Capitolo 72

Chiusa del primo corso degli esercizi a Lanzo - La fede di Don Bosco nella potenza della preghiera, rivolta a Gesù Sacramentato - Fatto prodigioso in Soriano di Calabria - Secondo corso di esercizi a Lanzo - Don Bosco scrive al Comm. Dupraz del temporale che si avanza e del sereno che succederà - Come Don Bosco accogliesse questa notizia - Avvisi ai Salesiani riguardo al modo di trattare coi giovani: non si scriva ai parenti il motivo pel quale un allievo non può essere più tenuto in collegio - Presa di Roma Don Bosco scrive al Conte di Viancino per comprare la casetta Coriasso - Avvisa la Contessa Callori che fra due giorni arriverà a Vignale - Il Papa non lascia Roma per consiglio di Don Bosco; questi gli manda uno speciale inviato - Lettera del Venerabile a Don Rua - Non ha luogo quest'anno la lunga passeggiata ai Becchi, dove vanno solo alcuni giovani per le funzioni nella cappella - Don Bosco a Bricherasio - Area nella quale egli vuole edificare la chiesa di S. Giovanni Evangelista e un Ospizio - Appello per questa costruzione: l'Arcivescovo di Torino la raccomanda ai fedeli - Muore Mons. Riccardi.

Capitolo 72

da Memorie Biografiche

del 07 dicembre 2006

 A Lanzo, il 16 settembre, otto confratelli emettevano i voti triennali e tre i perpetui; tra essi Don Giuseppe Vagnano. Uno dei testimoni di queste professioni religiose era il Sac. Giuseppe Lazzero,

che li aveva emessi a Torino il 16 gennaio. Il giorno dopo si cantava il solenne Te Deum, preceduto dalla solita rinnovazione dei voti.

Don Bosco, qualche tempo prima, un sabato sera dopo le confessioni dei giovani e la cena, aveva ripetuto nella sua anticamera ad alcuni dei nostri, fra cui D. Gioachino Berto:

 - Se in questi giorni tutti i Romani si mettessero d'accordo nel fare ogni giorno una visita a Gesù in Sacramento, Roma resterebbe al Papa.

Il Venerabile sapeva chiaramente ciò che sarebbe successo; ma, uomo di Dio, non trascurava alcun mezzo diretto a confermare i suoi nell'efficacia della preghiera rivolta a Gesù Sacramentato.

Intanto, per ordine di Re Vittorio Emanuele, cinque divisioni in pieno assetto di guerra entravano in territorio papale per combattere 8000 pontificii: e mentre il generale Nino Bixio si avanzava sotto Civitavecchia, bloccata dalla flotta, il colonnello Serra, comandante la fortezza, non cercava neppure d'iniziare la resistenza. Era il 15 settembre 1870.

In questo giorno avveniva un miracolo strepitoso a Soriano, del quale il Venerabile conservò la relazione che ne fece ai suoi religiosi il rev.mo Padre Vincenzo Jandel, Generale dell'Ordine dei Predicatori, grande amico ed ammiratore di Don Bosco. Essa apparve nella Buona Settimana, periodico religioso popolare di Torino, a pag. 16 del 1° numero del 1871.

Il foglio, che noi conserviamo, porta in margine questa postilla del Venerabile: Intorno al prodigioso avvenimento di Soriano, questo è il racconto.

Memori delle divine parole, con cui lo Spirito Santo ci avvisa, che le opere di Dio hanno a promulgarsi, perchè rendongli onore (Tob. C. 12), era Nostro desiderio sin dallo scorso settembre parteciparvi un prodigioso avvenimento, con cui Dio volle ancora una volta illuminare il famoso Santuario del nostro santo Patriarca in Soriano di Calabria. Ma in consimili eventi non essendo prudente consiglio il prestar piena fede alle prime voci diffuse dalla fama, che spesso illude o travede, abbiamo differito sino a che il Pastore di quella diocesi avesse, dietro nostra preghiera, fatto procedere ad una regolare inchiesta, la quale in questi giorni ci venne da Lui stesso per mezzo del P. Provinciale di Calabria trasmessa, e della quale ci affrettiamo a comunicarvi il risultato.

