Infermità nell'Oratorio - Mirabili guarigioni dal male agli occhi - Vocazione non corrisposta - Si fa il ritratto a D. Bosco: varii incidenti - Sogno: i due pini - Due promesse per frutto del mese di Maria - Accettazione di nuovi socii nella Pia Società - La Pioggia promessa e preghiere per la preservazione della grandine - Letture Cattoliche - Replica della commedia latina - Una prima messa - La Chiusa del mese di Maria ed una confessione ben falla.
del 30 novembre 2006
 Le conseguenze della caduta del fulmine, gli avvenimenti che accompagnarono la costruzione del nuovo edifizio, ci hanno alquanto sviati da quell'ordine che ci siamo prefisso, e che segue la serie dei fatti secondo la loro sucessione. Ed ora ritorneremo in carreggiata.
Le malattie annunziate da D. Bosco il 7 marzo di quest'anno succedevansi nell'Oratorio. Due di queste, come abbiamo già raccontato erano state mortali e “ il 17 maggio, notò D. Ruffino, recavasi il santo Viatico a certo Pavesi ridotto ormai agli estremi. Questo giovane però, essendo molto robusto, potè riaversi e dopo lunga convalescenza guariva perfettamente.
” Ma ecco sul finir di maggio comparire nella casa un noioso male d'occhi, del quale nel giugno vennero afflitti molti giovani, continuando la maligna influenza anche nel mese di luglio. D. Bosco studiossi allora di preparare egli stesso una medicina, per la quale in tre giorni era certa la guarigione. Ma l'essenziale di questo rimedio stava nel modo di usarlo. Alla sera l'infermo doveva bagnarsene gli occhi, dicendo: - Santa Maria, pregate per me!
” Cosa mirabile! Sul principio che D. Bosco prese a far adoperare questo suo farmaco, alcune volte suggeriva al giovane di dire con figliale confidenza: - Santa Maria, pregate per me, e subito. - Ed ecco all'istante si vedevano gli occhi dell'ammalato lagrimare fuor di misura; ed in meno di un quarto d'ora erano puliti e risanati. Ora però (ai primi di luglio) non suggerisce che si chieda la guarigione subitanea e generalmente in tre giorni gli infermi restano liberi. Di questo fatto sono anch'io testimonio e D. Bosco mi confermò la cosa; ed era per tutti evidente che la celeste Madre provvedeva alla sanità corporale de' suoi figli ”.
Lo stesso D. Bosco era soggetto a continui e non leggeri incomodi e gli si aggiunse il male agli occhi. Egli però per questo non volle usare del medicamento che suggeriva agli altri, poichè accettava quel fastidio dalla mano di Dio come esercizio di penitenza, rimettendosi al suo beneplacito.
Di questa sua infermità ne abbiamo, anche riprova dalle sue stesse parole riferite dalla Cronaca: “ D. Bosco una sera di giugno diceva ai chierici: - Io era nella mia camera e pel male agli occhi non poteva lavorare, onde restai addormentato. Intanto mi parve di vedere innanzi a me un chierico, il quale mi disse: - Io voglio deporre la veste clericale.
” Io gli risposi: - Questo voleva già dirtelo io stesso; tuttavia prima di farlo prega il Signore affinchè ti manifesti la sua volontà.
” Mi parve che il chierico uscisse di mia camera e intanto mi riscossi da quel sopore. Questo chierico non è di coloro che furono nella casa, ma è uno di quei che vi sono.
” Il chierico intese benissimo quell'avviso che lo riguardava, e incominciò con serietà a pensare a suoi casi”.
Riferimmo più sopra come i chierici avessero cercato in mille guise a far prendere il ritratto a D. Bosco, ma inutilmente. Ora leggiamo in D. Ruffino. “Oggi 19 maggio, giorno di Pentecoste, Serra Francesco, figlio dell'Oratorio, pigliò il ritratto a D. Bosco per mezzo dell'apparato Daquerotipo. Primieramente lo ritrattò da solo, e poi coi giovani Jarach, Costanzo, Fabre, Bracco e Albera e in ultimo con 50 e più alunni. Due giorni dopo lo ritrasse ancora in atto di confessare: i penitenti più vicini erano Reano, Albera e Viale; molti altri stavano più indietro in atto di prepararsi.
” D. Bosco non aveva acconsentito se non dopo molte e moltissime istanze di Serra.
” Tali ritratti però furono esclusivamente destinati per l'Oratorio e D. Bosco non volle che fossero riprodotti. Bellisio li copiò colla matita ”.
Ma questo fatto era stato accompagnato da certe particolarità  che lo resero ameno, sorprendente e diedero materia di ragionamento e di ricreazione ai giovani.
