Pratiche a Roma per la compra della casa e terreno presso San Cajo - Timori e opposizioni delle Monache Barberine - Lettera di Don Bosco al loro Cardinal Protettore - Il Principe Barberini fa sciogliere il contratto - Conseguenze dolorose per le Suore - Sussidio a Don Bosco dal Regio Economato - Lettera di ringraziamento ad un benefattore - D. Bosco compra in Valdocco la casa Demaria - Letture Cattoliche: I CONCILII GENERALI E LA CHIESA CATTOLICA - Suppliche al Santo Padre per ottenere la facoltà delle dimissorie per alcuni chierici entrati nell'Oratorio, dopo aver compiuti i quattordici anni di età - L'incardinazione di un Francescano nella Pia Società.
del 07 dicembre 2006
 Il Venerabile, mentre continuava a Firenze le pratiche per ottenere dal Governo Italiano la Chiesa del Santo Sudario in Roma, non cessava di proseguire in quelle riguardanti la Casa delle Monache Barberine presso S. Cajo. Mons. Manacorda aveva da lui la procura generale per conchiudere il contratto. Durante il soggiorno di Don Bosco in Roma quest'affare sembrava conchiuso; ma poi le proprietarie, temendo grave il disturbo che un vicino istituto avrebbe recato alle loro divozioni e alla loro tranquillità, avevano incominciato a pentirsi della vendita promessa, nè mancavano alcuni che le confermavano nei loro timori. La cosa fu riferita al Papa, il quale mandò a dir loro: - O fate voi il contratto, o lo faremo noi absque consensu Capituli.
La frase scherzevole indicava chiaro l'augusto desiderio.
Pel momento parvero acconciarsi a quel manifesto volere, ma poi altri presero a sobbillarle dicendo che il prezzo offerto era inferiore al valore del fondo, che si sarebbero trovati dei compratori, i quali avrebbero esibito cento e anche centocinquanta mila lire! E il fatto è che le pratiche si protrassero ancora.
Lo stesso Principe Barberini, che era prima favorevole a Don Bosco, fermo nel suo patronato di famiglia su quel Convento s'impegnò di rompere il contratto: e il Card. Protettore delle Barberine accoglieva favorevolmente le ragioni che le monache opponevano a quella vendita.
Il Venerabile, informato di tutto, scriveva al Cardinale questa compitissima lettera:
 
