Capitolo 58

Il Vescovo di Guastalla desidera ardentemente notizie di Don Bosco - Indirizzo riconoscente di tutti i giovani di Don Bosco al Conte Vimercati - Don. Bosco visita il Cardinal Quaglia - È ricevuto con grande onore dal Ministro delle Finanze - Predica al Clero nella Chiesa della Pace -Compie buoni ufficii presso il Governo Pontificio per accordi commerciali di transito chiesti dal Governo Italiano - Dono di oggetti per la lotteria - D. Bosco celebra a Trinità dei Monti nel Collegio delle Religiose del Sacro Cuore - La guarigione di una Principessa - Onorificenze concesse dal Papa a sei benefattori dell'Oratorio - D. Bosco va per la seconda volta al Collegio Nazzareno - Lepido calcolo di due popolani - Visita memoranda al Card. Antonelli - Accoglienze in un monastero - Generosità di un artigiano - È fissato il giorno della partenza da Roma e di una breve visita a Fermo - Continua il concorso di gente per vedere D. Bosco - Preconizzazione di trentaquattro Vescovi in due Concistori - La caduta del Ministero Ricasoli sospende altre elezioni.

Capitolo 58

da Memorie Biografiche

del 06 dicembre 2006

 Fra i molti che desideravano avere notizie di Don Bosco eravi Mons. Pietro Rota, Vescovo di Guastalla. D. Cagliero lo informava di quanto avveniva in Roma e il buon Prelato manifestavagli le impressioni provate. Gli scriveva il 31 gennaio:

Ho letta ai miei preti ed ho fatta leggere agli alunni la di lei pregiatissima lettera e tutti ne sono stati meravigliati e commossi; e gli alunni si sono messi nel desiderio di rivedere D. Bosco e baciargli le vesti non che la mano. Io gli ho scritto a Roma perchè nel ritorno non manchi di venire a Guastalla o almeno, di fermarsi in Reggio, perchè possiamo rivederci.

 

E il 16 febbraio:

 

Oggi finalmente mi è pervenuta la carissima sua ed è stata la bramata ricreazione del dopo pranzo. L'abbiamo letta con avidità io, il mio segretario, il maestro e l'economo di S. Rocco, confessore degli alunni… Abbiamo ammirato Colui, che si mostra mirabilis in sanctis suis; e il segretario mi ha portata via la lettera per darne domani un buon pasto spirituale ai nostri ragazzi, smaniosi ormai come quelli dell'Oratorio di rivedere D. Bosco, ma forse invano…Da quanto si sente, non toccherà più a me il consecrare la nuova chiesa, poichè dicesi che sia già fatto l'Arcivescovo di Torino. Pazienza! Ho più piacere che sia provveduta questa vedova diocesi di quello che avere a fare io la funzione. E quando si farà l'apertura? La Provvidenza da quanto sento va provvedendo. Benissimo, benissimo.

 

Intanto continuavano a giungere in Torino lettere da Roma, delle quali si continuava a dar lettura ai giovani dell'Oratorio e sì mandava copia a Mirabello e a Lanzo. Il nome del Conte Vimercati era sempre ascoltato da tutti con riconoscenza, per quanto faceva pel loro buon padre. Quindi il Prefetto D. Rua procurò fosse steso un indirizzo collettivo degli Oratorii e Collegi Salesiani in omaggio al Conte, e lo spedì a D. Francesia perchè lo presentasse, con alcuni libri, al generoso benefattore.

L'indirizzo diceva:

 

Eccellenza,

 

