Nuova testimonianza che D. Bosco legge nelle coscienze - Fiducia dei giovani nella sua direzione spirituale - Ordine mirabile nell'Oratorio: la sala dello studio in comune: due visite illustri - Elezione del Capitolo della Casa di Mirabello - Nomina di due nuovi membri del Capitolo della Casa di Torino in sostituzione di quelli mandati a Mirabello - Accettazione di Socii ed emissione di voti.
del 01 dicembre 2006
  Le  parole di D. Bosco ispiravano anche nei giovani di fresco entrati nell'Oratorio tanta fiducia in lui, che la massima parte di essi lo aveva scelto come stabile confessore, specialmente per conoscere e per conservare la vocazione.
Scrisse D. Berto Gioachino:
“ Questa scelta fortunata fu sempre il mio sostegno. Appunto perchè D. Bosco mi conosceva, andai sempre volentieri a confessarmi da lui, dalla mia entrata nell'Oratorio, fino alla vigilia della sua ultima infermità. Ai miei tempi era comune fra gli alunni la persuasione che chi andava a confessarsi da D. Bosco era sicuro di fare buone confessioni, a motivo dei lumi soprannaturali che egli aveva da Dio di leggere sulla fronte o nella coscienza i peccati de' suoi penitenti, qualora se ne dimenticassero.
” Nel 1863 un giovane, a me assai noto, una Domenica mattina andato a confessarsi da D. Bosco non aveva manifestata qualche cosa a cui non badava, o della quale non ricordavasi. Terminata l'accusa de' peccati, D. Bosco gli disse: - Pentiti e domanda perdono al Signore anche del tale peccato. Quel giovane al sentirsi svelare tanto chiaramente e specificamente la colpa di cui non erasi accusato, forse per negligenza riconobbe che D. Bosco senza un lume particolare del Signore non poteva averla conosciuta. Perciò ne fu così sorpreso e commosso, che mi assicurava di non aver mai fatta una confessione così lagrimosa ed una comunione tanto fervorosa come quella volta.
” Un giorno dopo le funzioni di Chiesa incontrai nel cortile un giovanetto da poco tempo venuto nell'Oratorio, il quale vedendo passare il Servo di Dio, lo seguì per buon tratto collo sguardo Esso sopra il medesimo; poi rivoltosi a me alquanto turbato, dicevami: - Chi è quel prete?
 - E perchè domandi questo? soggiunsi io. Non lo conosci ancora?
 - Perchè stamattina sono andato a confessarmi da lui e mi disse tutti i peccati commessi a casa.
 - Quel prete, mio buon ragazzo, è D. Bosco nostro comun padre e Superiore, ed il più grande amico dei giovani, specialmente di quelli che vogliono farsi buoni.
” Mi ricordo ancora che nei tre anni del mio ginnasio cioè dal 1862 al 1865, D. Bosco dopo pranzo e dopo cena si trovava sempre circondato da giovani studenti che passavano con lui tutta la ricreazione. Di tratto in tratto egli fissava in volto qualche giovane che sembrava distratto e poi gli dava un forte schiaffo. A quest'atto improvviso quel giovane stava lì come smemorato, ma Don Bosco ridendo gli prendeva il capo tra le sue mani e gli diceva in un orecchio: - Sta tranquillo, non ho battuto te, ma il demonio.
” Un giovane, cosa che accadeva tutti i giorni, gli manifestò come fosse tormentato da pensieri cattivi, e D. Bosco gli disse sottovoce: - Non temere; sta solamente vicino a me.
Altre volte ripeteva ad uno che si trovava in simile modo angustiato: - Non temere: tutti questi pensieri ed immaginazioni non sono peccati. Sta solo attento alle opere. Ai pensieri non badarci più di quello che vi baderesti se fossero mosche che ronzassero alle tue orecchie; od al rumore di un vespaio. Queste cose provengono dalla tua immaginazione molto apprensiva, ma verrà tempo che con un solo atto della volontà potrai scacciarli e non ti daran più molestia.
” È  per questo motivo che erano accettati dai giovani, colla massima facilità i comandi, i consigli e anche le riprensioni di D. Bosco. E ciò non avveniva sempre riguardo a qualche altro superiore.
” Una volta D. Bosco disse ad un alunno mio intimo confidente: - Guarda, io avrei bisogno che tu facessi l'obbedienza cieca.
 - Si; a D. Bosco l'ho sempre prestata questa ubbidienza, e la farà sempre a tutti gli ordini e desiderii che, so venire direttamente da Lei, ma dagli altri no.
