Capitolo 58

Lettera di Don Bosco al Vescovo d'Alba e memoria da spedir alla Sacra Congregazione per l'apertura della Casa di Cherasco - Risposta da Roma favorevole alla supplica - Don Bosco ai Becchi per la festa del S. Rosario - Mons. Lavigerie manda da Algeri due orfanelli arabi a Don Bosco - Don Bosco a Villastellone e a Calliano - Scrive ad un giovane lodando i suoi proponimenti e dandogli consigli di prudenza - Ringrazia una signora per generosa offerta: consigli per sostenere una tribolazione di famiglia - Assicura una superiora che fondando una casa a Villalvernia fa il volere di Dio - Si apre la casa di Cherasco - L'Unità Cattolica loda il Collegio di Lanzo - L'Oratorio festivo in una sagrestia della Chiesa di Maria Ausiliatrice - Don Bosco ottiene dal Ministero della guerra oggetti militari di corredo fuori d'uso - Letture Cattoliche: ANGELINA O L'ORFANELLA DEGLI APENNINI - Don Bosco corregge le composizioni letterarie dei suoi preti - Le testimonianze della santità del Servo di Dio continuano nell'Oratorio - Gli alunni migliori delle scuole e dei laboratorii siedono per turno a pranzo con Don Bosco nelle domeniche.

Capitolo 58

da Memorie Biografiche

del 07 dicembre 2006

 Il Venerabile pensava ed ultimare le pratiche per l'apertura della nuova casa di Cherasco. Scriveva al Vescovo d'Alba, Mons. Eugenio Galletti.

 

 

 

Torino - Valdocco, 2 ottobre 1869.

 

Reverendissimo Monsignore,

 

Mando a V. S. Rev.ma la memoria per essere inviata alla Congregazione dei Vescovi e Regolari o alla Congregazione del Concilio. Io ho fatto il meno, Ella faccia il più, specialmente notando che ogni cosa fu fatta col consenso di Lei e che in quest'opera Ella ravvisa la maggior gloria di Dio, come nella mia pochezza confido che sia così.

Don Francesia subirà l'esame di confessione al giorno 8 corrente e le manderemo il risultato del medesimo per quella deliberazione che meglio crederà.

Il Tosellini è tuttora pieno di fuoco; speriamo la continuazione.

Colla pi√π profonda gratitudine ho l'onore di professarmi

Di V. S. Rev.ma,

Obbl.mo servitore

Sac. Giovanni Bosco.

 

La memoria alla quale Don Bosco accenna, riguardava il nuovo Collegio di Cherasco. Era una supplica alla Santa Sede perchè desse la sua licenza e le facoltà opportune. Monsignore la esaminò, e trasmise a Roma con una sua lettera che attestava la sua piena approvazione per quella fondazione.

Il memoriale aveva forma di supplica.

 

 

Beatissime Pater,

 

Ioannes Bosco Sacerdos, Superior generalis Piae Societatis a Sancto Francisco Salesio dictae, Beatitudinis Tuae ad pedes provolutus, humillime exponit, divina Providentia factum esse, ut in urbe vulgo Cherasco nuncupata, Dioeceseos Albensis Pedemontis, collegium convictusque adolescentulorum studio deditorum, nec non ecclesiae parochialis administratio eidem Societati demandata essent. Omnia quae hucusque facta sunt, semper de Episcopi consensu et consilio peracta sunt. At decreto laudationis et approbationis eiusdem Societatis, inter alias haec adnimadversio adnectebatur “ pro fundatione novarum domorum, et pro suscipienda in posterum ab Ordinariis directione Seminariorum, recurrendum erit in singulis casibus ad Sanctam Sedem ”. Licet vero stricte loquendo haec potius temporaria administratio, quam novae domus fundatio sit appellanda, tamen ad dubia eliminanda et ad debitum Sanctae Sedis obsequium praestandum, facultates quae ad majorem Dei gloriam promovendam necessariae censentur, humili precatione expostulantur. Insuper hoc collegium (quod in potestatem Municipii Clarascensis mille cecidit) et