Noi sottoscritti animati dalla più tenera gratitudine verso la bontà di V. E. osiamo umiliarle questo poverissimo pegno di profondissimo ossequio e della più affettuosa riconoscenza. Noi siamo i figliuoli della Divina Provvidenza raccolti mercè la cura del Sac. Don Giovanni Bosco nell'Oratorio di S. Francesco di Sales. Noi abbiamo veduto partire il nostro tenero padre per la città di Roma; colle lagrime agli occhi, col cuore pieno di trepidanza pregavamo gli angioli della Divina Provvidenza che lo custodissero nel cammino e gli aprissero un paterno tetto nella città dove avrebbe presa dimora: ed i suoi angioli tutelari hanno esaudito la nostra preghiera. Ed oh quanto ci furono propizii avendolo raccomandato alla carità del sig. Conte! E dove mai avrebbero potuto meglio guidarlo che presso di V. E., la quale stendendogli benefica la mano gli porgeva sì generosa ospitalità, prodigando al nostro tenero padre ed all'amato suo compagno Sacerdote Francesia le più provvide cure? Oh come vorremmo, Eccellenza, attestarle con segni ben più sensibili l'affettuosa gratitudine che per Lei sentiamo. Quanto ci stimeremmo fortunati se potessimo contraccambiarla con qualche servizio. Ma che mai potremo far noi poverelli, che di continuo abbiam bisogno dell'altrui soccorso? Ah! sebben meschini, tuttavia qualche cosa possiamo fare. Un mezzo ci rimane. La preghiera. Con essa speriamo di ottenere da chi è Onnipotente, ciò che non possiamo far noi nella nostra povertà e debolezza. Ma che? Ella non ha certo d'uopo delle nostre povere preghiere. I tratti di carità generosa che Ella prodigò al nostro caro Padre parlano ben più eloquentemente davanti al Signore, che qualunque nostra preghiera. Ciò non ostante ci facciam coraggio; e confidiamo che il Signore non voglia sdegnarla. Sì, Eccellenza; se la preghiera del povero beneficato, se l'accento della semplicità possono trovar accesso davanti a Dio e muoverlo a versare copiose benedizioni, sono migliaia e migliaia le voci che dai tre Oratori di Torino e dalle case di Mirabello e di Lanzo si innalzeranno al trono delle celesti misericordie, migliaia e migliaia i cuori che imploreranno su di Lei e sull'Augusta e Benemerita sua famiglia centuplicati quei favori che Ella a noi compartiva nella persona del nostro D. Bosco.

Degnisi pertanto, Ecc.mo sig. Conte, di perdonare se povere mani non potendo porgere che povero dono, le umiliamo questo tenue attestato del nostro profondo ossequio e della nostra affettuosissima gratitudine. Noi preghiamo caldamente il Signore a supplire alla nostra povertà col favorirla delle più copiose benedizioni sulla terra e col consolarla un bel giorno aprendo a Lei ed alla sua benemerita famiglia le più soavi dolcezze del Paradiso.

Rinnovandole i sentimenti dell'intimo nostro rispetto e della nostra pi√π sincera gratitudine ci professiamo,

Di V. E.

Torino, 1.5 febbraio 1867,

Per i dieci preti dell'Oratorio di S. Francesco di Sales, Don Angelo Savio.

Per i quaranta chierici, Merlone Secondo.

Per i cinquanta rettorici, Bruna Gio. Battista.

Per i cinquanta umanisti, Cagliero Cesare.

Per gli ottanta di terza ginnasiale, Vota Michele.

Per i novanta di seconda ginnasiale, Montiglio Carlo.

Per i cento ottanta di prima ginnasiale, Battagliotti Domenico.

Per i duecento artigiani, Franchino Giuseppe.

Per i trenta domestici, Bertinetti Michele.

Per i giovani esterni dell'Oratorio di S. Francesco di Sales, Villa Giuseppe.

Per i giovani dell'Oratorio di S. Luigi, Formica Giuseppe.

Per i giovani dell'Oratorio di S. Giuseppe, Occelletti Giovanni.

Per i giovani del piccolo Seminario di Mirabello, il Direttore Don Bonetti.

Per i giovani del Collegio di Lanzo, il Direttore D. Lemoyne Giovanni Battista.

 

Questo indirizzo fu ' recapitato al palazzo presso S. Pietro in Vincoli alla sera del giorno 16; mentre D. Bosco, diceva D. Francesia rispondendo, era di ritorno dall'aver fatto visita al Card. Angelo Quaglia, dal quale era andato per interessare l'Eminentissimo a favorire la Pia Società di S. Francesco di Sales, e per udire i suoi consigli riguardo il conseguimento di certi privilegi e l'approvazione canonica. Ecco la lettera di D. Francesia.

 

Caro sig. Cavaliere,

 

Ho ricevuto l'indirizzo dei giovani e lo presenterò domenica p. v. nel vivo desiderio di poter pure avere allora i libri che ella avrà forse già fatti legare .....

Tutti ammirano D. Bosco, anche quelli, e ve n'erano, che prima ne mordevano la fama; vedendolo, ne restano meravigliosamente presi.

