Giovanni Bosco prefetto di seminario. - Splendido elogio del chierico Giuseppe Burzio. - Relazione fra questi due amici. - Avvicinamento di Giovanni all'Istituto degli Oblati di Maria Vergine.
del 13 ottobre 2006
Ritornato Giovanni in seminario, fu annoverato fra gli studenti del quinto ed ultimo corso teologico, e per la esemplare sua condotta ed il profitto negli studii fu costituito prefetto, carica la pi√π alta cui possa essere sollevato un seminarista, la quale lo costituisce superiore agli altri chierici e responsabile del loro diportamento.
Quale diligenza e quali sentimenti Giovanni avesse nell'esercizio di quest'onorevole ufficio ci è dato di poterlo raccôrre da uno splendido elogio, ch'egli fece di un pio giovanetto da lui assistito, il chierico Giuseppe Burzio, il quale nativo di Cocconato nel 1822, dopo varie vicende, nell'ottobre del 1840 indossava l'abito chiericale ed entrava nel seminario di Chieri, dove ebbe il nostro Giovanni a prefetto per circa un anno. Il 19 settembre del 1841, questo santo chierico, bramoso di darsi a vita più perfetta, entrava negli Oblati di Maria Vergine a Pinerolo, Congregazione canonicamente approvata con Breve di Leone XII nel 1826, ed ivi cessava di vivere il 20 maggio 1842, facendo una morte, veramente preziosa al cospetto del Signore. Giovanni pertanto fu richiesto di sua testimonianza dal celebre oblato P. Felice Giordano, il quale in un suo libro stampato nel 1846 già dava a D. Bosco l'elogio di sacerdote degnissimo, e dopo la sua morte, con molte altre pagine di grande lode del nostro Fondatore, che a suo tempo esporremo, a testimonianza della sua santità scrisse le seguenti linee: “Nel mio libro intitolato: Cenni istruttivi di perfezione proposti ai giovani nella vita edificante di Giuseppe Burzio, a pag. 137 e seguenti trovasi una lunga lettera, che il sacerdote Giovanni Bosco mi indirizzava sotto la data 16 aprile 1843. Questa lettera sparge molta luce sul giovane sacerdote D. Bosco, dappoichè, anche scrivendo di un altro, ciò di un bravo chierico, di cui nel seminario di Chieri era stato prefetto, rivela abbastanza da quali sentimenti di pietà, di studio, di disciplina e di spirito ecclesiastico fin d'allora fosse egli medesimo penetrato. A rileggere quella lettera si direbbe che, dissertando egli sulla vita edificante di un giovane servo di Dio, senza avvedersene ritraesse se stesso”.
Ecco la lettera in discorso
“Richiesto dalla R. V. carissima di manifestare il mio sentimento riguardo la condotta tenuta nel seminario di Chieri dalla felice e sempre cara memoria del chierico Giuseppe Burzio, tanto più volentieri m'induco a farlo, in quanto che la mia posizione di prefetto, siccome diedemi l'opportunità d'osservarlo bene, così al presente mi mette in caso di poter esprimere con tutta esattezza la felice impressione che ne ho ricevuta.
” A dire tutto in breve, io non saprei come meglio dipingere questo impareggiabile chierico per tutto quell'anno che passò a Chieri nel seminario, fuorchè dicendolo (e questa è voce unanime di tutti i suoi colleghi) un perfetto modello cbiericale, giacchè egli aveva quanto ne' libri e nelle istruzioni s'inculca relativamente alle doti convenevoli a un chierico, di modo che, da quanto io vidi e potei più volte osservare, sembrami che nel suo stato niente lasciasse a desiderare di più.
” Ad ogni modo, ciò che eccitava spesso in me un sentimento di particolar meraviglia era il notare come egli fosse impegnatissimo, non solo ad iscansare nelle sue azioni ogni cosa menomamente disdicevole ad un chierico, ma ben più nel compierle con certa prontezza, grazia e ilarità, che innamorava.
