Catechismi della quaresima - Onomastico di D. Cafasso. -Letture Cattoliche: VITA DI S. PAOLO - La Pasqua- Incontro di D. Bosco con antichi allievi - Il nuovo direttore dell'Oratorio a Portanuova.
del 29 novembre 2006
   Il 2 marzo i catechismi, che nei tre Oratorii di D. Bosco, si facevano tutte le domeniche e le feste, divennero giornalieri fino alla Pasqua. L'esempio e la parola, del superiore facevano parer leggera ai catechisti
questa nuova fatica. Diceva loro che dovevano essere, ad imitazione di S. Francesco di Sales, omnibus omnia facti: detto di S. Paolo, che ripetevano recitando l'Oremus del loro santo Patrono. Replicava eziandio frequentemente. - Aiutatemi a salvare molte anime. Il demonio lavora senza tregua per riuscire a perderle, e noi lavoriamo senza, posa per preservarle.
    Un giorno D. Savio Angelo gli disse: - Si riposi un poco; non si alzi tanto presto alla mattina; alla sera non si corichi così tardi; ora non è più necessario far ciò, come lo era una volta. - E D. Bosco gli rispose: - Mi riposerò poi quando sarò qualche chilometro sopra la luna.
Perciò i catechisti in nulla si risparmiavano. Siccome la maggior parte di essi erano dell'Ospizio di S. Francesco di Sales, così in questo si anticipava il pranzo, ed ognuno, o superiore o suddito, si cibava in fretta e sacrificava anche la ricreazione meridiana, per trovarsi pronto e al debito tempo nella rispettiva classe. Ed era veramente mirabile lo zelo di tutti i catechisti, di quelli specialmente che da Valdocco dovevansi portare nei due Oratorii di S. Luigi e dell'Angelo Custode; imperocchè, oltre che per la stagione invernale il più delle volte o le vie erano cattive oppure nevicava o pioveva, percorrevano ogni giorno tra andata e ritorno da 5 a 6 chilometri a piedi. Questa vita di abnegazione facevasi da tutti col più bel garbo del mondo, e colla più viva gioia del cuore.
   D. Bosco, finito il catechismo, ogni giorno con un suo chierico andava a rinchiudersi nella biblioteca del Convitto ecclesiastico per scrivere i suoi opuscoli. Quivi accadde un grazioso aneddoto, che, tra l'altro, ricorda la venerazione di D. Bosco pel suo direttore spirituale e benefattore. Venne la vigilia della festa di S. Giuseppe, onomastico di D. Cafasso. D. Bosco era già stato in sua camera a presentargli le sue felicitazioni, come soleva fare immancabilmente ogni anno; e uscitone vi mandò per lo stesso fine il chierico che aveva condotto con sè. Il buon chierico trovò D. Cafasso nell'atto di recitare il breviario; questi col dito sul libro, fisso al punto al quale era giunta la sua recita, accolse benevolmente gli augurii e gli domandò:
     - Chi siete?
     - Sono il chierico A .......
     - In qual giorno avete fatta la vestizione clericale? Per verità ora non mi ricordo più bene, rispose il chierico dopo aver riflesso.
     - E in qual giorno avete ricevuta la prima comunione?
     A…..pensò alquanto e rispose: - Non saprei indicarlo precisamente.
     - Vedete, certe date non bisogna dimenticarle mai, e quando collo svolgere dei mesi ritornano questi anniversari, dobbiamo celebrarli con allegrezza, e con divozione. - Quindi ringraziandolo lo congedò.
Il chierico ritornato nella biblioteca, riprendeva il suo lavoro e riportava a Paravia le bozze del fascicolo delle Letture Cattoliche pel mese di Aprile. Eccone il titolo:
     Vita di S. Paolo Apostolo, Dottore delle genti, per cura del Sac. Giovanni Bosco (B). Eziandio in questo libro ogni capitolo termina con una sentenza così formolata, da non più scancellarsi dalla memoria del lettore.
   Ne accenneremo i pregi colle parole dell'Armonia del 19 maggio.
Il Sacerdote Bosco ha intrapreso ad esporre la vita dei Santi Apostoli, quindi quella dei Papi, affine di far conoscere coi fatti quelle verità che i nemici della fede vorrebbero celare coi cavilli dei loro ragionamenti. Questo sembra anche a noi il mezzo più adattato per premunire il popolo; perciocchè, sebbene o per mancanza di tempo o d'istruzione rifugga dai lunghi ragionamenti e dai grossi volumi, legge tuttavia con una certa avidità quanto ha l'aspetto di racconto.
