Capitolo 76

Divozione di D. Bosco al Sacro Cuore di Gesù e una scismatica convertita - Insegnanti nell'Oratorio - Consolazione di chi ha impiegalo lutto il giorno per il Signore - Argomenti di lettere da suggerirsi agli alunni perchè scrivano ai loro Parenti - Suppliche esaudite per vestiarii al Ministro della guerra, al Re e al Ministro di Grazia e Giustizia per sussidii: al Presidente dell'Opera Pia di S. Paolo per le spese di culto - Tristi presentimenti e malattia mortale del Ch. Provera: Don Bosco gli offre la scelta fra la guarigione e il paradiso: Predice anni di tribolazioni: Due biglietti - Conferenze ai socii: Il consigliere nei dubbi sulla vocazione: Distacco dalle cose terrene - Capitolo e accettazione di un socio - Parlata alla sera: Distrazioni procurate dal demonio ai giovani nel tempo della Santa Messa - Soddisfazioni con danno dell'anima - Tre giovani e un sacerdote raccomandali dal Vescovo di Novara.

Capitolo 76

da Memorie Biografiche

del 30 novembre 2006

 La divozione al Sacro Cuore di Gesù ardeva, sin da questi anni, nell'anima di D. Bosco. Di questa sua divozione ne fa parola la nobile signora Elisabetta Seyssel-Sommariva, nata nello scisma e poi convertitasi al Cattolicismo, in una sua lettera a lui scritta da Firenze il 28 ottobre 1861:

 

 

Reverendissimo D. Bosco,

 

Quanto Le sono grata della sua carissima lettera giuntami esattamente. Iddio La rimeriti; di più non saprei dire... Sperava tanto di vederla qui; ma ora mi dice la Contessa Pernati che sarà difficile che venga. Lo faccia per amore delle anime alle quali potrà giovare tanto; per animare ed accendere lo zelo tanto languente per la salvezza dei miseri ragazzi; per operare contro la bestemmia. Per l'amor di Dio venga a Firenze.

Faccio quel che posso per spargere i suoi libri anche nella campagna. La ringrazio del molto coraggio che procura darmi parlandomi delle corone del cielo... Sono tanto debitrice di grazie perdute per me, per gli altri, che temo grandemente la giustizia divina. Però confido assai nella misericordia e nell'amore del Cuore SS. di Gesù, mia prediletta divozione ispiratami da Lei anche prima che fossi Cattolica. Ma i bisogni sono così grandi, non solo per me, ma per il marito, per i figli... Ed ho anche un povero fratello nello scisma: si chiama Michele: lo raccomandi al suo Arcangelo: per carità, mi dica una messa per lui.

 

Nell'Oratorio erano incominciate regolarmente le scuole e gli insegnanti nell'anno scolastico 1861-62 furono i chierici stessi dell'anno precedente: per la prima classe Provera Francesco; per la seconda Anfossi Giovanni; per la terza Durando Celestino; per quella di Umanità Cerruti Francesco; per la Rettorica Francesia Giovanni Battista.

Erano indefessi nello studio e nell'adempimento de' loro doveri. Uno di essi diceva a D. Bosco di non avere un momento di tempo che non dovesse occupare nel far qualche cosa. E D. Bosco per risposta fu sentito esclamare pi√π volte, essendo presente D. Bonetti: - Oh! che consolazione si prova mai quando si giunge alla sera stanco e spossato di forze, avendo impiegato il giorno per la gloria di Dio e per la salute delle anime !

Riguardo agli alunni la prima norma che dava ai Superiori e agli insegnanti, per la loro educazione, era tale da tener vivo l'affetto alla casa paterna, consolare i genitori, e diffondere anche la fama del lieto e vantaggioso sistema che regolava l'Oratorio. Riportiamo un suo foglio autografo, nel quale spiega in modo laconico la sua idea, perchè venga poi spiegata diffusamente.

 

Si desidera che ciascun maestro faccia scrivere ad intervalli dagli alunni ai propri parenti lettere tracciate come segue.

1. Sulla scuola le materie trattate e che si trattano - Ordine e tempo dello studio; ripetizione a chi ne ha bisogno; profitto che sembra aver fatto e si spera di fare; canto fermo, musica ecc.

2. Ricreazione - Si nominino i trastulli, e se ne descriva alcuno; passeggiate e come si fanno.

3. Pratiche di pietà - preghiere; meditazione; frequenza dei Sacramenti; ricordi della sera; lettura, Rosario; dovere di pregare pei parenti e pei benefattori.

4. Feste dell'Oratorio - Musica dei giovani a cui se non adesso sperasi pi√π tardi di prendere parte; teatrino; Gianduia ecc.