” Fin dal suo primo entrare in seminario, dimostrò chiaramente l'alta idea della vocazione da lui abbracciata, ed il suo fermo proposito di volersi in quella santificare, tanto s'appigliava egli con ardore ed accudiva con diligenza ogni mezzo, che ad un tal fine lo potesse condurre.
” Dal mattino alla sera non si trovava indicazione nell'orario, a cui non fosse puntualissimo. Ad ogni articolo del regolamento dava la più grande importanza, e tutto con eguale esattezza e fedeltà osservava; ed in ciò procedeva libero e sciolto, operando per coscienza, senza mai esimersi o rallentare per qualche umano riguardo.
” Con bella maniera, o piuttosto con prudente avvedutezza, si scansava da quei chierici, i quali nei loro andamenti mostrassero poco spirito ecclesiastico, e, sceltisi due o tre colleghi del medesimo corso e del medesimo genio, con questi procurava di trattenersi e di animarsi a vicenda nello stato intrapreso.
” Sollecito quanto altri mai ne' doveri di studio, grandemente li amava e faceva ogni suo possibile per profittarvi; impiegava tutto gelosamente il tempo dedicato ai medesimi, non vagando mai sopra altri libri, che non fossero quelli di scuola; volentieri partecipava ai circoli, ossia esercizi
scientifici della sua classe, e li animava del suo concorso; dove nelle dispute, se era commendevole per l'amore ed ansia che manifestava della verità, lo era anche più per quella discreta e rispettosa moderazione che osservava nel sostenerla.
” Nelle ricreazioni amava pure di avere con chi illuminarsi ed esercitarsi in materie scolastiche. Qualora poi qualcheduno proposta avesse materia indifferente, egli si contentava di udire gli altri a discorrere; chè se la materia concerneva cose di studio o di pietà, tosto si vedeva, allegro a prenderne parte.
” Nello studio comune non si vedeva mai neghittoso (giacchè l'ozio gli era affatto sconosciuto). Quivi postosi in un raccolto atteggiamento e fissata la mente ad una applicazione la più intensa, attendeva solo a se stesso, di modo che, avvenendo chi disturbasse con chiacchiere o altre leggerezze, egli pareva che nemmeno se ne avvedesse, alzando neppure gli occhi ad osservar ciò che si fosse; la sua avversione poi al diffondersi fuori in cose inutili, l'abito di stare in raccoglimento e l'osservanza del silenzio ne' tempi debiti credo che non poco giovassero a facilitargli, come si vede, i notabili suoi progressi.
” Ma ancor più grande fu il suo impegno nella pietà, in cui si rese veramente singolare. Io non posso riferire fuorchè ciò che cadde sotto gli occhi di tutti; ma chi conobbe la sincerità di questo chierico e la costanza nel bene, potrà facilmente congetturarne il più ed il meglio degli atti nascosti di sue interiori virtù.
” Adunque non fu mai che alle pratiche religiose egli si portasse o vi attendesse con aria di indifferenza o per ispirito di costumanza; al contrario era mirabile per la contentezza e desiderio che ne mostrava nel volto; anzi appena cominciava qualche sacra funzione od esercizio consueto, per
esempio, della preghiera o della meditazione, o pur solamente metteva piede in cappella, componeva subito ad una santa apprensione tutti i suoi sensi, pel qual suo divoto contegno ognuno bene vedeva quanto vi partecipasse il suo cuore e quanto fosse lo spirito di fede che lo animava. Fossero poi o non fossero presenti i superiori, il pio procedere del Burzio era invariabilmente lo stesso, perchè ben si può dire di lui che ambulabat coram Deo.
” Quanto ai Sacramenti, non solo osservava la frequenza che a tutti è prescritta in quel seminario, ma con premura in se stesso la promoveva, giovandosi di tutte le occasioni che venissero confessori, ciò che accadeva in tutti i sabati e nelle vigilie delle maggiori feste.
