Capitolo 55

Lettera circolare di Don Bosco ai Salesiani: Confidenza nel Superiore: conseguenze pratiche di questo articolo del regolamento - Don Bosco parte per Montemagno: è fermato in Asti: visita a quell'Oratorio festivo: confessa antichi allievi: giunge in ritardo a Montemagno: il Marchese Fassati riconosce che Don Bosco “ anche quando sbaglia l'indovina ” - Morte di due giovani dell'Oratorio - A Lanzo si avvera con esattezza una predizione di Don Bosco - Letture Cattoliche - La chiusura dell'anno scolastico nell'Oratorio e la distribuzione dei premi.

Capitolo 55

da Memorie Biografiche

del 05 dicembre 2006

Tempo di riposo per Don Bosco era quando poteva trovarsi in mezzo ai suoi figli, i Salesiani, e intrattenersi con qualcuno di essi, o con tutti radunati, o nelle quiete della sera farli passare tutti innanzi alla sua mente, meditando il modo di sopperire ad ogni loro bisogno. Ora il suo cuore gioiva, perchè fra poche settimane avrebbe nella casa di Trofarello tenuto gli esercizi spirituali. L'amore santificato di famiglia era un'inclinazione prepotente nel suo cuore. Lo spettacolo che lo incantava era quello di cui parla il salmo, là dove dice: - Fili tui, sicut novellae olivarum in circuitu mensae tuae.

Nell'agosto, a promuovere lo spirito di famiglia, egli inviava questa circolare a tutte le sue case.

 

Figliuoli amatissimi,

 

La Divina Provvidenza dispose che la nostra Pia Società fosse dalla S. Sede definitivamente approvata, e noi, mentre nell'umiltà del nostro cuore ringraziamo la bontà del Signore, dobbiamo adoperarci con tutta sollecitudine per corrispondere allo scopo che ci siamo prefissi entrando in Congregazione e mantenere l'esatta osservanza delle regole in tutti quelli che le hanno professate.

Tra gli articoli di esse àvvi quello che riguarda alle relazioni e alla confidenza che devono passare tra Superiori e inferiori: “ Ciascuno, si dice al Capo 5° art. 6°, abbia grande confidenza col Superiore; nè gli nasconda alcun segreto del suo cuore ”.

Questo articolo è della massima importanza, e si è osservato che i trattenimenti del Superiore co' suoi subalterni tornarono di grande vantaggio, perciocchè in questo modo gli uni possono con tutta libertà esporre i loro bisogni e dimandarne gli opportuni consigli, mentre il Superiore stesso sarà in grado di conoscere lo stato de' suoi confratelli, provvedere ai loro bisogni e prendere quelle deliberazioni che concorrono a facilitare l'osservanza delle regole e il vantaggio dell'intera Società. Sembra che ciò appunto voglia significare lo Spirito Santo, quando dice: Vae soli, quia quum ceciderit non habet sublevantem se (Eccl. IV, 10). Guai a chi è solo perchè egli non ha chi lo aiuti ad alzarsi nella caduta. Di poi soggiunge: Per chi vive in società, se uno cade o si trova in pericolo di cadere, viene da un altro sostenuto e in certo modo resta puntellata la sua caduta. Si unus ceciderit, ab altero fulcietur. (Idem). In questa guisa, dice S. Tommaso, il religioso conseguisce il suo scopo, egli è avvisato nei pericoli, è aiutato a risorgere in caso di caduta: Juvatur a sociis ad resurgendum.

Affinchè si possa riportare questo vantaggio dalla nostra Società si è pensato bene di stabilire alcune cose che si possono dire conseguenze pratiche dell'articolo sopra nominato.

1° Ogni mese saranno tenute due conferenze, di cui una intorno alla lettura e spiegazione semplice delle regole della Congregazione. L'altra conferenza intorno a materia morale, ma in modo pratico ed adattato alle persone a cui si parla.

2° Ogni socio una volta al mese si presenterà al Direttore di quella casa cui appartiene e gli esporrà quanto egli giudicherà vantaggioso al bene dell'anima sua, e, se ha qualche dubbio intorno all'osservanza delle regole, lo esporrà, chiedendo quei consigli che gli sembrano opportuni pel suo profitto spirituale e temporale.

