A Roma si preparano due altari per la Chiesa di Maria Ausiliatrice - Offerte dei Romani per la costruzione della Chiesa - Quanto sia gradita in Roma la presenza di Don Bosco - Incanto della sua parola - Ritorna in calma un'anima turbata - Il Principe Torlonia stringe relazione col Servo di Dio - Sguardo di D. Bosco - Visita al Seminario di S. Pietro ed una fanciulletta storpia - Dà udienza a varii Cardinali - Il Venerabile al Collegio di Mondragone -Promette far da Roma una visita all'Oratorio - Il Padre Delorenzi e il suo Oratorio per la gioventù - Don Bosco ha sempre porta aperta in Vaticano - Il popolo lo attende quando esce di casa -Notizie varie - Visita di Don Bosco ad una moribonda - Un braccio che dovevasi amputare guarito colla medaglia di Maria Ausiliatrice - Don Bosco in piazza in mezzo al popolo - Accoglienze a Don Bosco nel palazzo del Principe Torlonia - Benedizioni e guarigioni - Al Caravita, e la Congregazione delle Dame Romane -Imponente dimostrazione popolare - Visita misteriosamente i giovani dell'Oratorio e poi narra ciò che vide - Conforta in sogno un afflitto.
del 06 dicembre 2006
 A Roma era tutta una gara per far piacere a Don Bosco in più modi, ma specialmente con onorare Maria SS. Ausiliatrice accettando biglietti di lotteria e facendo offerte. Due signori vollero a loro spese comandare a valenti scultori due altari di marmo da collocarsi nelle cappelle della nuova chiesa di Valdocco. Era già bello il disegno di uno di questi, ma il donatore, esaminatolo, non lo giudicò abbastanza ricco e volle che vi si aggiungessero tanti ornati per circa due mila lire. Era un atto di riconoscenza perchè, essendo egli malato cronico, D. Bosco lo aveva sollevato dai suoi dolori:
- Veda, D. Bosco, gli diceva; io non sono molto ricco, ma i miei redditi sono ben divisi e assicurati. Quanto io risparmierò di medici e di medicine, tanto spenderà per la sua Chiesa. Si ricordi che per Don Bosco farò tutto ciò che potrò.
E nella Chiesa di Maria Ausiliatrice continuavano i lavori colle offerte di Roma.
 
Roma, 22 gennaio 1867.
 
Carissimo sig. Cavaliere,
 
Il sig. Conte Vimercati mi lascia di dirle che egli domani con lettera assicurata le manderà una cambiale di quattro mila franchi da pagarsi a vista dai fratelli Nigra. Venne egli stesso oggi per la prima volta a dirmelo. È un vero miracolo il suo miglioramento. Perchè sappia poi, 3000 franchi sono dati da lui stesso. Oltre alle altre gravi spese e questo, per noi farà forse anche altro.
Spero che D. Durando siasi ristabilito dal suo incommodo e ne ringrazio il Cielo.
D. Bosco è andato a S. Pietro e a momenti andrò a trovarlo. È contento che lo saluti per parte sua?...
Sac. FRANCESIA G. B.
 
 
Anche il Conte scriveva al Cavaliere:
 
Roma, 23 gennaio 1867
 
Mio carissimo amico in G. C,
 
Ecco la cambiale di franchi 4039 da pagarsi a vista da codesti signori fratelli Nigra al di lei ordine. Questa somma è composta di varie offerte fatte qui per la fabbrica di codesta chiesa. Spero che prima che parta D. Bosco ne verranno delle altre. Io poi non le so dire come sia stato festosamente accolto e sia sempre meglio gradito questo sant'uomo in Roma da tutte le classi delle persone, cominciando dal Sommo Pontefice! Dio sia benedetto. Quanto a me le dirò che continuo a soffrire assai di notte ed i miei nervi non mi lasciano in pace, come vedrà dal tremolar della mano che scrive. Così piace a Dio e così sia. Io per fermo me ne sto tranquillo e contento. D. Bosco mi dice parole di conforto e di fiducia. Di fretta intanto, ma ben di cuore, me le offro nei sacri Cuori di Gesù e Maria
aff.mo amico vero
GIOVANNI VIMERCATI.
 