A voi tutti è ben noto il Santuario di Soriano dedicato al Padre S. Domenico, la di cui antica immagine, sia per l'origine che le viene attribuita, sia per le grazie che del continuo si ottengono, riscuote la più alta venerazione non solo di quella provincia, ma eziandio delle vicine e lontane. Il giorno 15 settembre, che in tutto l'Ordine è sacro alla commemorazione di quella immagine, quivi si festeggia con maggiore solennità, la quale è terminata da divota processione con una Statua scolpita in legno di naturale grandezza. Ora in quest'anno, essendo esposta alla pubblica venerazione al lato sinistro dell'altare la predetta statua, mentre compiute le sacre funzioni circa trenta persone poco prima del mezzogiorno oravano, d'improvviso si vide il sacro Simulacro, come se vivo fosse muoversi all'innanzi, quindi retrocedere, alzare e poi deporre il braccio destro e corrugando la fronte accompagnare questi moti con isguardi, or severi e minacciosi verso gli astanti, ora mesti ed ora dolci e riverenti quando verso la Vergine del SS. Rosario volgevali, a quella guisa, come ci vien riferito, che gli evangelici banditori adoprano dal sacro pergamo.

Quali si rimanessero a tal vista le persone che oravano, non si potrà di leggieri immaginare o concepire: il timore e la maraviglia quinci e quindi succedendosi dentro di loro, le rese attonite e vacillanti, cosicchè sulle prime non prestarono fede a' loro medesimi occhi. Ma poichè dal vicendevole ed unanime consenso si avvidero non essere illusione, ma realtà, risuonò altamente la chiesa di voci che gridavano: S. Domenico! S. Domenico! Miracolo! Miracolo! nè altro poteano o sapean pronunciare.

Il prodigioso avvenimento, com'era ben naturale, colla rapidità del lampo si diffuse, ed in men che non si dice, l'intiera popolazione, abbandonata ogni domestica facenda, trasse in folla al Santuario, cosicchè ben due mila persone poterono essere spettatrici del prodigioso movimento del santo Simulacro, che perdurò lo spazio di un'ora e mezza circa: intanto tra i presenti ed i sopravegnenti moltiplicavansi le preghiere, le lacrime, le acclamazioni, le maraviglie.

E quantunque sì gran numero di spettatori, che ad una voce constatavano il prodigio, togliesse ogni sospetto d'inganno, o di frode, nondimeno si volle soddisfare chi o per prudente dubitazione o per spirito d'incredulità non ne fosse pienamente convinto: e ciò tornò a maggior conferma, ed evidenza del prodigio, dissipando così ogni ombra che poscia avrebbe potuto offuscarlo.

È questo... il prodigioso avvenimento, del quale prima ci pervennero

da private lettere unanimi ragguagli, oggi confermati dal M. R. Vicario Foraneo di Soriano, il quale per ordine di S. E. Mons. Vescovo di Mileto ne distese autentica relazione sottoscritta con giuramento da trenta testimoni oculari scelti tra le persone più capaci ed oneste del paese, sebbene innumerevoli altri, come ivi si dice, avessero attestato la verità del prodigioso movimento...

 

Don Bosco il 19 settembre si recava a Lanzo per cominciar il secondo corso di esercizi spirituali. Da Roma non giungevano pi√π lettere e il telegrafo non trasmetteva pi√π notizie ai privati, ma il pensiero di Don Bosco era rivolto alla visione avuta il 5 gennaio. Il 20 settembre egli scriveva al signor Comm. Giovanni Battista Dupraz.

 

 

Torino, 20 settembre 1870.

 

Carissimo Commendatore,

 

Le mando, qui acchiusa, la lettera alla Sig. G….Ella abbia la bontà di compiere l'indirizzo che non posso ben rilevare dalla lettera di Lei.

Sig. Commendatore, coraggio e speranza. Ritenga queste parole: un temporale, una burrasca, un turbine, un uragano, coprono il nostro orizzonte, ma saranno di breve durata. Dopo comparirà un sole che pari non risplendette da S. Pietro sino a Pio IX.

