Capitolo 65

Don Bosco a Caramagna: guarigioni meravigliose: predizione avverata; elogi a D. Rua e ad altri collaboratori - Va a Saluggia -Suo foglio al Cavaliere in Roma: Gli manda lettere da consegnare al loro indirizzo: è ultimato l'affare con Ivrea per le Letture Cattoliche: annunzio dei decessi avvenuti, e di altri che avverranno nell'Oratorio: i lavori della nuova Chiesa e le grazie della Madonna: gli fu trasmesso il Voto della S. Congregazione dell'Indice - Lettera all'Arcivescovo - Consiglio del Can. Gastaldi e licenza data dal Vicario a Don Bosco di preparare una sua difesa - Pensieri che dovettero angustiare il Venerabile in questi giorni - D. Cagliero aspettato a Roma - Gli esercizi spirituali ai giovani.

Capitolo 65

da Memorie Biografiche

del 04 dicembre 2006

Il giorno dell'Invenzione di S. Croce è festa solenne in Caramagna, e D. Bosco vi si recava a fare il discorso, accompagnato dal chierico Giacomo Costamagna, fratello di Luigi, che ve l'aveva con calde istanze invitato. Fu ricevuto come un angelo mandato dal cielo: scampanio, mortaretti, musica, tutto fu messo in opera per festeggiarlo.

Di quanto siamo per dire fu testimonio oculare il sullodato ch. Costamagna, il quale il giorno dopo ci narrò quanto vide e poi Sacerdote e missionario ce ne spediva da Buenos

Aires il 5 novembre 1888 relazione scritta, dichiarandosi pronto a confermarla con giuramento.

“ Era il 3 di maggio del 1867. Don Bosco, venuto al mio paese nativo di Caramagna, aveva predicato un magnifico discorso sull'invenzione di S. Croce nell'Oratorio che del Santo Legno porta il titolo, e si era degnato accettare un pranzo nell'umile casa di mia madre. Più volte D. Bosco era venuto a Caramagna, e questa fu l'ultima. Dopo il pranzo il doppio cortile si rende stipato di gente, che domandava una benedizione dell'uomo di Dio. Don Bosco scende volentieri dalla stanza insieme con mio fratello Luigi e con me, che era desideroso di vedere qualche meraviglia celeste in quella mia terra.

” La prima persona che si presentò a D. Bosco fa una povera donna, alquanto avanzata negli anni, tutta sciancata, che trascinavasi su due grucce. Aveva sentito parlare dell'efficacia delle benedizioni di D. Bosco e sperava. Allora io mi misi tutt'occhi ad osservare, alla distanza di un metro appena dalla scena che cominciava, e fui testimonio del seguente dialogo seguito da un miracolo. D. Bosco incominciò:

” - Che cosa volete, mia buona donna?

” - Oh D. Bosco! Abbia compassione anche di me! Che mi dia una sua benedizione!

” - Di tutto cuore: ma avete fede nella Madonna?

” - Sì, sì, tanto!

” - Dunque, continuò D. Bosco, pregatela e vi farà la grazia.

” - Ah! preghi lei perchè è un santo; io non sono buona a pregar bene. ” - Bisogna che preghiamo tutti e due!

” - Bene; farà come dice!

” - Dunque inginocchiatevi!

” Ah D. Bosco! È tanto tempo che non posso più inginocchiarmi; ho le gambe quasi morte.

” - Non importa, inginocchiatevi!

” E quella donna per obbedire si appoggiava alle due grucce, per tentare se potesse strisciare su quelle fino a terra: ma D. Bosco, togliendogliele di sotto alle braccia e dalle mani, risolutamente disse:

” - Così no, così no... inginocchiatevi bene.

” Nella folla regnava un silenzio universale: non sì udiva un respiro: ed erano presenti seicento e più persone. La donna si trovò in ginocchio a terra, come per incanto, e piangendo diceva:

” - Ah! D. Bosco, e come ho da pregare?

” - Dite con me, le rispose D. Bosco, tre Ave Maria alla Vergine Ausiliatrice!