Dal canto suo il direttore, colla dovuta carità, ascolterà a tempo determinato ogni cosa, anzi procurerà di interrogare separatamente ciascun socio intorno alla sanità corporale, agli uffizi che compie, all'osservanza religiosa, agli studi o lavoro che deve attendere. In fine procurerà d'incoraggiarlo, aiutarlo coll'opera e col consiglio per mettersi in uno stato di potere godere la pace del cuore colla tranquillità di coscienza, che deve essere lo scopo principale di tutti quelli che fanno parte di questa Pia Società.

3° Di regola ordinaria il Direttore d'ogni casa particolare una volta al mese darà al Rettor Maggiore conto esatto sulla stato morale o sanitario dei confratelli; più un cenno sull'andamento materiale della casa a lui affidata.

Si nota una piccola eccezione per la casa Madre. Quelli che qui compongono il Capitolo e quei Sacerdoti che lo domandano possono presentarsi al Rettore Maggiore ed esporgli quanto è del caso.

Il rendere conto di sè al proprio superiore è pratica generale di tutte le case religiose e se ne trova un gran vantaggio, così che io ne spero gran bene eziandio fra noi, sopratutto per conseguire la tanto necessaria pace del cuore e la tranquillità di coscienza.

Molte cose dovranno dirsi a questo riguardo. Ciò si farà con altre lettere, con apposite conferenze e specialmente nei prossimi spirituali esercizii di Trofarello, se Iddio nella sua grande misericordia ci conserverà, come spero, e ci aiuterà a poterci nel prossimo mese di settembre tutti colà raccogliere.

Animo, miei cari figliuoli! Noi abbiamo una grande impresa tra mano. Molte anime attendono la salvezza da noi; tra queste anime la prima deve essere la nostra, di poi quella dei nostri soci e quella di qualunque fedele Cristiano cui ci accada poter recare qualche vantaggio. Dio è con noi. Adoperiamoci per corrispondere ai celesti favori che ci ha concessi e che speriamo ci voglia in maggior copia per l'avvenire concedere.

La grazia di N. S. G. C. sia sempre con noi e ci conceda lo spirito del fervore e il prezioso dono della perseveranza nella società.

Amen.

 

Solenne giorno dell'Assunzione di M. SS. 1869.

Aff.mo in G. C.

Sac. G. Bosco.

 

P. S. Questa lettera sarà letta a tutti i soci della nostra Pia Società.

 

Il giorno 14 agosto, sabato, Don Bosco partiva dall'Oratorio per Montemagno, ove il domani celebravasi solennemente la festa dell'Assunta.

Era atteso a Montemagno dal Marchese Fassati, che, per onorarlo, avea preparato in quel giorno un gran pranzo con inviti. Don Francesia avea preceduto di un giorno il Venerabile. Quando giunse la vettura senza Don Bosco, il Marchese andò sulle furie, perchè troppo gli era cara la sua presenza e, rivoltosi a Don Francesia:

 - Lei che sorge sempre a difendere Don Bosco, vorrei

sapere quale scusa avrà il coraggio di recare in sua discolpa per averci burlati in questa maniera!

Don Francesia tranquillamente osservò:

 - Io, per lunga esperienza, ho veduto che Don Bosco, anche quando sbaglia, l'indovina sempre.

Verso le 5 pomeridiane i convitati si assisero a mensa. Il Marchese era di malumore.

Quale era la causa del ritardo di Don Bosco? Giunto in Asti, egli era andato a visitare la famiglia Cerrato, la quale a bello studio aveagli fatto perdere la corsa dell'omnibus, trattenendolo di soverchio con sempre nuove visite di amici e ragionamenti interessanti. Don Bosco, avvedutosi tardi che l'ora trascorreva, volle recarsi a tutti i costi al luogo della partenza, ma la carrozza, già da mezz'ora, era partita. Mentre stava pensando se dovesse o no ritornare indietro, il sig. Cerrato, godendo in cuore della sua vittoria, lo invitò a recarsi nell'Oratorio festivo del Canonico Giovanni Cerrutti, Penitenziere. Era questo il fine di quella piccola trama. Don Bosco accettò, e predicò, confessò, diede la benedizione, quindi si avviò verso casa Cerrato per passarvi la notte.

E si faceva notte quand'ecco dietro alle spalle di Don Bosco risuona una voce che diceva:

 - Contacc! Ma quel prete lì sembra tutto Don Bosco!