Rispettosi ossequi a lei ed alla signora Consorte: Dio li benedica ambidue, preghino per me che sono con gratitudine,

Di V. S. Carissima,

Obbl.mo sempre.

Sac. GIOVANNI BOSCO.

 

 

Era il giorno della presa di Roma. Le prime notizie di questo fatto giunsero in Piemonte il giorno 21 e l'Unità Cattolica scriveva il 22 settembre: “ I soldati di Nino Bixio e di Raffaele Cadorna entravano nell'eterna città, alle ore 10 del mattino del 20 settembre 1870 ”

L'annunzio venne dato a Don Bosco a Lanzo, mentre era in refettorio a prendere una tazza di caffè dopo messa, e lo ricevette con la tranquillità propria di chi conosceva da tempo ciò che sarebbe avvenuto. Non disse parola, sicchè fece maravigliar tutti quella sua calma glaciale.

Di quel medesimo giorno egli scriveva anche al nobile sig. Conte Francesco di Viancino. Aveva deciso - ne abbiamo già fatto vari accenni - d'innalzare sul viale del Re in Torino, in prossimità del tempio Valdese, un nuovo tempio cattolico per paralizzare la propaganda protestante e pei bisogni spirituali dei cattolici che popolavano quei dintorni. In questa lettera il Venerabile dapprima chiama questa nuova chiesa di S. Luigi, perchè sarebbe sorta in quell'Oratorio; come in altri documenti relativi a siffatta impresa l'ha detta oratorio o chiesa di Porta Nuova, perchè doveva sorgere in quel borgo. Ma in questa stessa lettera egli fa chiaro il suo divisamento di costrurre una grande chiesa e di volerla dedicare a S. Giovanni Evangelista.

 

 

COLLEGIO CONVITTO S. FILIPPO NERI

IN LANZO

20 - 9 - 70.

 

Carissimo Sig. Conte,

 

Adesso che la questione finanziaria tra Prussia e Francia è terminata, debbo uscire io dopo una battaglia che fu contestata più di quella di Sedan. Il sig. Coriasso, proprietario della piccola casa, che divide l'Oratorio dalla Chiesa di Maria Ausiliatrice, è disposto di fare finalmente l'istrumento di vendita. Una persona caritatevole mi venne in aiuto, e potei a tale uopo preparare quindicimila franchi, chè altrettanti ne vuole, e li depositai alla Banca di Sconto. Per venire intanto a termine della pratica col protestante Morglia e stringerlo a cedere per utilità pubblica una striscia di terreno per la Chiesa di S. Luigi, si dovette mandare una dichiarazione al Consiglio di Stato che eravamo in grado di pagare quella striscia, e appoggiare quella dichiarazione sopra i quindicimila franchi depositate alla Banca mentovata. Ciò fa che hic, et nunc non possiamo servircene.

In questo momento mi venne a mente quanto Ella dissemi una volta intorno al denaro depositato alla Banca di Sconto per fare l'offerta alla sospirata Chiesa di S. Luigi o di S. Giovanni.

Ella dunque somministrerebbe la somma di fr. 5 mila per raggranellare quanto è mestieri per casa Coriasso? Fatto libero il danaro di cui sopra, io userò equivalente danaro per la medesima Chiesa.

Se Ella giudica di accettare questa proposta si renderà benemerito presso la Madonna e presso al suo figlio adottivo, S. Giovanni, i quali sono ambidue buoni pagatori.

Io sono a Lanzo per gli Esercizi Spirituali e sabato sarò a Torino. Qui non ho dimenticato di pregare per Lei e per la Sig. Contessa Luigia, ed augurando ad ambidue sanità e grazia, mi raccomando alle loro preghiere e mi professo con gratitudine,

Di V. S. Car.ma,

Aff.mo Servitore

Sac. Giovanni Bosco.

 

Intanto continuavano gli esercizi. Il 23 sette confratelli facevano i voti triennali; e il sac. Giacomo Costamagna e il Ch. Domenico Tomatis i perpetui. Il capitolo accettò anche gli aspiranti che domandavano d'esser ascritti. Don Rua fece la nota di quanti avevan preso parte a quel ritiro spirituale e ciò divenne uso costante di tutti gli anni e di tutte le mute.