Lasciò scritto D. Bonetti: “ Mi si affermò che, malgrado ogni istanza, D. Bosco non voleva scendere di camera per tal fine. Laonde un giovane anziano della casa, il Chierico Cagliero Giovanni, si inginocchiò a' suoi piedi, pregandolo a nome di tutti i giovani a far loro questo piacere,chè sarebbe stato per noi un rammarico grande, venendo egli a mancare, non averne il ritratto. Prima però che si mettesse in posa, D. Bosco, rivolto a Serra, così gli disse: - Sappi che sono tre o quattro volte che io dietro le molte istanze anzi preghiere di alcune famiglie di Torino, mi sono lasciato indurre a farmi prendere il ritratto; ma nessuno finora riuscì. Ultimamente sono andato con alcuni giovani dal miglior litografo di Torino, il Sig. Dubois. Fece quanto seppe l'artista, si provarono i suoi garzoni, ma fu un tentativo inutile. Erano tutti fuori di sè e dicevano che a loro non era mai accaduto un fatto simile. Io rideva e diceva: - Vedano se vogliono prendere il mio ritratto vadano a fare una buona confessione, poi vengano e me lo potranno prendere. -Eglino credevano che dicessi questo per facezia e ridevano, ma intanto dopo aver passato più di un'ora in esperimenti, furono costretti a lasciarmi venir via senza avermi potuto ritrattare. Ora lo stesso io dirò a te: se sei in grazia di Dio, bene; va pure avanti; altrimenti lascia pure tutto perchè perderemo solamente il tempo.
” Serra si mette all'opera e lo ritratta una volta, ma non riuscì molto bene, glielo prese una seconda volta e una terza volta e il lavoro riuscì ottimamente. Allora tutti i giovani si misero a gridare: - Serra è in grazia di Dio! Serra è in grazia di Dio!
” Quando si prese il ritratto a D. Bosco in mezzo ad un gran numero di giovani egli disse: - Coloro che non hanno la coscienza ben pulita non si mettano innanzi all'obbiettivo; riusciranno brutti! ”
Così D. Bosco anche faceziando aveva di mira di imprimer bene bene nella mente de' suoi giovani, quale sventura sia l'essere in disgrazia di Dio, che rende l'anima, pur in corpo fornito di belle doti esterne, brutta, deforme.
“ Intanto, scrisse D. Ruffino, ei ci raccontò in poche parole il seguente sogno: - Mi pareva di trovarmi, disse, a Castelnuovo in mezzo ai prati con alcuni giovani e stavamo là aspettando alcuna cosa da offrire per la festa onomastica di Pio IX; quand'ecco noi vedemmo in aria venire dalla parte di Buttigliera un gran pino. La sua grossezza eguagliava quella di due isole di Torino insieme unite ed era di un'altezza straordinaria.
Egli veniva orizzontalmente verso di noi; poi si rizzò, verticalmente, oscillò, e parve che fosse per piombarci addosso. Spaventati noi volemmo fuggire e facevamo gran segni di croce, allorchè un vento soppraggiunto impetuosamente lo sciolse in un temporale, con lampi, tuoni, fulmini e grandine.
Poco dopo ecco un altro pino di grossezza minore del primo avanzarsi dalla parte stessa. Egli venne fin sopra noi; poi sempre orizzontalmente si vedea discendere. Noi fuggimmo per tema di essere schiacciati e facevamo segni di croce. Il pino discese fin presso terra, ma se ne stava ancora sospeso in aria; solo i rami incominciavano a toccare il suolo. Mentre eravamo così ad osservarlo ecco un venticello che lo discioglie in pioggia. Noi non sapevamo il significato di quel fenomeno e stavamo domandandoci a vicenda: - Che cosa vorrà dire?
Quando uno (che io so ancora chi é) disse: - Haec est pluvia quam dabit Deus tempore suo.
Un altro poi (che non so pi√π chi fosse) soggiunse:
Hic est pinus ad ornandum locum habilitationis meae. - Mi citò il luogo della Sacra Scrittura, ove si legge questo versicolo, ma più non lo ricordo.
Io credo che quel primo pino significasse le persecuzioni, le tempeste che cadono sopra coloro che sono fedeli alla Chiesa.
Il secondo significa la Chiesa stessa che sarà una pioggia benefica e feconda per quei che le si serberanno fedeli. - Così D. Bosco ”.
Ei non aggiunse, a quello che ci consta, altre spiegazioni, e noi non indagheremo se il sogno non accenni per caso a qualche altro senso. Limitiamoci pertanto ad un confronto. Il pino colossale il cui tronco non ha meno di 100 metri di diametro che sollevasi ritto nel mezzo della terra non ha riscontro coll'albero visto da Nabuchodonosor e descritto dal profeta Daniele la cui altezza toccava il cielo e ricco di rami verdeggianti sì da parere in lontananza simile ad una foresta? Non è simbolo di potenza stragrande, di superba sfida e ribellione contro Dio, e minaccia di sterminio a suoi servi? Questo però scompare dalla terra colpito dall'ira del Signore: un vento ardente impetuoso fa seccare, i suoi rami, lo avvolge la tempesta, e si dilegua divorato dal fuoco.
