Capitolo 58

La Madonna e un giovane infermo - Il sogno dei pani - Un alunno svela a D. Bosco i suoi pensieri - Due guarigioni - Il timore del purgatorio - Riflessioni sui miracoli.

Capitolo 58

da Memorie Biografiche

del 29 novembre 2006

 Lo zelo col quale D. Bosco promoveva la gloria di Dio tornava di molto gradimento alla Regina degli angioli, la quale, come già notammo, prestavagli continuo aiuto, non solo nello sviluppo nella sua Istituzione, ma eziandio, e in modo sensibile, nella direzione e santificazione de' suoi cari alunni; e gli otte­neva dal Signore quelle grazie senza numero, delle quali lo vedremo largheggiare coi fedeli che ricorrevano alle sue preghiere e alle sue benedizioni. Per ora ci restringiamo ai fatti meravigliosi che occorsero a un dipresso in questi mesi, narrandoli colle stesse parole di autorevoli testimoni.

    La vigilia della Natività di Maria SS. il giovane Zucca studente era infermo nell'Oratorio per febbri; e giaceva in letto nel dormitorio della sua camerata. A un tratto gli com­pare a fianco la Vergine benedetta, in aspetto indicibilmente amorevole e maestoso, e gli dice: - Sono venuta perchè voglio molto bene a questa casa: ti dico quello che desidero da ciascuno di voi, e tu lo riferirai confidenzialmente ad ognuno de' tuoi compagni e in modo speciale a quelli di questa camerata. - Dati quindi all'infermo alcuni avvisi, percorse lentamente quella stanza e fermandosi ai piedi di ogni letto, diceva, accennando al giovane che quivi soleva prendere riposo: - A questo dirai così e così. - Giunta a un certo punto, essa indicando il letto del giovane Gastaldi, continuò: - Questo qui poi lo avviserai a nome mio che vada subito a confessarsi, perchè è da Pasqua che non si accosta più ai Sacramenti.

   Ritornata vicino al letto di Zucca, soggiunse: - Intanto dirai a D. Bosco questo e questo. Al tuo maestro farai questa commissione da parte mia. - E così gli disse ciò che doveva ripetere a ciascuno della casa. Quindi scom­parve.

   Di questa prima parte della nostra narrazione il solo giovane privilegiato poteva farne fede; ma di quanto accadde poi fu testimone tutta la comunità, cioè circa due centinaia di persone.

  L'infermo da quell'istante era perfettamente guarito, ma la sera essendo già molto avanzata, non si levò. Mandò invece a chiamare i compagni di camerata che si trovavano in ricreazione, facendo dir loro di avere una commissione importante da comunicare. I compagni salirono, e, come esigeva la convenienza, circondarono il suo letto stando alquanto discosti. Egli ad uno ad uno se li fece avvicinare, e disse in segreto ciò che li riguardava. Aveva un aspetto serio, con un'aria d'autorità che imponeva e contrastava col suo viso infantile. I giovani stavano alla sua presenza muti, quasi sbalorditi e riverenti.

   Come ebbe finito, disse ad alta voce: - E poi ho bisogno di parlare con Gastaldi!

Gastaldi non era venuto; un compagno corse a chiamarlo, e condottolo al letto di Zucca, questi gli fece la commissione che aveagli affidata la Madonna.

   In quell'ora D. Bosco confessava in sagrestia. Gastaldi, udito ciò che la Madonna aveva detto di lui, rispose ad alta voce: - Va bene, vado subito! - Ed uscì dalla camerata per andarsi a confessare. Ma nel discendere le scale cambiò proposito e pensò: Sono tutte storie! Non volendo però aver aria di rifiutare il consiglio dell'amico, entrò in sagrestia, da questa passò nella cappella della Madonna e quivi stato un po' di tempo in ginocchio, per colorare la bugia che voleva dire a Zucca, ritornò in camerata. Nessuno dei compagni si era mosso per osservare ove andasse. Mentre voleva aprir bocca per dire: - Adesso sono contento, - Zucca prende un'espressione in volto che sembrava di profeta, si alza sul letto e gli dice alla presenza di tutti: - Impostore! T'immagini che io non ti abbia veduto? Tu hai fatto così e così. - E gli descrisse il giro fatto, la sua fermata all'altare della Madonna, e quindi riprese: - Ritorna e guarda di non abusare della misericordia di Dio. Va subito!