Il 24 fu il giorno di chiusura. Fra gli avvisi che diede Don Bosco, importantissimi, alcuni riguardavano il modo di trattare coi giovani.

Avvisi che Don Bosco dava ai suoi Salesiani negli esercizi di Lanzo, riguardo al modo di trattare coi giovani.

 

1° Mai scrivere loro lettere troppo affettuose.

2° Mai tenerli per mano.

3° Mai abbracciarli o baciarli.

4° Mai intrattenersi con loro da soli, e molto meno nella propria stanza, qualunque sia il motivo.

5° Mai dar loro occhiate troppo espressive.

La gioventù è un arma pericolosissima del demonio contro le persone consacrate al Signore.

 

Il Direttore di Lanzo lo interrogò privatamente qual formola si dovesse adoperare nello scrivere ai parenti d'un cattivo giovane che si volesse allontanare dal collegio. Don Bosco rispose:

 - Non mettete mai in carta la colpa del giovane. Scripta manent.

 - E allora?

Prese un foglio e scrisse:

“ Venite immediatamente a visitare vostro figlio. Gli è impossibile rimanere in collegio. Saprete motivi personalmente - Lemoyne ”.

Il 25, domenica, riceveva nella Chiesa dell'Oratorio i voti di un confratello e scriveva alla Contessa Callori:

 

 

Ch.ma e Benemerita Signora,

 

Martedì prossimo, da Casale, coll'omnibus della sera, spero a Dio piacendo di essere a Vignale e fare una fermata fino a mercoledì a sera. Verbalmente ogni cosa.

Dio benedica Lei e la sua famiglia e mi creda con gratitudine

Di V. S. B.

 

Torino, 25 settembre 1870,

Obbl.mo servitore

Sac. Giovanni Bosco.

 

A Roma, nella prima impressione degli avvenimenti compiuti, vari membri della Corte Pontificia consigliavano il Papa ad abbandonare la città e cercare altrove un rifugio sicuro. Pio IX esitava ad abbracciar questo partito, ma per prudenza aveva dato le disposizioni necessarie pel viaggio.

I Prelati insistevano. Il Papa aveva fatto interpellare Don Bosco, chiedendogli consiglio e assicurandolo che l'avrebbe seguito; quindi ripeteva a coloro che lo pressavano:

 - Aspettiamo la risposta di Don Bosco.

E il Venerabile, dopo avere lungamente pregato, mandò per mano fida la risposta concepita in questi termini:

“ La sentinella, l'Angelo d'Israele si fermi al suo posto e stia a guardia della rocca di Dio e dell'arca santa ”.

Pio IX lesse, revocò ogni disposizione per la partenza e non si mosse da Roma, non ostante che per qualche tempo gli venissero susurrati pareri contrarii. Così ci narrò più volte D. Gio. Cagliero ben informato di questo fatto, poichè egli stesso aveva copiata la lettera da spedirsi al Santo Padre.

Qual servizio non rese Don Bosco alla Chiesa in generale e all'Italia in particolare con questo suo consiglio!

 

La lettera seguente ha forse relazione col fatto suaccennato.

 

 

Carissimo Don Rua,

 

Sarò a Torino giovedì per quello che giunge alle 6 ½ di sera. Se puoi, trovati alla stazione e ci parleremo per via. Intanto 1° Di' a D. Dalmazzo che prevenga Padre Franco che, se gli occorre qualche cosa per Roma, può servirsi del nostro inviato; 2° Rossi Giuseppe vada all'ufficio delle Ferrovie, prenda un biglietto di andata e ritorno, ma che invece della circolazione possa proseguire direttamente la via pel Roma. Poi si dimandi se invece di uno andata e ritorno volessero cangiarlo con due biglietti di andata. Questi servirebbero pei due Palmieri e Poligari. Queste cose furono già fatte con altri; se nol fanno pel secondo caso, pel primo è cosa comune a tutti gli viaggiatori che lo dimandano.

3° La partenza sarebbe fissata per venerdì sera.

