D. Bonetti scrive al Cavaliere che gli ottenga un'indulgenza e una reliquia di S. Stanislao: Don Bosco è aspettato a Mirabello - Lettera di D. Francesia al Cavaliere: Don Bosco è andato a Milano: le sue preghiere guariscono un'inferma: altre meraviglie: teatro per gli esterni nell'Oratorio: i lavori nella nuova chiesa - Don Bosco al Cavaliere: gli dà commissioni: gli dice che la Pia Società è approvata dal Vescovo di Casale come diocesana: grazie strepitose della Madonna: prezzo delle medaglie di Maria Ausiliatrice: ha scritto per Vigna Pia - Va a Mirabello: predice il giorno nel quale un insegnante guarirà dal mal di gola - È a Casale per ringraziare il Vescovo del suo decreto - Aneddoti in ferrovia - Supplica il Ministro della Guerra per avere un sussidio - Visita il Collegio di Lanzo - Il Card. Corsi scrive a Don Bosco di essere egli pronto a fargli la Commendatizia: lo consiglia a chiederla alla maggior parte dei Vescovi del Piemonte e all'Arcivescovo di Fermo, molto influente in Roma - Importante documento circa la fondazione della Compagnia di S. Giuseppe - Influenza del sistema educativo di D. Bosco.
del 04 dicembre 2006
I Direttori erano ritornati alle loro case il giorno 4 febbraio e Don Bonetti, sempre pieno di fervore per il bene dei suoi alunni, da Mirabello scriveva al Cavaliere:
 
Mirabello, 7 - 2, 1868.
 
Signor Cavaliere,
 
La prego di mandarmi qualche bel regalo per me e per questi miei cari giovani. Se va a trovare il nostro amabilissimo Santo Padre,
gli dica come noi gli vogliamo tanto bene. Gli domandi qualche bella cosa per noi, per es. un'indulgenza che ci ponga nella dolce necessità di fare una bella festa ad onore di Lui che tanto amiamo. Quest'anno occorre il centenario di S. Stanislao. Io desidero di farlo celebrare molto bene da questi giovani, onde avere occasione di innamorarli delle sue virtù. Perciò V. S. mi farebbe un caro piacere di provvedermi una reliquia di questo amabile santino. Stiamo tutti bene. Temiamo che qualcuno di noi, secondo il sogno di Don Bosco, debba morire. Giovedì Don Bosco sarà qui .....
 
Sac. BONETTI.
 
Il sogno di Don Bosco pel 1868 era conosciuto, e siccome il ch. Mazzarello era morto a Lanzo, temevasi che simile sorte pendesse anche sul capo di qualcuno di Mirabello; cioè che il sogno non riguardasse i soli allievi dell'Oratorio. Nello stesso tempo a Mirabello si aspettava con viva ansietà l'arrivo di Don Bosco per avere la spiegazione delle strenne.
Egli però, tenuta la conferenza ai Salesiani, era andato a Milano e D. Francesia dava al Cavaliere qualche cenno di questo viaggio.
 
Torino, 14 febbraio 1868.
 
Carissimo sig. Cavaliere,
 
Don Bosco fu la settimana scorsa a Milano ove stette da lunedì fino al mercoledì. Ebbe alloggio all'Arcivescovado. Il suo fu un vero trionfo. Quel palazzo fu continuamente invaso dalla moltitudine. A ciò che dicono quelli di Milano, ha fatto stupire molti che un povero prete destasse adesso tanto entusiasmo. Ne avvenne poi una singolare.
Giovedì mattina, riposato appena dal lungo viaggio, Don Bosco ricevette un dispaccio dal sig. Guenzati, che raccomandavagli di celebrare una messa per una sua parente attempata e moltissimo inferma. Ebbene, all'indomani, nell'ora stessa in cui Don Bosco disse la santa Messa, la povera inferma si levava da letto, immagini con quanto piacere e stupore di tutti i parenti. Da un'altra persona per simile guarigione desiderata ed ottenuta quasi ipso facto, si ricevette 500 lire di elemosina per la prima rata.
Insomma, se io le avessi a raccontare tutte le belle meraviglie che si svolgono sotto i nostri occhi, io entrerei nell'uno e via uno e non la finirei pi√π. Il periodico La Vergine, piazza Poli, N.11, di Roma, ha pubblicato una mia lettera in cui si parla della guarigione veramente prodigiosa di Bonetti, giovanetto di Lanzo.
Della chiesa materiale spingiamo avanti i lavori, ma forse non potranno essere ultimati, che al mese di maggio, se non verso al fine e forse chi sa .....
Giovedì venturo (20 febbraio) daremo rappresentazione diurna per appagare il desiderio di tanti e tanti che erano stati esclusi dal nostro teatrino per mancanza di locale .....
 