   Questo libretto che è di pagine 168, oltre il pascolo morale, contiene molti fatti acconci a combattere motti errori dagli eretici per ignoranza o per malizia propugnati. - Per esempio, i protestanti vorrebbero negare la primazia a S. Pietro, e darla a S. Paolo: e loro risponde col fare notare come gli Apostoli riconobbero sempre S. Pietro per loro capo e per loro giudice nelle controversie religiose e come lo stesso S. Paolo andò a Gerusalemme per visitarlo e dargli conto della sua predicazione,, e così venerare in Pietro il Vicario di Gesù Cristo.
   I Protestanti tacciano d'intollerante la Chiesa Cattolica, perchè usa troppo rigore verso gli ostinati; e l'Autore reca le parole di Paolo, colle quali chiama Elima scellerato, arca di frode e di empietà, figlio del demonio; rapporta il fatto dell'incestuoso di Corinto, che il santo Apostolo prima scomunicò, di poi, vedendo ravveduto, accolse di nuovo nella comunione dei fedeli. I quali fatti dimostrano l'intolleranza della Chiesa Cattolica essere quella stessa di S. Paolo, che non voleva alcuna società tra Cristo e Belial: pag. 21, 76, 81.
   Fra le cose che i protestanti non finiscono mai di ridire contro la confessione, si è che ai tempi degli Apostoli, non si parlò mai di tal sacramento, e tosto loro si risponde col fatte, degli Efesini, i quali, alla predicazione di S. Paolo, venivano in gran numero a dichiarare le loro colpe: Confitentes et annuntiantes actus suos: pag. 74.
   I Protestanti non vogliono la tradizione, e tosto loro Si rispondi colle parole del santo Apostolo scritte ai Corinti, quando disse: Itaque, fratres, state et tenete traditiones, quas didicistis sive per sermonem sive per epistolam nostram: pag. 69. Lo stesso è notato nella lettera scritta dalle carceri di Roma al suo discepolo Timoteo: “ Quello che tu hai imparato, egli dice, procura di farlo intendere ad uomini religiosi e capaci d'inculcarlo ad altri dopo di te ”: pag. 134.
   Insomma l'Autore si propone di combattere gli errori coi fatti, e ci sembra che egli raggiunga felicemente lo scopo.
   Motivo per cui raccomandiamo caldamente queste Letture, siccome il pascolo migliore contro agli errori dei tempi nostri. Valgano queste nostre parole ad incoraggiare tutti quelli cui sta a cuore il bene della religione, e specialmente i parrochi, a volersi adoperare, con quei mezzi che sono in loro potere per far correre questi libretti per le mani dei popoli cristiani.
Il 12 aprile negli Oratorii celebravasi solennemente la Pasqua, che lasciava nel cuore dei giovani le pi√π salutari impressioni. Quante volte D. Bosco aveva loro con mirabile ardore ripetuta la sua massima: - Piuttosto non vivere che peccare. - E da lui e da' suoi collaboratori si era fatto ad essi comprendere come tanti sacrifici, fatiche, sollecitudini si fossero tollerate e altre ancora si fosse pronti a sopportare, pel solo desiderio della salvezza delle anime loro. E i giovani ne erano talmente convinti, che pi√π volte si udirono ripetere., - D. Bosco, per noi, non esiterebbe ad accettare la morte!
   Ed è perciò che lo riguardavano sempre come un amantissimo padre e anche dopo molti anni, incontrandosi con lui, dopo che avevano risposto alle sue affettuose interrogazioni, sull'attuale loro stato e condizione, sulle loro famiglie, ed anche sui loro interessi materiali, spontaneamente gli manifestavano come pensassero sempre all'anima propria, indicando il tempo nel quale si erano confessati, E D. Bosco allora: -Bravo, bravo; così sono contento. Procura sempre di essere un vero figlio di D. Bosco! - Che se per caso essi non avessero pensato ad entrare in simile ragionamento, D. Bosco, con una parola e con uno sguardo pieno di bontà, da loro bene inteso, faceva comprendere il suo desiderio di conoscere come si trovassero attualmente riguardo all'anima. - E di anima come stai? - Ti mantieni sempre buono? - È  molto tempo che sei stato a confessarti? - Hai fatta la Pasqua? - Quando ritornerai a trovarmi? - Vieni da me in qualsivoglia ora! - Sabato sera o domenica mattina, vieni; aggiusteremo le cose dell'anima. - E gli rispondevano con sincerità ed affetto, e l'obbedivano come le tante volte noi abbiamo veduto, dando prova dell'efficacia delle istruzioni catechistiche che avevano ascoltate e impresse indelebilmente nel cuore, quando erano ancor giovanetti.
