Capitolo 60

Don Bosco a Lanzo - Letture Cattoliche Don - Bosco a Mirabello: sua lettera alla Contessa Callori: per la diffusione dell'Opuscolo sul giubileo: festa di S. Carlo: augurii pel suo prossimo viaggio a Roma - Don Bosco a Cherasco va in cerca di offerte per pagare il terreno presso l'Oratorio di S. Luigi e costrurre una cappella o chiesa: propone una carta di obbligazione - Apertura del Concilio Ecumenico Vaticano - Inno e canti nell'Oratorio - Conversione d'un sacerdote, apostata - Conferenza tenuta da Don Bosco ai membri della Congregazione per la rielezione del Capitolo Superiore - Verbale di questa adunanza - Cade il Ministero Menabrea e sono sospese le trattative per la chiesa del Santo Sudario - Muore l'ultimo de' sei predetti da Don Bosco - Suoi augurii in versi per le feste Natalizie - Difficile educazione riuscita - Battesimo dei due giovani Algerini - Offerta dei giovani dell'Oratorio al S. Padre - Il Galantuomo pel 1870 e sua prefazione.

Capitolo 60

da Memorie Biografiche

del 07 dicembre 2006

 Gli ultimi due mesi del 1869 tennero occupato Don Bosco nelle vertenze sopra esposte, ma non furono men ricchi dei precedenti di opere sante. Il giovedì della seconda settimana di novembre, come aveva promesso, fu a visitare il Collegio di Lanzo. Ognuna di queste visite produceva il bene d'una missione apostolica.

All'Oratorio si pubblicava intanto l'ultimo fascicolo delle Letture Cattoliche, quello del mese di dicembre. Era un libretto di attualità: Il Giubileo pel Concilio Vaticano: Istruzione del P. Secondo Franco. L'autore dimostrava che cosa sia il giubileo e il fine particolare di questo: donde tragga la Chiesa, e con quale autorità, le indulgenze che applica ai fedeli: i beni, che si contengono nel Giubileo, pei giusti e per i peccatori: la facilità e il modo pratico di acquistare il Giubileo. In appendice si leggevano due programmi, quello della Biblioteca della Gioventù Italiana e quello delle Letture Cattoliche.

La seconda visita di Don Bosco l'ebbe il piccolo seminario di Mirabello, come appare da una cara lettera, indirizzata alla Contessa Callori.

 

 

Benemerita signora Contessa,

 

Mons. Manacorda in una a D. Cagliero chiuse il biglietto ivi unito. Lo aprì inavvertitamente, ma non lesse nulla, quindi segreti inviolati.

Ella mi disse ripetutamente che è signora, e questo mi dà coraggio a chiedere. Il sig. Prevosto di Vignale desidererebbe pel giubileo dare 2500 libretti sul giubileo del P. Franco, ma parlando del prezzo si raccomandò di aiutarlo e poi si mise a piangere. Io promisi che confidenzialmente avrei invitato V. S. ad aiutarlo. Facciamo dunque così. Il fascicolo nell'associazione è di cent. 15. Siano essi ripartiti; centesimi 5 a Don Bosco; centesimi 5 al Prevosto; centesimi 5 a Lei. Ella pertanto contrarrebbe l'enorme debito di fr. 125 da pagarsi senza interesse prima del termine dell'anno 1870 all'Uffizio delle Letture Cattoliche. Veda un poco come io fo bene i calcoli col danaro altrui. Ella però mi risponda come vuole. Abbiamo fatto una festa a Mirabello che fu una vera meraviglia. Il Vescovo fu più volte commosso fino alle lagrime. Ho detto a D. Bonetti che ne desse un cenno a Lei, unicamente affinchè si consoli nel Signore del frutto della sua carità.

Se mi potrà far sapere il giorno di sua partenza per Roma, faremo una preghiera speciale affinchè tutti possano fare buon viaggio. Dal canto mio farò un particolar memento ogni mattino nella Santa Messa fino al suo felice ritorno, o almeno fino alla visita che spero di farle in Roma.

Non dimentichi l'affare del caro Bimbo. La Presidente Galleffi Superiora delle Oblate di Torre de' Specchi è prevenuta della sua visita; vedrà molta virtù nascosta sotto alle apparenze di una fantesca, sebbene appartenga ad una delle principali famiglie.