   Gastaldi, confuso all'evidenza del fatto, non osò più contrastare e promettendo che si sarebbe confessato, discese. Zucca, quasi vedesse quanto accadeva con uno sguardo fisso verso la porta, diceva: - Ei discende.... è sotto i portici... entra in sagrestia... s'inginocchia.... adesso si avvicina a D. Bosco... adesso si confessa... va bene.

   Dopo un po' di tempo Gastaldi ritornò tutto allegro, e non ebbe nè bisogno nè tempo per riferire ciò che era accaduto, perchè Zucca gli disse subito: - Adesso sì che puoi dirti contento: ma guarda di continuare ad essere buono, perchè la Madonna mi disse che tu devi mutar vita, altrimenti il castigo sta preparato.

L'indomani Zucca, con meraviglia di tutti, era in cortile. In quel giorno aveva un'aria come d'ispirato, si avvicinava ai singoli compagni e loro faceva, traendoli da parte, la commissione della Madonna. Quando egli si allontanava, lasciava il compagno meditabondo. Nessuno osava ridere. Anche a D. Bosco riferì ciò che la Madonna aveagli comandato di dire. Si presentò al Chierico suo maestro il quale era tale, e per la stima che gli portavano i suoi scolari e per l'autorità che aveva su di essi, che nessuno avrebbe certamente osato fargli un'osservazione. Ancora nulla egli sapeva, e a un tratto gli si presenta Zucca,,e all'udirlo parlare in nome della Madonna e al modo autorevole col quale gli stava davanti, sentissi preso da tale riverenza che non replicò parola. Si sentiva di essere come davanti ad un suo superiore. E le parole dettegli da Zucca erano così caratteristiche che non davano luogo ad abbaglio.

Gastaldi poi si mantenne sempre buono, lasciò di studiare, abbracciò l'arte tipografica nell'Oratorio, e morì di apoplessia verso il 1886.

  Di questi avvisi ed ammonizioni celesti D. Bosco stesso era sovente favorito in occasione degli esercizi spirituali della comunità, o di novene in onore di Maria SS. Don Bongiovanni Domenico, D. Rua, Mons. Cagliero ci raccontarono quanto ora qui esponiamo. “Una sera D. Bosco disse in pubblico che aveva visti in sogno tutti noi distribuiti in quattro crocchi distinti e che stavamo mangiando. I giovani di ogni crocchio avevano in mano un pane differente. Questi una pagnotta fresca, fina, gustosissima; quelli un pane bianco ordinario; gli uni pane nero di crusca, e finalmente gli ultimi pane coperto di muffa e guasto. I primi erano gli innocenti, i secondi i buoni, i terzi quelli che si trovavano attualmente in disgrazia dì Dio, ma non abituati nel peccato, il quarto crocchio coloro che fissi nel male non facevano sforzo alcuno per mutar vita. D. Bosco, data spiegazione della causa e degli effetti di tali alimenti, affermò di ricordare benissimo qual pane ciascun di noi mangiasse, e che se andavamo ad interrogarlo egli ce lo avrebbe detto. E molti andarono, e D. Bosco in privato ad uno ad uno svelava come lo avesse visto nel sogno; e con tali osservazioni e particolarità sullo stato della loro coscienza, che tutti poterono persuadersi non essere il suo un giuoco di fantasia e molto meno un'azzardata congettura. I segreti più nascosti, i peccati taciuti in confessione, le intenzioni non rette in certe opere, le conseguenze di una condotta poco riguardosa, e anche le virtù, lo stato di grazia, la vocazione, ogni cosa insomma spettante le singole anime, scoperta, descritta, o profetata. Si vedevano i giovani fuori di sè per lo stupore, dopo che erano stati a colloquio con D. Bosco e dicevano colla Samaritana: Dixit mihi omnia quaecumque feci. Queste parole poi le abbiamo udite ripetere le migliaia di volte per anni ed anni ”.