parochialis Ecclesiae cura ad fratres Congregationis Somascae spectabant ante promulgationem novissimarum Italici Gubernii legum dispersionis Religiosorum. Hoc etiam in casu, et hac potissimum causa opportunas facultates humillime petuntur. Hisce praemissis, orator, latis verbis, declarat in omnibus et per omnia paratum esse stare omnibus Sanctae Sedis mandatis, et si tempus erit quo supra memoratum Institutum Somascae Congregationis, obinissam administrationem denuo suscipere valeat, libentissimo animo restituere, jura, loca, administrationes, quae quocumque titulo ci competere poterunt.

 

Si ebbe risposta favorevole.

 

Ex audientia SS.mi, habita ab infrascripto Domino Secr.o Sacrae Congregationis Episcoporum et Regularium, sub die 19 novembris 1869, Sanctitas sua, attentis peculiaribus circumstantiis, et audita relatione Episcopi Albensis, benigne annuit ac propterea mandavit, eidem Episcopo committi, ut veris existentibus narratis, enunciatam cessionem dictae domus et ecclesiae in omnibus juxta preces, Sacerdoti Ioanni Bosco, donec memoratum Institutum Congregationi Somascae restituatur, pro suo arbitrio et conscientia approbet atque confirmet. Contrariis quibuscumque non obstantibus.

 

Card. QUAGLIA Praef.

(L.S.) S. Svegliati Secr.ius.

 

Don Bosco, iniziata questa pratica, il 3 ottobre era ai Becchi colla solita comitiva per la festa del Santo Rosario. In quei giorni di tranquillità egli parlava volentieri del Concilio Ecumenico e manifestava il suo vivo desiderio che si proclamasse il dogma dell'infallibilità personale del Papa per i vantaggi immensi che produrrebbe quella definizione. Egli non lasciava mai occasione per istruire i preti, i chierici, i giovani che erano con lui, e in quei giorni scendeva a discorrere dei dogmi in generale. D. Bonetti, presente, metteva in carta le sue parole.

“ - Che cosa è un dogma? aveva detto Don Bosco.

” Il dogma è una verità sopranaturale, la quale esplicitamente o implicitamente si trova nelle sacre scritture, ed è confermata dalla definizione della Chiesa, o radunata in Concilio o dispersa per l'orbe. Il dogma va predicato. Fu materia precipua della predicazione dei Santi Padri: esso è la sostanza della nostra Religione, quindi è necessario che i fedeli ne siano istruiti e lo conoscano: esso ha relazione intima colla morale. Deve perciò essere predicato in modo conveniente, con esattezza, perchè non venga ad essere ai fedeli piuttosto di danno che di spirituale vantaggio.

” Pare che ora sia alquanto trascurata da alcuni la predicazione del dogma: è d'uopo farla risorgere: la difficoltà nel trattarne non ci deve spaventare, qualora noi cercheremo di prepararci bene.

” Il dogma va predicato:

” 1° Perchè esso è la parte più nobile e vitale della religione;

” 2° Il dogma è il segno, il carattere con cui il fedele si distingue dall'infedele;

” 3° Il dogma è germe delle virtù sopranaturali;

” 4° Il dogma è la materia della nostra fede: perchè fides est sperandarum substantia rerum argumentum, dice S. Paolo, non apparentium: e deve essere noto ai fedeli, affinchè possa essere esercitata la loro fede.

” 5° Il dogma dimostra la relazione che passa tra le verità naturali e le sopranaturali. Supera la forza della ragione, ma non è mai contraria a questa. Vi è tal nesso tra le verità dogmatiche, che, negata una, logicamente si dovrebbero negare tutte.

” 6° Il dogma va predicato, perchè nutrisce l'umiltà che è il fondamento della vita morale. È la sottomissione dell'intelligenza a Dio rivelante e alla Chiesa docente ”.