Quest'oggi fu dal Card. Quaglia; lo trattò come si usa tra alme cortesi. Malgrado che D. Bosco avesse cavalli e carrozza del Barone Capelletti volle tuttavia aver esso l'onore di farlo condurre a casa co' suoi cavalli. Che bella figura facevamo in quella magnifica vettura cardinalizia! Quante scappellate si fecero in nostro onore, conoscendosi la vettura e credendovi dentro il Cardinale. E non è il solo Cardinale che abbia usate queste gentilezze con D. Bosco. Tutti le fecero. Si sa che D. Bosco parte presto e si moltiplicano tanto le udienze che sembra impossibile.

Dal Ministro delle finanze otterrà forse qualche agevolezza per le Letture Cattoliche togliendo il peso postale, come già si usava prima del 1859. Diede offerta a Don Bosco per la sua Chiesa mostrandosi commosso per la sua gentilezza d'averlo visitato. Era al congresso, lo sospese, introdusse D. Bosco e lo presentò ad honorem.

Don Bosco ha vero bisogno di riposarsi; a Roma non è possibile; a Torino peggio; sospira il Paradiso. Prima di mezzanotte non è mai coricato. Lungo il giorno o parla, o predica, o benedice; la sera scrive e legge lettere. Il suo esteriore ha deteriorato, ma sarà cosa di un giorno. Si riposerà sul vapore.

Stassera fu a predicare alla Chiesa della Pace, dove si raduna a lavorare il Clero Romano. Era desideratissimo ed invitato con una bella lettera. Ha commossi tutti colla sua facile e divota maniera di predicazione. Pareva a tutti impossibile che si potesse predicar così bene e con tanta semplicità. Quei preti erano lieti ed affezionati a Don Bosco come quelli dell'Oratorio. L'attorniarono dopo il breve discorso, il trattarono come padre, l'ascoltarono come maestro. Fece molto bene.

Abbiamo raccolti moltissimi oggetti e paiono anche di valore.

Ho parlato molto dell'Oratorio e di D. Bosco ed ero sempre ascoltato con affezione da una corona di uditori che si faceva sempre pi√π grossa. Narrava quaeque laetissimus vidi, e pareva loro di leggere o sentir leggere una bella pagina, il cui protagonista non fosse mai esistito che nella mente del narratore.

Avevo di questi giorni scritto al Marchese Fassati per comunicavagli i favori a lui concessi dal S. Padre. D. Bosco gli porterà il diploma colle dovute formalità.

Io tutto questo oggi non ho parlato a D. Bosco, eccetto un momento a pranzo, ed ora sono le 8 ½ di sera ed è assediato dalla gente. Quando andremo a cena nol so.

Ricevendo questa lettera forse saremo già sulla partenza. I Romani invitano D. Bosco e quasi lo violentano a ritornare per la Canonizzazione dei venticinque Beati Martiri giapponesi.

Sac. FRANCESIA G. B.

 

Don Francesia fa cenno delle onorifiche accoglienze che il Ministro delle Finanze aveva fatto a D. Bosco, ma non ne rileva il motivo. Lo diremo noi, come consta dalle nostre carte del 1867. Il Ministro Ricasoli aveva dal Comm. Tonello fatto ufficiare Don Bosco, perchè cercasse di sapere quali potessero essere le intenzioni del Governo Pontificio, qualora il Governo Italiano proponesse alcuni accordi che riguardavano le relazioni commerciali dei due Stati. Egli sperava con questo mezzo di venire a qualche conclusione anche per certi suoi progetti. D. Bosco, prevedendo che l'accondiscendenza avrebbe giovato all'elezione dei Vescovi, ne parlò al Cardinale Antonelli che non trovò contrario; per lo stesso fine si presentò a Monsignore Tesoriere Generale, Ministro delle Finanze, e potè far sapere a Ricasoli che sarebbero bene accolte le sue proposte. In conseguenza nel Giornale di Roma il 16 marzo venne pubblicata nella parte ufficiale la nota seguente: “ Allo scopo di ognor più facilitare il movimento commerciale, per disposizione ordinata dalla Santità di Nostro Signore, si è abolito il dazio di transito, sulle merci e sugli articoli d'ogni specie che traversano il territorio dello Stato colle vie ferrate. Si sono modificate eziandio le discipline doganali ed esentati dall'ammagliatura e dal bollo i colli contenenti gli effetti ed i bagagli dei viaggiatori sulle vie medesime ”.