 
Sull'efficacia della parola di Don Bosco troviamo questa dichiarazione nei nostri documenti:
“ È un incanto udire la parola di D. Bosco così dolce, così viva, così penetrante. Se corregge, la sua correzione non irrita, ma fa piangere e fa promettere di cambiar vita. Se consola, l'afflitto sente sciugarsi le sue lagrime e mutarsi il dolore in gioia tranquilla. Se loda, il suo elogio inebbria ed entusiasma. Se compatisce un infermo, il suo affetto lo riempie di pace e di speranza. Si videro madri desolate presentargli de' figli quasi morenti ed ei li benedisse, non promise guarigione, ma le tranquillò esortando le buone donne a portare quella croce che il Signore loro aveva data. Una di queste si congedò da lui baciandogli la mano ed esclamando: - Parto, ma tanto consolata, come se avessi visto mio figlio risanato. - Ed è certo più gran miracolo indurre una madre a perfetta rassegnazione, che quello di guarirle il figliuolo ”.
La sua parola non si alterava mai, non dava segno d'impazienze, ma usciva franca, quando occorreva, anche davanti a persone altolocate.
Una Dama della pi√π alta aristocrazia romana, raccomandava a D. Bosco due suoi figliuoli infermi. Il Venerabile le fece osservare che bisognava rimettersi a quello che il Signore disponeva.
Quella allora con vivacità ed una certa alterigia:
- Non faceva bisogno che Ella venisse da Torino per insegnarmi queste cose!
E D. Bosco tranquillamente:
- Deus superbis resistit!
La Dama, che in fondo era veramente virtuosa, intese che ci voleva umiltà per ottenere grazia e dopo d'allora appariva umilissima ogni volta che si trovava con lui: e lo fu sempre.
La Contessa Anna Bentivoglio il 27 gennaio scriveva al Cavaliere Oreglia:
Alcune espressioni dettemi da D. Bosco, e da me male interpretate, mi avevano talmente stravolto il cervello, che per una settimana ho creduto d'impazzire. Ieri sera finalmente una visita di Don Bosco, che tremava di rivedere, mi ha tranquillizzata. Ho potuto riprendere le mie preghiere che non era più capace di recitare, ed occuparmi nuovamente della mia casa e di tutti i miei doveri. Don Bosco dice che il demonio, il quale fa di tutto per impedire il bene, mi aveva messi tutti quei spaventi per la testa. Basta, speriamo che di quei giorni non ne tornino mai più. Certo che tutt'altra persona che non fosse della virtù di D. Bosco avrebbe con me perduta la pazienza, ma egli invece mi usa carità e non fa caso delle mie stravaganze .....
Abbiamo molto parlato con D. Bosco dell'altare da farsi e pare che siasi stabilito di incominciare subito i lavori: con Annibale s'intendono molto bene a parlare di marmi, di costruzioni e di ornamenti...
Don Bosco è sempre in giro dagli ammalati e da tutte le persone più distinte di Roma, cominciando dal S. Padre, dal quale mi diceva ieri sera, avere l'accesso libero a qualunque ora, senza fare anticamera. Questi sono favori che non si compartono con facilità e D. Bosco deve esserne molto contento .....
 
Di queste visite continuava a scrivere D. Francesia. Ecco la lettera, alla quale noi aggiungiamo fra parentesi le date, per maggior chiarezza.
 