Don Bosco, ritornato in Torino, aspettava l'arrivo da Algeri di due giovanetti arabi, appartenenti alla tribù dei Kabili, rimasti orfani nel tempo della gran fame causata dalla siccità, che aveva privato dei genitori migliaia di poveri giovanetti. L'Arcivescovo Mons. Lavigerie ne andava raccogliendo centinaia, comprandoli anche sui mercati degli schiavi e provvedendo alla loro cristiana educazione.

Il degno Prelato aveva proposto a Don Bosco di accetarne sotto la sua direzione alcuni, che fino allora erano stati ribelli ad ogni sorta di educazione. Don Bosco annuì e Monsignore spediva in Italia i primi due. Non erano ancor battezzati. Uno si chiamava Aly, l'altro Carubi. Erano nei dodici anni.

Sbarcati a Genova il 7 di ottobre, vennero condotti alla ferrovia e consegnati al capo - convoglio. Alla stazione di Torino, rimasti soli, non si smarrirono. Vestiti nel loro abito nazionale, col candido mantello svolazzante e il fez rosso col fiocco turchino, con faccia imperterrita chiesero con l'unica parola che sapevano in italiano: - Don Bosco! - E fu loro indicata la via più diretta verso l'Oratorio. Ad ogni svolto ripetevano a qualche cittadino: Don Bosco! e così giunsero all'Oratorio. Don Bosco finiva allora di pranzare, e i due figli del deserto gli furono presentati in refettorio. Egli, presili amorevolmente per mano, col suo sorriso, con qualche carezza e qualche parola in francese, cercò di far loro intendere che li accoglieva volentieri, e che sarebbe stato loro amico.

E li affidò ad un assistente che sapeva qualche frase di arabo per essere stato in Palestina, perchè provvedesse ai loro bisogni e cercasse d'istruirli.

L'8 ottobre Don Bosco andava a Villastellone, come appare da un biglietto di Don Rua al Teol. Appendino.

 

 

Rev. Sig. Teologo,

 

Parlai col sig. Don Bosco della commissione lasciatami ieri; ed egli m'incaricò di farle sue scuse di non essersi recato costà; con suo rincrescimento per alcune occupazioni soppraggiuntegli dovette privarsi di tal piacere; ma siccome quod differtur non aufertur, così mi lascia di notificarle che sarebbesi recato presso la S. V. venerdì, 8 del corrente, col secondo convoglio. Per tal modo potranno parlarsi sulla commissione riguardante la Margherita Assom e sulle altre faccende e combinare alla maggior gloria di Dio tante belle cose.

 

Ottobre 1869.

Suo dev.mo servo

Sac. RUA, Prefetto.

 

La domenica seguente Don, Bosco si trovava a Calliano; di là rispondeva alla lettera di un alunno chierico.

 

Carissimo Garino,

 

Ho ricevuto con piacere la tua lettera, e godo della tua ferma volontà di farti buono per divenire un ottimo ecclesiastico. Dal canto mio farò tutto quello che posso; ma ho bisogno anche di qualche cosa da parte tua. Di che cosa? Di una confidenza illimitata in tutto ciò che riguarda al bene dell'anima tua.

Avrei bisogno di farti cacciatore di anime, ma pel timore che tu rimanga da altri cacciato, ti propongo soltanto di farti modello a' tuoi compagni nel bene operare. Peraltro sarà sempre per te una fortuna grande quando potrai promuovere qualche bene, od impedire qualche male tra tuoi compagni.

Amami come io ti amo nel Signore, prega eziandio per me che ti sono di cuore

 

Calliano, 10 ottobre 69,

Aff.mo

Sac. Bosco GIOVANNI.

 

Tornato a Torino, ringraziava una benefattrice, dandole i chiesti consigli.

 

 

Torino, 11 - 9 - 69.