Dio conceda ogni bene a Lei e a tutta la sua famiglia; preghi per me che colla pi√π profonda gratitudine mi professo

Di V. S. B.

 

Torino, 27 - 11 - 1869.

Obbl.mo Servitore

Sac. Giovanni Bosco.

 

La terza visita del Venerabile era riservata pel nuovo collegio di Cherasco.

 

 

Oratorio di S. Francesco di Sales

Torino - Valdocco.

8 novembre 1869.

 

Carissimo D. Francesia,

 

Ti mando la risposta che credo possa farsi in soddisfazione ai requisiti del Provveditore. La porterai al sig. Sindaco, cui farai tanti saluti da parte mia.

Se non ci è affare di assoluta premura, io andrei a Cherasco da lunedì prossimo in otto giorni, che è il 22 corrente e mi fermerò alcuni giorni. Potrei andar prima, ma soltanto di volo e non vorrei.

Ti raccomando di avere molta cura della tua sanità, di quella di D. Provera e di tutti gli altri.

Se Ottonello è contento del piano, io pretendo che lo suoni, in modo da poterlo poi suonare in Paradiso.

D. Francesia, coraggio nel Signore. Dio benedica te e tutta la cara famiglia. Salutali tutti da parte mia. Amen.

Aff.mo in G. C.

Sac. Giovanni Bosco.

 

E intanto cercava offerte per la compra del terreno presso l'Oratorio di S. Luigi a Porta Nuova. Scriveva all'Avvocato Galvagno a Fossano per Marene.

 

 

Torino, 24 novembre 1869.

 

Chiarissimo Signore,

 

Già altre volte V. S. chiarissima, mossa dal solo spirito di carità, venne in aiuto delle nostre caritatevoli imprese, che trovavansi in bisogni assai maggiori di quello che Ella forse si immaginava. Ora si presenta un'opera eccezionale a compiersi come può vedere dall'unito

foglietto; e per questo mi fo ardito di fare ricorso alla sua carità per quell'aiuto che le inspirerà la carità del suo cuore.

Non voglio scrivere molte cose: Le dico soltanto che essendo urgente il bisogno, si accetta colla massima gratitudine qualunque cosa nella sua bontà sia per offerire.

Dal canto mio non mancherò di pregare il Signore Iddio che le conceda stabile sanità con lunghi anni di vita felice, mentre con profonda gratitudine mi professo

Obbl.mo Servitore

Sac. Giovanni Bosco.

 

E le offerte non mancavano. Abbiamo nota di quella fatta dal Conte e dalla Contessa di Viancino;

 

 

Oratorio di S. Francesco di Sales. - Torino - Valdocco.

 

Ricevo L. 1200 dal sig. Conte Viancino e L. 3300 dalla Signora Contessa quale generosa oblazione per la compera del terreno per l'Oratorio di S. Luigi a Portanuova e ne rendo le dovute grazie. Il Signore rimeriti i benemeriti oblatori.

 

Torino, 29 novembre 1869.

Per DON Bosco

Sac. ALBERA PAOLO.

 

Sul terreno comprato dovevasi erigere una nuova chiesa. Dell'importanza e necessità di questa costruzione Don Bosco ne aveva parlato ad alcuni distinti signori, e nella festa dell'Immacolata il Barone Ricci gli rilasciava la seguente obbligazione in carta da bollo. Era la prima offerta per la futura chiesa di S. Giovanni Evangelista, colla quale Don Bosco intendeva di onorare il nome di Pio IX.

 

Il sottoscritto, affine di agevolare dal canto suo la costruzione di una nuova Chiesa, nelle vicinanze del tempio Valdese, o quanto meno di un pubblico oratorio da essere officiato sotto la direzione del Reverendo Don Bosco, colla presente scrittura si obbliga di corrispondere allo stesso la somma dell'uno per cento sulle spese che verranno fatte nella costruzione della Chiesa, comprendendovi il prezzo del terreno acquistato. Dichiara però di restringere la sua offerta nel limite di L. 1000: dico Mille. Se per caso ben avventurato si spendesse una somma maggiore di L. 100.000, dico centomila: egli limita a tale estremo il suo soccorso, riducendolo ove s'impiegasse nella costruzione della Chiesa una somma minore.

Li pagamenti saranno ripartiti in tre rate:

La 1ª appena si darà principio alle opere di costruzione.

