine del giorno. Io porrò ai voti l'ordine del giorno, come quello che deve avere la precedenza.

Messo ai voti l'ordine del giorno non è approvato.

Presidente. - Pongo ai voti le conclusioni della Commissione.

Queste sono adottate; e perciò la domanda di D. Bosco fu dal Senato, rinviata al Ministro dell'Interno, affinchè gli venisse in soccorso pel sostentamento del suo Istituto.

Tale deliberazione dell'Alta Camera fu di una importanza grandissima; imperocchè da quel giorno l'Oratorio ed Ospizio annesso fu preso in considerazione dallo stesso Governo, il quale di tratto in tratto ne andò mostrando gradimento, ora lodandone il nobile scopo, ora inviandovi sussidi, ora raccomandandovi poveri ragazzi come in luogo sicuro, dove potessero imparare a divenire onesti cittadini, utili a se stessi, alla famiglia, allo Stato.

Eziandio varii giornali irreligiosi della città, facendo eco al Senato, pubblicarono articoli di lode per D. Bosco, e pel momento più non osarono parlar male di lui.

Ma D. Bosco, se aveva motivo di rallegrarsi del buon effetto prodotto da questa discussione in Senato, non meno dolevasi delle notizie pervenutegli dal suo Arcivescovo. Il Re Vittorio Emanuele gli aveva scritto di proprio pugno una lettera, dicendogli che prima di rientrare in diocesi Avrebbe dovuto aspettare di essere richiamato; e siccome sapevasi che era poco propenso al governo costituzionale, ravvisar necessario che con una pastorale dichiarasse di non avversarlo. E l'Arcivescovo, con lettere del 4 marzo, annunziava l'imminente suo arrivo in Torino, ringraziava il clero ed i laici delle prove di attaccamento che gli avevano dato, lodava la loro costanza nella fede cattolica; e con parole di elogio alla eccelsa stirpe Sabauda, asseriva dover tutti riconoscersi soggetti allo Statuto dato da Re Carlo Alberto, poichè il primo articolo di esso dichiara con formali parole: La Religione Cattolica Apostolica Romana è la sola religione dello Stato.

 

 

 

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