 

Benemerita Signora,

 

Per mano della zelante suor Filomena ho ricevuto la vistosa somma di fr. 1000, che nella sua carità offre ad onore di Maria Ausiliatrice e da impiegarsi pei varii e gravi bisogni di questo novello edifizio. Io non ho potuto trattenermi a parlare con quella religiosa, se non di volo, e perciò non potei incaricarla dei miei sentiti ringraziamenti di cui voleva pregarla.

Ora mentre compio questo mio dovere di gratitudine, l'assicuro che continuerò a fare in comune ogni giorno speciali preghiere all'altare di Maria Ausiliatrice, e spero che la grazia che dimanda le verrà senza fallo concessa.

Ella dice che finora non si è ancora ottenuta; mi dice che è una tribolazione di famiglia, che non so quale sia, ma ecco quanto le posso dire di positivo: Continui a pregare e si rassegni ai divini voleri. La tribolazione volge al suo fine. Vi sono cose che adesso sembrano spine, che Dio cangerà in fiori. Un guardo al Crocifisso ed un fiat voluntas tua; è questo che Dio vuole da Lei.

Intanto prenda questo consiglio: le piaghe in famiglia si devono medicare e non amputare. Dissimulare ciò che dispiace, parlare con tutti, e consigliare con tutta carità e fermezza, è il rimedio con cui Ella guarirà ogni cosa.

Mi perdoni questa libertà: io do lezioni a Minerva; me ne dia compatimento. Domani (12) io celebrerò la santa messa ed i miei ragazzi faranno la loro comunione secondo la pia di Lei intenzione. Dio benedica Lei e tutta la sua famiglia e a tutti conceda lunghi anni di vita felice col prezioso dono della perseveranza finale.

Gradisca i profondi atti della mia sincera gratitudine con cui ho l'onore di potermi professare

Di V. S. B.

Obbl.mo servitore

Sac. Giovanni Bosco.

 

Abbiamo di quel mese un'altra lettera di Don Bosco che ci fu trasmessa dal Monastero della Visitazione di Pinerolo ed era diretta ad una Superiora che fondava una Casa a Villalvernia.

 

 

Rev.da signora Madre,

 

Non badi a nissuno e sia sicura della volontà del Signore intorno a quanto fu operato per la casa di Villalvernia. Ciò che dicono gli altri, sia accettato con rispetto e servirà di norma per l'avvenire. Dopo il temporale sarà più consolante la comparsa del sole. I cavoli trapiantati crescono di più e si moltiplicano. Coraggio adunque e fede nella Divina Provvidenza. Dio benedica Lei, le sue fatiche e tutte le sue figlie; preghi per me e per li miei poveri giovanetti, e mi creda

Di V. S. R.da

 

Torino, 27 ottobre 69,

Obbl.mo servitore

Sac. Giovanni Bosco.

 

Intanto erano partiti per Cherasco il Direttore Don Giovanni Battista Francesia, dottore in belle lettere, e il personale destinatogli; e il collegio era stato aperto. Di quel mese il Servo di Dio faceva pubblicare sull'Unità Cattolica un articoletto sul Collegio di Lanzo, con breve cenno del programma. L'articoletto cominciava così.

 

Continua anche quest'anno ad essere aperto quest'istituto, giudicato così utile e per gli studi e per la moralità. Ci piace anche notare che gli studi elementari e ginnasiali, oltre ad essere conformi ai

programmi governativi, sono sì bene, coltivati, per impegno di quei maestri, che in quest'anno scolastico ultimo scorso quanti si presentarono nel Ginnasio Cavour agli esami di licenza ginnasiale, altrettanti furono promossi e parecchi con onore.

 

Quanto all'Ospizio di Valdocco, Don Bosco aveva dato a D. Carlo Ghivarello l'incarico di preparare il disegno per gli uffizii.