Fu anche preso qualche provvedimento che agevolava ai viaggiatori italiani il transito pel Territorio Pontificio e la loro permanenza in esso.

D. Francesia scriveva nuovamente la domenica a sera, 17 febbraio.

 

Carissimo sig. Cavaliere,

 

…Si mandino al Rettore del Collegio Nazzareno 30 copie del Giovane Provveduto e 50 della Chiave del Paradiso. Si spera che anche il sig. Conte farà adottare ne' suoi istituti questi medesimi libri. È dolente di non averli conosciuti prima. Desidererei che ella procurasse di legar bene una Storia d'Italia, come dono al Sig. Conte fatto dai nostri giovani. Gli oggetti di lotteria ed assai preziosi fioccano come tra voi cade la neve.

Stamattina D. Bosco andò a celebrar messa alla Trinità dei Monti dalle religiose del Sacro Cuore. Al cappellano si erano già mandati 500 biglietti e a D. Bosco come elemosina della Messa e come dono alla chiesa di Maria Ausiliatrice le religiose offrirono un magnifico calice oro e argento. Tre angioli seduti sul piede sono di una bellezza singolare. D. Cagliero ed anche Vecchio saranno contenti. Le religiose hanno anche in pronto una pianeta che deve essere assai bella. In quasi tutti i monasteri si fece un mucchietto di oggetti e di denaro, ma si pretende che D. Bosco in persona vada a ritirarli.

Si ottennero già alcune dispense con modica spesa e parte gratis.

Alcuni desiderano per mezzo di D. Bosco aver la firma del Santo Padre. Lo dovette già disturbare tante volte, che sarebbe importunarlo troppo.

Oggi il principe Ruspoli è venuto a ringraziare D. Bosco che era andato a benedire sua moglie da più mesi chiusa in casa; perchè dopo due o tre giorni dalla benedizione, con suo e altrui stupore, era uscita e andata in persona a ringraziare il Signore della guarigione ottenuta. Qui e là accaddero alcuni altri di questi fatterelli.

D. Bosco parlò a lungo col S. Padre dei nostri benefattori, specialmente del cav. Collegno Zaverio, del cav. Villanova Clemente, e del Marchese Fassati, e dietro sua formale domanda il Pontefice, accordò a costoro e ad altri tre signori che a lei saranno già noti, nientemeno che il titolo di commendatore dell'Ordine di S. Gregorio Magno. Tutti sono meravigliati della facilità con cui D. Bosco potè ottenere questo.

E la meraviglia ancor più grande si è che queste sei croci il Papa le concesse senza voler esso determinare le persone, desiderando che ne fossero insigniti coloro, cui D. Bosco avrebbe creduto bene di dare quella onorificenza. Ma dal buon Pio che cosa non ottiene D. Bosco? Presto giungeranno i diplomi autentici della grazia sovrana.

Domenica 24 andrò a vedere la festa del nuovo Servo di Dio assunto agli onori degli altari e non mi dimenticherò nè di lei, nè di tutti i miei cari amici dell'Oratorio.

Sac. FRANCESIA G. B.

 

Un terzo foglio diretto dal medesimo agli alunni dell'Oratorio, parlava sempre con entusiasmo dell'amatissimo Padre.

 

Carissimi giovani,

 

Pare che il nostro ritorno all'Oratorio sia ritardato. Se vedeste qual folla c'è sempre di gente, anche voi dividereste il mio timore! Se vedeste con quanto trasporto i giovanetti Romani corrono verso Don Bosco! L'altro giorno D. Bosco fu di nuovo al Collegio Nazzareno. Gli fu letto un bellissimo discorso in lode sua ed indirizzato a voi. Quanti elogi alla vostra fortuna, o giovani carissimi! Ve lo manderanno tra breve. Sono giovani ricchi, che si sentono poveri in paragone di voi che avete la bella fortuna di possedere D. Bosco. Con quale trasporto di figlial divozione gli baciavano la mano e con quale confidenza gli parlavano dell'anima loro. Già sono più che persuasi che D. Bosco conosce meglio di loro la coscienza di ciascuno e con giovanile franchezza  lo interrogavano. Voi che siete accostumati alla vita dell'Oratorio non potreste esser più confidenti. Che sonoro scoppio facevano questi fanciulli colle loro labbra baciando le mani al nostro Don Bosco: pareva che con quel bacio gli volessero dire tante cose, e gliele dicevano diffatto. E quei buoni Padri Direttori del Collegio sempre lì ad onorare, a riverire, e ad ossequiare D. Bosco. Voi lo amate Don Bosco, ma mi parve in quell'istante che quei giovanetti vi superassero. Conoscevano chi fosse D. Bosco. Forse non tutti voi lo conoscete. Don Bosco tra breve vi scriverà e paleserà a tutti voi, vita, virtù, miracoli, che in questo spazio di tempo avete fatti. Ascoltatelo come si merita.