 
Eminenza Reverendissima,
 
Prego V. E. Rev.ma a volermi dare benigno compatimento, se, in mezzo alle gravi di Lei occupazioni, io le aggiungo altro disturbo. Mi ascolti con bontà, e poi si degni di darmi quel consiglio, che a V. E. parrà migliore per la gloria di Dio intorno al progettato acquisto del locale di S. Caio presso al Venerando Monastero detto delle Barberine. Nel passato mese di gennaio io esternava il desiderio col Santo Padre di aprire in Roma uno studentato pei chierici della nostra Congregazione: il Santo Padre ne mostrò gradimento e mi suggeriva il locale suddetto e nominava Mons. Franchi come deputato incaricato di trattare quella vendita. Prima di ogni altra cosa mi recai dalle Monache, dimandandone il parere. Risposero che loro rincresceva quella vendita, ma che le strettezze finanziarie le avevano a ciò determinate, e che in vista dell'uso totalmente religioso cui sarebbe destinata la chiesa e la casa annessa, preferivano me a qualunque altro accorrente.
Allora andai dal prelodato Mons. Franchi e lo richiesi se realmente quel locale fosse in vendita, se non vi fossero ancora trattative vertenti. Rispose essere deliberazione presa per la effettuazione di quella vendita, nè esservi impegno con altro offerente. Interrogato se bastava trattare con lui, soggiunse che egli ne era incaricato, e che a suo tempo ne avrebbe poi egli stesso parlato col Cardinale Protettore.
Con biglietto di questo prelato visitai il locale, si trattò del prezzo l'ultima dimanda fu di franchi cinquantamila, che io accettai, e in segno della conclusione del contratto mi furono dati i tipi e disegni di quella località; si stabilirono le rate e le epoche del pagamento e il contratto si ebbe per definitivamente conchiuso. Dal medesimo Monsignor Franchi seppi allora, che V. E. era il Cardinale Protettore, e d'accordo con esso ho cercato di parlare con V. E. Rev.ma e a tal fine mi recai più volte alla rispettabile di Lei casa. Ma le molte occupazioni di V. E. e la mia ignoranza delle ore a ciò più opportune impedirono il desiderato colloquio.
Intanto, alcuni affari di premura richiamandomi a Torino, ho firmato una procura a Mons. Manacorda, per quanto era da farsi nella stipulazione relativa a S. Caio.
Di pi√π tra le offerte di alcuni caritatevoli signori e un po' di danaro in altra guisa preparato si poteva a qualunque momento divenire al prefato istrumento.
In questo modo il contratto sembrava definitivamente conchiuso, ed io mi reputai finora legalmente vincolato. Alcune voci vaghe mi fecero supporre che le Monache temessero gli schiamazzi dei fanciulli, mentre dai chierici studenti non vi sarebbe a temere tal cosa. Fu addotto il protettorato del Principe Barberini; qui parimenti nel trapasso della proprietà si sarebbero potuti conservare illesi tutti i diritti di quell'eccellente e caritatevole signore.
Fu chi disse V. E. essere stata spiacente di questo contratto perchè non fu la cosa per tempo a Lei comunicata come di dovere: e ciò mi rincresce perchè ciò sarebbe avvenuto senza volerlo, anzi contro alla mia buona volontà, che desiderava ardentemente di compiacere V. E., che da molto tempo conosco di nome e che ho sempre avuto in grande venerazione.
Non parlo del consenso del Santo Padre, il quale, per la parte che lo riguarda, è totalmente favorevole. Ciò posto io mi fo ardito di pregare la E. V. a volersi fare consigliere non solo delle Monache ma della povera mia persona e per amore di Nostro Signore farmi dire nel modo che a Lei torna di minore disturbo: Se questo contratto persiste tuttora come era stato conchiuso e quali incombenze rimangono a compirsi per divenire alla stipulazione dell'istrumento;
Oppure se tale contratto si debba giudicare definitivamente rotto, e in questo caso, sebbene con vero e grave mio danno e con rincrescimento per le voci che l'hanno proclamato conchiuso, io mi rassegnerei ad inviarle i disegni e i tipi di quella località, e così sarei fatto libero di rivolgere altrove le relative mie indagini.
Prego la sua grande bontà a voler compatire la lunghezza di questa lettera, così voluta dall'argomento che la riflette, e pregando di cuore Iddio che si degni concederle lunghi anni di vita felice, reputo ad alto onore di potermi protestare
Della E. V. Rev.ma,
 
Torino, 21 luglio 1869,
Sac. GIOVANNI Bosco.
 
 
Non ci consta che il Cardinale abbia risposto; ma alle insistenze del Principe Barberini il Santo Padre cedette; e Don Bosco, avvertito, lasciò cadere quel progetto, con dispiacere, ma umilmente e senza levar pretese. Le Monache però non tardarono, forse, a pentirsene. Il Governo Italiano, entrato in Roma, sopprimeva i monasteri ed altre case religiose, impossessandosi anche dei loro beni. Le Monache Barberine furono le prime ad essere cacciate e spogliate di ogni loro avere nell'ottobre del 1871. Ci diceva Mons. Fratejacci: “ Se Don Bosco fosse andato ad abitare in quel vastissimo locale, tutto quel sito col monastero sarebbe stato risparmiato e rispettato; e i sacerdoti Salesiani avrebbero prestato loro il servizio religioso. Ed anche altri non ebbero a rallegrarsene ”.
 
Il Venerabile, da parte sua, non lasciò inoperosa la somma che teneva preparata per l'acquisto di S. Cajo. Trascriviamo dagli atti notarili dell'Oratorio:
Con atto 30 luglio 1869, rogato Cassinis, il sig. Carlo Demaria vende a Don Bosco giornate 1.1.10.9 pari a ettari 0, 38, 72 terreni e fabbricati posti in Valdocco per il prezzo di lire 44.000. Questa casa esiste sul corso Regina Margherita a destra sull'angolo di chi entra sulla piazza di Maria Ausiliatrice, per rettificare la quale colle sue adiacenze Don Bosco la comprava. Era allora un'osteria.
 