Provvedeva anche all'Oratorio festivo di Valdocco, perchè ritornasse a produrre abbondantissimi frutti. Da qualche anno i giovani esterni erano ridotti a piccolo numero, sia per la moltitudine degli interni che occupavano i cortili e la Chiesa di S. Francesco, sia per l'obbligo imposto da molti padroni ai garzoni operai di lavorare al mattino dei giorni di festa, sia in ultimo perchè aperta la chiesa di Maria Ausiliatrice, quella di S. Francesco dovette temporaneamente servire a varii usi, per mancanza di spazio nell'Ospizio, e per radunanze che erano indispensabili. I soli catechismi della quaresima facevano rivivere e ricordavano l'antica affluenza. Dopo la Pasqua ritornava esiguo il numero di coloro che assistevano alle funzioni nella nuova Chiesa. Non era però in tramonto: ma un'eclissi parziale. Don Bosco pertanto per accrescerne il numero destinò per essi la vasta sagrestia posta a ponente del nuovo tempio, e incaricò il chierico Giulio Barberis dell'Oratorio festivo. Invitati, accorsero i primi giovani, poi altri ed altri, quanti ne poteva contenere quell'ambiente, dove, mattino e sera, si facevano agli accorsi istruzioni religiose e, aperte le porte che danno sul Sancta Sanctorum del presbiterio, essi ascoltavano la santa Messa e assistevano alla benedizione col SS. La ricreazione tenevasi nel lungo ma stretto cortile a ponente della Chiesa di Maria Ausiliatrice.

Le preoccupazioni del Venerabile per gli interni erano continue. Nuovamente aveva fatto ricorso al Ministero della guerra per poter riparare dal freddo i suoi alunni e ne riceveva, come sempre, cortese risposta.

 

 

MINISTERO DELLA GUERRA

N. 5811.

Firenze, 16 novembre 1869.

 

A sollievo dei poveri giovanetti che sono ricoverati nella Pia Casa da V. S. diretta, il Ministero ha disposto che dalla Direzione dei Magazzini del materiale per i Servizi Amministrativi in cotesta città siano tenuti a disposizione della persona che Ella incaricherà di farne il ritiro e di lasciarne apposita ricevuta, i seguenti oggetti di corredo fuori servizio.

N. 200 coperte di lana da campo.

 ”  100 fodere da capezzali.

 ”  113 fodere di tela canapa.

 ”    15 fodere da pagliaricci.

 ”    28 lenzuola da letti.

Di quanto sopra lo scrivente pregiasi rendere consapevole V. S. R. in risposta alla di lei delli 10 corrente.

Per il Ministro

LERICI

 

Al Sig. Don Bosco.

 

 

In pari tempo si occupava sempre delle Letture Cattoliche. Queste, nel mese di novembre, regalavano agli abbonati un fascicolo scritto dal Venerabile nel 1869: ANGELINA O L'ORFANELLA DEGLI APPENNINI pel sacerdote Giovanni Bosco.

Così diceva al lettore: “ Nel decorso del passato autunno per motivo del sacro ministero mi sono recato in un paese dove udii a raccontare cose, che mi parvero assai interessanti, di una giovinetta. Sebbene sia morta sul principio di questo secolo, se ne conserva tuttor viva la memoria, come se fosse testè soltanto mancata in mezzo a loro. Il parroco di quel luogo mi somministrò molte particolarità e fra le altre mi diede copia di un manoscritto, il cui originale si conserva tra gli archivi parrocchiali. Dai racconti particolari e più positivamente da quel manoscritto ho raccolto quanto mi parve più curioso, più ameno e più importante pei nostri lettori. Io sono semplice relatore, e sarà per me gran mercede se taluno leggerà con qualche suo vantaggio, o almeno darà benevolo compatimento a quelle cose in cui non l'avessi potuto appagare. Dio ci colmi tutti de' suoi celesti favori e ci conceda lunghi anni di vita felice ”.

È la vita di una nobile e ricchissima signorina, la quale, impedita di farsi religiosa, per amore della povertà evangelica si allontana dal palazzo paterno, fugge in un paese remoto e si assoggetta a servire, sconosciuta e per tutta la vita, in una casa di contadini. Colle vicende di questa buona giovane si dimostra quale uso i ricchi debbano fare delle loro ricchezze, e si espongono le ragioni che inducono un luterano a morire riconciliato colla Chiesa.