4° Se puoi, va tu stesso in Curia a comunicare la cosa al Vicario Generale e all'Arcivescovo, secondo il promemoria ivi unito.

5° Manda a Pesce il baule per Casale...

Dio ci benedica tutti e credimi

 

Casale, 27 - 9 - 70,

aff.mo in G. C.

Sac. Giovanni Bosco.

 

Tornato a Torino, si recava ai Becchi, accompagnandovi alcuni cantori per la festa del S. Rosario. Ai Becchi egli aveva già mandato Don Paolo Albera per predicare la novena; ma in quell'anno non vi condusse nè la banda, nè tutti i cantori. Diceva in confidenza a Don Albera:

 - Come vuoi che stiamo allegri ed in feste, se il Padre universale dei fedeli è chiuso in Vaticano?

Il 2 ottobre scriveva a D. Rua da Bricherasio:

 

 

Carissimo Don Rua,

 

Venerdì, pel treno che giunge alle 3 e 45, mandami qualcheduno e gli darò il sacco per essere libero a fare qualche commissione per Torino. Manda un programma di Lanzo al sig. Cesano, notaio e segretario di Bricherasio, il cui figlio è accettato per la pensione maggiore. Se àvvi nulla in contrario, gli avrei fissato il n. 161.

Procura, sì fieri potest, di tener un prete libero, perchè domenica venga a dir messa dal Conte Viancino, domenica prossima.

Tratteremo la cosa di presenza e, qualora se ne potesse fare a meno, dirà la Messa nella Chiesa di Maria Ausiliatrice.

Dio ci benedica tutti e credimi,

 

Bricherasio, 2 - 10 - 1870,

Aff.mo in G. C.

Sac. Giovanni Bosco.

 

Il giorno 7 era di ritorno a Torino, deciso di dedicarsi alla costruzione della Chiesa di S. Giovanni.

Tra il Po e il tempio dei Protestanti, sul corso del Re Vittorio Emanuele, stendevasi un isolato, in un'area oblunga, quadrilatera, regolare. Un terzo di questa, a levante, era proprietà del Valdese suaccenato, Enrico Morglia, industriale, negoziante in pietre lavorate. All'angolo sud - ovest vi era la palazzina della Contessa Clavesana con piccolo giardino cintato. Il rimanente terreno misurava circa 3800 metri quadrati. Esso confinava a levante con Enrico Morglia, a mezzodì colla via Pio V e contessa Clavesana; a ponente contessa Clavesana e via Madama Cristina; a mezzanotte col corso Vittorio Emanuele. Era frazionato fra diversi proprietarii, dai quali Don Bosco l'avrebbe comprato, palmo a palmo, pagandolo in proporzione dei fabbricati entrostanti, che erano inservibili e da demolirsi. Da uno di questi padroni Don Bosco affittava ancora ciò che rimanevagli dell'antico spazio dell'Oratorio di S. Luigi.

Il Venerabile aveva fissato di costrurre la chiesa a fianco della possessione Morglia: ma siccome il confine di questa, a ponente, era formato da una linea obliqua col Corso Vittorio Emanuele, non si poteva stare al disegno: e bisognava ottenere la cessione di 328 metri quadrati di terreno occorrente alla regolarizzazione di tale confine.

Occorreva adunque venire a trattative coi singoli proprietarii e si era già incominciato. In data 30 marzo 1870, Don Bosco comprava dai fratelli e sorelle Franco e matrigna Teresa Torre, vedova Franco, un corpo di casa per 14.000 lire. Ora aveva in corso altre pratiche. Infatti con atto del

15 novembre 1870 acquistava dal signor Giacomo Vigliani, per 10.000 lire, un fabbricato con cortile e terreno adiacente. A ponente esso confinava colla via Madama Cristina e a notte col corso del Re. Così era assicurata l'erezione dell'Ospizio. In seguito si fecero gli altri acquisti. Il 20 gennaio 1871 il Padre e i figli Turvano gli cedevano un pezzo di terreno per 7.897 lire. Con atto del 13 gennaio 1873 acquistava un'altra piccola pezza di terreno per lire 5.781 dalla signora Felicita Valenti Binelli. Finalmente il 6 ottobre 1875 il signor Antonio Boasso gli vendeva una piccola area di terreno, l'ultima striscia a mezzogiorno, formante in massima parte la metà della via Pio V, di metri 2.144, per il prezzo di lire 1.400, e così completava lo spazio necessario per la sagrestia.