Il Venerabile, sentendo pronunciare il suo nome, si volse e un uomo dalla barba folta si avvicina a lui, lo prende per la mano, e baciandola calorosamente:

 - È lui! è proprio lui! Oh Don Bosco! Come sta?

 - E lei come sta?

 - Ma che Lei d'Egitto! Mi dia del tu, come mi dava tanti anni fa. Non mi conosce più?

 - Ma sì... sì... tu sei il tale... sei Giacomo!

 - Egli mi conosce ancora! Sì, sono Giacomo. L'ho sempre detto che Don Bosco mi voleva bene: mi conosce ancora dopo 14 anni che non mi ha più visto! E ne facevo allora delle birichinate e gliene ho dati dei dispiaceri, povero Don Bosco:

- Son ben contento di vederti e che tu mi voglia bene: tu sai che Don Bosco ti ha sempre voluto bene... e che cosa fai tu qui?

 - Faccio il negoziante: i miei affari non vanno male; e me la passo in modo che non posso lamentarmi.

 - E sei sempre bravo?

 - Bravo sì, ma non come vuole lei.

 - Come sarebbe a dire?

 - Là, non voglio dir di più... sarebbe un parlar male... Ah! dei Don Bosco non ne ho trovato più nessuno! ... ce n'è un solo! ... Da altri non mi sento nè coraggio nè voglia di andarmi a confessare... anzi... per nulla.

 - E da Don Bosco?

 - A Don Bosco non posso dire di no e in qualunque momento egli voglia io son pronto.

 - Ma qui in Asti, oltre di te ci saranno altri miei amici?

 - Oh sì! ce ne siamo diversi, che parliamo sempre di Don Bosco e dell'Oratorio, e dopo che abbiamo lasciato l'Oratorio non siamo più stati a confessarci.

 - Siamo intesi adunque; venite domani mattina.

 - Verrò, sì.

 - Ma sarai di parola?

 - Forse non sarò capace di perseverare, ma a Don Bosco non mancheremo certamente di parola in nessun modo; mi dica dove va domani a dir messa e verrò io e condurrò anche gli altri.

Prima che rincasasse varii altri ex - allievi si erano avvicinati al Venerabile. E all'indomani 15 giovanotti e padri di famiglia si confessavano da lui e dalle sue mani ricevevano la S. Comunione. Poi lo accompagnarono alla vettura: ove gli si strinsero attorno e, piangendo dalla contentezza, baciandogli la mano ripetevano:

 - Grazie, grazie del bene che ci ha fatto, della consolazione che ci ha data. Non solo i signori le vogliono bene, ma tutti, ma anche la povera gente lo ama.

I popolani, che oziavano sulla piazza, stupivano nel veder un prete circondato da tanti uomini e fatto segno a tali dimostrazioni d'affetto.

Quando Don Bosco giunse a Montemagno, il Marchese Fassati e la Marchesa lo ricevettero rimproverandolo amorevolmente:

 - Don Bosco promette e poi manca di parola!

Don Bosco, come se pi√π non si ricordasse dell'invito pel giorno antecedente:

 - E perchè, disse, mi fanno questo rimprovero?

 - Per qual cagione non è venuto ieri? continuò il Marchese.

 - È vero, ha ragione, dirò: - e prese a raccontargli quanto gli era occorso in Asti. Il Marchese non potè frenare le lagrime ed esclamò:

 - Quando è così, le auguro di avere tali impedimenti tutte le volte che ho l'onore di invitarlo a casa mia.

E Don Francesia al Marchese: - - Ebbene, signor Marchese? non è vero che Don Bosco l'indovina, anche quando sbaglia?

 - Non so che dire, concluse il Marchese, ha ragione lei!

Intanto si avverava la predizione fatta da Don Bosco a Lanzo alla fine del 1868. Aveva detto che uno in quell'anno scolastico sarebbe morto, che apparteneva alla seconda classe elementare, e che la lettera iniziale del suo nome era “ V ” Si era al luglio 1869 e in collegio non era morto alcuno. Quando il giovanetto Ulderico Valagossa, robusto e sanissimo, di seconda elementare, cade gravemente ammalato. Un mese durò l'infermità e l'avvocato Luigi Andreis, il quale conosceva la predizione, s'informava curiosamente di quella malattia, e ripeteva a chi gli esternava la speranza di vederla finir bene:

 - Valagossa morrà: Don Bosco lo ha detto.