” E dopo aver recitato insieme le tre Ave Maria, senza che nessuno l'aiutasse, quella donna si levò su senza più sentire i dolori che da diversi anni l'opprimevano. D. Bosco le mise, sorridendo santamente, le due grucce sulle spalle e le disse: - Andate, mia buona donna, e amate sempre Maria Ausiliatrice! - Quella fortunata s'incamminò fra la turba verso casa, magnificando e ringraziando la Madonna e il suo benefattore. La gente, che fino allora aveva osservato un perfetto silenzio, scoppiò in un oh! prolungato di ammirazione e si precipitò su D. Bosco che ebbe da fare per lunga ora a benedire e consolare tutti: la vecchierella poi fu vista nel paese camminare allegra e scioltamente, avuto riguardo all'età, con un solo bastoncello. Mio fratello Luigi fu eziandio, testimonio del fatto ”.

Causa di tanto entusiasmo e slancio di fede fu la voce sparsa: essere il predicatore un prete santo. Al mattino Don Bosco era stato invitato a visitare una signora ammalata che da lungo tempo teneva il letto per un cancro. Dopo averla esortata a confidare in Maria Ausiliatrice, la benedisse, le fissò il domani per levarsi; il posdomani, che era Domenica, per uscire di casa e andare alla messa; e il termine del mese per venire a Torino a fare un'offerta di ringraziamento a Maria Ausiliatrice. Senonchè pochi minuti dopo che D. Bosco era uscito da quella stanza, l'inferma si sentì pienamente libera dal suo male, suonò il campanello, tutta la famiglia accorse, ed essa annunziava di essere guarita. Si alzò, uscì di casa, andò tosto nella chiesa parrocchiale a ringraziar la Madonna e, prima ancora che D. Bosco partisse, recossi con meraviglia di tutti a portargli la promessa obblazione, che fu di 3000 lire. Di ciò pure abbiamo testimonianza scritta del sig. Luigi Costamagna, il quale nota ancora:

“ Dopo questi fatti e qualche altro che per brevità tralasciamo, e dei quali fui sempre testimonio, dovendo Don Bosco nella sera stessa far ritorno all'Oratorio, trovò la strada affollata di gente che voleva vederlo e gli contrastava il passo; e nol lasciarono partire senza prima gettarsi a terra ed essere da lui ancora una volta tutti insieme

benedetti ”.

Nell'uscire dal paese il Venerabile pronunciava una parola profetica. La mugnaia, di cognome Allaria, gli presentò due sue figlie, una delle quali aveva 12 anni, ed era buona, tranquilla, semplice e molto divota; mentre l'altra di 14 anni, essendo di naturale vivacissimo, si presentava meno contegnosa ed anzi, almeno in apparenza, sbadata. La madre pose la più piccola alla destra di D. Bosco e la più grande alla sinistra perchè le benedicesse; ma con sua sorpresa il Servo di Dio fece tramutar l'una al luogo dell'altra e rivoltosi alla maggiore d'età: - Questa disse, si farà religiosa e giungerà ad una gran santità! - Era presente la giovanetta Orsola Camisassa che poi si aggregò alle Figlie di Maria Ausiliatrice, compagna alla più grandicella, che udì chiaramente quelle parole che fecero strabigliare tutti i presenti. E infatti la sua amica si fece religiosa fra le Giuseppine in Torino e, quando morì a Bra, la stessa Camisassa udì il Prevosto Appendini leggere la lettera del parroco che annunciava quella morte, ove si diceva: - Il suo morire fu consolantissimo,

Perchè la religiosa era giunta ad una gran santità. - Le stesse parole di D. Bosco.