E la Provvidenza continuava a venire in suo aiuto. Scriveva al Comm. Giovanni Battista Dupraz.
 
 
Carissimo Sig. Commendatore,
 
Nella sua grande carità prima di partire ha voluto fare una limosina di f. 50 a questa Chiesa. Quella somma in questi momenti ha un gran valore, sia per la quotidiana diminuzione di benefattori che Dio chiama al paradiso, sia per la moltitudine delle spese cui dobbiamo far fronte.
Io le professo la mia gratitudine, facendo ogni sera recitare un Pater, Ave, Gloria al SS. Sacramento dai giovanetti alla benedizione dell'altare di M. A., e lo diremo ogni sera finchè Ella e la Sig. di Lei moglie siano sani e salvi ritornati fra noi.
Dio li benedica tutti due, preghino per me che con vera gratitudine mi professo
Di V. S. Carissima,
 
Torino, 26 luglio 1869,
Obbl.mo Servitore
Sac. Giovanni Bosco.
 
L'Economo Generale dei Benefizi Ecclesiastici in Torino gli annunziava un'offerta maggiore.
 
 
REGIO ECONOMATO GENERALE
DEI BENEFIZI ECCLESIASTICI IN TORINO
N. 7504.
 
Rev. Sac. Gio. Bosco,
L'Economo Generale sottoscritto annunzia con premura a V. S. che il Governo di S. M. si è degnato concederle su la Tesoreria di quest'Economato Generale la somma di lire quattrocento per aiutarlo a sopperire alle spese del culto, che nei dì festivi si pratica nei tre Oratori da lei fondati.
Tale somma verrà da questo Generale Uffizio pagata a V. S. od a chi sarà da Lei incaricato a riscuoterla, purchè sia persona conosciuta e munita d'una regolare quitanza debitamente legalizzata, e giusta il modulo qui sotto esteso.
 
Torino, il 27 luglio 1869.
L'Economo Generale
V. REALIS.
 
 
E il Venerabile inviava agli Associati delle Letture Cattoliche un suo libretto pel mese di agosto. Da tempo vi lavorava attorno, nei pochi momenti liberi.
Il fascicolo portava il titolo: I CONCILII GENERALI E LA CHIUSA CATTOLICA, conversazioni tra un parroco e un giovane parrocchiano, pel Sacerdote Giovanni Bosco.
Il proemio dice così:
 
In un villaggio del Piemonte vivono tuttora due giovani fratelli appartenenti ad agiata famiglia. Il maggiore chiamasi Enrico, Tommaso il minore. Il primo avendo passato alcun tempo in città ebbe la sventura di darsi alle cattive letture e frequentare malvagi compagni. Richiamato in seno alla famiglia non è a dire come egli pretendesse di essere sapiente e qualche cosa di grosso. Di tutto voleva parlare, con tutti intavolare questioni. Ma siccome tutta la sua sapienza l'aveva attinta dai seducenti giornali e dai romanzi, così nelle sue conversazioni, specialmente in materia di religione, gettava fuori ad ogni tratto i più madornali spropositi. Le sue risposte più riscaldate egli bramava tenerle col fratello Tommaso, giovane in sui 18 anni, d'indole assai faceta, il quale, sebbene non abbia fatto tanti studi quanto Enrico, tuttavia assai meglio di lui conosce le cose che riguardano la religione. Collo studio del suo catechismo, colla lettura di buoni libri di cui è amantissimo, coll'assiduità alle istruzioni parrocchiali, Tommaso si rese capace a rispondere a vari quesiti e con disinvoltura e chiarezza sciogliere molte difficoltà che gli faceva il fratello, al quale spesso chiudeva la bocca, facendolo arrossire. Però un giorno dell'ora scorso inverno, Enrico, portato il discorso sulla Chiesa e sul prossimo concilio ecumenico, si diede a spropositare orribilmente. Tommaso per un poco seppe rispondergli per le rime; ma poscia con suo dispiacere, soprafatto da un mondo di non mai udite domande e insidiose interrogazioni, rimase imbrogliato. Alla sera di quel giorno stesso il buon giovane, quale pecorella bisognosa di buon pascolo, si portò dall'amato prevosto, con cui si tennero le seguenti conversazioni.
 