Carissimo D. Rua,
 
D. Bosco, malgrado ogni sua buona volontà, non ha potuto ancora rispondere come desiderava a tutti quelli che di costà gli scrissero aprendogli le loro pene ed i loro voti perchè ogni cosa gli riuscisse favorevole. Se io dicessi che non ha tempo neppur a mangiare, non sarei creduto, e tuttavia direi la verità. Ed appunto per questa continua ed oppressiva occupazione, da qualche giorno in qua non istà più tanto bene. Ognuno a lui ricorre e per le malattie del corpo e per quelle dell'anima . Fortuna che D. Bosco prega e mi dice di pregare perchè nulla di straordinario avvenga, del resto io temo di non condurlo più intiero a Torino.
Qui a Roma, dacchè siamo venuti, non ha fatto altro che piovere ed in che modo!
Benchè poco, venne eziandio la neve. Le strade sono fangose: è un brutto andare attorno.
Di questi giorni D. Bosco ha stretta relazione col principe Torlonia. Povero ricco! come fa pietà! Con tante ricchezze è tanto infelice! Dio voglia che D. Bosco possa far conoscere a questo signore le sue necessità e averne soccorso. A lui 100.000 scudi è come per noi 100.000 centesimi (regalati però). Saprai meglio di me che questo principe, favolosamente ricco, ha una famiglia disgraziata. Se coll'entrata di D. Bosco ci entrasse qualche benedizione che cara fortuna! Ma sarebbe necessario che il medesimo D. Bosco derogasse dall'antico proponimento di non voler domandare a Dio nulla di temporale con istanza.
Si sparse la voce che D. Bosco avrebbe condotti a Torino quanti più giovani l'avessero desiderato. Che furia di richieste! Anche i Padri Gesuiti sono incantati della santità di D. Bosco. Ed io credo il miracolo più grosso operato da lui sia il non aver fatto nulla di grande e l'essere tanto onorato.
Il suo sguardo è interpretato come a Torino. Quanti pensieri dopo una sua occhiata, se non troppo benigna, se seria, se solo indifferente. Anche lagrime in una buona signora ho veduto dopo una girata di occhio un po' misteriosa: -Povera me, esclamò; egli mi vede che ho bisogno di aggiustare le partite dell'anima mia! - Ed era forse così, perchè subito dopo andò ad aggiustare le partite dell'anima sua.
L'altro dì (22) fummo al Seminario di S. Pietro ed una povera fanciullina che si reggeva sulle grucce, venne gridando: - Mi dissero che qui c'è un santo, che mi può guarire. Oh mi guarisca per amor di Dio! - E ciò senza che sia avvenuto un fatto pubblico e grave per far conoscere D. Bosco come taumaturgo!
Dalla mattina alla sera è un andirivieni alla nostra abitazione: e venerdì (25) tre cardinali vennero ad un tempo. Che magnificenza, che splendore. Stavano davanti la porta parecchie carrozze e come addobbate! Il passeggiero transitando domandava:
- E chi sta qui dentro? C'è venuto il S. Padre?
- E che S. Padre! È un prete di Torino, si udiva rispondere, che si dice ed è veramente santo!
D. Bosco, già in molta voce per la sua pietà e pel suo Istituto, ora il diviene per la sua Storia d'Italia. Ognuno la dice un capo lavoro. I PP. Gesuiti l'adotteranno forse nei loro collegi che hanno qui in Roma.
Di questi giorni passati (24) siamo andati a Mondragone con un tempo, veramente orribile. Eravamo cinque nella medesima vettura: il D. Bosco di Torino, il D. Bosco di Roma, il Duca Scotti e la Duchessa e il Marchese Cappelletti. L'unica soddisfazione in quell'orrore era l'avere in nostra compagnia D. Bosco. Anche la Duchessa, bagnata e piena di freddo, invece di lagnarsi se ne mostrava lietissima, ma per la cara compagnia avuta. Giunti là fummo ricevuti come principi, e per D. Bosco furono tutti gli onori. Vollero quei buoni Padri che D. Bosco indirizzasse a tutti i giovani, divisi in tre classi, qualche parola. Come l'ascoltarono con religione, e cogli occhi mostravano la loro gratitudine e compiacenza. La piccola medaglia miracolosa fu il ricordo che lasciò a ciascheduno e che ognuno riceveva con piacere. Gli alunni diedero saggi di ginnastica. Pensammo allora al nostro Anfossi che è così bravo in questi esercizi ed al contento che avrebbe avuto nel vederli così sciolti e spigliati su