Consigli non accolti - Un prezioso suggerimento - Il figlio e la madre - Fine nobile e generoso - Il pianto delle madri.
del 30 ottobre 2006
 Tre mesi erano scorsi ormai dacchè D. Bosco trovavasi in seno alla famiglia, e mercè del riposo, della salubrità dell'aria e delle amorose cure dei suoi cari, egli poteva dirsi intieramente rimesso in salute. Intenerito poi dalle frequenti visite che gli facevano i giovani per ricondurlo a Torino, pressato dalle lettere affettuose con cui lo sollecitavano a ritornare, egli aveva promesso di contentarli, e gli pareva ogni giorno mille di poter prendere le mosse alla volta dell'Oratorio. Ma due cose lo tenevano perplesso, e ritardavano il compimento dei suoi desideri: I consigli degli amici che ne lo dissuadevano, e le circostanze critiche della sua nuova dimora in Valdocco.
“Tu hai bisogno, gli diceva o scriveva or l'uno or l'altro dei suoi compagni, tu hai bisogno di stare qualche anno in riposo e lontano dall'Oratorio; senza di ciò sarai sempre in pericolo di una ricaduta, che o ti renderà inabile al lavoro, o ti porterà infallantemente alla tomba. Fermati adunque ancora in famiglia per qualche tempo; occupati in cose facili e leggiere, e così ben fortificato potrai in avvenire entrare in campo e lavorare poscia senza tema”. Di questo parere erano pure l'Arcivescovo e D. Cafasso, che gli avevano scritto consigliandolo a rimanere e assicurandolo che, il suo Oratorio essendo in buone mani, egli poteva riposare tranquillo, senza lasciarsi preoccupare da nessuna ansietà.
E realmente se si considerava l'improba fatica che dava l'Oratorio; se si rifletteva alla gracile complessione di D. Bosco e alle conseguenze della malattia mortale, da cui come per miracolo era scampato solo poc'anzi, questi suggerimenti non erano certamente da disprezzare; ma per miglior fortuna una calamita prepotente traeva D. Bosco a riprendere la cura dei suoi giovinetti, e sentiva un rincrescimento, una pena, una ripugnanza indicibile nell'accogliere gli accennati consigli. Per la qual cosa a voce e per iscritto ringraziando gli amici di loro benevolenza, rispondeva come l'Apostolo Paolo: “Lasciate che io vada dove il Signore mi chiama. Egli, che è onnipotente, e che abbatte e suscita, saprà rinfrancare le mie forze, e darmi la sanità necessaria all'uopo. E poi ne dovessi ben anche soccombere, che importa? Nihil horum vereor, nec facio animam meam pretiosiorem quam me: Io non temo quello che voi dite, nè tengo la mia vita più preziosa dei mio ministero; chè anzi sarei contento di terminare la mia carriera a vantaggio della povera gioventù”.
Vedendo questa risoluzione e parendo di scorgervi una disposizione del Cielo, D. Cafasso tra gli altri e Mons. Fransoni acconsentirono che egli ritornasse all'Oratorio, ma colla raccomandazione che per qualche tempo si limitasse a farsi vedere tra i giovani, a dirigere, a consigliare, astenendosi assolutamente dall'udire le confessioni, predicare, fare scuola, il catechismo e simili. D. Bosco promise, ma poi.. il vedremo a fare come prima. Parlando un giorno di questo, lo udimmo a dire: “Da prima io aveva bensì volontà di ubbidire e mantenere la mia promessa; ma poi, vedendo come il Teol. Borel e compagni non potevano attendere a tutto, e talora, molti giovani nei giorni festivi rimanevano senza confessione e senza dottrina, non potei più reggere a starmene in ozio. Ripresi pertanto le solite mie occupazioni, e da 25 e più anni in qua non ebbi più bisogno nè di medici nè di medicine. La qual cosa mi ha fatto credere che il lavoro bene ordinato non sia quello che rechi danno alla sanità corporale”. Il fatto è vero, ma però ne fu causa primaria il suo eroismo sacerdotale. Vinte le difficoltà che gli frapponevano i troppo peritosi amici, si trattava di superarne un'altra molto maggiore. Ritornando a Torino D. Bosco doveva fermare sua stabile dimora in Valdocco presso l'Oratorio e conosceva quanto pericoloso fosse il soggiorno in quel sito, sia per l'albergo della Giardiniera, sia per certi vicini e vicine di vita biasimevole. Nella sua nuova abitazione non potendo più avere il servigio che gli si prestava nell'Istituto della Marchesa Barolo, abbisognava di una persona in casa; ma per gli accennati motivi egli non si sentiva il coraggio di prendersela, temendo con ragione di esporla a pericoli, che è facile immaginare. Perciò ne stava in pensiero ed angustia. Or chi lo toglierà da' suoi dubbi? Chi gli spianerà la via nella sua venuta e fermata in Valdocco?