Il giovane intanto entrava in convalescenza; e il padre, venuto a visitarlo, trovandolo ormai guarito e in ricreazione cogli altri, non volle condurlo a casa. Ma eccolo dopo una settimana ricadere infermo e morire. - Don Bosco l'aveva predetto! - esclamò l'avvocato e con lui tutto il collegio.

Vallagossa morì una domenica, dopo otto giorni di agonia, mentre si cantava il vespro nella chiesa del Collegio e si diffondevano per gli atri le care parole: Et misericordia ejus, a progenie in progenies, timentibus cum. Era un ottimo giovanetto.

Nei registri del Municipio di Lanzo sta scritto: Valagossa Ulderico morì a Lanzo il 22 agosto alle 4 di sera del 1869. Aveva 11 anni. Era nato a Biassono (Monza). Suo padre Felice, sua madre Francesca Bismara.

Nello stesso mese dovevano giungere all'Oratorio le notizie della morte del quarto e del quinto dei sei predetti da Don Bosco. Leggiamo nei Registri:

Boggiatto Ferdinando di Giuseppe da Testona, studente di II ginnasiale, morì a casa propria nel luglio 1869.

Giacchetti Ch. Carlo di Lorenzo da Lessone, studente di 1° Teologia; il 17 luglio 1869 partì dall'Oratorio et requievit in Domino.

A pensieri di un'altra vita rivolgeva le menti dei giovani anche il fascicolo delle Letture Cattoliche di settembre ed ottobre: - Il mese di novembre santificato; ossia la divozione verso le anime del purgatorio - Promossa per via di brevi considerazioni e scelti esempi - col modo di ascoltare la santa messa in suffragio delle anime del Purgatorio.

E così, omai, finiva l'anno scolastico, e il Venerabile invitava i personaggi più distinti di Torino alla distribuzione dei premii nell'Oratorio, col seguente biglietto.

 

ORATORIO

DI S. FRANCESCO DI SALES

TORINO.

 

Mercoledì, 8 settembre, alle ore 6 pom. avrà luogo la solenne distribuzione dei premii agli alunni delle scuole ginnasiali. Prego pertanto V. S. Ill.ma a volerci in tale occasione onorare di sua presenza per rendere così più maestosa la nostra festa e dare incoraggiamento ai nostri allievi.

 

Torino, 6 settembre 1869.

Sac. GIOVANNI Bosco.

 

Il giorno della Natività di Maria SS. si festeggiò nel modo più solenne che si potè, poichè si aspettavano ad onorare la festa anche i membri del quinto Congresso Pedagogico che appunto in quei giorni si teneva in Torino.

Dopo le sacre funzioni nella chiesa di Maria SS. Ausiliatrice, nel pomeriggio si diede principio alla festa, resa pi√π brillante dal gran numero degli invitati, che risposero personalmente all'invito, e dai parenti dei giovanetti che venivano a dividere le consolazioni dei loro figliuoli.

Fra gli intervalli della distribuzione de' premi e delle menzioni onorevoli, rallegrava la festa la musica vocale ed istrumentale dei nostri giovanetti.

Fu cantato un inno composto dal Sac. Giovanni Cagliero, direttore della musica vocale; e si suonarono varie sinfonie del maestro Giovanni De - Vecchi, che piacquero assai,

Sovra ogni altra però fu cara una sinfonia fantastica adattata alla circostanza, la quale figurava la partenza dei giovani alla volta della casa paterna, e dove con maestria ed arte veniva rappresentato il partire di un convoglio ferroviario, il suo correre sulle rotaie e l'arrivo allo scalo, poi un suono festivo di campane, e scoppi di petardi e armoniosi concenti della banda di un paese in festa.

Corona dell'opera fu la bella orazione che in quella circostanza proferì il dotto e cattolico professore Carlo cav. Bacchialoni, dottore collegiato in lettere e filosofia, che riscosse gli applausi universali.

Questa orazione venne stampata e la conserviamo negli archivi.

Chiuse le scuole regolari, Don Bosco indisse per i Salesiani due corsi di esercizii spirituali nella casa di Trofarello, perchè tutti vi potessero intervenire senza lasciar soli i giovani rimasti nell'Oratorio e ne' Collegi.

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