Sac. FRANCESIA.
 
Don Bosco ritornato da Milano scriveva a Roma, esaltando la bontà di Maria Ausiliatrice.
 
Torino, 11 - 2 - 1868.
 
Carissimo sig. Cavaliere,
 
La principessa Borghese ha risposto picche per la chiesa. Finora la Duchessa di Sora non scrisse nulla per Don Molinari. Se non si prende una decisione, egli forse abbraccerà altro partito. Il conte Scotti offrì qualche cosa a Mons. Manacorda per la chiesa. Ho scritto un bigliettino anonimo a Mons. Berardi. Le cose della nostra società van prendendo buona piega; il Vescovo di Casale l'approvò definitivamente come Congregazione diocesana.
Ogni giorno cose una più strepitosa dell'altra di Maria Ausiliatrice per la chiesa. Ci vorrebbero volumi; ci parleremo poi di tutto. Quando verrà? Qui le medaglie secondo il modello datomi da lei costerebbero circa due centesimi l'una; non vi sarebbe più la spesa del porto ed il dazio.
I saluti di tutta la casa; riverisca la marchesa Villarios e le dica che si faccia buona e che preghi per noi. Noi per lei.
Dio benedica lei e le sue fatiche. Amen.
Ho scritto al Duca Salviati per Vigna Pia; credo che accetteremo; a noi conviene; vada a far visita; ascolti attento e mi scriva. Deo gratias!
 
Aff.mo amico
Sac. Bosco GIOV.
 