Del processo di queste noi diremo poche parole, in forma di indice. Esse trattano i temi seguenti:
Che cosa sono i Concilii e loro utilità. - Chi possa convocarli. - Il Papa è superiore al Concilio: nelle cose di fede e di morale è infallibile anche per se solo. - Infallibilità ed autorità del Concilio generale se unito al Papa. - Le definizioni e le leggi di un Concilio obbligano per se stesse i Cristiani. Breve cenno storico dei singoli Concilii ecumenici. - Il Concilio Vaticano I, e le gravi ragioni che mossero il Papa a convocarlo.
In queste pagine risplende l'ardente amore che infiammava Don Bosco per il Papa e la Chiesa. Egli fa voti che la infallibilità dottrinale del Romano Pontefice, sebbene nota e certissima, sia dichiarata nel prossimo Concilio dogma di fede, a gloria di Dio e della sua Chiesa, a sicurezza e consolazione dei buoni, ad ornamento, con nuova e più bella gemma, della veneranda fronte del successore di S. Pietro.
Propone preghiere particolari coll'invocazione di Maria Ausiliatrice, consigliando ai fedeli di recitarle tutti i giorni, fino al termine del Concilio; perchè questo non venga impedito nè disturbato dai nemici di Dio e della Chiesa e perchè i scismatici si riuniscano tutti alla Chiesa Cattolica, e i protestanti, specialmente dell'Inghilterra, tornino all'unità della fede. A questo fine suggeriva due mezzi riputandoli molto efficaci per ottenere il sospirato intento.
 
Sarebbe cosa lodevolissima che  per le su accennate preghiere tutti quanti i fedeli, specialmente i figli e le figlie, formassero tra di loro società - divisi in tante compagnie da dieci in dodici ciascuna. Così si verrebbe a rendere una testimonianza di fede, di speranza e di amore al glorioso e magnanimo Pontefice, e alla santa Chiesa nostra dolcissima madre.
A questo scopo noi ci raccomandiamo ai nostri lettori, pregandoli di associarvisi. I parroci lo inculchino ai loro parrocchiani; i superiori di stabilimenti alle persone loro soggette. I padri e le madri di famiglia ai loro dipendenti. In questa guisa, oltre al buon effetto della preghiera e della frequenza ai santi Sacramenti, un altro vantaggio si otterrà pur anche ed è di risvegliare e mantenere viva tra il popolo cristiano la fede nel prossimo Concilio, pronti gli animi a ricevere poscia con docilità gli statuti e osservarne fedelmente le leggi.
Circa due anni or sono venne diretto un invito ai cattolici di fare voto di credere, professare, difendere e colle parole e cogli scritti, e se fosse d'uopo anche colla vita, l'invidividuale infallibilità del Papa, sebbene ella non sia ancora dichiarata verità di fede, in quella guisa che da buoni cattolici solevasi praticare riguardo all'Immacolata Concezione di Maria, prima della solenne definizione, fatta dal regnante ed immortale Pio IX agli 8 dicembre 1854. Noi cogliamo volentieri questa propizia occasione per indirizzare ai nostri lettori sifatto invito, anzi cordialmente li eccitiamo a fare questo voto ad onore di Gesù Cristo e del suo Vicario in terra, per acquisto di maggiori meriti in cielo, pregando ad un tempo il pietoso Iddio a fare sì che presto si bella verità venga dalla Santa Chiesa solennemente dichiarata quale dogma di fede.
 