Le altre due nelli anni successivi da corrispondersi anticipatamente.

In fede rilascia la presente obbligazione munita della sua firma.

 

Torino, 8 dicembre 1869,

Via Bogino N. 12, Piano 2°, casa Fassati.

 

Barone FELICIANO Ricci DES FERRES.

 

 

In quel medesimo giorno, l'8 dicembre 1869, in Roma con splendidissima cerimonia si aperse nella Basilica Vaticana il Concilio Ecumenico XX. I Vescovi intervenuti da ogni parte del mondo erano quasi settecento. Il solo Governo Russo aveva proibito ai Vescovi Cattolici di recarsi a Roma. Ciascuno può immaginarsi l'effetto che doveva produrre lo sfilare di quella interminabile processione di preti, superiori e generali di Ordini, prelati, abati, vescovi, patriarchi e membri del Sacro Collegio, a capo dei quali stava il sommo Pontefice, colla sua splendida corte, quale usava tenere allorchè appariva in tutta la magnificenza di sovrano. Celebrata la messa Pontificale nel lato della crociera, a destra della confessione di S. Pietro, e cantato il Veni creator, Pio IX dichiarò aperto il Concilio, e l'Arcivescovo di Iconio, Mons. Passavalle, lesse il sermone d'inaugurazione. Circa cinquantamila persone erano radunate nella basilica.

Don Bosco e i suoi giovani esultarono. Il ch. Albera scrisse un inno. Don Cagliero lo mise in musica e fu cantato nell'Oratorio in ogni circostanza per tutto l'anno seguente, e ripetuto nel 1916 nell'arrivo del Card. Cagliero. L'inno era in onore di Pio IX e del Concilio.

Nell'Oratorio fu anche causa di viva gioia la conversione di un sacerdote che da più mesi abitava con Don Bosco, mandato dal suo Ordinario, perchè si riabilitasse.

L'Unità Cattolica ne dava notizia il 12 dicembre.

 

Onorevole ritrattazione. - Riceviamo dal molto reverendo sacerdote Carlo Morandi, della diocesi di Cremona, una onorevole ritrattazione da lui fatta il giorno 8 dicembre, ad onore di Maria Immacolata e del Concilio Ecumenico.

L'ottimo ministro di Dio ci annunzia nel medesimo tempo la prossima pubblicazione d'un opuscoletto nelle Letture Cattoliche di Torino col titolo: Un ritorno nell'arca santa, anche a riparazione dello scandalo di apostasia da lui dato pel corso di quindici mesi. Ci duole non poter riprodurre per la sua lunghezza la detta ritrattazione, che è tutta piena di bei sentimenti cattolici che altamente onorano, oltre lo stesso convertito, anche la religione nostra santissima, che sa ispirare il pentimento del fallo e dà la forza di confessarlo e fornisce i mezzi di ripararlo!

 

Per que' giorni Don Bosco aveva indetta una conferenza e si legge nell'antico manoscritto, contenente i Verbali dei Capitoli, la seguente pagina:

“ 1869. Il 10 dicembre radunatisi tutti i membri della Società di S. Francesco di Sales fecesi l'elezione dei membri del Capitolo, avendo tutti finito il tempo della loro carica. Il Rettore Sac. Bosco Giovanni, dopo la recita del Veni Creator col verso ed Oremus, cominciò, secondo il Regolamento, ad eleggere egli stesso Prefetto, quale era già prima, il Sac. Rua Michele, e direttore spirituale il Sac. Cagliero Giovanni. Distribuite quindi le schede ai professi assoluti, ciascuno di questi diede in secreto il voto per l'Economo e i tre Consiglieri. Fatto lo scrutinio, trovaronsi eletti Economo Angelo Savio; Consiglieri: Ghivarello Carlo, Durando Celestino, i quali già prima avevano la stessa carica, Albera Paolo, che venne al posto lasciato vacante dal Sac. Francesia Giovanni, andato Direttore nel nuovo Collegio di Cherasco ”.

Oltre questa memoria ufficiale, abbiamo altre memorie private dell'adunanza. Don Bosco così prese a parlare:

“ - Questa sera ci siamo radunati per rieleggere il nostro Capitolo. I membri del Capitolo, secondo le nostre regole scadono dall'impiego dopo tre anni dalla loro elezione. Ora, siccome sono tre anni che furono eletti, è necessario che si faccia di nuovo la elezione. Il Capitolo consta di un Prefetto, di un Direttore Spirituale, di un Economo e di tre Consiglieri.