I giovani talora svelavano l'avviso ricevuto a qualche compagno più fido; ma D. Bosco di questi segreti non ne faceva mai parte ad altri, fuorchè al solo individuo indicato nelle sue molte visioni intellettuali. Queste, e il sogno soprannotato che varie volte si riprodusse sotto forma diversa, mentre lo affliggevano con qualche triste spettacolo, lo assicuravano che gran numero de' suoi giovanetti vivevano abitualmente in grazia di Dio.

E’ perciò che nelle preghiere de' suoi giovani D. Bosco riponeva moltissima fiducia, e quando andava taluno da lui per ottenere qualche grazia, a volte ei rispondeva: - Farò pregare i miei ragazzi! - Infatti la preghiera fatta in comune e ad alta voce acquista una potenza meravigliosa, che tanto più cresce quanto più grande è la devozione e la santità di chi prega. Nell'Oratorio in grandissimo numero vi erano sempre dei giovanetti dei quali si può affermare senza pericolo di smentita, che fossero tanti S. Luigi per candore di animo, e che anzi in alcuni di essi la vita interiore si sviluppasse con fenomeni di arcane illuminazioni.

   In questo stesso anno 1857 D. Bosco un giorno, celebrando la Santa Messa, pregò fervorosamente il Signore perchè si degnasse illuminarlo sul modo di eseguire un suo progetto. Tornato in sagrestia e deposti gli abiti sacri, il fanciullo che aveagli servita la Messa, baciatagli la mano, gli disse in un orecchio: - Lei pensa alla tal cosa; faccia come pensa, chè riuscirà bene. D. Bosco meravigliato, - È  vero! gli rispose; ma come lo sai tu? chi te l'ha detto? - Il fanciullo si turbò, balbettò qualche parola inconcludente, e D. Bosco non insistette. Più volte D. Bosco ebbe simili sorprese, le quali indicavano come egli ed i suoi figli formassero un solo cuore, e vicendevoli fossero le loro preghiere operatrici di portenti.

   A queste D. Bosco attribuiva l'efficacia delle sue benedizioni.

   Lasciò scritto Giuseppe Reano: “ Uno studente, nativo d'Ivrea, era colpito da un'ernia cagionata dallo spostamento di un viscere. Sovente detto male gli faceva soffrire dolori acerbissimi, sicchè non potendosi più reggere in piedi era obbligato a mettersi in letto. Un giorno si trovò in tali strette, che non dava più segni di vita. Fu chiamato in fretta il dottore, il quale accorso con gran premura, giudicò inutile ogni medicina, essendo necessaria una pronta operazione. Allora fu avvisato D. Bosco, il quale, giunto, al letto dell'infermo, lo chiamò per nome, gli passò la propria mano leggermente sulla fronte e gli disse sottovoce qualche parola che gli astanti non intesero. Probabilmente gli proponeva di invocare la Madonna e di farle qualche promessa; quindi recitò una breve preghiera. Il giovane in quel momento aprì gli occhi, che fino allora aveva tenuti chiusi, guardò D. Bosco e sorrise rispondendo al suo sorriso. Ogni dolore era cessato e in quel giorno medesimo si levò da letto ”.

   Il Teol. D. Savio Ascanio testifica ancora: “ Mio fratello Angelo, salesiano, mi raccontò che un giorno accompagnò D. Bosco a vedere un ammalato molto grave e benedettolo gli disse: - Alzati su e vieni a pranzo cogli altri. - L'infermo credendo cosa impossibile il potersi alzare non sapeva che farsi e stava titubando. Ma D. Bosco insistette dicendogli: - Mettiti gli abiti e vieni a pranzo cogli altri. - Il giovane fidandosi della parola di D. Bosco, si alzò, si vestì e, risanato, discese a pranzo nel refettorio comune.