La donna entrò sempre in tutti gli avvenimenti più o meno avventurosi per la misera umanità, e per la salute delle anime. Non è qui il luogo di passare a rassegna tutte le grandi eroine, che per divino volere nell'antica e nella nuova Legge presero lodevole parte al compimento di fatti egregi; ma siccome per noi e per la gioventù in genere lo stabile impianto dell'Oratorio e dell'Ospizio di San Francesco di Sales fu un avvenimento di tanta importanza, così è pregio dell'opera notare aver disposto Iddio che le donne, altresì vi avessero una parte singolare. Vi ebbero parte le madri coll'inviare all'Oratorio con sollecitudine e premura i propri figliuoli; v'ebbero parte le signore colle limosine offerte a sostegno di quest'opera; vi ebbero parte le religiose col lavorare anche di notte a pro dei giovanetti qui ricoverati. Ma tra tutte una donna vi ha, che vi prese una parte precipua; donna, che diede in questo l'esempio e l'eccitamento a tutte le altre; donna, che per la prima inalberò su questo suolo il vessillo della carità a vantaggio dei giovani poveri ed abbandonati, i quali a giusto titolo la chiamarono madre; donna, che per questa impresa si pose come alla testa di una fila di altre innumerevoli, che camminarono, camminano e cammineranno sopra le sue pedate forse sino alla fine dei secoli. E questa donna è Margherita Occhiena vedova Bosco, la madre del nostro indimenticabile Padre.
Buona massaia nel soprastare al governo di una casa, robusta per attendere a quelle cure materiali che D. Bosco non avrebbe potuto addossarsi, stimata da tutti per la riputazione che godeva di molto pia e per l'affezione che ispirava, doveva essere eziandio per la sua esimia prudenza un aiuto fedele e prezioso al figlio nell'assistenza dei giovani.
D. Bosco adunque, dopo aver indarno pensato e ripensato come uscire dalle riferite difficoltà, andò a parlarne col proprio Parroco di Castelnuovo, esponendogli la sua necessità e i suoi timori.
 - Hai tua madre! rispose il Parroco senza esitare un istante: falla venire con te a Torino.
D. Bosco, che aveva preveduta questa risposta, volle fare alcune riflessioni, ma D. Cinzano gli replicò: - Piglia con te tua madre. Non troverai nessuna persona di lei più adatta all'uopo. Sta tranquillo; avrai un angelo al fianco! - E un angelo in terra era realmente Margherita. Sotto un aspetto tanto semplice ed amorevole celava un'anima ardente per la più pura virtù e pronta per ciò ad ogni più eroico sacrificio. D. Bosco ritornò a casa convinto dalle ragioni postegli sott'occhio dal Prevosto. Tuttavia lo rattenevano ancora due motivi. Il primo era la vita di privazioni e di mutate abitudini, alle quali la madre avrebbe naturalmente dovuto andare soggetta in quella nuova posizione. La seconda proveniva dalla ripugnanza che esso provava nel proporre alla madre un ufficio che l'avrebbe resa in certo qual modo dipendente da lui. D. Bosco aveva una venerazione così grande per la buona Margherita e professava a lei tal rispetto, unito a tale amore che una regina non avrebbe potuto pretendere di più dal suo più fedel suddito. Per D. Bosco sua mamma era tutto, e col fratello Giuseppe, era assuefatto a tenere per legge impreteribile ogni suo desiderio. Tuttavia dopo aver pensato e pregato, vedendo che non rimaneva altro partito da scegliere, concluse: - Mia madre è una santa e quindi posso farle la proposta!
Un giorno adunque la prese in disparte e così le parlò: - Io ho divisato, o madre, di far ritorno a Torino fra i miei cari giovanetti. D'ora innanzi non stando più al Rifugio io avrei bisogno di una persona di servizio; ma il luogo dove mi toccherà di abitare in Valdocco, per causa di certe persone che vi dimorano vicino, è molto rischioso, e non mi lascia tranquillo. Ho dunque bisogno di avere al mio fianco una guarentigia morale una salvaguardia per levar via ai malevoli ogni motivo di sospetto e di chiacchiere. Voi sola mi potreste togliere da ogni timore; non verreste volentieri a stare con me? - A questa uscita non attesa la pia donna rimase alquanto pensosa, e poi rispose: - Mio caro figlio, tu puoi immaginare quanto costi al mio cuore l'abbandonare questa casa, tuo fratello e gli altri cari; ma se ti pare che tal cosa possa piacere al Signore io sono pronta a seguirti. - D. Bosco ne l'assicurò, e ringraziatala, conchiuse: - Disponiamo adunque le cose, e dopo la festa dei Santi partiremo.