Forse vi sarete già accorti che io vi faccio la predica e voi incominciate a sbadigliare. Voi volete sapere notizie di D. Bosco. Cambiamo dunque argomento.

Dopo il dramma, all'Oratorio suole sempre darsi la farsa. E qui a Roma, nel magnifico dramma che eseguisce D. Bosco, abbiamo avuto anche una piccola farsetta.

Pochi giorni sono due nostri concittadini mentre stavano discorrendo fra di loro intesero da due popolani questo dialoghetto:

- Neh! hai sentito a parlare di quel prete che venne da lontano e che fa tante belle cose?

- Sì, rispose l'altro, e sta a S. Pietro in Vincoli.

- Bisognerà che ci facciamo sopra le nostre cabale, i nostri calcoli. Sapresti mo' di qual giorno venne? sarebbe un numero. Il prete è un altro; molta folla è un terzo; è santo! sarebbe un quaterno infallibile. Addio, li vado subito a consultare.

E si divisero con animo giubilante per andare a casa a fare i loro conti e acchiappare la fortuna pel ciuffo. Risero i nostri due buoni amici che avevano ascoltato questo dialogo singolare e mi riferirono ciò che per passatempo vi riporto.

Voi intanto, per guadagnare un quaterno, fate che D. Bosco al suo ritorno non abbia da corrucciarsi con nessuno di voi, pulite le vostre anime, imitate i giovanetti Romani che prima di presentarsi a D. Bosco si vanno a confessare.

D. Bosco domenica a sera fu di nuovo al Vaticano per visitare il Card. Antonelli che parla sempre volentieri e sente parlare con soddisfazione del Servo di Dio e de' suoi figli. Nell'anticamera incontrò una buona Principessa che aveva sentito a parlare di D. Bosco dal nostro Cavaliere. Appena si avvicinò a lui non fu più possibile di separarla. Doveva andare dal Card. Antonelli e per D. Bosco differì ed ebbe la pazienza di aspettare due ore nell'anticamera. Prima lasciò che D. Bosco passasse: “ volle aver l'onore, diceva questa pia signora, di cedere a D. Bosco la sua udienza ”. E D. Bosco andò e si trattenne con Sua Eminenza tre buoni quarti d'ora e più. È superfluo il dirvi

che il Cardinale trattò con somma affabilità, e direi quasi riverenza, il nostro D. Bosco. Egli ha tanti affari, eppure li dimentica per quel tempo affine di stare col Padre nostro. Gli prese la mano tra le sue, gliela baciò e tiratolo in camera gli parlò della sua migliorata salute ottenuta da Maria Ausiliatrice. Mentre da qualche tempo doveva farsi portare in seggiola dal suo appartamento a quello del Papa per l'udienza, ora invece andava speditamente per gli scaloni e per le scale del Vaticano. Chiusa poi la porta, volle ricevere la benedizione e chiese una medaglia.

- Ma, Eminenza, non faccia il ragazzo! gli disse D. Bosco.

- Non c'è qui ragazzo che tenga, replicò il Cardinale, mi benedica!

D. Bosco, che non voleva, si era subito gettato in ginocchio ai suoi piedi per baciargli l'anello; ma dovette pure obbedire, perchè il Cardinale si era inginocchiato. Per tratto d'esimia bontà, che tanto onora questo porporato, offerse a D. Bosco 1000 lire per la chiesa nuova e per soccorrere la casa nostra e i figli dell'Oratorio che tanto cooperarono a farlo migliorare nell'affralita salute sua. Soggiunse che questa non sarebbe stata l'ultima oblazione.