D. Giacomo Costamagna, poi consecrato Vescovo, dopo averci confermato quanto sopra fu esposto, ci scriveva nel 1893. “ La sera del 3 maggio 1867, sul treno, ritornando a Torino, D. Bosco mi apriva il suo cuore e giubilava per tante grazie che il Signore gli faceva, specialmente con avergli donati giovani cooperatori, ornati di esimie doti. Nominava Durando, Francesia, Cagliero, Cerruti, Bonetti, Albera, Ghivarello, ecc. ecc. E diceva: - Questi è valente grammatico, l'altro letterato, uno musicista, l'altro scrittore, uno teologo, un altro santo, ecc. ecc. - Di certuni annunziava singolari abilità nelle quali poi si distinsero, ma che allora nessuno poteva intravedere. In questa enumerazione, giunto a D. Rua, così mi disse: - Guarda, Giacomo, se Dio mi dicesse: “ Preparati, che devi morire, e scegli un tuo successore perchè non voglio che l'Opera da te incominciata venga meno; chiedi per questo tuo successore quante grazie, virtù, doni e carismi, credi necessarii, perchè possa disimpegnare bene il suo ufficio, chè io tutti glieli darò… ” tacque e poi soggiunse: “ ti assicuro che non saprei che cosa domandare al Signore per questo scopo, perchè tutto quanto già lo vedo posseduto da D. Rua ”.

Da Torino, come diremo poi, D. Bosco portavasi a Saluggia, ove il parroco chiamavalo per consiglio in certe serie questioni che aveva con qualche parrocchiano, e ritornato nell'Oratorio scriveva al Cav. Oreglia, che era in viaggio alla volta di Roma, una lettera che giova leggere attentamente:

 

Carissimo Sig. Cavaliere,

 

Ho ricevuto le sue lettere ed ho subito dato esecuzione a quanto in esse contenevasi. Godo del suo viaggio; ho dato di sue notizie ai giovani che le accolsero con gioia ed applauso.

Le accludo qui alcune lettere per sua norma: sono da sigillare: le metto in una busta che porta il suo indirizzo.

L'affare delle Letture Cattoliche è finalmente ultimato nel senso indicato e ciò fu nel primo giorno del mese di maggio.

La mia sanità è abbastanza buona ad eccezione delle vertigini che mi si fanno con maggior frequenza sentire.

Il giovane Depaoli, suo antico allievo, è morto dopo una lunga paziente infermità con tutti i conforti della Religione, al principio di marzo. Fogliani Cipriano morì da santo, in sua patria, poco prima di Pasqua. Finino dopo Pasqua qui nell'Oratorio. Gladini morì in Lanzo il giorno dopo Pasqua. Tra pochi giorni le darò notizie di altri decessi, ma non tema per lei che non è ancor giunta l'ora sua.

I lavori della chiesa vanno avanti in un modo veramente sorprendente. Le meraviglie di Maria operate in tempo passato sono un nulla in confronto di quelle che succedettero dopo la sua partenza. Io non le posso scrivere perchè ci sono interessato. Godiamo, ma godiamo nella bontà del Signore.

Giunto in Roma fra le prime visite vada da D. Ruggeri Emilio, precettore di casa Grazioli. Si occupò molto della Lotteria, ci mandò un manoscritto per le Letture Cattoliche, di cui ne desidera un'edizione elegante. È persona pia, ma bisogna secondarla.

In questo momento ricevo lettere indirizzate al nostro novello Arcivescovo, in cui mi fu tentato il colpo di far mettere all'indice il Centenario di S. Pietro. Però la Congregazione dell'Indice si limitò a comandare alcune correzioni non specificate, ma per una futura edizione. Di questo io ne fui minacciato in Roma ed anche dopo la mia partenza, ed una persona molto amica ne diede la ragione principale: perchè in Roma ho avuto di preferenza molta famigliarità coi Gesuiti. Qui però prudenza somma e silenzio: io le manderò copia di ogni cosa e ciò servirà di norma al P. Oreglia.

Del resto noi qui stiamo bene: le tribolazioni della vita ci fanno pi√π presto desiderare il Paradiso. Fiat!

Non nomino, ma saluti amici e benefattori.

Tratti Mons. Manacorda con molta cortesia e benevolenza: egli ci ha fatto e ci fa molto bene.

Dio benedica Lei e le sue fatiche e mi creda nel Signore

Torino, 9 maggio 1867,

aff.mo amico

Sac. GIOVANNI Bosco.