Il secondo pino esso pure alto e robusto, ma di grandezza inferiore al primo, rappresentava forse non tanto la Chiesa in generale, quanto una qualche parte eletta di essa come sarebbe una congregazione religiosa per es. la Pia Società di S. Francesco di Sales. Ciò sembra indicare il luogo ove appare quello spettacolo; lo stare il pino orizzontalmente e non verticalmente simbolo della necessaria umiltà; il versicolo 13 del Capo sessanta d'Isaia: Gloria Libani ad le veniet, abies et buxus et pinus simul, ad ornandum locum sanctificazionis meae; et locum pedum meorum glorificabo.
Ricchi adunque di fatti sorprendenti succedevansi i giorni del mese di maggio e il sogno della ruota svegliava nel cuori nuove decisioni e vocazioni. “ Perciò il giorno 20 Don Bosco scrive D. Ruffino, disse dopo le orazioni della sera: - Gradirci molto che ciascuno dei giovani per frutto del mese di Maria prendesse la risoluzione di promettere due cose: una a Dio e l'altra a me, scrivendo queste promesse su di un bigliettino col proprio nome e consegnandomelo. Io farò lo stesso: prometterò una cosa a Dio, e ve la dirò: ne prometterò eziandio una a voi: ad alcuni la dirò in particolare, ad altri in generale. Ciò che vi dico non è un comando chi non lo vuol fare non è obbligato, ma se lo fate procurerete a me un grande piacere ”.
E andava crescendo il numero di coloro che generosamente si prestarono per alcuni anni a cooperare con Don Bosco al bene dell'Oratorio e della giovent√π. Leggiamo nei verbali del Capitolo.
Il 21 maggio 1861, nella camera di D. Bosco si radunò il Capitolo per l'accettazione di due membri: D. Ciattino Giovanni di Portacomarro, parroco di Maretto nella Diocesi d'Asti già stato proposto nella seduta del 12 maggio e Tresso Antonio di Francesco di Front. D. Ciattino ebbe i pieni voti; fu però accettato come terziario (che oggi giorno chiameremo cooperatore), non potendo subito presentarsi nella Società. Tresso ebbe solo un voto negativo.
Li 3 giugno 1861 radunatosi il Capitolo della Società di S. Francesco di Sales dopo l'invocazione e breve preghiera allo Spirito Santo si fece l'accettazione dei tre seguenti membri: Costanzo R. di Busca figlio di Giuseppe, Parigi Domenico di Chieri figlio di Ottavio, Rebuffo Francesco di Genova del fu Giacomo. I due primi, Costanzo e Parigi, ottennero i pieni voti; il terzo, Rebuffo, ebbe un voto negativo. Perciò furono tutti ammessi alla pratica delle regole.
Parigi contava sedici anni, gli altri due quindici.
” Lo stesso giorno che il santo prete D. Ciattino era accettato nella Pia Società, si trovava nell'Oratorio l'amico suo il Teologo Barbero, parroco di Villa San Secondo. Egli diceva a D. Bosco: - Vi è siccità nelle nostre campagne. Abbiamo bisogno che ella faccia piovere un poco.
- Vada a casa, rispose D. Bosco, faccia fare una novena; al mattino si reciti qualche preghiera, si presti qualche atto d'ossequio e di adorazione al SS. Sacramento; alla sera raduni la gente a qualche pratica di pietà in onore di Maria SS. Inviti il popolo e dica così: - Facciamo questa novena: voglio che facciamo fare un fiasco a D. Bosco che ha promessa la pioggia. - Ciò lo dica ridendo; ma dica poi sul serio che almeno per questa novena non commettano peccati.
- Oh come fare ad ottener questo? Come fare a conoscere se la gente ha osservato il suo consiglio? Sembrerà che questo sia un sotterfugio: Saranno 200 che si astengono dal peccato; e per alcuni dovranno poi soffrirne tutti?
- Pure il commettere peccato è un rigettare apertamente il beneficio, è un negare di averlo ricevuto.
- Ebbene farò quel che mi dice; ma se poi non pioverà, almeno lei verrà a dirci per cagione di chi non ha piovuto.
- Si, si verrò io a fiutare e troverò i peccatori.
” La novena si incominciò appena il parroco fu di ritorno al paese, che l'aperse con un discorso intorno a quanto avevagli detto D. Bosco. La pioggia cadeva prima che la novena fosse finita.
” D. Bosco nell'autunno doveva recarsi coi giovani a Villa San Secondo ”.