 - E perchè a me si e agli altri no?
 - Perchè so che Lei ha dei lumi soprannaturali e ne ho delle prove, ma gli altri superiori quantunque buoni e santi, finora, che io sappia, non hanno questi lumi e quindi non conoscendo il mio naturale mi rovinerebbero, mi farebbero fare dei fiashi solenni. Perciò verso di loro metterò in pratica il rationabile obsequium vestrum di S. Paolo.
” Qualcuno vi era che in lui non aveva confidenza, ma non poteva nascondergli il suo cuore. Talvolta D. Bosco mi disse: - Vedi, gli ipocriti io li conosco alla loro vicinanza. Appena qualcheduno di questi mi è attorno, ne sento così sensibilmente la loro presenza, che mi cagionano un malessere e una nausea che non so spiegare, malgrado tutte le loro belle e buone parole. Per conoscere poi gli affetti al vizio dell'impurità basta ch'io possa vedere una volta il giovane in faccia. Così pure gli immodesti. Sono certo di non sbagliarmi. E costoro per non essere conosciuti e scoperti fuggivano studiosamente l'incontro con D. Bosco e ne stavano lontani.
Questa cosa era tanto conosciuta nel tempo del mio ginnasio dai giovani suddetti, che non si lasciavano vedere da D. Bosco affinchè, dicevano, non potesse leggere i peccati sulla loro fronte. S. Filippo conosceva costoro all'odore, D. Bosco anche alla vista”.
La stima, l'amore e il rispetto per D. Bosco conservavano l'ordine nell'Oratorio, in ogni luogo e in ogni tempo; e particolarmente il silenzio prescritto, cosa non facile ed ottenersi dalla vivacità dei giovanetti. Ci basti accennare alla sala di studio. Era considerata quasi come luogo sacro. Fin dai principii dell'Oratorio vi regnò un solenne, religioso silenzio.Anche d'inverno quando il freddo era eccessivo, permettendo D. Bosco ai giovani di ritirarsi nello studio a far colazione, .il silenzio, per rispetto al luogo, non era mai turbato. Vi si entrava, diremmo quasi, in punta di piedi e col berretto in mano si prendeva il posto fissato. Dopo un Ave Maria, si rispondeva Ora pro nobis alla giaculatoria Sedes sapientiae, che nel 1867si sostituì con Maria Auxilium Christianorum. D. Bosco di tanto in tanto andava egli pure, per dar buon esempio, a studiare cogli altri nella sala comune.
Era uno spettacolo meraviglioso. Chiunque fosse entrato e di qualsivoglia dignità nessuno si muoveva dal posto, volgeva il capo, o dava segno di curiosità.
Di due visite per ora parleremo. Della prima ci lasciarono memoria lo stesso D. Bosco e Pietro Enria. “Due signori inglesi, uno dei quali era Ministro della regina Vittoria, accompagnati da un patrizio di Torino, vennero nell'Oratorio e dato uno sguardo alla casa, vennero condotti da. D. Bosco nella.sala ove facevano studio circa cinquecento giovanotti. Si meravigliarono non poco vedendo tanta moltitudine di fanciulli in perfetto silenzio, con un solo assistente sopra una cattedra. Crebbe ancora la loro maraviglia quando seppero che forse in tutto l'anno non avevasi a lamentare una parola che recasse vero disturbo, non un motivo di infliggere o di minacciare un castigo. - Come è mai possibile, domandò il Ministro, di ottenere tanto silenzio e tanta disciplina? Ditemelo; e voi, aggiunse al compagno che era il suo segretario, scrivete quanto dirà questo sacerdote.
 - Signore, rispose D. Bosco, il mezzo che si usa tra noi non si può usare fra voi.
 - Perchè?
 - Perchè sono arcani solamente svelati ai cattolici.
 - Quali?
 - La frequente confessione e comunione e la messa quotidiana bene ascoltata.
 - Avete proprio ragione, noi manchiamo di questi potenti mezzi di educazione. Non si può supplire con altri mezzi?
 - Se non si usano questi elementi di religione, bisogna ricorrere alle minacce ed al bastone.
 - Avete ragione! avete ragione! o religione, o bastone; - voglio raccontarlo a Londra ”.
Della seconda visita fece parola il Prof. Maranzana, stampando un suo omaggio a D. Bosco nel 1893.