La somma impiegata in tali acquisti, compresa la striscia del Morglia, doveva essere di almeno 70.000 lire.

Don Bosco non si sgomentò. Il valente architetto Conte Arborio Mella accettò l'incarico di stendere il disegno. I fratelli Buzzetti furono capimastri e impresarii, il Conte della Veneria, con generosità senza pari, si accinse a sostenere il Servo di Dio presso i proprietarii, il Municipio ed il Governo.

Ma quante furono le difficoltà trovate sulla via! Basterebbe la loro enumerazione, per dimostrare l'eroica fortezza del Venerabile.

Fin dall'ottobre 1870 egli fece appello alla pubblica carità, perchè gli venisse in aiuto della nuova impresa. La sola costruzione della Chiesa e dell'Ospizio doveva certamente costare più di 400.000 lire. L'Arcivescovo approvava quell'Opera e Don Bosco poteva unire alla circolare una sua raccomandazione.

Ecco i documenti.

 

 

CHIESA DI S. GIOVANNI EVANGELISTA CON OSPIZIO E SCUOLE PER POVERI

FANCIULLI SUL VIALE DEL RE.

 

Nella città di Torino, dalla piazza d'Armi fino al Po, àvvi uno spazio popolatissimo di circa tre chilometri, senza che tra que' numerosi abitanti vi sieno nè scuole per fanciulli, nè chiese pel culto religioso.

Egli è nel mezzo di quella popolazione, come ognuno sa, che i Protestanti innalzarono il così detto loro tempio con ospizio, scuole ed asilo infantile. Quindi per quella deficienza deplorabile di vicine Chiese e scuole cattoliche, per la vicinanza altronde dello stabilimento eterodosso, ne nasce pe' padri di famiglia un gravissimo ed efficacissimo cimento di mandar i loro figli e figlie misti a quelli dei protestanti alle loro scuole ed asili, sotto allo specioso pretesto che la necessità non ha leggi.

Esisteva bensì da molti anni l'Oratorio di San Luigi con scuole e giardino di ricreazione, ma nel prolungamento della via S. Pio V, questa località fu divisa in due parti e così resa inservibile al suo scopo.

A fine di provvedere in qualche modo alla gravità del bisogno, coll'aiuto di caritatevoli persone fu comperato un terreno, compreso tra la detta via S. Pio V e Via Madama Cristina, con fronte sul viale del Re.

L'intendimento è di edificare una chiesa, che possa servire anche per gli adulti, con fabbricato sufficiente per scuola, ospizio, giardino, dove trattenere i ragazzi in ricreazione nel giorno festivo, preservarli dai pericoli dell'immoralità ed avviarli a qualche arte o mestiere.

Coll'appoggio della Divina Provvidenza i lavori sono iniziati, il muro di cinta è già terminato, e mentre un benemerito ingegnere sta ultimando il disegno della chiesa e dell'edifizio annesso, si preparano eziandio i materiali necessarii alla costruzione.

Ma i tempi difficili che corriamo, le miserie che si fanno ovunque sentire, sono un grande ostacolo per condurre a termine un'opera di tal genere, per cui non si ha un soldo di bilancio preventivo. Se non che la carità dei Cattolici, che non venne mai meno in altre simili occasioni, non sarà ora certamente per mancare; il caso è troppo grave per dubitarne. Qui si tratta, come ognuno può facilmente persuadersene, di preservare un gran numero di fanciulli, e forse anche di adulti e di intere famiglie, dal grave e funesto pericolo di essere indotti in errori contro la santa fede, e quasi insensibilmente alienati dalla Santa Cattolica Chiesa e dal supremo di Lei Capo e Pastore, di venire, anzi di trovarsi, quasi senz'avvedersene, impegnati nell'eresia. A questi inconvenienti sono seriamente invitati e caldamente pregati a riflettere quelli che amano Dio, il bene della Santa Cattolica Chiesa e la salvezza de' loro prossimi.