Quando D. Bosco uscì, trovò l'anticamera piena di nobili personaggi che aspettavano udienza. Ma appena videro D. Bosco gli si serrarono tutti attorno e chi voleva baciargli la mano, chi supplicavalo per avere una medaglia, chi domandava di essere benedetto. Del Cardinale nessuno si dava pensiero. Questi aspettò alquanto e poi comparso sulla soglia della camera, disse ad alta voce:

- Ma signori! Io vi aspetto, venga qualcheduno!

Nessuno si mosse. Diceva uno all'altro: - Vada lei per il primo, vada lei. - E tutti si ritraevano. Nessuno voleva andare pel primo, perchè tutti bramavano parlare con D. Bosco. Ed egli dovette impiegare parecchio tempo per sbrigarsi di quella folla.

Quella medesima fiducia spirituale che voi mettete in D. Bosco, da quanti sommi prelati io ho veduto riporla in lui qui a Roma. Ogni parola di D. Bosco è notata, chiosata, interpretata e posta gelosamente nel cuore.

Lunedì 18 del corrente, andò a consolare un monastero che desiderava di vederlo. Quali pietosi segni di gratitudine gli diedero! Suonarono le campane, suonarono gli organi in chiesa e raccolte in chiesa le pie fanciulle con voci angeliche cantavano: Benedictus qui venit in nomine Domini! hosanna in excelsis! Era una festa, un tripudio, un trasporto. Venne alle 8 e non potè uscire che alle 11 e ½, tante erano le istanze, le premure che gli facevano, perchè si fermasse ancora; ed una piccola bambina semplice, ma graziosa: - È perchè, disse, o Padre Bosco, ci lascia orfane? Nel nome di Dio resti ancora con noi. - E questo succede dappertutto.

M dimenticava di raccontarvi un episodio che ci accadde domenica. Un pio Romano aveva vivo desiderio di conoscere e parlare con D. Bosco. Aveva sentito dire dove poteva trovarlo e fu là. Non lo trovò ed ebbe la pazienza di girare per varie parti di Roma; finchè vista una vettura con un prete dentro, si mise davanti al cavallo e lo fermò. Poi afferrò la mano di D. Bosco e disse con affettuoso e lieto accento: - È lei ch'io cerco! È lei D. Bosco! Prenda parte de' miei risparmi. - Erano alcuni marenghi che il buon artigiano, ora divenuto signore, dava a D. Bosco. Sapete chi era costui? Il figlio della Provvidenza, cresciuto, educato, salvato da quella, ed ora riconoscente dona il superfluo ai poverelli. Oh con quanta gioia diede quella somma a D. Bosco! Ci narrò la sua vita, e pianse e ci fece piangere di meraviglia e di gratitudine per il Signore. A tenera età fu orfano, ma benefica persona lo tolse con sè, gli insegnò a lavorare e la via della virtù. Il Signore lo benedisse, ed ora ha un fiorente negozio, ed i risparmi dona alla famiglia di un suo fratello e d'ora in avanti manderà qualche cosa anche all'Oratorio. Chi lo conosceva, chi lo inviava? La Provvidenza! Quanto egli fu contento di questo incontro! Non si poteva più distaccare da noi. Di questi episodii ne ho tanti a narrarvi: meglio a voce che in iscritto.

Correggo le parole che ho detto sul principio e vi dico da parte di D. Bosco che lunedì prossimo venturo partiremo per alla volta di Torino. Ci fermeremo però in qualche città, andremo a Fermo a restituire la visita all'esimio Card. De Angelis, che con lettera affettuosissima, ove faceva cara memoria di tutti voi, invitava D. Bosco alla sua dimora. Lo saluteremo anche da parte vostra: ne siete contenti? Ad ogni modo del giorno ed ora precisa vi avviseremo poi ancor meglio per via. Alla nostra partenza si farà dimostrazione, me l'aspetto, dolorosa e cara. Molte persone, che prima non avevano mai veduto D. Bosco, ora piangono per doverlo abbandonare.

Un'anima buona, smaniosa veramente di conoscere e vedere Don Bosco, era venuta nella casa nostra e sapete quanto tempo stette? Dal mezzo giorno alle 6 e poi lo vide appena e se ne andò tutta giubilante, dicendo:

- L'ho veduto e mi basta!