   Anzi queste sovente li animavano a procurare il bene spirituale dei loro amici. Ci contentiamo di un fatto. Un giovanotto stato alunno nell'Oratorio, ritornava in Torino, dopo aver esercitato il suo mestiere in molte città d'Italia.
     Da ben dieci anni non sì era più confessato, e trovava grande ripugnanza al Sacramento. Un suo parente, esso pure artigiano e antico allievo, lo invitò a fare con lui una visita a D. Bosco, e venuti ambidue in Valdocco lo trovarono in sagrestia, che confessava gli ultimi penitenti.
     Il giovanotto aspettava che D. Bosco si alzasse dalla sedia, quando ecco il suo compagno dargli un spintone e gettarlo sbalordito fra le sue braccia. D. Bosco gli disse allora: - Hai paura di me? Non siamo sempre gli amici di una volta? Se ti vuo  i confessare è la cosa più facile.
     Dirò tutto io. - Il giovane intenerito, incominciò subito la sua confessione e ritornò ad essere un buon cristiano; e ancora oggi giorno ride dello scherzo del suo compagno e narra commosso ciò che Don Bosco gli disse in quel momento.
     Finite le feste Pasquali, i tre Oratorii avevano ripreso il loro andamento ordinario, e quello di S. Luigi, che dopo la morte del Teol. Paolo Rossi non aveva più avuto a Direttore verun sacerdote, era stato presieduto dall'avvocato Gaetano Bellingeri, un laico che aveva un cuore da apostolo. Ma non poteva più a lungo durare in quello, stato precario, e D. Bosco andava studiando ove trovare un sacerdote secondo il suo cuore.
   Alcuni mesi dopo, egli incontrava un mattino, in via Dora Grossa, il Teol. Leonardo Murialdo, e fermatolo, gli diceva: - Vorrebbe ella pagarmi la colazione? - Il Murialdo non se lo fece chiedere due volte e subito invitava il buon servo di Dio ad entrare in una bottega da caffè. Qui tra una facezia e l'altra, D. Bosco gli fece conoscere come avesse bisogno di un sacerdote fornito delle stesse doti di lui, per Direttore dell'Oratorio di S. Luigi; e gli faceva istanza perchè accettasse quell'incarico. Il Teologo Murialdo, che già con molto frutto dei giovanetti aveva prestata l'opera sua in Vanchiglia ed anche a Portanuova, accettò, mettendosi tutto a disposizione di D. Bosco. Da quel momento egli tenne l'Oratorio di S. Luigi come cosa sua la più cara, e ne fu Direttore fino al settembre del 1865, nel qual mese, andato a Parigi, volle passare un anno scolastico nel celebre Seminario di S. Sulpizio, tutto dato al ritiro, allo studio ed alla pietà. Egli era un santo, e non si può descrivere la carità che animavalo per la gioventù. Nulla tralasciò perchè l'Oratorio a lui affidato rassomigliasse a quello di Valdocco, e vi riuscì in modo meraviglioso con bene immenso delle anime. Non guardava a fatiche e a spese; era un altro D. Bosco; e questi aveva in lui piena confidenza; sicchè sgravato di quella cura poteva raddoppiare la sua sorveglianza sull'Oratorio di Vanchiglia. Provvedeva però sempre all'Oratorio di San Luigi gli assistenti e catechisti, coadiuvati da nobili signori.
   In quanto all'Oratorio di S. Francesco di Sales Don Bosco lo teneva sotto la sua immediata direzione ancora per vari anni, e i giovani esterni continuavano ad accorrervi numerosissimi fino al 1862. Egli faceva sempre il catechismo in chiesa ai più adulti, che entusiasmava cogli esempi graziosi, da lui narrati sul fine delle interrogazioni. Al Teol. Marengo, catechista assiduo per anni ed anni che non guardava ad incomodi o sacrifizi, in quest'anno 1857 si era aggiunto il Ch. Re, appartenente all'Archidiocesi, e che poi fu teologo collegiato e canonico della Metropolitana, il quale per fare il catechismo tutte le domeniche prendeva posto in coro.
 
 
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