5. Giorno festivo - Levata; pulitezza; varie funzioni di chiesa; argomenti ordinarii delle prediche del mattino e della sera; prima del riposo che cosa si faccia.

6. Quali cose recano fastidio o contentezza nella casa - Perchè si deve tollerare un incomodo; non si può imparare senza fatica; fuga dell'ozio.

7. Si parli della casa e se ne descriva qualche cosa: - la chiesa; il refettorio; il pranzo; numero di giovani; assistenti.

8. Dicasi qualche cosa di Torino; il maestro racconti qualche fatto: - il Santuario della Consolata; la chiesa di S. Lorenzo, la statua equestre del duca Emanuele Filiberto in piazza San Carlo; colonna sulla piazzetta della Consolata; perchè dicasi Valdocco, la regione ove sorge d'Oratorio.

9. Inverno - gradi del freddo; caldo nelle sale; lume a Gaz; si assicurino i parenti che gli alunni sono riparati dalle intemperie ecc.

Nello stesso tempo non mancavano gli aiuti materiali. Nel settembre con carta da bollo di una lira, erasi D. Bosco rivolto al Ministro della guerra, generale Della Rovere cav. Alessandro.

 

Eccellenza,

 

All'avvicinarsi dei freddi della invernale stagione mi trovo nella necessità di provvedere ai bisogni di oltre a mille poveri giovanetti che domandano vestiarii ed oggetti per coprirsi nel letto. In vista a tale necessità ricorro alla più volte esperimentata bontà dell'E. V., supplicandola a volerci concedere qualunque oggetto di calzoni, mutande, lenzuola, coperte, camicie, scarpe, cappotti, corpetti, o calzetti e simili.

Comunque tali cose siano rimesse o lacere, saranno da noi ricevute colla massima riconoscenza. Ogni cosa si farà aggiustare e sarà usata a coprire i più poveri figli del popolo.

Pieno di fiducia nella nota di Lei bontà, auguro ogni celeste benedizione sopra l'Eccellenza vostra e sopra tutti i benefattori di questi nostri giovanetti, mentre ho l'alto onore di potermi professare colla più sentita gratitudine

Di V. E.

Obbl.mo servitore, untile ricorrente

Sac. Bosco Giovanni.

 

 

Ebbe dal Ministro risposta favorevole.

 

Ministero della Guerra.

 

Direzione generale dell'Amministrazione militare N. 7098.

 

Torino, addì 3 Novembre 1861.

 

Questo Ministero, secondando la domanda che la S. V. M. R. ha inoltrata, gli è grato significarle onde venire in sussidio ai giovani ricoverati nell'Oratorio da Lei diretto, che ha disposto presso il Magazzino Generale dell'Amministrazione Militare di questa città, onde a titolo di elargizione siano i qui contro distinti oggetti consegnati a quella persona che, munita di ricevuta da Lei vidimata, si presenterà a ritirarli.

Questo è quanto Le si partecipa di riscontro al di Lei foglio a margine ricordato (del 30 settembre).

Pel Ministro

Incisa.

 

Paia scarpe di seconda categoria scelte fra le pi√π

piccole 50

Dette sparpagliate fuori uso 51

Cappotti da Ospedale fuori uso 95

Pantaloni 69

Farsetti usati senza maniche 63

Cravatte di cotone bianco usate 153

Fazzoletti da naso usati e fuori d'uso 263

 

Un'altra supplica in quest'anno D. Bosco aveva presentata al Sovrano.

 

Sacra Real Maestà,

 

La critica annata che corriamo, il gran numero di giovani abbandonati e pericolanti in parte ricoverati nell'Oratorio maschile di Valdocco, parte frequenti alle scuole serali od alle istruzioni festive che si somministrano negli Oratorii di S. Francesco di Sales in Valdocco, di S. Luigi a Porta Nuova e del Santo Angelo Custode in Vanchiglia, mi hanno costretto a fare una scelta di giovani chierici, onde non mancasse la necessaria assistenza e si avessero maestri e catechisti in numero sufficiente nelle varie categorie e nelle molteplici classi che occorrono farsi. Questi chierici, in numero di dieci, mentre proseguono il loro corso di scuola, impiegano ogni ritaglio di tempo per fare scuola, catechismo ed assistere i giovani, mentovati.

Ma sono essi assolutamente poveri e perciò eglino stessi in assoluto bisogno di caritatevole soccorso per vitto, alloggio e vestito.

Egli è per questi poveri chierici che il sottoscritto ricorre alla provata bontà di V. S. R. M. supplicandola caldamente a volerli prendere in benigna considerazione, e accordar loro sopra la cassa dell'Economato quel caritatevole sussidio che a V. S. R. M. sarà beneviso; affinchè possano proseguire i loro studii e continuare a prestare la loro assistenza ed istruzione a favore dei giovani abbandonati e pericolanti che frequentano gli Oratorii maschili di questa città di Torino.