I due primi, cioè il Prefetto ed il Direttore Spirituale, secondo le regole sono eletti dal Direttore Generale, e gli altri a pluralità di voti. Possono dare il voto tutti quelli che emisero i voti perpetui, e non possono dare il voto quelli che emisero solo i voti temporarii. Questo è stabilito chiaramente dalle regole, e quindi non vi si può transigere sopra. Resta ancora questione indecisa se possano essere eletti membri del Capitolo quelli che non abbiano ancor fatti i voti perpetui, e per questa volta lascieremo intatta la questione e faremo come si è fatto finora. Si avverta che possono essere rieletti membri del Capitolo quelli che già vi furono o che vi sono. Finora formarono il Capitolo D. Rua prefetto; D. Cagliero Direttore Spirituale, D. Savio Economo, e Consiglieri Don Ghivarello, D. Durando, e D. Francesia, che ora deve essere sostituito, perchè lontano.

” Qui si domandò se si dovevano eleggere due Economi; siccome uno non può attendere a tutto, cioè ai bisogni della Casa ed ai bisogni della Società; se per economo del Capitolo si deve anche intendere colui che sorveglia ai bisogni della Casa. E Don Bosco continuò:

” - Quando diciamo Economo della Società non dobbiamo mai confonderlo coll'Economo della Casa, poichè può stare benissimo l'Economo della Casa distinto dall'Economo della Congregazione. Quindi quando diciamo Economo della Società, cioè colui che si elegge nel Capitolo, non lo dobbiamo confondere coll'Economo della Casa. L'Economo della Casa è come un Vice - Economo od un aiutante, come il Prefetto ha un aiutante nel Vice - prefetto. Tutto questo sia per norma dei votanti ed anche per gli altri, affinchè conoscano quali sono i loro superiori.

” Ciò detto si contò il numero di coloro che avevano fatto i voti perpetui, il quale fu di quattordici. Sarebbero stati eletti quelli che avessero ottenuti voti maggiori. Allora Don Bosco dopo la recita del Veni Creator col vers. ed Oremus e le altre preghiere prescritte, cominciò secondo il regolamento ad eleggere egli stesso il prefetto col confermare in carica il sac. Rua Michele, e direttore spirituale nominò il sac. Cagliero Giovanni. Distribuite quindi le schede in bianco ai professi perpetui, ciascuno di questi diede in segreto il voto per l'economo e i tre consiglieri. Fatto lo scrutinio (da D. Rua e da D. Cagliero) trovaronsi eletti: Economo il sac. Savio Angelo: Consiglieri il Sac. Ghivarello Carlo e il Sac. Durando Celestino, i quali già prima avevano la stessa carica. Il sac. Albera Paolo venne al posto lasciato vacante dal Sac. Francesia Giovanni, andato Direttore nel nuovo collegio di Cherasco.

” Furono eletti all'unanimità Don Ghivarello e Don Durando, ebbe parecchi voti per economo anche D. Sala Antonio, che di tale ufficio era incaricato nell'Oratorio. D. Lazzero Giuseppe ottenne un voto di meno di Don Albera, il quale ne ebbe otto.

” Il Direttore generale Don Bosco lesse a chiara voce il nome degli eletti, e quindi riprese a parlare.

” - Ora ecco rieletto il nostro Capitolo, il quale deve sempre rappresentare i Superiori della Società. E questo non è solo una cosa così combinata fra noi, ma in tutte le Società religiose vi è sempre questo Capitolo, il quale è molto distinto dagli altri ed è facile conoscerne i membri. Così sono i Domenicani, i Barnabiti, ed in tanti altri ordini; ed in queste Congregazioni il Capitolo ha perfin la tavola separata, cosa che col tempo combineremo anche noi.

” Questi poi che sono eletti devono pensare che la carica che hanno, richiede pazienza e sacrificio, e non si promette loro nessun premio, eccetto quello che ci darà il Signore.