Il giorno 13 arrivava a Mirabello. Pensate quali accoglienze! Il Venerabile assicurò tutti che il sogno delle morti predette non riguardava pulito i giovani del Piccolo Seminario: e la spiegazione delle strenne e le confessioni lo tennero occupato dal mattino alla sera. I giovani erano entusiasmati o commossi per la concordanza delle sue parole collo stato
delle loro anime. Ed egli ricordando loro le glorie del collegio, i santi loro compagni defunti, invitavali ad imitare le virtù di Ernesto Saccardi, di Francesco Rapetti e di Giuseppe Allievo di anni 11, figlio dell'illustre professore di pedagogia, morto a Milano in età di 11 anni il 5 luglio del 1867, e del quale D. Bonetti aveva scritto e recitato un magnifico elogio funebre.
In quei giorni avvenne un fatto grazioso, di cui Don Giovanni Garino ci lasciò relazione:
“ Era l'anno 1868 ed io mi trovava nel Collegio di Mirabello Monferrato presso Casale, in qualità di professore di IV ginnasiale. Il mattino 3 febbraio, giorno di S. Biagio, mi recai come gli altri a farmi benedire la gola. Uscito di chiesa cominciai a sentirmi dolor di gola non tanto leggero; sicchè penava assai a trangugiare la saliva. Don Bosco giorni dopo si trovava a Mirabello, ed io presentatomi a lui con un mio compagno (credo sia Don Albera) questi disse a Don Bosco: - Signor Don Bosco, sa che S. Biagio ha fatto una bella grazia a Garino (era ancora chierico); andò a farsi benedire che non aveva mal di gola, e ne uscì col male! - Don Bosco, sorridendo, dissemi che me lo tenessi sino all'Annunziata (25 Marzo) . E così fu. Continuava alla meglio a far un po' di scuola, e con molto stento, quando il 25 marzo dello stesso anno, dopo pranzo, mentre mi tratteneva con alcuni miei scolari nel cortile, ecco che di un tratto mi sento libero pienamente dell'incommodo, che da S. Biagio in poi più non mi aveva lasciato.
” Allora mi ricordai delle parole di Don Bosco, e raccontai la cosa ai miei scolari, i quali, benchè già pieni d'ammirazione per Don Bosco, la concepirono dipoi sempre più grande ”.
Da Mirabello il Venerabile si recò a Casale, come aveva scritto alla Contessa Callori, e si portava a ringraziare il Vescovo che aveva approvata come diocesana la Pia Società di S. Francesco di Sales.
In questo viaggio gli accadde uno di que' lepidi incontri, de' quali abbiam fatto memoria altre volte. Si noti che nelle parti di Alessandria, Casale, Vercelli, Novara, si tengono grossi mercati, ai quali accorrono negozianti di bestiame, cereali, vini e di altri generi, gente molte volte materiale e sboccata. Don Bosco adunque si trovò in ferrovia, nello stesso scompartimento con un di costoro, che per aver letto libercoli e giornali empi credono poter combattere la religione col dire le più sciocche assurdità. Negano i miracoli di Gesù Cristo, spiegandoli a modo loro, dicendo ad esempio che con un po' di economia si poteva benissimo saziare da chiunque cinque mila persone con cinque pani e pochi pesci! Quel viaggiatore apparteneva proprio alla categoria di simili dottori. Difatti dopo alcune parole intorno a cose indifferenti, ammiccando al prete, fece cadere il discorso, com'era di moda, in materia di religione e da una cosa all'altra venne ai miracoli del Vangelo. Diceva che essi si possono spiegare naturalmente, e in prova, parlando del miracolo di S. Pietro che per comando di Gesù Cristo camminò sulle acque: - Che miracolo v'ha qui! esclamava. Omai si sa che le acque del Mar Morto sono tanto spesse che le navi non vi possono vogare; è dunque facile a un uomo il camminarvi sopra senza miracolo, poichè forse il bitume aveva là formato una crosta spessa che gli impediva di sommergersi.
Don Bosco, che fino allora aveva taciuto, gli diede uno sguardo di compassione, e lasciata da parte ogni altra risposta si limitò a dirgli:
 - Signore, ella prende un granchio a secco. Sappia che Gesù Cristo non si trovò mai co' suoi discepoli sul Mar Morto. Ella confonde il Mar Morto col Mare di Galilea, detto anche Mare di Tiberiade o Lago di Genezaret, che è lontano dall'altro circa 70 miglia!
A queste parole tutti i viaggiatori ruppero in una sonora risata e quel pover'uomo confuso e stizzito borbottò:
 - Io ho parlato come ho letto; ma, se è così, confesso di essere stato ingannato.
E Don Bosco:
- Mi permetta un'osservazione. Se invece di leggere certi libri coi quali si cerca di strappare la fede dal cuore del popolo, lei andasse ad ascoltare le spiegazioni del Vangelo dal suo parroco, non direbbe certi spropositi.
Altra volta il nostro buon Padre si trovò in faccia a un viaggiatore, il quale ad alta voce prese a difendere un prete stato punito, secondo lui, ingiustamente dal Vescovo, e soggiungeva: - Sono passati i tempi dell'Inquisizione: ora anche il prete è un libero cittadino; e chi ha dato il diritto al Vescovo di sospenderlo dalla messa?
Don Bosco lo interruppe e gli disse:
 - Sappia che il diritto al Vescovo glielo ha dato Gesù Cristo in persona; e se il Vescovo ha sospeso quel tale, avrà avuti i suoi motivi. E chi ha stabilito lei giudice dei successori degli Apostoli?
 - Ma mi han detto che quel Vescovo non è come gli altri, abusa del suo potere, è nemico della libertà.
 - In grazia, mi risponda: Il Vescovo ha tolto la messa a molti?
 - Non credo. Solamente a quel tale.
 - E sa dirmi il motivo per cui non la toglie agli altri?
Quegli non rispose più a tono, ingarbugliò qualche parola, e Don Bosco soggiunse:
 - Perchè tutti gli altri preti fanno il loro dovere!
E abbassando la voce, sicchè i vicini non l'udissero, continuò:
 - In quanto al suo protetto sappia che il Vescovo lo sospese perchè non è di que' preti che frequentano la chiesa, non va in confessionale, non sale mai sul pulpito. Se vuole trovarlo vada al caffè, lo vedrà con allegre compagnie; usa vestire abiti indegni di un ministro di Dio. Egli fu già avvisato molte volte dal suo Vescovo di mutar costume, ma non obbedì e fece peggio. Ed ella, signor mio, prende la difesa d'una tal persona? Ed ella acconsentirebbe che questo disgraziato salisse l'altare per offerirvi il divin Sacrifizio? Se così fosse, non aggiungerei più parola, poichè sarei certo di non parlare con un cattolico.
Quegli rimase silenzioso per qualche istante e poi ripigliò:
 - Ma io per verità non lo conosco quel prete ed ho solo udito, quanto ho detto, da varii miei amici.
 - E allora, concluse Don Bosco, vada più cauto nel parlare, specialmente contro i Prelati della Chiesa ai quali dobbiamo la massima riverenza. Sappia che essi conoscono il loro dovere più di noi, e lo fanno coscienziosamente.
Ritornato da Casale a Torino, con una santa insistenza, che Dio solo conosce quanti sacrifizi di amor proprio sovente richiedesse, Don Bosco scriveva a un addetto al Ministero della Guerra per ottenere sussidii a suoi allievi, che dallo stesso Ministero gli erano stati raccomandati. È sempre degna di nota la delicatezza di certe frasi.
 