La condotta di questi chierici sia nello studio sia nella pietà è buonissima ed esemplare; e per la loro sollecitudine nel prestarsi ad opere di carità meritano ogni benigno riguardo.

Che della grazia con viva gratitudine si professa a nome anche dei chierici accennati

 

Umile Supplicante

Sac. Bosco Giovanni.

 

In risposta la regia Limosiniera per sussidio ai chierici dell'Oratorio, per la loro educazione e per quella degli allievi, accordava a D. Bosco lire 300 nel 1861 e lire 280 nel 1863. D. Bosco aveva unito alla supplica l'elenco dei nomi di tutti i chierici e di tutti i giovani studenti.

Una terza domanda al Ministro di Grazia e Giustizia e dei Culti Miglietti Comm. Vincenzo otteneva la seguente risposta:

 

Regno d'Italia

Ministero di Grazia e Giustizia e dei CultI

4° Divisione

N 41052.

 

Torino, addì 16 dicembre 1861.

 

Questo Ministero avendo presa in considerazione l'istanza presentata da V. S. M. Reverenda, promosse a di Lei favore dalla Sovrana Munificenza un nuovo sussidio di Lire 600 sui fondi dell'Economato Generale delle antiche provincie, per i bisogni dei tre Oratorii da Lei fondati e diretti per ricovero ed istruzione dei ragazzi poveri di questa città

D'ordine del Ministro

Il Direttore Superiore

A. Mauri.

 

Al Sac. Bosco.

 

 

 

D. Bosco raccomandavasi anche per sussidio alla Compagnia dell'Opera di S. Paolo.

 

Illustrissimo Sig. Presidente,

 

Il Sac. Bosco Giov. Direttore dell'Oratorio di S. Francesco trovandosi in bisogno di pagar e alcune spese fatte in cera ed in altre cose spettanti il Divin culto, e di più in assoluta necessità di provvedere paramentali e biancherie per questa chiesa, dove si fanno tutte le funzioni religiose quali soglionsi fare nelle parrocchie, non sapendo dove cercare aiuto, si rivolge umilmente a V. S. Ill.ma.

Supplicandola a voler prendere in benigna considerazione il bisogno e la povertà assoluta di questa chiesa, la necessità gravemente sentita che ivi si facciano le sacre funzioni, non esistendo chiesa alcuna in questi popolatissimi caseggiati, e concedergli quel caritatevole sussidio che giudicherà a proposito; e per parare i debiti esistenti che consistono in fr. 300; e per fare provvista di alcuni sacri arredi che sono di maggiore urgenza.

Pieno di fiducia nella provata di Lei bontà, prega ogni bene dal cielo sopra tutti i benefattori signori Amministratori di questa pia Opera e si dichiara colla più sentita gratitudine

Di V. S. Ill.ma

                                                                                                    Umile ricorrente

Sac. Bosco Giovanni.

 

 

Intanto le scuole erano incominciate e il Ch. Provera Francesco in prima ginnasiale aveva quasi 200 discepoli e le cose erano incamminate molto bene. La consolazione da lui provata nel vedere accettato il progetto di un collegio in Mirabello sua patria, era tanto grande che egli diceva: - È troppo grande il piacere che godo e perciò bisogna che mi tenga apparecchiato a qualche prova, giacchè il Signore suole sempre frammischiare colle rose anche le spine.

Un caso sopravvenne che, sebbene egli non ne tenesse

conto, pareva tuttavia presagire che ei dovesse venir assogettato a qualche dura prova, a qualche forte lotta. Un mattino trovandosi diversi compagni con lui nell'ora dell'assolvere, Francesco prese a dire: - Stanotte ho fatto un sogno molto strano, nel quale mi trovai in grave imbarazzo, e se vi piace vel racconterò per divertimento. Mi parve di trovarmi in una campagna leggendo un libro, quando mi si fece incontro un mostro orribile. Mentre pensava a darmi alla fuga, colla celerità del fulmine, si avventò furioso contro di me. Non vedendo altro scampo mi posi sulle difese, alzai un bastone che tenevo tra le mani, lo percossi fortemente sulla testa, sul dorso, dovunque poteva, e fu un momento che credetti d'averlo vinto e che se ne rimanesse almeno tramortito. Ma ecco che mentre stavo per voltar le spalle e fuggirmene, il mostro riprende le forze, e con nuova lena mi assale cercando colle sue zanne di squarciarmi il petto. Immaginatevi il mio spavento. Di nuovo mi posi sulla difesa, che mi riuscì più difficile e faticosa, perchè già mi trovava stanco; tuttavia riuscii vincitore. Ma che? il mostro mi si avventò contro la terza e la quarta volta ed io mi sentiva venir meno per la stanchezza; se non che il timore di rimanere sbranato mi dava un po' d'animo, e non cedeva. Trovandomi tutto sudato e trafelato, nè più potendo reggere in piedi, mi volsi al Signore, invocai la Madonna, e mettendo un grido: - O Maria aiutatemi! - mi svegliai. Il grido stesso da me fatto mi riscosse da quello spaventosissimo sogno. Mi sentii consolato allora, soggiunse Francesco, nel trovarmi tranquillo nel mio letto e fuori d'ogni pericolo, ma vi assicuro che mi sentiva realmente affranto di forze, tutto in un sudore. Cercai di scoprirmi alquanto per respirare più liberamente e mi trovai le mani impacciate da non poterle disgiungere l'una dall'altra. Quasi temetti che vi