” Oltre le pratiche religiose comuni a tutti, e da lui con gran fervore eseguite, potei accorgermi e dalle parole e dai fatti ch'egli era divotissimo di Gesù Sacramentato e della Madonna, a' quali, se alcun tempo di sopravanzo gli rimaneva, consacrava tosto in affetti di amore e di gratitudine. Laonde, più volte il vidi, in tempo di ricreazione, e soprattutto ne' giorni di vacanza, allontanarsi con bel modo da' suoi compagni, recarsi in chiesa e trattenersi in dolci colloqui con Gesù Sacramentato e colla pietosissima sua Madre.
” Il suo studio di perfezione lo portò a concertare con un suo confidente e pio compagno, che minutamente l'osservasse in tutti gli adempimenti de' suoi doveri e d'ogni difetto lo correggesse senza risparmio.
” Ma riguardo alla pietà, basti il dire che, venuto il fine dell'anno, ottenne per l'esemplarità della sua condotta un egregie da' superiori, onore singolare e che raramente si concede in detto seminario.
” Una virtù poi, che segnatamente lo distingueva, era la sua modestia, così rara e compita, che io non la saprei esprimere, fuorchè chiamandola una modestia più celeste che umana. Nè per ciò si vedeva in lui ombra di caricatura, anzi grande cordialità e schiettezza, per cui, mentre formava la gioia de' superiori, rapiva l'ammirazione degli stessi seminaristi; e per me confesso, che per l'attrattiva del suo modesto trattare, per la candidezza del suo parlare, che mostrava la sincerità e purezza dell'anima sua, mi sentiva più volte portato ad avvicinarlo e trattenermi con lui, tuttochè un notabile intervallo di studio e di età ci separasse, giacchè io era allora sul finire del corso di teologia.
” Notevole sopra modo era la sua modestia negli occhi in qualunque circostanza, massime uscendo fuori dal seminario per la passeggiata e altro; ma in chiesa poi e nelle processioni l'avresti detto un angelo per quel suo semplice e divoto contegno degli occhi. In somma non sembrami alcuna esagerazione il dire che nel Burzio si vedeva effigiata quella modestia con tutti i suoi atti descritta e caldamente ai chierici raccomandata dal Tridentino in quel noto decreto: Sic decet, omnino clericos ecc.
” Era nel tratto, cortese ed amorevole con tutti; ma succedendo che qualcheduno, per quelle sue graziose fattezze volesse fargli de' vezzi sopra le spalle od in volto, egli tutto adontato: - Lasciami, diceva, lasciami stare; - e intanto subito spiccavasi di colà.
” Nelle ricreazioni usava la più grande cautela nel parlare e trattare coi compagni. Coi superiori poi, siccome usava con sommo rispetto, così di essi parlava sempre con grande stima; nè fu udito mai lamentarsi degli apprestamenti di tavola, come avviene talora, o di altro; non sapeva darsi pace, che ad un alunno del santuario potessero uscire di bocca parole men che oneste, o contro la carità del prossimo, o di critica verso i superiori.
” Spiccò altresì in lui una singolare umiltà e mansuetudine, mentre quella sua irreprensibile condotta gli tirò addosso per qualche tempo il malanimo di alcuni, i quali, come a pretesa spia, fabbricarongli delle imputazioni presso i superiori; ma egli coll'umiltà, pazienza, mansuetudine tutto tollerò e seppe vincere col bene il male, sicchè ben tosto cessò, a lui la tempesta, ed a' malevoli il sentimento di livore dovette cangiarsi in quello di venerazione e della più affettuosa, amicizia.
” Sceltisi, così ci viene attestato, due o tre colleghi del medesimo corso e del medesimo genio, con questi procurava di trattenersi ed animarsi a vicenda nello stato intrapreso, ed il loro parlare, se già non era in materie scolastiche, era subito in cose spirituali appartenenti al fine sublime della vocazione ecclesiastica, e massime circa la fuga del mondo e lo zelo delle anime.
” Piacemi quivi riferire alcuni detti, usciti più volte dalla sua bocca, il che servirà sempre più a mostrare la bellezza di quel cuore.