Ill.mo Signore,
 
Le miserie ognora crescenti tra noi in quest'anno mi spingono a fare ricorso alla provata carità di V. S. Ill.ma, che ho già tante volte esperimentata. Il numero dei poveri giovanetti raccomandati da cotesto Ministero è alquanto cresciuto, ma quello che ci pone in vere strettezze è il caro dei viveri. L'anno scorso, quasi in quest'epoca, pagavamo il pane 30 centesimi il chilogramma, ora è quasi duplicato; lo stesso dobbiamo dire degli altri commestibili.
Per questo mi raccomando caldamente alla nota di lei bontà, affinchè si degni venire eziandio in quest'anno in aiuto di questi poveri giovanetti e di accordare quel maggior sussidio che a lei sarà beneviso.
Con questi giovanetti non mancherò di professarle la più sentita gratitudine ed invocare ogni giorno le benedizioni sopra di lei, mentre con pienezza di stima ho l'alto onore di potermi professare
Di V. S. Ill.ma
 
Torino, 15 febbraio 1868,
Obbl.mo Servitore
Sac. GIOVANNI Bosco.
 
Spedita questa supplica, nella settimana dopo la Domenica di sessagesima, si recava a far visita al Collegio di Lanzo, ove per tre giorni dedicavasi indefessamente al bene spirituale di que' suoi cari alunni. Tornato a Torino, riceveva questa risposta del Card. Corsi, Arcivescovo di Pisa.
 