Così attesta Ruffino, il quale aggiunge: “D. Bosco, qualche giorno prima della venuta di D. Barbero, aveva raccomandato ad un suo amico, che andava alla borgata dei Becchi: - Dite a quegli abitanti che preghino di cuore Maria, che si radunino tutte le sere a recitare il Rosario, altrimenti avranno e presto un gran guasto dalla tempesta ”.
E i borghigiani pregarono la Vergine conoscendo a prova l'importanza di simili avvisi, mentre D. Bosco incominciava a rendere popolare il titolo di quella che fu detta la sua Madonna. Nell'almanacco del Galantuomo pel 1860 aveva notato per la prima volta: - 24 maggio: B. V. Ausiliatrice. E in quello del 1861 per lo stesso giorno: La Santissima Vergine col titolo ben meritato: Ausiliatrice dei Cristiani, Auxilium Christianorum!
A questo modo le Letture Cattoliche, le quali erano destinate a celebrare le glorie e le grazie di Maria SS. aiuto dei Cristiani, ebbero il vanto di prevenire tutti gli almanacchi popolari nell'indicare senza più smettere, ai loro associati (e lettori, il giorno fisso, per tale solenne ricorrenza. Pel mese di giugno, portavano il fascicolo stampato da Paravia: Vittorina ed Eugenia, ovvero la cortesia e la carità. In questo semplice racconto si dimostra come la cortesia, verso tutti, senza eccezione, debba essere una conseguenza della carità nelle azioni esterne, agli uomini raccomandata e prescritta dallo Spirito Santo nelle Divine Scritture. In fine si leggono alcuni aneddoti sulla vita di Fio IX.
Intanto con una rappresentazione drammatica e feste religiose si rallegravano gli ultimi giorni di maggio. “ Il 23 maggio, continua a narrare D. Ruffino, si recitava per la seconda volta la commedia latina intitolata Minerval con un altro invito scritto dal Padre Palumbo. che venne spedito ai benefattori.
 
Sacerdos Bosco Equiti ampl. Xaverio Provana in Domino S.
 
Minerval quod placuit, refertur denuo
Multorum oratu. Dabitur mensis hujus
Die vigesima tertia, a prandio,
Ad aedem Sancti Francisci nomine dictam,
Secunda hora. Schedula haec erit tibi tessera,
Quam ostendes, ut fiat spectandi copia.
Quum expectarem paucos, venére plurimi:
Nunc plurimos expecto: ne faxis sient
Pauci. Si primum interfuisti, pervelim
Te iterum adesse: hinc tibi placuisse fabulam
Intelligam. Sin abfuisti, te rogo
Ut nunc saltem adsies, Te ergo expecto
Vale.
Augustae Taurinorum XIII Calendas Junii anno MDCCCLXI.
 
“Il 26 maggio D. Turchi Giovanni celebrò la prima messa che fu cantata in musica. Dopo il pranzo ci fu lettura di qualche componimento e l'offerta di un mazzo di fiori al nuovo sacerdote. Cantati i vespri e terminate le altre funzioni sul far della sera, vi furono musiche, ovazioni, fuochi d'artifizio e palloni volanti.
” La chiusura solenne del mese di Maria, recò pure le sue Consolazioni. Il giovane Bo……. raccontò ad un suo amico prete uno di quei fatti ormai quotidiani nell'Oratorio, avvenuto a lui stesso e il prete lo riferiva al Ch. Ruffino.
” D. Bosco aveva preso a parte quel giovanotto e gli domandava: - Sei andato a confessarti?
- Sissignore: dal tale sacerdote.
- Ti ha data l'assoluzione?
- Sì!
- Possibile? Non può essere che tu l'abbia ricevuta. - Sì, me l'ha data. Perchè mi fa questa domanda? - Perchè non hai confessato tutto.
- Io ho confessato tutto.
- E se io ti dico di no?
- Vuol saperlo meglio di me?
- Io non voglio saperlo meglio di te, ma so che non hai confessato tutto: per es. questa e quell'altra cosa non è vero che non l'hai confessata?
- Oh io non oso confessare quelle cose. - E se ne partì brontolando: - D. Bosco sa sempre tutto.
” D. Bosco però non lo perdette d'occhio e un giorno presolo di bel nuovo a parte, gli disse: - Orsù, voglio aggiustare la tua coscienza.
- Ma io non oso confessarmi da lei!
- Ed io non voglio che tu ti confessi; confesserò io a te i tuoi peccati, senza che tu abbia da parlare. - E così fece egli mise innanzi con ogni particolarità tutto ciò che non aveva mai confessato. Il giovane non ebbe che da dire un si per essere assolto e, come D. Bosco ebbe terminato, fu così contento quel poveretto, quanto non era mai stato in vita sua; ed ora è uno degli alunni più allegri e gioviali ”.
 
 
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