” Una volta mi domandò con tutta confidenza qual mezzo io giudicassi più sicuro per avanzarsi nell'amore di Maria; al che risposto come meglio ho potuto, feci a lui questa interrogazione - Giudica ella che Maria possa molto in nostro favore? - Egli guardandomi con aria di ammirazione: - Oh sì che sarei un bel chierico, mi rispose, quando ne dubitassi! - Soggiunse poi: - Se non fosse un far torto a Dio, direi che Maria è a lui uguale, perchè quod Deus imperio, tu prece, Virgo, potes; ed il ripetè più volte, e voleva dire, secondo il sentimento dei SS. Padri, essere divenuta Maria onnipotente per grazia, come Gesù di Lei figlio lo è per natura.
” Un'altra volta gli dimandai se stesse volentieri in seminario. Volentierissimo, mi rispose: perchè quivi posso, veramente imparare a riuscire buon prete. - Desidera molto, io ripigliai, di farsi prete? - Lo desidero, mi disse, moltissimo.; ma l'imbroglio sta che, prima di diventar prete, bisogna che io diventi santo che diventi santo…… santo….. - Nè si stupisca la R. V. di tal parlare, poichè con chicchessia parlava da persona la più assennata e di virtù la più sperimentata; ed io bene posso dire d'aver più volte avuto occasione di restarne grandemente edificato.
” Finalmente voglio notarle alcuni epiteti, che diedero al nostro chierico alcuni miei colleghi, da me a tal riguardo interrogati. Uno il chiamò modello di virtù; un altro, esemplare di modestia chiericale; un terzo, degno di sempre vivere per dare buon esempio; chi ancora, giovane singolare ed incomparabile per virtù. Molti mi domandarono, se non era ancora stampata la storia di sua vita, pregandomi di fare che ciò presto avvenisse. Un seminarista di Chieri, con lettera del 24 febbraio ora scorso, mi scrive: - La prego caldamente di significarmi, se la storia del Burzio già sia o no data alle stampe, e quando ciò fosse di mandarmene delle copie. E di questo la prego ben di cuore, non solo per me, come per molti altri.
” Ecco quanto mi sono ricordato circa la condotta di lui in seminario, sebbene sia anche poco alla realtà e pienezza di quella bell'anima, cara a Dio ed agli uomini, di cui la memoria è in benedizione e lo sarà ognor più, se, come è grandemente desiderabile, ne uscirà in luce l'edificante sua vita.
” Gradisca ecc.
 
Dal Convitto di S. Francesco, Torino, addì 16 Aprile 1843.
 
 
Sac. GIOVANNI BOSCO.
 
Poscritta. “Mi parve anche bene di far leggere questa mia notificazione al suo prefetto di studio e di dormitorio, il quale volle sottoscriversi come segue:
“Io lessi la presente lettera del sacerdote Giovanni Bosco intorno alla condotta irreprensibile del defunto chierico Burzio, e dico contenere la verità, anzi credo aver detto, a mio parere, molto meno di quel che realmente era.
” Posso aggiungere ancora, che, essendo io stato di lui prefetto e nello studio e nel dormitorio, giammai un ette ebbi a rimarcare di difetto in lui; ond’è che in sul cadere dell'anno scolastico, richiesto dal superiore del voto di pietà e di studio de' giovani, giunto al Burzio, risposi al superiore scrivendo egregie, lagnandomi tra me e me che più in là di questo voto non si potesse andare.
” Mi rallegro poi e mi consolo grandemente, che la S. V. M. R. si occupi a scrivere una vita sì degna d'essere mandata alla memoria de' posteri.
” Gradisca ecc.
 
Sac. D. ANTONIO GIACOMELLI.