per quelle corde. Il locale di Mondragone era ed è dei Principi Borghese: era una volta un paradiso di passatempo e forse non innocente, ed ora di studio e di pietà. Quei giovani si appassionarono subito di D. Bosco e non sapevano più distaccarsene. Trovammo Piemontesi e proprio di Torino. Vedemmo il marchesino Cantono. Che buon giovane è mai, che fisionomia candida. Occupa i primi posti di scuola e nell'affezione universale. I maestri lo amano e lo stimano assai. Che bel momento fu per lui quando vide D. Bosco! Cinque o sei volte gli baciò la mano e non era ancora soddisfatto. Fra questi giovanetti molti sono i buoni, parecchi i buonissimi; tutti fior di nobiltà; amantissimi della virtù e della penitenza. Loro modello S. Luigi. Conoscono anche il nostro Savio Domenico e cercano di imitarlo. L'avrebbe mai sognato Savio, l'avremmo mai pensato noi che un giorno egli sarebbe stato l'ammirazione di tanti? Se i giovani là sono buoni, il merito è tutto dei Padri. Non li perdono mai di vista, in ricreazione, in iscuola, studio, camerata. È in mezzo a loro che provano soddisfazione, fra essi trovano il loro contento.
D. Bosco mi disse sabato a sera che oggi (26) e domani (27 domenica) vi avrebbe fatto qualche visita e che mi direbbe dopo anche i nomi di quelli che si regolano male. Ricevendo questa mia ogni cosa sarà fatta, ma ve lo dico perchè sappiate che D. Bosco si occupa dell'Oratorio e perde nessuno di vista. Scriverò martedì (29) quanto la Pitonessa sarà per suggerirmi. Perdona se così chiamo l'amatissimo D. Bosco. E questo, notate, disse come se avesse a bere un bicchier d'acqua. Già per lui ogni cosa riesce facile.
Ho nominato più sopra D. Bosco di Roma e ciò merita una spiegazione. Un buon Padre Gesuita, P. Delorenzi, si occupa specialmente della gioventù romana; era ed è in relazione stretta e confidenziale con D. Bosco. A Lui già aprì ogni segreto del suo cuore. Quando volle il Signore, gli capitarono tra le mani le vite dei nostri tre santini, come qui li chiamano. Non ci voleva altro a diffonderle tra i suoi, a innamorarli ad imitare quelle virtù giovanili, che essi avevano praticate in modo eroico. E bisogna confessarlo vi è riuscito. Egli è diventato padrone assoluto di quei giovanetti. Tutto però s'inspira dal nostro D. Bosco. E se i nostri sapessero quante virtù cotesti Romani praticano Di tale età visitano le carceri, gli ospedali; fanno il catechismo ai carcerati; aiutano gli infermi, li lavano, e prestano tanti altri servigi. Furono questi giovanetti che guidati dal P. Delorenzi, a forza di penitenza, preghiere e confessioni e comunioni, ottennero la beatificazione del B. Giovanni Berckmans.
Il S. Padre ha fatto avvisare D. Bosco che ogni volta che desidera abboccarsi con lui non ha che a farsi portare, come dicono qui, o da Mons. Arcivescovo Berardi o da Mons. Pacifici. Quanta bontà! A Roma D. Bosco aveva a trattare di cose gravissime con un certo tale che si dice ed è difficilissimo. E che vuoi? D. Bosco gli parla, lo persuade, lo converte al suo partito e lo fa suo patrocinatore. Che Dio continui l'opera così ben avviata e fortiter e suaviter, prima questo, poi quello, e le cose nostre andranno prosperamente.
D. Bosco andando per via è salutato come, anzi, più che a Torino. Tutte le mattine quando esce di casa trova lo scalone del palazzo ed il portico gremito di persone che lo aspettano. Se vuole che la folla lo lasci passare, bisogna che dall'alto della scala dia la benedizione. Quello che a tutti piace è di vederlo sempre queto e con aria ilare. La sua giovialità poi ha conquistato più cuori.
Or ora m'interruppe la lettera Mons. Arcivescovo di Colossi, Rossi Vaccari, venuto per ossequiare D. Bosco e D. Bosco è in giro per Roma a visitare gli infermi. Abbiamo qui vicino una moribonda da quindici giorni: dice non poter morire se prima non vede D. Bosco; quando poi l'abbia veduto assicura che morirà. E D. Bosco non l'ha potuta ancora consolare.
Seppi che tu ti strapazzi nel troppo lavoro. D. Bosco ne ebbe dispiacere e ti raccomanda di averti riguardi.
Sac. FRANCESIA G. B.
 