” Quello che non posso dissimularvi si è che siamo in una via tutta piena di spine, ed avremo a soffrire molto per causa degli uomini e per tante altre cause. Noi siamo quelli che primi dobbiamo passare su queste spine siccome in sul principio della Società; ma dobbiamo consolarci perchè non siamo soli, poichè abbiamo da una parte il nostro Divin Salvatore, dall'altra la SS. Vergine. Essi camminano con noi, ci insegnano la via, ci consolano e ci sorreggono.

” Quello poi che il Signore più di tutto ha voluto far conoscere si è che dopo le spine vi saran le rose ed in abbondanza. Egli ci promette grandi aiuti, molte benedizioni spirituali e temporali. Ci vedremo anche molto prosperati ed egli ci manderà anche quello che ci abbisogna pel temporale in abbondanza, purchè si faccia sempre servir tutto a sua maggior gloria.

” Ciò che mi consola, e lo dico anche con un po' di compiacenza, si è che quest'anno vedo che la nostra Congregazione è molto bene avviata e tutti sono impegnati perchè le cose vadano bene. Pare che la nostra condizione sia molto migliore dell'anno scorso. Voglio anche che prima dell'anno si stampi una scheda, o catalogo in cui sarà scritto il nome di tutti quelli che compongono la nostra Congregazione, e così ciascheduno tenendo presso di sè questa scheda o catalogo, potrà facilmente conoscere tutti quelli che sono nella Società. Questo schema lo terrà ciascuno presso di sè, senza che si faccia correre nelle mani altrui.

” Desidero pure che in calce a questa lista si lasci uno spazio, dove in fine dell'anno si scriverà quelli che il Signore chiamò all'eternità in quell'anno stesso. Ogni anno si metterà poi in disparte uno di questi cataloghi e si aggiungerà una monografia di quelli che passarono all'altra vita. In questa monografia si accenneranno le virtù principali in cui si segnalò il defunto. In questo modo si potrà, per esempio dopo ottant'anni, conoscere gli individui della Società, l'aumento o la diminuzione della medesima. La scheda si rinnoverà ogni anno. Ogni casa particolare avrà anche un catalogo particolare in cui si troveranno notati tutti quelli che in allora si troveranno in quella. ”

Don Bosco in questa conferenza non avea più parlato come aveva fatto in altre, dell'importanza di possedere una casa in Roma. Su quella di S. Cajo non era più il caso di nutrire speranze; e le pratiche della Chiesa del S. Sudario, per motivi che riguardavano il Ministro di Francia (forse per interessi di una casa religiosa Savoiarda) non erano state per allora condotte a termine. Tuttavia si sarebbero potute riprendere essendosi dimostrato il Ministro Menabrea abbastanza benevolo alle proposte di Don Bosco. Questo ministro però, osteggiato dalla Camera dei deputati, aveva date le sue dimissioni con tutti i colleghi, e il 14 dicembre deponeva il potere.

Gli succedeva, il giorno 15, il medico Lanza col nuovo Ministero, il quale, come abbiamo veduto, conosceva e stimava Don Bosco.

Mentre il Servo di Dio andava pensando a chiederne l'appoggio, nell'Oratorio spirava l'ultimo dei sei, predetti sul fine del 1868, appartenenti alla casa. Si legge nel Necrologio, scritto da Don Rua.

 

Bonelli Giovanni fu Luca di Vico Mondovì moriva nell'Oratorio il 19 dicembre 1869. Uomo semplice e timidissimo. Fu francescano e nella soppressione degli ordini religiosi venne accettato nell'Oratorio, ove prestò volentieri l'opera sua prima da portinaio, poi da sagrestano, facendo volentieri quel tanto che i suoi incomodi gli permettevano di fare. Singolare fu in lui l'osservanza del silenzio; di modo che si può con sicurezza asserire non aver egli nel tempo che fu all'Oratorio detto una parola di troppo.

 

Questa morte consolante accresceva, se pur era possibile, il prestigio che esercitava il Venerabile sull'animo dei giovani.

Egli intanto, approssimandosi il Natale, mandava i suoi auguri di felicità agli amici e ai benefattori.

Al Baron Bianco di Barbania scriveva in versi:

 

Ogni dì voleva andare

Dal Baron, mio buon compare;

Ma finora fu un progetto

Che rimase senza effetto;

Sia pigrizia, sia per male,

Io son quasi sempre uguale:

Mangio, dormo, e un poco a spasso

Vita fo da Michelasso.