M. R. Signore,
 
Conosco già da qualche anno il gran bene che opera in mezzo al popolo co' suoi Oratorii la Società di S. Francesco di Sales; e nel vederne i progressi non cesso di ringraziare il Signore che la benedice e la feconda, e di ammirare lo zelo di chi n'è fondatore e Capo e di tutti gli infaticabili Cooperatori. Quindi nulla vi può essere per me di più caro che il favorirla nel miglior modo che mi sia concesso; e per questo son pronto alla commendatizia che V. S. R. mi richiede col pregiato foglio del 10 corrente.
Crederei per altro molto conveniente ed opportuno che avanti della mia, V. S. provvedesse ed esibisse la Commendatizia, se non di tutti, almeno della più parte dei venerandi Prelati del Piemonte, non che quella dell'Em.mo sig. Cardinale Deangelis Arcivescovo di Fermo, la quale potrebb'essere di gran peso, stante che Sua Eminenza per la lunga sua dimora in Torino si presenta come giudice più competente e apprezzatore più autorevole del valore e del merito della medesima. È anche da osservarsi che il prefato Eminentissimo, dovendosi ora recare a Roma, potrebbe crescere colla sua presenza e colla sua influenza l'efficacia delle stesse sue lettere di raccomandazione.
Quando la cosa sia di questo modo iniziata, mi ripeta l'avviso, ed io non tarderò a secondare per la parte mia i santi di Lei desiderii.
Sono veramente lieto nell'apprendere che V. S. e i suoi nella loro carità non hanno dimenticato la mia pochezza, e che seguitano ad avermi presente nelle loro orazioni. Quanto maggiori sono i bisogni che mi stringono in questi tempi, tanto più vivo è il senso della gratitudine che le professo, nell'atto che con piacere e verace stima mi ripeto.
Di V. S. M. R.
 
20 febbraio 1868,
Aff.mo di tutto cuore
C. CORSI, Arciv. di Pisa.
 
Sig. Don Gio. Bosco - Torino.
 
Gli alunni studenti dell'Oratorio avevano intanto incominciato a santificare il mese di S. Giuseppe, il gran santo nel quale Don Bosco aveva una viva fiducia. Li emulavano gli artigiani, specie quelli che erano aggregati alla Compagnia
del Santo Patriarca, coll'osservanza delle regole di questa, approvata da Don Bosco, e con speciali pratiche di pietà.
Noi abbiamo riportate le regole suddette nel VI volume di queste Memorie a pag. 194: ma qui come documento storico crediamo opportuno di conservarne colla stampa il primo schema, da noi ritrovato nel 1912 e che si temeva perduto. Il ch. Giovanili Bonetti sul principio del 1859 lo aveva proposto ad un'eletta di giovani artigiani e, avuta la loro approvazione, lo presentava a Don Bosco.
 
 
REGOLE DELLA COMPAGNIA DI S. GIUSEPPE.
 