P. S. - Per la festa di S. Francesco si era inteso che si aspettasse. Il Ciambellano dell'Imperatore d'Austria ha in questo momento udienza da D. Bosco. La principessa Orsini lo aspetta per condurlo dal Principe Torlonia. La principessa Odescalchi ha promesso a Don Bosco 1000 scudi per la chiesa. La madre di una sua fantesca è ortodossa russa, ed è in punto di morte, nè pensa a convertirsi. Don Bosco prega e pregate anche voi. D. Bosco però giorni prima che ammalasse ha detto ed assicurato che sarebbe ella morta cattolica.
Ci venga chiunque a Roma, vegga pur qualunque pi√π bella cosa, ma se non ha visto il religioso trionfo di D. Bosco non ha visto nulla. A te posso scrivere questo, ma non vorrei che diventasse cosa pubblica.
L'amo D. Bosco e, appunto perchè l'amo, certe sue cose è meglio che s'ignorino.
Quest'oggi bacerà le catene di S. Pietro esposte nella chiesa a noi vicina. Di' alla Contessa Collegno che la sua Emilia sarà ascritta alla pia associazione del S. Cuore sabato, giorno sacro alla Purificazione di Maria SS.
 
La persona moribonda da quindici giorni, alla quale accenna D. Francesia sul finire della sua lettera, era una monaca.
Costei desiderava, prima di morire, vedere D. Bosco, abitando in quella stessa casa ove esso era alloggiato. Faceva fare istanze tutti i giorni, ma D. Bosco non era mai in libertà. Un bel mattino finalmente il portinaio chiuse la porta e gli disse:
- Non andrà fuori, se prima non vede l'ammalata.
D. Bosco sorrise e andò. La monaca fu contentissima di veder appagati i suoi desiderii e D. Bosco le disse:
- Si metta pure in viaggio, che io vengo a darle il passaporto.
E la notte morì.
Un'altra lettera, piena d'importanti notizie e di filiale entusiasmo, giungeva al Cavaliere Oreglia:
 