Ma affinchè nissuno dica

Che al Baron non parlo mica,

Voglio mettermi a far testa

E augurargli buona festa.

Una volta, manco male,

Ciò dicevasi in plurale:

Buone feste, cari amici,

State allegri e ognor felici;

Ma da che ragion di stato

Tante cose ebbe cangiato,

Noi dobbiamo uniformarci

Negli augurii da mandarci.

Ma che vale questa critica?

Chi cangiar può la politica?

Vada l'acqua gi√π del Po,

Io intanto augurerò.

Abbia dunque il mio compare

Piedi e gambe da volare,

Di Matusalem l'etade,

Sia Davidde in santitade,

Sia Sansone per fortezza,

Salomone per saviezza,

Cogli amici ognor contento

Viva lieto ogni momento.

Ma al suo cuoco che dirò

Quando tardi giungerò?

Quando è già finito il pranzo

Che per lui pi√π nulla avanzo?

Cercherò la Provvidenza!

Egli cerchi la credenza

Si prepari altra porzione

Che a lui basti e al buon Barone.

Finalmente, o mio Barone,

Terminiamo la canzone!

Compatirmi si compiaccia,

Ma una visita mi faccia!

 

 

Agli augurii succedeva solennissima la festa del S. Natale. In questo giorno vennero rigenerati colle acque battesimali i due giovanetti Algerini. Non era stata cosa facile educarli ed istruirli nella religione cristiana, come accadde anche per qualche altro loro connazionale mandato a Torino

nel 1870. Mons. Lavigerie aveva scritto a Don Bosco che essi erano intrattabili, e quando il Venerabile li ebbe alla prova, dovette riconoscere che il fatto passava la sua aspettazione. Questi arabi rassomigliavano meno ad esseri umani che a bestie selvagge. Eglino coll’agilità della tigre si slanciavano a mordere ed a tentare di far strazio, colle loro unghie, di quelli che loro non andavano a genio. Per altro Don Bosco ebbe questo primo vantaggio, che al loro presentarsi gliene impose colla sua presenza e si accorse ben anco che egli non era loro antipatico. Mise allora ogni cura a trar partito dell’amor proprio della loro razza. I migliori soggetti dell’Oratorio furono incaricati di usar loro tutte le cure e le attenzioni che si potevano. Bentosto lo spettacolo della esemplare condotta di questi giovani influì potentemente sullo spirito degli Arabi; eglino furono umiliati nel riconoscere la morale distanza che li separava dai loro compagni, e per l’onore del paese si applicarono a correggere questa loro inferiorità. Erano appena trascorsi pochi mesi dopo il loro ingresso in Oratorio che una totale trasformazione erasi già operata nei modi e nelle abitudini di questi figli del deserto, come pure nei loro pensieri e nei loro sentimenti. Un dolce sorriso aveva sul loro volto preso il posto della feroce espressione delle altre volte; ed in quelli occhi animati, che prima slanciavano lampi di collera e di odio, si vedeva scintillare la soddisfazione e la pace. La luce del Cristianesimo aveva penetrato, col suo dolce calore, questi esseri ribelli, i quali non si erano mai inchinati davanti alla forza, ma che già piegavano liberamente le ginocchia davanti a Gesù Cristo ed alla sua legge. Così il Conte Carlo Conestabile nel suo lavoro: Opere religiose e morali in Italia.

Erano adunque disposti al battesimo. Vestiti secondo l’usanza degli arabi, nel loro colore olivigno, coi crespi e ricciuti capelli, produssero la più viva commozione, nella immensa moltitudine, onde era stipata la Chiesa di Maria Ausiliatrice. Aly ebbe come nome Stefano; e Carrubi, Pietro.

Furono padrini l'avv. Leone Fontana, che f u poi sindaco di Torino per molti anni, e la signora Oriola, sua madre, noti al pubblico torinese per le loro opere di cristiana carità.

Di quei giorni i giovanetti dell'Oratorio manifestavano il loro grande e generoso affetto al Vicario di Gesù Cristo. Scrive l'Unità Cattolica del 28 dicembre.

“ Offerte al S. P. Pio IX in omaggio ed in aiuto al Concilio Ecumenico. - Torino, Valdocco. Da D. Rua, prefetto dell'Oratorio di San Francesco di Sales, liste di offerte fatte da quei giovani in occasione del Concilio, lire 205, 15 ”.