Noi Bonetti Giovanni, Imoda Ferdinando, Garzena Carlo, Giani Giovanni, Salvi Severino, Fassino Antonio, Lachi Luigi, Enria Pietro, Tos Luigi, Doglio Alessandro, Chiansello Bartolomeo, Bianco Agostino. Perona Giuseppe, Tosi Luigi, Cibrario Stefano, desiderosi di farci ognor più buoni e di animare col nostro buon esempio e colle parole i nostri compagni sulla strada della virtù, volentieri ci uniamo in questa pia Società per appagare facilmente questo nostro pio desiderio. Abbandonati intieramente nelle mani dell'amorosissima nostra Madre Maria SS., e del purissimo suo Sposo S. Giuseppe, nostro special Patrono, proponiamo di menare una vita del tutto esemplare. Siccome tutti siamo già ascritti alla Compagnia di S. Luigi Gonzaga, così avremo per principal scopo l'esatta osservanza delle regole di questa Compagnia, che sono le seguenti:
1° Evitare tutto ciò che può recare scandalo, procurare di dare buon esempio in ogni luogo, ma specialmente in chiesa.
2° Ogni quindici giorni accostarsi ai SS. Sacramenti della Confessione e Comunione ed anche con maggior frequenza, sopratutto nelle maggiori solennità dell'anno.
3° Fuggire come la peste i cattivi compagni, e guardarsi bene dal far discorsi osceni.
4° Usare somma carità coi compagni perdonando facilmente a qualunque offesa.
5° Grande impegno per il buon andamento dell'Oratorio, animando gli altri alla virtù colle parole, ed a farsi ascrivere alla Compagnia.
6° Quando un Confratello si troverà infermo, ciascuno si farà premura di pregare per lui e anche aiutarlo nelle cose temporali nel modo possibile.
7° Mostrare grande amore al lavoro ed all'adempimento dei proprii doveri prestando esatta ubbidienza a tutte le persone superiori.
Oltre le suddette regole adotteremo ancora le seguenti:
1° Non si riceverà alcuno nella Compagnia, senza che sia già ascritto a quella di S. Luigi.
2° Veduto che un compagno tiene una buona condotta nell'Oratorio sarà proposto alla conferenza. Se alcuno non avrà cosa da osservare in contrario, gli si farà la proposta. Se accetterà, gli si daranno, a leggere le regole, oppure ne sarà a puntino informato dal Presidente .e da alcun altro confratello. Quindici giorni dopo verrà presentato alla conferenza.
3° La domenica che segue la presentazione di qualche nuovo confratello, tutti faranno la santa Comunione per lui, pregando il Signore che gli dia la grazia di essere un buono ed esemplare confratello.
4° Ogni settimana sceglieremo un quarto d'ora per adunarci insieme. Si invocherà al principio lo Spirito Santo col Veni, ecc. con la giaculatoria Sancte Joseph, ora pro nobis. Fatta una breve lettura spirituale, si tratterranno quelle cose che crederemo di maggior gloria di Dio, più vantaggiose all'anima nostra e a quella dei nostri compagni. Si scioglierà la conferenza coll'Agimus e con la giaculatoria “ Gesù, Giuseppe e Maria, io vi dono il cuore e l'anima mia ”.
5° All'ora stabilita ci recheremo con sollecitudine al luogo destinato per la conferenza, abbandonando di cuore per amore di Maria SS. quel poco di ricreazione, cui Ella sicuramente accetterà come un grazioso omaggio di noi suoi cari figli. Se alcuno per qualche accidente non vi potrà intervenire, sarà dal Presidente, o da un confratello, reso informato di quello che si trattò nella conferenza.
6° Non tralasceremo mai alcuna pratica di pietà per qualunque diceria o burla che ci venisse fatta da cattivi compagni, ma contenti di far cosa piacevole a Dio ed ai nostri superiori proseguiremo costanti sulla strada del bene.
7° All'ora delle funzioni, suonato il campanello, senza più oltre fermarci, ci porteremo in chiesa, traendo con bella grazia con noi quelli che si trovassero insieme.
8° In chiesa procuriamo di metterci fra mezzo coloro che parlano o stanno divagati, affinchè essi pure dal nostro modesto contegno siano animati al raccoglimento ed alla preghiera. Ci faremo poi un grande studio di non uscir mai di chiesa eccetto che siamo costretti da grande necessità.
9° Ogni prima domenica del mese ci accosteremo ai SS. Sacramenti per ottenere la conversione di quei nostri compagni che fossero per disgrazia in peccato mortale.
10° Sul lavoro o in conversazione, presentandosi propizia occasione con un buon consiglio o con un atto di disapprovazione di impedire qualche peccato, non la lasceremo sfuggire.
11° Vedendo o sapendo che alcuno dei confratelli mancò gravemente contro alcuna delle nostre regole, privatamente lo avviseremo con grande carità; e ciò faremo vicendevolmente.
12° Accetteremo con sommissione ed umiltà quegli avvisi che ci verranno dati da alcuno dei confratelli non dimostrando mai il minimo dispiacere con colui che ci avvisa.
13° Non ci faremo mai a disprezzare alcuno dei nostri compagni, e tanto meno a lanciargli contro parole improprie od offensive. Insomma schiveremo fra noi ogni contesa in cui ci potessimo offendere l'un l'altro, riguardandoci tutti come veri fratelli.
14° Finalmente, siccome vogliamo col nostro buon esempio servire di specchio e di modello a tutti i nostri compagni, così osserveremo con tutta esattezza le regole della casa, non dando mai segno di disapprovare quello che ordinassero i superiori, fissandoci bene in mente che tutto quello che essi ci comandano o ci proibiscono è per nostro bene.
Di tutto cuore preghiamo il nostro Direttore di esaminare queste regole e di togliere o di aggiungere quello che gli parrà bene.
Tutto sia a maggior gloria di Dio.
Quanta sapienza pedagogica è riflessa in questo semplicissimo regolamento. Pare dettato da Don Bosco medesimo!
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