Carissimo sig. Cavaliere,
 
…Pare che a D. Bosco, malgrado ogni tentativo di non far cose belle, oltre quelle che fa colle sue parole, tuttavia gliene scappino a suo dispetto. Senta questa che incomincia ad alzar la voce qui in Roma e che forse vedrà stampata coi dovuti documenti. Ma per adesso io lo prego e lo scongiuro, non faccia pubblicar la cosa.
L'altra settimana D. Bosco fu invitato da un bravo giovanetto dei Collegio Romano a visitare un suo fratello o sorella (ora non mi ricordo bene) che da un anno circa pativa terribili dolori ad un braccio, che i medici per ultimo tentativo consigliavano di amputare per salvare il resto. Pensi come il suo povero padre sentì tale sentenza. A D. Bosco, invitato con premurosa tenerezza dal fratello, doleva di non potervi andare per le moltissime cose che aveva da fare. Gli consegna però la medaglina, che adesso possiamo chiamare meritatamente miracolosa, raccomandando a lui e a tutta la famiglia di pregare Maria Ausiliatrice e di applicare il religioso oggetto sul braccio ammalato. Alla sera la famiglia eseguisce ogni cosa con fede. Alla mattina l'infermo, non più infermo, grida a tutta gola che egli è guarito e che la Madonna gli ha fatta la grazia. Così dicendo alzava liberamente il braccio. Nessuno voleva credere a quello che vedeva, ma la cosa era fuor di dubbio. Allora vollero cercare la medaglia, dalla quale riconoscevano un effetto così felice, per baciarla e ringraziare Maria; e la medaglia non si potè più trovare. Ove sarà ita? Non si seppe. Ne sono tuttora dolenti, chè l'avrebbero conservata come preziosissima reliquia. Intanto al braccio del fanciullino non rimase che una crosta o macchia, segno del male passato che conferma il fatto.
Domenica (27) abbiamo avuto gran festa qui vicino e P. Franco tenne discorso sul denaro di S. Pietro. Che concorso di gente e che bella musica! Ma dopo la festa in chiesa si minacciò di farne una seconda fuori. Mentre la gente usciva e si diffondeva per l'ampio piazzale davanti alla chiesa ed alla casa del sig. Conte, D. Bosco arrivava da fare qualche visita per Roma. La gente incominciò a fermarsi, a mormorare un nome: poi a correre e gettarsi tutti sopra a D. Bosco. Egli, tranquillo, era in mezzo al Conte De Maistre, alla Marchesa Villarios, la principessa Orsini e varii altri. Non si aspettava un tale incontro. Tutti lo volevano vedere, tutti baciargli la mano ed il nome di Don Bosco era ripetuto da mille e più bocche, narrandosi a vicenda le sue virtù ed opere miracolose. Ce ne volle per strapparlo di là. Molti piangevano a quella dimostrazione pietosa. La madre dei due Spazzacampagna, presente al fatto, al vedere l'affetto universale per le virtù di D. Bosco, sentì meno il dolore di aver i figli lontani e ringraziò la Provvidenza che gli abbia raccolti sotto sì brava e santa persona. Io non le dico un millesimo, di questa dimostrazione. Fu simile a quelle che il popolo romano è solito a fare al S. Padre...
D. Bosco era aspettato, come si aspetta un angelo, in casa Torlonia. Quella casa che forse non si sarebbe mossa alla venuta di un re, discese tutta, la parte sana cioè, perchè alcuni sono infermi, ad aspettare D. Bosco sulla porta. Stupivano i servi e più stupivano i signori che gli facevano corona. Ma D. Bosco fa in tutto e dappertutto eccezione. Egli al solito si fece attendere. Finalmente arrivò e fu accolto colle più cordialissime feste. Benedisse gli infermi, parlò a tutti i membri di quella nobilissima famiglia, e stette qualche ora in quella casa, dove l'oro è a sacchi negli scrigni e gettato a piene mani sulle pareti. Il Principe non si voleva nè sapeva più allontanare da D. Bosco e voleva mostrargli ogni cosa colla più tenera ed affettuosa semplicità. D. Bosco osservando tante e così spaziose sale, sospirava, dicendo: - Ah! signor Principe, se io avessi questi locali, quanti letti ci metterei per i miei poveri giovani i - Alla fine il Principe lo invitò a tornare a dirgli una messa, e gli promise che anch'esso avrebbe preso parte alle sue opere di beneficenza. Lo accompagnò alla vettura, gli chiuse lo sportello, e più volte lo ringraziò d'essersi degnato di visitarlo.
Ora le avrò a dire di una visita ad un povero infermo cieco da più di sei mesi? Pare che Don Bosco sia creduto da tutti come guaritore di ogni male al solo toccare colle sue mani l'infermo. Quest'infelice baciando la medaglina a lui raccomandata:
- Ah mi tocchi l'occhio colle sue mani, diceva piangendo; che io veda, o Signore!
Quanta fede!
D. Bosco non ha a far poco per tranquillar tanta gente, la quale spera, anzi è sicura di ottenere grazia. Ma ad ogni modo è provato da tutti che o all'anima o al corpo le sue visite servono sempre. Un'inferma mortalmente per sbocchi di sangue in gran copia, benedetta da D. Bosco, prodigiosamente migliorò, anzi si dice guarita. Mandò, secondo il suo potere, una piccola ma cordiale oblazione.
Fu al Caravita lunedì (28), dove si raccoglieva una volta il fiore delle Dame Romane in pia Congregazione. Un tempo era florida, ora deperiva con grave danno.