Si spera che questi lavori saranno compiuti in due anni, e in questo spazio di tempo si fa umile ma caldo appello a tutti i buoni, supplicandoli a voler concorrere con qualche offerta che Dio loro inspirerà pei bisogni eccezionali. Tali offerte si possono fare in danaro o in altra qualsiasi materia, atta a servire di costruzione o di ornamento alla chiesa o all'edifizio annesso. Si tratta di salvare anime, e colui che porge la mano benefica avrà fondata speranza di udirsi un giorno dal Salvatore le consolanti parole: “ Hai salvato un'anima, hai predestinato la tua ”. Il Sommo Pontefice Pio IX loda l'impresa e benedice tutti quelli che ci prenderanno parte. Sua Eccellenza rev.ma il nostro amatissimo Arcivescovo non solo incoraggisce, ma vi prende parte con quei mezzi materiali che la sua posizione gli permette. Si fa appello ai cristiani in genere, ma specialmente a quelli che dimorano in quel vicinato od hanno ivi qualche possedimento.

La chiesa è dedicata a S. Giovanni Evangelista, e l'ancona rappresenterebbe il Salvatore che dalla Croce affida la sua Madre SS. al prediletto apostolo S. Giovanni, siccome sta esposto nel Santo Vangelo.

Le oblazioni si ricevono dal sottoscritto, o dal sig. D. Traversa Curato di S. Massimo, alla cui parrocchia appartiene il sito scelto per la novella costruzione.

Dio ricolmi di grazie e di celesti favori tutti i benemeriti oblatori, e loro conceda giorni felici con largo guiderdone quivi in terra e assai maggiore nella beata eternità. Così sia.

 

Torino, 12 ottobre 1870.

Sac. Giovanni Bosco.

 

RACCOMANDAZIONE di S. E. Rev.ma Monsignor Riccardi Alessandro, Arcivescovo di Torino, in favore del progetto sopra esposto.

 

Con grande nostra soddisfazione abbiamo visto ed approviamo l'avanti esposto divisamento dello zelante e pio nostro sacerdote Don Giovanni Bosco, di già benemerito della Chiesa e della civile società per varie sue istituzioni sì religiose che di pubblica beneficenza. Ci consola che l'opera salutare sia iniziata, e facciamo voto, perchè al più presto sia recata a compiuta costruzione. Ma a ciò è indispensabile un generoso concorso di largizioni e limosine: sia pure. Noi siamo persuasi, che i fedeli abitanti di questa pia città, e quelli in ispecie delle case adiacenti al viale del Re, riconoscendo essi pure l'importanza e la somma opportunità di questo nuovo stabilimento, vorranno corrispondere, per quanto a ciascuno lo acconsentano le proprie forze, all'invito loro fatto di concorrere al grand'uopo, che quanto prima possa aprirsi alla pubblica spirituale e temporale utilità l'incominciato edifizio. Egli è in tale dolce fiducia, che all'opera intrapresa, a chi l'ha incominciata, a chi sarà per promuovere il compimento, noi compartiamo la nostra pastorale, patema benedizione.

 

Da Torino, 13 ottobre 1870.

 

D'ordine ed a nome di S. E. Monsignor Arcivescovo.

 

GIUSEPPE ZAPPATA, Vicario Generale.

 

L'Arcivescovo Mons. Alessandro Ottaviano Riccardi dei Conti di Netro, passava a miglior vita il giorno 16 ottobre, desiderato pel bene fatto all'Archidiocesi. Anche nell'Oratorio si fecero solenni funerali. Sul suo sepolcro venne eretto uno splendido monumento che lo rappresenta in ginocchio, in atto di preghiera: opera pregevole del chiaro scultore Della Vedova. L'epigrafe dice così:

Alessando Ottaviano Riccardi dei Conti di Netro, per XXV anni Vescovo di Savona, per III anni e VII mesi Arcivescovo di Torino, di mitezza, di prudenza, di carità, dì zelo esempio ammirabile, fu amato in vita e pianto in morte, come si ama e si piange un padre.

 

 

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