Spesse volte per la strada la gente fermava l'umile vettura di Don Bosco. Sono dieci, sono quindici, pi√π o meno persone, soldati, negozianti, uomini del popolo e talora anche sacerdoti che domandano di essere benedetti. S'inginocchiano in mezzo alla via e bisogna che Don Bosco li contenti.

Qui al palazzo c'è sempre un concorso tale, che sembra impossibile che tanta gente debba muoversi per un solo. Ieri sera (lunedì) venne un principe, di nome difficilissimo, mi pose in mano una bella elemosina, e mi disse: - Giacchè non posso vederlo questo buon Servo di Dio, gli offra questa piccola oblazione da parte mia, colla sola obbligazione di raccomandarmi al Signore. - Hanno tanta fiducia nelle preghiere di lui, che sono sicuri di tutto ottenere, se a lui si raccomandano.

Addio, o miei cari giovani, Verrà presto il giorno in cui ci parleremo a lungo di queste cose, ora pessimamente scritte. Il Signore vi benedica. Buona notte.

Sac. FRANCESIA G. B.

 

Le preghiere e le sollecitudini di D. Bosco non solo avevano ottenute da Dio grazie particolari, ma anche, e questo in quel momento pi√π gli importava e lo riempiva di gioia, di veder esaudito uno de' pi√π caldi suoi voti.

Pio IX aveva deciso una prima proclamazione di Vescovi, e il 22 febbraio tenne Concistoro segreto. In questo Concistoro recitò un'allocuzione, dicendo: - Come le pratiche onde provvedere alle diocesi vacanti in Italia fossero ripigliate per volere di quelli che dominano l'Italia...; che la Santa Sede aveva sempre anteposti a tutti gli altri interessi, come suo supremo diritto e dovere, il diritto e il dovere di curare la salute delle anime...; che la scelta delle persone al Vescovato non viene lasciata intieramente al giudizio del Sommo Pontefice, ma viene attraversata dalle pretenzioni di uomini juxta saeculi placita viventium; quindi, con altri Vescovi per varie diocesi d'Europa, annunziò 17 nomine per l'Italia, di cui 4 in Piemonte e Liguria, 3 in Sardegna, 2 in Sicilia, 3 in Toscana, 2 nelle Marche.

Ma che cosa erano queste poche chiese, provviste in conforto delle tante altre che restavano ancora vacanti? Eppure Bettino Ricasoli faceva dichiarare, forse per politica, che non si permetterebbe al Papa di procedere a nuove nomine di Vescovi in Italia! Tale dichiarazione leggesi nella Nazione del 25 di febbraio, num. 56; eccone le parole: “Colle nomine fatte nell'ultimo Concistoro dal Papa, per alcune Sedi Vescovili d'Italia non si provvide neppure ai due terzi delle diocesi vacanti. Sulle altre ancora non si è presa alcuna determinazione. Sembra essere negli intendimenti del Governo del Re di lasciarle per la massima parte in amministrazione, all'oggetto di agevolare poi la soppressione di quelle che non si reputasse necessario conservare ”.

Colla permessa nomina dei Vescovi non si voleva destar le ire dei settarii, sui quali il Governo voleva appoggiarsi per le imminenti elezioni generali dei deputati al Parlamento.

Giuseppe Garibaldi, partito da Caprera il 21 febbraio, entrava in Firenze e pubblicava un bando contro i clericali dichiarandoli nemici della patria. Aveva ordine di attizzare l'odio dei popoli contro i Sacerdoti, la Chiesa e Roma Papale. Andò quindi a Bologna, esortando i popoli a mandare al Parlamento deputati nemici dei preti, col programma: - Guerra ai Preti! - Si mettessero d'accordo, ei diceva, onde allontanare il pericolo che i clericali facciano entrare nella rappresentanza nazionale i loro difensori. - Andò poi a Ferrara e dal Ministero fu lasciato imperversare sfrenatamente per le città Venete e Lombarde e poi a Torino, e il 14 marzo ad Alessandria. Questo viaggio trionfale venne fatto a spese del Governo fra le ovazioni delle plebi e le accoglienze dei Municipii, accrescendo gli uffiziali dello Stato colla loro presenza la pompa solenne dei ricevimenti. Egli vomitava dappertutto, nelle piazze, nelle sale e dai balconi dei palazzi ove prendeva alloggio, le più atroci ingiurie contro la Chiesa e il Papato; e aggiungeva: “ - Roma è roba nostra! - Il Papato è la cancrena d'Italia! - I Preti hanno venduto Nizza allo straniero! - I preti sono il primo flagello della nostra penisola! - L'Italia è una Luogotenenza Francese! Vi hanno troppo influenza Napoleone ed i preti suoi satelliti. - Andremo a Roma. -Gli assassini io li conosco: ve lì dirò: Sono i preti. - Mandate al Parlamento deputati che non siano preti, nè complici dei preti, nè sostenitori dei preti. ”