Nei giorni di conferenza appena quattro o sei signore e al massimo otto intervenivano alle riunioni. I Gesuiti, che a Roma sono onnipotenti, ne erano desolati e non riuscivano a ravvivare quella Società. Invitarono perciò D. Bosco a dir quivi la messa e a fare un discorsino. D. Bosco accettò. Si sparse la notizia e lunedì la chiesa era gremita di gente ad ora molto anticipata. Alle otto, ora stabilita, tale era la calca che nessuno potea più entrare. D. Bosco al solito tardò. Suonano le 9 e poi le 9 ½ ed esso non compare. La gente non dava segni d'impazienza, ma sempre sopravvenendo nuove carrozze ne erano piene le porte e le strade. L'unico affetto che provavano i radunati era la paura che D. Bosco non venisse.
Finalmente arrivava. Erano quasi le 10. Ma non poteva entrare in chiesa, stante la folla; e ce ne volle del tempo per giungere alla sacrestia. Quivi, vestiti gli abiti sacri, andò a celebrare la S. Messa, fece molte comunioni e poi parlò. Incominciò dicendo: “ Fede! Fede ci vuole, o miei cari, per operare! ” E ciò diceva con tale entusiasmo che sembrava una corrente elettrica investisse e scuotesse il suo uditorio. Pareva ispirato. Rimproverò, ma fu ascoltato con riverenza. Raccomandò e faranno. Quando scese dal palco che serviva di pulpito, nessuna persona voleva uscire. Tutti gli si stringevano attorno, tutti volevano parlargli e solo alla promessa che presa una tazza di caffè sarebbe ritornato, lo lasciarono passare.
All'altare, nei corridoi, in sacrestia c'era gente che lo aspettava. Parevano i nostri giovani quando dopo le orazioni si affollano per baciargli la mano. Tutti avevano le loro necessità da manifestargli, infermi da fargli benedire. Come si potè, fu strappato di là mezzo rotto e condotto in salvo al Collegio Romano. E noti che il maggior numero di quelle dame erasi portato in chiesa alle 7.
Alle 12 moltissime aspettavano ancora D. Bosco in chiesa pel vivo desiderio di salutarlo.
In mezzo la via fu uno spettacolo commovente. Da tutte le bande appena lo videro accorsero madri coi loro bimbi in braccio, accorsero signore, signori, preti, gesuiti ed altri e altri, tutti per ricevere la benedizione. Io non seppi far altro che nascondere la faccia entro il mio cappello e piangere, pregando per quelle anime pie e così piene di fede. Vidi più altri che avevano gli occhi lagrimosi, fra cui una guardia nobile palatina, il Marchese Narmerini, che stava attendendo D. Bosco per condurlo a casa, anche per benedire la sua povera consorte ammalata.
A stento salì sulla sua carrozzella. Tutta la via era gremita di persone e da una parte e dall'altra fiancheggiata da due lunghissime file di carrozze di nobili. Ed ecco tutti gettarsi in ginocchio gridando:
- D. Bosco, la sua benedizione!
I carrozzieri si tolsero il cappello e D. Bosco nella Roma dei Papi dovette benedire il popolo.
Crescit proprio eundo l'entusiasmo per l'amatissimo D. Bosco e dove lo possono avere, dicono, per un momento e poi per ore ed ore, non lo lasciano pi√π uscire. Ed egli non ha mai fretta. Per potergli parlare ce ne sono di quelli che lo aspettano e direi stanno in agguato delle mezze giornate, e quando loro accade di potersi abboccare con D. Bosco un dieci minuti, sono contentissimi.
Forse D. Bosco occupatissimo come è, non potrà, come era suo vivo desiderio, scrivere in risposta e ringraziamento a tutti quelli che gli scrissero tante belle lettere. Parecchie mi furono date anche a leggere a me. Come erano bene scritte! Per occupare qualche momento le persone che aspettavano udienza, e per dar loro saggio della bontà di cuore e d'espressione dei nostri giovani, ne diedi alcune a leggere a diverse persone e tutti ebbero a lodare la virtù che traspariva da quelle candide parole. Che ne siano tutti ringraziati, e se Don Bosco non potrà soddisfarli individualmente, scriverà a tutti insieme un letterone che si possa avvicinare al fascio di lettere che gli mandarono.
Terminando, sento che ho un dovere da compiere verso tutti i giovani della Casa che cercarono in questo tempo di assenza di Don Bosco di fare in modo colla loro buona condotta che egli non avesse a dolersi. Domenica però e lunedì fu a trovarli, e non ne fu troppo contento. Vide tante cose che si riserba egli stesso di scrivere nel primo ritaglio di tempo che gli rimarrà. Già io non so come abbia fatto, perché non ci fu giorno in cui sia stato più occupato quanto in questi giorni. I misteri di Dio e de' suoi servi fedeli sono sempre investigabili. A molti però batterà già il cuore! Deh, sia a salute!
Sac. FRANCESIA G. B.
 
 
Di questa visita fatta invisibilmente dal Venerabile all'Oratorio si ebbero prove sicure nell'indicare che fece con esattezza coloro che vide uscir dalle file mentre andavano alla passeggiata, mandare a far compre in città con danaro non consegnato al Prefetto, leggere di nascosto libri non convenienti alla loro età, allontanarsi di sera non osservati dalle scuole di canto, e via dicendo.
Un Salesiano, tuttora in vita, asserisce:, “ La notte precedente al giorno nel quale D. Bosco fece scrivere la lettera ai giovani, avea sognato che D. Bosco era venuto nell'Oratorio. Lamentandomi con lui delle inquietudini di coscienza che provava: - Sai perchè? mi disse D. Bosco: perchè non sei ancora tutto di D. Bosco. - E mi parve di essere vicino a un ponte stretto ed altissimo sotto il quale scorreva un'acqua profonda e nera. Io non osava passare, ma Don Bosco mi prese per mano e incoraggiandomi colle sue parole, e camminando egli pel primo, coll'aiuto di Dio mi trovai dall'altra parte del ponte sano e salvo. Appena venuto D. Bosco da Roma, gli raccontai il mio sogno ed egli mi rispose che stessi tranquillo ”.
 
 
 
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