Noi crediamo che Don Bosco abbia fatto questi voti.
In fine del fascicolo D. Bosco recava le parole del Cardinale Arcivescovo di Dublino: “ Se gettiamo lo sguardo sulla terra intera qual miserando spettacolo non ci si offre agli occhi! Dappertutto rivoluzioni, dappertutto ribellioni, dappertutto discordie civili e minacce di guerra ”. E dopo aver fatto passare a rassegna le sciagure, gli scompigli di diverse parti del mondo, egli si ferma sull'Italia e continua: “ Fissiamo lo sguardo sull'Italia e che veggiamo noi? ... Dappertutto regna la confusione. Di tutta l'Italica terra un angolo solo rimane esente da tanta sciagura. In quest'angolo regna un venerando vecchio (il Papa) non infranto dagli anni, non indebolito dalle ansie e dal dolore; un vecchio, il quale nel suo ristretto e impoverito reame sa pure mantenere la pace; sa dare al mondo un esempio d'invitta costanza, e difendere i diritti della Società e dell'autorità. Sì poco egli teme e le trame e le mene, che ha chiamato a Concilio in Roma tutti i Vescovi dell'Universo. La causa della giustizia e dell'Ordine sarà da questo Concilio ecumenico protetta e difesa; e trionferanno, sì, di tutti gli ostacoli quei Vescovi che non si radunano che per faticare alla salute dell'umanità. E non è questo uno spettacolo degno dell'Onnipotente? ”
Chi riflette alla vita di Don Bosco non sa darsi ragione come potesse dedicarsi contemporaneamente a tanti lavori.
Anche per tutto ciò che riguardava i suoi chierici, vestizioni, patrimonii, Ordinazioni, e dimissorie, provvedeva egli a tutto e scriveva sempre di sua mano. Nelle nostre memorie abbiamo questo periodo.
“ Il 13 agosto 1869 Pio IX con un Rescritto rilascia l'implorata facoltà delle dimissiorie ad un ordinando che era stato ricevuto nella Società dopo il quattordicesimo anno ”.
In quei giorni egli aveva già preparato una supplica alla Santa Sede per ottenere le Remissorie al ch. Bodratto; e poi la rinnovò estendendola a tutti quei Salesiani ricevuti nell'Oratorio dopo i quattordici anni, e già ascritti fra i Chierici.
 
 
Beatissimo Padre,
 
Il sacerdote Giovanni Bosco umilmente prostrato ai piedi di V. B. col massimo rispetto espone che con delegazione del Vescovo di Acqui di santa memoria vestiva dell'abito Ecclesiastico il chierico Bodratto Francesco, suo Diocesano. Ma per la sua età già alquanto inoltrata non potendo fare lo studio in Seminario pose per condizione che, come eziandio il candidato desiderava, appartenesse alla Congregazione di S. Francesco di Sales, da lui molto amata e beneficata. A tale effetto si disponeva a dare le opportune Remissorie al Vescovo di Casale dove questa Società è approvata come Congregazione Diocesana.
Il Vescovo di Casale accettava il candidato, ma mentre si andavano compiendo le pratiche, la Divina Provvidenza chiamava agli eterni riposi quel venerando Prelato. Ora per la sede vacante di quella Diocesi non potendosi rilasciare le opportune Remissorie, col consiglio del Vescovo di Casale e col beneplacito dello stesso Vicario Generale Capitolare di Acqui, con tutta umiltà e rispetto supplica V. B. a volersi degnare di rilasciare le implorate Remissorie a favore del chierico mentovato, e così egli possa essere ordinato dal Vescovo della Diocesi Casalese, dopo che abbia dato saggio de studio, de vita et moribus. Presentemente egli va compiendo il quinquennio di Teologia.
Colla pi√π profonda gratitudine e colla pi√π alta venerazione si prostra ai piedi
Di Vostra Beatitudine,
Umilissimo Ricorrente
 
NB. - La copia che abbiamo è così: senza firma.
 