“ Una sera d'inverno, più non ricordo in quale anno, tutti i giovani, lasciati i loro trastulli erano ritornati al lavoro, quand'ecco entra nella camera di D. Bosco uno dei primi suoi amici, Mons. Ghilardi, Vescovo di Mondovì, e gli presenta due altri prelati, i quali venivano da paesi molto lontani e volevano conoscere D. Bosco e il suo Oratorio, la cui fama già si spargeva anche fuori di Europa. Eccoli adunque in giro per la casa; passano d'un laboratorio in un altro con visibili segni di soddisfazione e di meraviglia; l'ordine, la pulitezza, il silenzio ed il giocondo aspetto dei giovani operai li rapisce. Quando i venerandi visitatori giunsero sulla soglia dello studio e videro ad un tratto quella lunghissima ed ampia sala, piena zeppa di studenti chinati sui loro libri nel più profondo silenzio, come colpiti da inaspettata visione, si fermarono ad un tratto e poi volevano tornarsene indietro, per timor di turbare colla loro presenza la tranquillità e il raccoglimento dei fanciulli; ma ad un cenno risoluto di D. Bosco si avanzano in punta di piedi fino alla cattedra del Direttore, e quindi Mons. Ghilardi, fatta richiamar l'attenzione con un colpo di campanello, abbracciò con lo sguardo all'ingiro tutta la incantevole scena, e sollevate le mani al cielo, improvvisò un discorsetto, esclamando: - Oh meraviglioso spettacolo! Oh spettacolo veramente stupendo! - E il nostro buon padre umile in tanta gloria, sorrideva di compiacenza per sì splendido elogio tributato a' suoi birichini, i quali non si sapevano rendere ragione di tanta ammirazione in un uomo che doveva già aver vedute tante scuole e tanti istituti di educazione; sicchè i più intesero quelle parole come un gentile incoraggiamento e nulla più. Ma quella esclamazione di meraviglia fu più volte ripetuta da altri uomini versatissimi nella faccenda dell'avviare al bene la gioventù, e noi stessi ammaestrati dall'esperienza, ci persuademmo col tempo che l'entusiasmo di Monsignore era ben giustificato ”.
E D. Bosco in mezzo a questo giovane popolo, organizzando la sua Pia Società, accrescendo il numero de' suoi membri, gli preparava nuove guide e nuovi maestri.
Stralciamo dai Verbali del Capitolo quanto segue:
“ Li 12 novembre 1863 i Confratelli della Società di S. Francesco di Sales si radunavano per eleggere e stabilire nella nuova casa di Mirabello un nuovo Capitolo. Perciò il Sig. D. Bosco Rettore e fondatore cominciò egli medesimo come è prescritto dalle Regole della Società ad eleggere il Direttore che è il Sig. D. Rua Michele. Dopo stabilì prefetto il Ch. Provera Francesco a cui commise anche l'uffizio di Economo. Elesse quindi Catechista il Ch. Bonetti Giovanni. Finalmente ad unanimità di voti si elessero consiglieri Cerruti Francesco ed Albera Paolo. Così fu stabilito il nuovo Capitolo della Casa di Mirabello composto dal Direttore, dal Prefetto che ha pure il titolo di economo, dal Catechista e da due consiglieri.
La prima scelta di D. Bosco riguardava solamente il personale che doveva dirigere il piccolo seminario come collegio, ma questa, seconda elezione formava di esso casa religiosa, e quindi imponeva direzione ed obbedienza religiosa ai membri della Pia Società mandati da Torino. D. Bosco ordinava che sen e mandasse a Mirabello notizia officiale.
 
La grazia del Signore sia con voi.
 
Torino, li 13 novembre 1863.
 
Fratelli carissimi,
 Ieri sera qui nella Casa Madre si radunarono i Confratelli della Società di S. Francesco di Sales per eleggere e stabilire costì, nella nuova casa di Mirabello, un novello Capitolo. Perciò con grande mio e credo anche vostro piacere, vi participo questa notizia. Il nostro amatissimo Sig. D. Bosco cominciò egli stesso come è prescritto nel regolamento ad eleggere il Direttore che è il Sig. D. Michele Rua; dopo stabilì Prefetto il nostro caro Provera Francesco che già esercitava tale ufficio; gli si aggiunse ancora il titolo di economo: elesse quindi Catechista il caro fratello Bonetti Giovanni. Finalmente si venne all'elezione dei consiglieri e sono essi i nostri cari fratelli Cerruti Francesco ed Albera Paolo.
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