Con un atto di omaggio al Vicario di N. S. Ges√π Cristo finiva l'anno 1869. Nelle nostre memorie non si fa cenno della strenna data da Don Bosco agli alunni; ma siamo indotti a credere che egli parlasse delle preghiere da farsi pel buon esito del Concilio Vaticano.

Se non abbiamo la strenna ai giovani, conosciamo però i cari auguri, indirizzati popolarmente e festevolmente agli associati delle Letture Cattoliche nel Galantuomo, almanacco per l'anno 1870.

 

L'aveva già detto tante volte che il mondo era ammalato e che avrebbe avuto bisogno di un buon medico per guarire. Malattie nei poveri che vogliono ad ogni modo diventar ricchi, malattie ne' ricchi che stanchi di tanta fortuna invidiano la sorte dei poveri, e fanno tutto il possibile per diventare tali; malattie negli scolari che vogliono sapere più dei loro maestri, e che perciò mancano dalla scuola, e lasciano che i libri studino da sè; malattie anche ne' maestri che non sanno più come frenare la gioventù appena è arrivata ai 12 anni; malattie in alto, malattie in basso, malattie dappertutto. Quasi quasi vorrei dire che dove si sta meglio è negli ospedali. Con tanti mali era dunque necessario che i medici si dessero una parola di convegno per trovare il modo di guarire tutto il mondo, ridotto quasi agli estremi. Ed ecco il gran medico delle anime, il glorioso Papa Papa Pio IX, dolente sui mali gravissimi, onde è afflitta la misera umanità, bandisce un gran consiglio, invitando tutti i Vescovi della religione cattolica a raccogliersi in Roma e cercare un rimedio adattato. Sarà pure un grande spettacolo veder tanti e tanti Pastori, animati tutti da un medesimo sentimento, venire a Roma, come gli apostoli si radunarono a Gerusalemme agli inviti di S. Pietro, ed invocare il Padre dei lumi, e ridonare altra vita al mondo. Giorni felici sorgeranno a sollievo nostro e dei nostri figli. Vecchio io come sono, vorrei correre alla nuova Gerusalemme a ringraziare il fortunato Pontefice, della grande e pietosa idea, e ringraziare pure i vescovi suoi fratelli che ubbidienti partirono al suo cenno. Ve ne sono di quelli che han dovuto viaggiare per tre mesi continui, e per istrade faticosissime, ma come l'arabo nel gran deserto ha sempre l'occhio, rivolto all'Oreb, e lo saluta con trasporto di gioia come lo vede da lungi, così essi non pensando che a Roma, non volendo che Roma, sopportarono con gioia gli strapazzi de' mari e de' vapori, e gli incomodi de' lontani trasporti; e come il viaggiatore, se arriva finalmente alla meta de' suoi desideri, oblia la noia e il mal della passata via, così i Vescovi, carichi di anni, si condussero all'eterna città. Che Iddio li consoli, li conforti nelle loro imprese, e li benedica nelle sante loro brame. Vorrei avere quindici anni di meno, e poi anch'io mi porterei a Roma, a unirmi co' supremi pastori del popolo cristiano per implorargli da Dio sanità temporale e spirituale. Non potendo venire di corpo, verrò certamente di spirito, e pregherò assai e farò pregare perchè il tutto succeda a maggior gloria di Dio, al trionfo della sua Chiesa, e alla salute delle anime.

Intanto noi poveri infermi, che viviamo in questo grande ospitale che per superbia chiamasi mondo, e che siamo caduti in tanto abisso da non più poterci sanare, ringraziamo Iddio di tal benefizio, e facciamo fermo proponimento di voler prendere, anche prima che si proponga, quel rimedio che ci verrà imposto. È lo Spirito Santo che lo inspirerà, e dalla sua mente non potrà uscire che santo, utile, e prodigioso rimedio. E così anche in questi giorni, noi tuttora viventi vedremo il mondo intiero, meravigliare delle grandi guarigioni della Chiesa, ed applaudire palma a palma al suo trionfo. Termino augurando buon viaggio agli Augusti che recherannosi a Roma, felice dimora in essa, e glorioso ritorno alle loro sedi.

Voi, miei cari lettori, pregate Dio per il medesimo uopo, e speriamo con certezza che saremo esauditi.

 

 

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