Oltre lo scrivere e il pubblicare libri propri, occupava Don Bosco anche il correggere, direi quasi, parola per parola i manoscritti de' suoi figli, che dovevano esser dati alle stampe.

Avendo commesso a D. Lemoyne di scrivere la biografia del Chierico Mazzarello, così gli rispondeva dopo aver attentamente esaminato quel lavoro.

 

 

Carissimo D. Lemoyne,

 

Il tuo lavoro va benissimo, ma bisogna notare la convenienza e lo scopo. A questo riguardo bisogna: 1° Togliere o almeno temperare gli slanci poetici, perciò, quanto è soltanto descrittivo, eliminarlo. 2° Pensare che si scrive in prosa storica, e perciò la morale sia come impastata nel racconto, e non come materia separata. - 3° Molte cose non sono espedienti, come vedrai, nel contatto delle cose politiche, per es.: cacciata dei Gesuiti da Genova. - 4° Ciò posto, il capo Mornese si riduca, e in forma di prefazione si espongano le cose, località, storia e indole, secondo il Casalis: di poi si accenni alle fonti, donde furono attinte le notizie di cui ti servi, quindi farai passaggio al cominciamento del racconto. - 5° Ho notato alcune cose, facendo soltanto passare sopra la matita, affinchè tu osservi il senso e la connessione delle cose. Qui hai due quaderni, gli altri due te li manderò appena li avrò potuti leggere, che spero fra poco. Essendo questo il primo lavoro, ci vuole un po' di pazienza. Non sarà più così, dopo alcuni quaderni modificati e attentamente osservati.

Coraggio e speranza nel Signore. Dio benedica te e le tue fatiche. Credimi,

 

Torino, 3 novembre 1869,

Aff.mo in G. C.

Sac. Giovanni Bosco.

 

 

 

Mentre egli sbrigava tutte queste faccende, l'Oratorio erasi riempiuto di alunni, che dovevano essere testimoni delle sue meravigliose virtù. E di queste vari lasciarono memorie in iscritto. Noi ne riportiamo una, perchè si noti come il Servo di Dio proseguisse nella sua missione, e crescesse vieppiù la fama della sua santità.

Quest'anno, nella festa d’Ognissanti, entrava il giovane Giuseppe Bernardo Corno in qualità di studente. La madre avealo presentato a Don Bosco nella Borgata dei Becchi. Percorse in quattro anni le classi ginnasiali, poi il primo corso di filosofia, dovette per ragion di salute lasciare Don Bosco, col quale mantenne sempre buone relazioni, per affetto riconoscente e per venerazione. Questo alunno Sacerdote, Dottore in Sacra Teologia, Notaio apostolico, Cancelliere della Curia di Torino, Cerimoniere Arcivescovile, ed ora Prelato domestico di Sua Santità, chiamato a testimoniare nel processo diocesano sulla vita e virtù di Don Bosco, così esponeva le sue impressioni dei cinque anni di permanenza nell'Oratorio.

“ Era voce generale che Don Bosco avesse doni sopranaturali. Annunziò più volte la morte di varii giovani. Scrutava ne' cuori altrui e udii da qualcuno che veramente aveva letto nella sua coscienza. Alcune volte si verificò che egli aveva visto da lontano ciò che accadeva nell'Oratorio. Confermo che alcuni de' suoi giovani colpevoli di qualche mancanza avevano paura di lasciarsi vedere da lui, temendo che egli leggesse sulla loro fronte il fallo. Grande era la fama della sua santità anche fuori. Don Bosco aveva gran cura de' suoi giovani; li istruiva egli stesso o per mezzo de' suoi coadiutori. Nei giorni festivi predicava le verità della fede e promuoveva a tutta possa la pietà. Tutte le sere, prima di andare al riposo, ci faceva un fervorino. Il suo metodo di educazione era tutto paterno, attirando i giovani con bei modi, per cui gli erano molto affezionati. Inculcava loro la frequenza ai Sacramenti, la quale per tanti alunni si poteva dire settimanale; per molti altri più frequente ancora; e nelle solennità e nell'esercizio della buona morte diveniva comunione generale. Egli confessava molto e assiduamente, ed aveva altresì sacerdoti confessori che lo aiutavano, poichè dava piena libertà della scelta ai penitenti. Era dotato pure di singolare prudenza, attesochè in sì gran numero di giovani, venuti da ogni parte; non si verificò mai alcun disordine di qualche entità ”.