 
Gli elogi che D. Bosco fa di Giuseppe Burzio ridondano a sua gloria, non solo perchè ci rispecchiano la sua stessa vita, ma ancora perchè ci richiamano alla mente la intimità che Burzio ebbe col nostro Giovanni e la venerazione che gli portava, tanto che di buon grado avrebbe voluto vederlo entrare esso pure nell'Istituto degli Oblati di Maria. Infatti D. Bosco cercava sempre a quale Ordine religioso avrebbe potuto ascriversi. Gli sembrava che il Signore lo chiamasse a questo stato. Bramava di essere religioso per obbedire: l'idea di essere libero e molto più quella di comandare lo spaventava. Parlando quindi sovente di vocazione religiosa con Burzio, col quale era in molta confidenza, questi gli mise in cuore una certa velleità di farsi esso pure Oblato. Ed essendo qualche volta venuto in Torino a visitare l'amico al convento della Consolata, dato agli Oblati da Mons. Fransoni nel 1833, ed a pregare in quella chiesa così famosa per la divozione dei Torinesi, Burzio lo mise in relazione co' suoi superiori, i quali cercarono di trarlo a sè e gli scrissero in proposito: ma egli non risolse di aderire al loro invito.
Tuttavia amichevoli continuarono le relazioni col Padre Felice Giordano, il quale in una sua lettera a D. Michele Rua in data del 1888 manifestava il suo amore, attaccamento e venerazione per l'antichissimo suo amico D. Bosco, nonchè coi Padri Balma e Barchialla, che poi furono Arcivescovi di Cagliari, e col Padre Dadesso ed altri Oblati. Egli quindi potè conoscere a fondo la storia, lo spirito, le regole di questo Istituto. Il suo fondatore Pio Brunone Lanteri, morto nel 1830, infaticabile zelatore della salute delle anime; istitutore di pie associazioni fiorentissime, tutte dirette a metter argine al male che serpeggiava dovunque, ad educare a' sani principii della fede e della morale ed alla devozione della causa monarchica la gioventù piemontese, a diffondere in gran copia libri di sana dottrina e cristiana pietà; era stato un santo ministro del Signore, pel quale l'amore al Papa fu vita della sua vita. In tutto il tempo che Pio VII stette prigioniero in Savona, egli con grande suo pericolo aveva trasmessi clandestinamente al Pontefice documenti importantissimi pel governo della Chiesa e generose oblazioni che per lui raccoglieva in Torino; e venuto in sospetto alla polizia napoleonica, aveva sofferte due minute perquisizioni domiciliari, benchè senza risultato, e la relegazione per quattro anni nella sua villa di Bardassano. Scrittore dotto e popolare, diffuse fra i cittadini molti opuscoli, ora stampati ed ora tracopiati, quando non era prudenza darli alle stampe, per tener vivo ne' fedeli l'amore, la venerazione, l'obbedienza al Papa, dimostrandone la dignità, le prerogative e l'infallibilità de' suoi giudizii dati ex cathedra. E tutto questo suo spirito il Padre Lanteri avealo trasfuso nella Congregazione degli Oblati di Maria Vergine, prefiggendole per iscopo il dettare esercizii spirituali al popolo, studiare e combattere gli errori correnti, consecrarsi al perfezionamento del giovane clero, farsi scudo e sostegno, quanto più si poteva saldissimo, del Romano Pontefice. E la sua regola nulla aveva d'austero o d'esteriorità monacale, mentre inculcava la perfezione e il fervore degli Ordini più stimati e più utili della Chiesa di Dio.
La divina Provvidenza adunque, avvicinando D. Bosco agli Oblati di Maria Vergine, pare che compisse quel misterioso lavorio di preparazione incominciato a Morialdo e gli facesse brillare innanzi agli occhi della mente l'idea di quella Pia Società, la quale con un disegno più vasto e con maggior varietà di fini doveva in sè comprendere i varii stati, nei quali avealo esercitato da fanciullo e da giovane adulto. Nel Padre Lanteri presentavagli il modello di un fondatore di Congregazione religiosa, alieno però da ogni passione politica, quale lo richiedeva il bene de' tempi che si andavano maturando; e così pure nell'Istituto degli Oblati la forma che più conveniva al sodalizio che voleva da lui fondato e sparso su tutta la faccia della terra, spogliò di ogni carattere o costumanza esterna che desse pretesti di animosità agli avversarii degli Ordini religiosi.
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