 

Era dunque arrivata alla Curia di Torino comunicazione di quanto aveva deciso la S. Congregazione dell'Indice in merito al Centenario di S. Pietro, con il foglio delle osservavazioni del Consultore, da noi già trascritto. Ne fu data comunicazione a D. Bosco, ma non gli fu subito consegnato a quanto pare, il foglio delle osservazioni. Quando l'ebbe, tentò leggere la firma del Consultore, e non ci riuscì; fu D. Rua, che dopo lungo studio potè interpretare il nome del Can. Pio Delicati.

La lettera con cui era stato comunicato quel foglio era indirizzata al nuovo Arcivescovo, il quale per anco non era entrato in sede.

 

Eccellenza Reverendissima,

 

Deferito alla S. Congregazione dell'Indice l'opuscolo che ha per titolo: Il Centenario di S. Pietro, ecc. pel Sac. Giovanni Bosco, dopo maturo esame e previa discussione, il Sacro Consesso degli Eminentissimi Cardinali stima doversi adottare la seguente risoluzione: Scribendum Archiep. Taurin. ut praecipiat Auctori novam typis parare editionem in cuius praeloquio moneantur lectores auctorem retractasse quidquid censura dignum ab S. Concilio deprehensum est prout ex folio epistolae huic adnexo (Archiep. reservato) patebit. La quale da me riferita alla Santità di N. S. degnossi sotto il dì 12 spirante apporvi la sua sanzione sovrana, dopo di che a me incombe in ragion d'officio il comunicarla all'E. V. Rev.ma, affinchè prenda con pari sollecitudine e vigilanza le opportune determinazioni.

Colgo altresì il destro, presentandomisi l'opportunità, avvertirla che altre denunzie a questi dì ne pervennero intorno ad una pubblicazione periodica che vede costì la luce col titolo Letture Cattoliche ove incontransi, se non errori manifesti, per lo meno, tali parole o storielle da eccitare, anzichè la pubblica edificazione, le risa e le beffe in un secolo in cui la critica cotanto abusa per screditare la religione, segnatamente in fatto di opere ascetiche e mistiche. Non ha molto che fu condannata dalla S. Sede: La Vita di Gesù Cristo, stampata in Torino dagli eredi del defunto parroco Cuniberti con l'approvazione di cotesta Curia Ecclesiastica, ed io scrissi a cotesto Mons. Vicario Capitolare perchè si adoperasse a farne ritirare le copie e correggerne gli errori, ben comprende l'E. V. Rev.ma di quanta vigilanza ed accuratezza faccia mestieri nell'esaminare gli scritti di argomento religioso per non esporre all'insulto e alla derisione l'ecclesiastica autorità.

Co' sensi della pi√π alta stima e venerazione godo di rassegnarmele

Minerva-Roma, 29 aprile 1867.

Um.mo Dev.mo Servitore

Fr. ANGELO VINCENZO MODENA de' Pred.

Segretario dell'Indice.

 

Fu questo il risultato dei maneggi di chi aveva pensato di giungere a screditar Don Bosco, prendendo di mira le Letture Cattoliche.

Questi non tardò a recarsi presso il Canonico Zappata Vicario Capitolare, per consegnargli una copia della vita S. Pietro da lui richiesta, e il Vicario parlando delle Letture Cattoliche dicevagli:

- Ho letto varii di que' fascicoli! Non avrò la testa a posto, ma io non ci ho trovato nulla da ridire, nulla; tanto meno che sia meritevole di condanna!

Recò pure il suo libro al Can. Gastaldi, il quale lo esaminò e trovò, a suo parere, che pur ammettendo qualche possibile emendazione lo scritto non era incriminabile; quindi, senza punto venir meno del dovuto ossequio al disposto dalla S. Congregazione, lo consigliò a preparare una dichiarazione di difesa, la quale avrebbe potuto presentarsi, qualora la prudenza e l'invito della Suprema autorità lo avesse permesso. D. Bosco ne chiese licenza al Vicario Capitolare e avutala, prese a studiare il suo lavoro.