Per verità. Margherita Bosco risolvendosi ad abbandonare la casa faceva un grande sacrificio; perocchè là in essa era padrona di ogni cosa, amata e rispettata da tutti, dai grandi e dai piccoli, e nella sua condizione nulla le mancava per essere felice. Nè meno penoso era il sacrificio dei membri della famiglia, i quali, quando seppero che essa ne sarebbe partita, ne provarono il più vivo dolore. Perdevano una madre, che metteva fedelmente in pratica quei precetti che S. Paolo espone nella lettera a Tito: “Le donne di età stiano in un contegno santo, non portate a dir male, non dedite al molto vino, maestre del ben fare. Affinchè alle più giovani insegnino ad essere morigerate, ad amare i loro mariti, a tener conto dei loro figliuoli, ad esser prudenti, caste, sobrie, attente alla cura della casa, buone, soggette al loro consorte, affinchè non si dica male della parola di Dio”. Ma in quella casa regnava col santo timor del Signore la pace e l'ordine; e quindi pensando al fine nobile e generoso per cui ella se ne allontanava, ognuno rassegnato si tacque. Margherita si recava ad abitare col figlio, non già per menare una vita più comoda e dilettevole, ma per dividere con lui stenti e pene a sollievo di più centinaia di ragazzi poveri ed abbandonati; vi si recava, non già attirata da cupidigia di temporale guadagno, ma dall'amor di Dio e delle anime, perchè sapeva che la parte di sacro ministero, presa ad esercitare da D. Bosco, lungi dal porgergli risorsa o lucro di e, sorta, obbligavalo in quella vece a spendere il fatto suo, e poscia a cercare limosina. Eppure a questo riflesso ella punto non si arrestò; anzi, ammirando il coraggio e lo zelo del figlio, sentissi vieppiù stimolata a farsene compagna ed imitatrice, sino alla morte. Fortunati quei sacerdoti, che hanno madri di tale virtù.
Saputasi in quei dintorni la notizia, che mamma Margherita con suo figlio prete avrebbe preso domicilio a Torino, successe per D. Bosco una scena inaspettata. Abbiamo a suo luogo accennato come egli nel tempo di sua convalescenza ai Becchi, secondando la sua irresistibile inclinazione, aveva raccolti intorno a sè molti giovanetti di quelle cascine e dato principio ad un Oratorio. Guadagnati dalle sue dolci e affabili maniere, quei ragazzi gli avevano già posto tanta affezione, che lungo la settimana non sospiravano altro che la domenica per ritrovarsi insieme con lui. I genitori poi, e specialmente le madri, vedendo in sì bel modo trattati i propri figliuoli, ed educati ed istruiti, ne erano tanto soddisfatte, da far voti che il buon prete non fosse mai più partito da quei luoghi, affinchè continuasse quell'opera di carità. Esse lo avevano sino allora sperato. Quando invece vennero a conoscere che insieme colla madre egli stava per allontanarsene definitivamente, si portarono a casa sua, e con tutta la eloquenza, di cui era capace la loro lingua mossa dall'affetto, si adoperarono per indurlo a rimanere.
 - Se occorrono spese, noi siamo pronte a farle, dicevano.
 - Se non potrò soddisfare con del danaro, assicurava una, io supplirò con della tela.
 - Io le offrirò delle uova e delle galline, prometteva un'altra.
 - Non tema, soggiungevano altre e poi altre ancora, non tema; noi non le lasceremo mancar nulla, e le porteremo del grano, della meliga e di quanto possediamo; ma si fermi e non privi di un tanto bene noi e i nostri figli.
Scorgendo poi inutile ogni loro preghiera ed insistenza, perchè D. Bosco non cercava mai il proprio interesse e le proprie comodità, sebbene la sola volontà e l'interesse di Gesù Cristo, parecchie di quelle donne e i loro ragazzi si posero a piangere dirottamente, turbando non poco la serenità di D. Bosco.
Intanto coll'inviare a Torino qualche piccola provvigione di legumi, grano e meliga, e col dare sesto alle cose domestiche, era venuto il 3 novembre 1846, martedì, fissato per la partenza.
 
 
 
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