Così il teste. Noi aggiungiamo:

Per i suoi cari giovani, Don Bosco, acciocchè avessero un eccitamento di più nel tenere buona condotta, fece rivivere un'usanza che a poco a poco era caduta, cioè che certi alunni in date circostanze fossero invitati a pranzo con lui. Era stata causa precipua di quell'interruzione il numero sempre crescente dei Salesiani e la ristrettezza del refettorio dei Superiori, posto nei sotterranei presso le cucine. In quest'anno, essendo stata destinata a tale refettorio tutta la sala al piano dei portici, che risponde all'area della primitiva tettoia adattata da Don Bosco a cappella nel 1846, il Venerabile stabilì che tornassero, per turno, a pranzare con lui ogni domenica i migliori di ogni scuola e di ciascun laboratorio. Ciò serviva ad incoraggiare al bene un'intera classe. Il buon padre godeva assai nel vedere questi alunni, li desiderava, e sostenne questa costumanza, anche quando da parte di certi melodisti sorse qualche contrarietà. Egli riteneva cosa di gran momento che i giovani più distinti avessero occasione di avvicinarsi ai Superiori, e avrebbe voluto che questo premio si desse loro più volte all'anno.

Il loro posto a mensa non era però vicino a Don Bosco. Siffatto privilegio era riservato da tempo antico ai giovani eletti per la lavanda dei piedi nel giovedì santo, lavanda fatta dallo stesso Rettor Maggiore.

Grande era l'utile per gli alunni premiati. Immancabilmente, finito il pranzo, passavano a salutare Don Bosco ed egli diceva a ciascuno una parola che produceva sempre un gran bene. Tal volta con una frase che sembrava detta a caso, egli faceva intendere il genere di vita che un alunno doveva abbracciare: tal altra giovava a far germogliare una vocazione, o ad assicurarla, o anche a compirla. In certe occasioni egli donava a ciascuno una pasta dolce.

In attesa di questo premio i giovani ne parlavano molti giorni prima con gran desiderio, vi facevano sopra i loro conti, e tutti ricordavano per anni interi la fortuna di aver pranzato con Don Bosco.

Gli altri, che noti avevano questa sorte, non aspettavano inviti speciali per avvicinarsi a Don Bosco. Le scene gioiose e commoventi da noi descritte diffusamente altrove, che fin dal 1850 avevan sempre rallegrato i vari refettori ove Don Bosco si recava a prender cibo, continuarono anche in quest'anno 1869. Appena i Salesiani ne uscivano, una turba di ragazzi irrompeva correndo ove era Don Bosco, occupavano ogni spazio, sicchè in fretta si dovevano togliere le tovaglie dalle mense. Ciò accadeva specialmente dopo cena.

Ma non passò gran tempo che i giovani dovettero contentarsi di vedere solamente in cortile il loro amato Don Bosco. Le visite, che egli riceveva nello stesso refettorio, e i commensali forestieri che sovente capitavano, finirono con troncare quelle così care e famigliari dimostrazioni d'affetto. Oh quanti ricordi!

Continuarono però gli inviti a pranzo per gli alunni migliori, fino al termine della vita del Servo di Dio, e si conservano ancora i nomi di molti che ebbero questo premio.

 

 

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