L'annunzio però dell'esposta ammonizione e la forma colla quale era redatta, fu un colpo ben doloroso per lui che aveva un cuore così sensibile; solo la sua virtù e la sua devozione al Vicario di Gesù Cristo e l'amor suo a Pio IX gli diedero forza di sopportarlo. Tuttavia, benchè abitualmente apparisse tranquillo e sereno, in certi momenti grande doveva essere il suo abbattimento. Quanti pensieri dolorosi, che non palesava, dovevano affacciarsi alla sua mente e confondersi in un serto di spine, legate coi dubbio: “ Se la cosa venisse a rendersi di pubblica ragione, o per indiscrete confidenze o per malignità di animo, sia a Roma che a Torino? ”

Gli pareva una macchia grave sul nome del fondatore di una Congregazione religiosa, e forse un impedimento a conseguire ulteriori approvazioni alla sua Pia Società, e que' privilegi che con tanta insistenza domandava. Poi, innanzi ai giovani non avrebbe potuto perdere una parte del suo prestigio, con danno delle anime e delle vocazioni? E la diffidenza non si sarebbe fatto strada anche nei soci Salesiani, dei quali alcuni erano continuamente sobillati con promesse lunsighiere, perchè entrassero nel Clero secolare? E quale discredito e scapito per le Letture Cattoliche! I Protestanti avrebbero esultato nel vedere spezzata un'arma formidabile che invano avevano tentato strappargli dalle mani. Ma sopratutto egli doveva esser ferito nella parte più sensibile del cuore, perchè accusato di non aver sostenuta l'Autorità Pontificia! accusato lui, che per il Papa avrebbe dato la vita piuttosto che recargli il minimo dispiacere!

Ma Iddio, se aveva permessa questa prova, non permise che al suo Servo ne venisse disdoro.

La lettera di Mons. Modena annunziante la decisione presa dalla Sacra Congregazione recava la data 29 aprile e il 14 maggio non ne era giunto alcun sentore neppure all'ufficio della Civiltà Cattolica. Padre Oreglia il 14 scriveva a D. Francesia, chiedendogli molte novelle importanti di Torino, e non faceva alcun cenno di ciò che era di somma angustia a D. Bosco.

“ La ringrazio affettuosamente della buona memoria che ha conservato di me e di noi …Sono confuso della loro bontà e carità, tanto più che avendo essi trovato in Roma tanta corrispondenza ai santi loro desideri e progetti, ed avendo io nulla fatto, hanno però voluto mostrare il loro buon cuore sotto forma di gratitudine....

” D. Cagliero farà bene a venire per la Canonizzazione. Se ha il donum petitionis che hanno i Santi di Casa D. Bosco, troverà una buona occasione. E poi non mancheranno musiche! E poi col viaggio gratis; insomma bisogna farlo venire .....

” E il Crotti? Bel trionfo per le elezioni de' cattivi! Certo fu atto eroico e mirabile: ed io nella mia miseria godo che quell'atto di coraggio sia venuto dal Piemonte, l'uomo vecchio non si spoglia mai affatto. Sono Italiano, ma Piemontese .....

” Il Vimercati lo vidi al Gesù il dì del B. Canisio. Passeggiava con un bastone, abbastanza bene.

” I miei ossequi a D. Bosco e un'Ave per me alla Madonna ”.

Il gesuita Padre Oreglia era in que' giorni entusiasta della condotta del Conte Crotti, sincero e coraggioso cattolico. Eletto a deputato, pronunziando il giuramento alla Camera aveva detto con voce chiara, limpida e a fronte alta: - Giuro di essere fedele al Re e allo Statuto, salve le leggi divine ed ecclesiastiche. - Invitato dal Presidente a giurare senza qualche restrizione o riserve non ammesse dallo Statuto, egli erasi nobilmente rifiutato, restando così escluso dal Parlamento.

Nell'Oratorio intanto gli esercizii spirituali erano incominciati la sera del 12 maggio, festa del Patrocinio di S. Giuseppe, e finivano il giorno 16. Anche i chierici e qualche prete, continuarono a prendervi qualche parte, quantunque avessero nell'autunno il loro regolare ritiro di una settimana, e il Servo di Dio da mane a sera attese alle confessioni; tanti erano i giovani che desideravano affidare a lui i segreti dell'anima.

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