 
Beatissimo Padre,
 
Il Sac. Giovanni Bosco prostrato ai piedi di V. B. espone umilmente che in data del 1° marzo anno corrente (1869) la Santità Vostra degnavasi di benignamente approvare definitivamente la Pia Società di S. Francesco di Sales, come Congregazione religiosa di voti semplici, concedendo al Superiore della medesima la facoltà di dare le Lettere Dimissoriali a quelli che accolti ne' suoi Ospizi per fare gli studi prima dei quattordici anni d'età avevano a suo tempo abbracciata questa Congregazione.
Ora è nata una difficoltà per alcuni che si ascrissero alla medesima Congregazione, i quali fecero i loro studi, compierono il tempo di Noviziato, emisero i voti prescritti dalle Costituzioni della Società, ma entrarono in convitto pochi mesi dopo l'età sopra mentovata. Costoro non sarebbero riconosciuti come Chierici dai loro Vescovi, perchè loro non consta nè della carriera chiericale da essi percorsa, nè degli studi fatti, e quando anche constasse, forse non sarebbero riconosciuti, e perciò dovrebbero ricominciarli. A fine di togliere questa difficoltà e mettere in posizione normale lo stato e la coscienza, questi Chierici, col massimo rispetto supplicano unitamente all'Oratore perchè V. S. si degni per questo solo caso concedere la facoltà di dare le Dimissorie anche a questi, sebbene siano stati accolti a fare in questa casa i loro studi, pochi mesi dopo l'età di anni quattordici.
I loro nomi sono:
1. - Belmonte Domenico da Geròla, Diocesi di Fossano.
2. - Bertello Giuseppe da Castagnole di Pinerolo, Diocesi di Torino.
3. - Berto Gioachino da Villar - Almese, Diocesi di Susa.
4 - Bodratto Francesco da Mornese, Diocesi d'Acqui.
5. - Bodratto Giovanni da Mornese, Diocesi d'Acqui.
6. - Daghero Giuseppe da Cumiana, Diocesi di Torino.
7. - Guidazio Pietro da Verolengo, Diocesi d'Ivrea.
8. - Nasi Angelo da S. Benigno, Diocesi d'Ivrea.
9. - Paglia Francesco da Rivarolo, Diocesi d'Ivrea.
10. - Ricciardi Chiaffredo da Villafalletto, Diocesi di Fossano.
11. - Turco Nepomuceno, da Cremolino, Diocesi d'Acqui.
Questi sono i chierici che fra cento circa, di cui è composta la Congregazione di S. Francesco di Sales, vennero accolti nelle nostre scuole dopo l'anno quattordicesimo di età: ma di quanto loro occorse per lo studio, vestito e vitto, ne furono e sono tuttora provveduti dall'Oratore umile esponente.
Che della grazia.
 
Il S. Padre accolse benevolmente la supplica. D. Bosco gli umiliò pure un'istanza per l'incardinazione nella Pia Società di un frate dei Minori Riformati. La riferiamo perchè ci mostra ancor una volta come il Venerabile si adoperasse con ogni sollecitudine per sgombrare gli ostacoli che si frapponevano sulla via della vocazione ai suoi figli spirituali.
 
 
Beatissime Pater,
 
Ioannes Bosco sacerdos, ad pedes Beatitudinis tuae provolutus, humillime exponit quae sequuntur:
Clericus Rochus Damus, loci Idoli (vulgo Edolo), Dioecesis Brixiensis, quindecim annos natus religionem Fratrum Minorum Reformatorum strictioris observantiae ingressus est a die 28 augusti 1862. Die vero 30 augusti 1863 eamdem religionem professus est emittens vota simplicia ad triennium, quae complementum habuerunt anno 1866. Tandem die 17 Junii 1868, ob civilem abrogationem sui Ordinis in nostris regionibus, sancti Francisci religionem derelinquere debuit.
Nunc vero post annum approbationis, iam Societatem seu Congregationem Salesianam profiteri desiderans, a Sanctitate tua humili precatione postulat, ut huic Congregationi adscribi eamdemque profiteri et in eadem sacros ordines suo tempore suscipere possit et valeat.
Haec facultas ideo necessaria est, quia, ex huius Societatis approbationis Decreto, Superior generalis litteras dimissoriales eis tantum relaxare potest, qui ante annum decimum quartum in aliquo hospitio vel convictu ad Salesianam Congregationem pertinentibus, recepti fuerint. Ita in Decreto diei 1° martii 1869.
 
 
 
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