   ” Mio fratello mi soggiunse: - Io ne fui sbalordito, quasi quasi non credendo a' miei occhi stessi. - E mio fratello era piuttosto serio e niente corrivo a credere a cose straordinarie, quando l'evidenza dei fatti non ve lo costringeva ”.

   La signora Vallauri, grande benefattrice dell'Oratorio, vedova del distinto dottore in medicina, pregò D. Bosco perchè le impetrasse dalla Madonna la grazia di fare il purgatorio in questa vita. Il terrore che provava al pensiero delle pene che si debbono soffrire da chi non è abbastanza mondo, prima di entrare al cospetto di Dio, la sconvolgeva tutta e non poteva vincerlo. D. Bosco promise, pregò, fece pregare dalla comunità, ed ecco la buona signora soprappresa da atroci dolori, che le durarono per ben due anni. Passati questi, il suo cuore provò una pace inalterabile: ogni timore del purgatorio si era dissipato, ed ella morì senza malattia. D. Rua ne fa testimonianza.

  I fatti sopra esposti, quelli che già abbiamo narrato nei volumi antecedenti e gli altri che dovremo raccontare ancor più meravigliosi, in numero sempre crescente e quasi all'infinito nello svolgimento delle nostre memorie, ci rammentano un periodo da noi letto nel fascicolo delle Letture Cattoliche, che espone la vita della Beata Oringa.

“ Chi non è preso di meraviglia al considerare lo spettacolo grandioso dell'impero conceduto da Dio a' suoi santi! Figliuoli prediletti del Padre che è nei cieli essi partecipano alla sua potenza e regnano con lui; e in tal guisa mostrano alla terra quanto la virtù sia cara al Signore.

  ” La voce dei miracolo, eminentemente popolare, è intesa da tutti, e a tutti con potente voce: “ Ecco la via, dice, che conduce alla vita; seguite, o mortali, le tracce gloriose dei santi, esse sono il cammino della gloria, il cammino della felicità ”. Chi oserebbe resistere ad una chiamata tanto apertamente divina?

  ” Ma pur troppo vi ha di quelli che sorridono di compassione al racconto di questi fatti maravigliosi, che sono l'aureola di cui Dio corona i suoi santi. Poveri ciechi! Essi amano questi eroi della santità, ammirano la loro condotta morale e pigliano ombra dei loro miracoli! Ma che? i santi non sono essi forse miracoli viventi per la pratica eroica e costante di virtù, che sono infinitamente al di sopra delle povere umane forze? Il miracolo a loro ripugna; ma e non veggono che il miracolo è in ogni luogo; il miracolo è nell'uomo maraviglioso composto di mille maraviglie; il miracolo è nella natura piena di fenomeni inesplicabili; e non dovrà esservi nella Religione, centro di tutti i prodigi e di tutti i misteri?

  ” - Si può egli comprendere (scrive il barone di Montreuil) come uomini sensati e cristiani si spaventino della parola miracolo? Non professano essi la fede di un Dio in tre persone, in un Dio fatto uomo e nato nel tempo da una Vergine? Non credono essi che quest'Uomo - Dio è morto e risuscitato dopo tre giorni? Non adorano essi questo medesimo Dio nei nostri tabernacoli e nol credono forse discendere dal Cielo miracolosamente alla voce del Sacerdote sui nostri altari? Non sanno essi che l'acqua ci rigenera per mezzo del battesimo, che lo Spirito Santo ci dà forza nella confermazione, che il figliuol di Dio fatto carne, vero Dio e vero uomo, si unisce a noi nel divinissimo sacramento, e tante altre simili cose che compongono la dottrina della religione? - E poi questi cristiani temono i miracoli, e vogliono che si vada tanto a rilento a prestar loro fede ed a pubblicarli!

  ” I Santi, continua il precitato autore, credevano facilmente ai miracoli, ed è perciò che ne operavano; essi li credevano come se li vedessero, e non cercavano nemmeno di averne sotto degli occhi le prove ”.

 

 

 

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