Conseguenza di queste atroci invettive fu che in Udine la plebe infuriata saccheggiò il palazzo arcivescovile; a Treviso e a Venezia assalì il palazzo Vescovile e patriarcale; e altrove ebbero luogo tumulti.

Venuto il 10 marzo, appena un terzo degli elettori si presentava alle urne. Di certi aspiranti alla deputazione, stampava in Firenze la Gazzetta d'Italia: “ Dai bassifondi, ove il vizio connubia con l'astuzia e con l'infamia, sono schiumati a galla candidati, che non possono essere veduti in alto, senza correre involontariamente col pensiero al patibolo a cui sembrano sottratti ”.

Il 29 marzo i novelli deputati e i senatori si raccolsero a Firenze nella gran sala dei Cinquecento per udire il discorso della Corona, che su Roma tenne assoluto silenzio.

Ma nella gran maggioranza la Camera era quale la desideravano i settarii. Il Comitato Nazionale Romano e il Centro d'insurrezione stampavano proclami per il sollevamento di Roma, e il 22 marzo Garibaldi scriveva a quest'ultimo: “Sono superbo di chiamarmi Generale Romano ”; e nelle città dell'Emilia si facevano arruolamenti per ignote destinazioni. Tornavano a farsi vedere le camicie rosse.

Tuttavia Roma era tranquilla e le disposizioni Pontificie del 16 marzo per il transito delle merci italiane nel suo territorio dovevano imporsi, e impedire, finchè Ricasoli fosse al potere, gli attentati settarii. Così il 27 marzo il Papa teneva un altro concistoro segreto e preconizzava per l'Italia altri diciasette Vescovi, fra i quali uno nell'Umbria, due nelle Romagne, uno nel Piceno, uno in Sardegna, sei nel Piemonte, ove restavano ancora vacanti Fossano, Vigevano, e Susa che poco prima aveva perduto Mons. Odone.

I Vescovi nominati nei due Concistori, accettati dal Governo Italiano e che presero possesso delle loro diocesi, furono 34.

Mentre il Ministero erasi affrettato di effettuare la decretata spogliazione dei beni, guarentiti dallo Statuto ai Vescovi come proprietà della Chiesa, i popoli con gioia ed entusiasmo si preparavano ad accogliere i nuovi loro pastori. Tuttavia rimanevano ancora vacanti quasi i due terzi delle Diocesi d'Italia; e per alcune di esse il Governo di Firenze aveva già dato il suo consenso, quando il 4 aprile Ricasoli dava le sue dimissioni con tutto il Ministero per questioni di finanza. Cessarono pertanto ulteriori trattative e il Comm. Tonello lasciò Roma.

Ma D. Bosco aveva fatto un gran bene alla Chiesa, nè solo in quest'anno; ma possiam dire che ne aveva preparato per i susseguenti, perchè di mano in mano che vi era bisogno e possibilità di preconizzare qualche nuovo Vescovo, Pio IX aveva nelle note di D. Bosco i nomi di sacerdoti proposti da lui e già dal Governo accettati. Così D. Bonetti.

Delle sue sollecitudini per la nomina dei Vescovi fecero giurata testimonianza Don Michele Rua, Don Bonetti Giovanni, Mons. Cagliero e D. Giovanni Turchi, il quale ne ebbe conferma da Prelati Romani, e nel 1895 ne faceva cenno in un libretto intitolato: Omaggio a D. Bosco: “ Io so che talvolta D. Bosco era stato richiesto di consiglio in alto nella gerarchia della Chiesa e in affari generali e importantissimi e che il suo modo di vedere era preso più che in considerazione; il che si verrà forse meglio a conoscere a suo tempo”.

 

 

 

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