fosse qualche realtà o mi fossi fatto male nel sogno; quando mi accorgo che avevo legate le mani colla corona del Rosario. Allora ancor più contento mi misi a ridere fra me stesso e dissi: - ah! l'ho capita; l'arma per vincere il mostro non ha da essere il bastone materiale, ma la preghiera.

Qualcuno fece parola a D. Bosco di questo sogno e il buon padre si limitò a rispondere: - Vedrete!

Si sa dai libri sacri, che permettendolo Iddio, il santo Giobbe fu colpito da tante disgrazie e da un'orribile malattia per opera del demonio, che tentava con quelle diverse e dure prove farlo maledire il Signore. Or non pare che questo sogno potesse far presagire qualche cosa di somigliante? Il fatto sembrò approvare questa supposizione.

Infatti dopo pochi giorni che faceva scuola il Ch. Provera, sentissi un dolore piuttosto acuto ad un lato del petto accompagnato da febbre. Una carta scritta dallo stesso, Provera, ci narra le singolari circostanze di questa malattia, e noi vi aggiungeremo per complemento alcune poche cose che egli omise e ci palesò a voce.

“ Non sentendomi più in forze da reggermi in piedi, alla sera del 10 novembre 1861 fui costretto a coricarmi. Ero colto da una pleuropolmonite e da indigestione; aveva la tosse e sputava sangue. Il medico venne a visitarmi e mi praticò varii salassi, ma inutilmente. Il male si andava ognora aggravando. Il domani mi trovai in tale stato che il medico a mezzodì riconobbe versare io in pericolo di vita, e tolta ogni speranza di guarigione. Quindi ordinò che mi fossero amministrati i Sacramenti. D. Rua che mi assisteva, dopo un'applicazione di mignatte, andò a chiamare D. Bosco, il quale, per la quarta volta in quel giorno, fu a visitarmi intorno alle 6 di sera. - Oh! povero Francesco, mi disse con aria scherzevole; vuoi che ti mettiamo sotto la protezione di Maria SS. e di Savio Domenico?

” Io risposi essermi quella proposta assai cara. Allora D. Bosco mi suggerì di recitare un Pater di cuore; ed inginocchiatosi pregò alquanto; quindi alzatosi stese la mano sopra di me continuando a pregare; e fini con darmi la benedizione. Ciò fatto mi disse: - Ecco io ti assicuro, o il Paradiso o la guarigione. Che cosa desideri? Che cosa ti piace di più? Vuoi tu fermarti ancora un poco a questo mondo e aumentare i tuoi meriti colle tribolazioni, oppure ami meglio che ti facciamo il passaporto per il paradiso? Quale di queste due proposte accetti?

” Io rimasi un momento silenzioso, volendo riflettere alquanto sopra una deliberazione così importante; e poi risposi con tranquillità: -È una domanda questa che mette sovra pensiero: mi dia due ore di tempo a pensarci; ed abbia la bontà di ripassare a vedermi stassera prima di ritirarsi in camera; ed io le darò la risposta.

” D. Bosco riprese: - Ah ti rincresce abbandonare il tuo corpo, abbandonare l'Oratorio! Sospenderemo il passaporto questa volta. Così ti piace?

- Non è questo che io dico, soggiunsi: bensì che voglia compiacersi di ritornare stassera a visitarmi, ed io le esprimerò il mio desiderio.

” D. Rua vedendo che io non mi appigliava subito al partito più conveniente, disse quasi meravigliandosi: - Ed hai ancora da pensare?

” E D. Bosco: - Eh sì; la vita è sempre cara. Basta! Adesso lasciamo le cose nelle mani del Signore. Fiat voluntas tua sicut in coelo et in terra. Poscia mi si accostò all'orecchio e disse: - Non darti fastidio alcuno: prima di discendere a cena passerò di nuovo per vedere se mai desiderassi di

rinconciliarti con Dio; e poi se sarà il caso dopo le orazioni ti porteremo il SS. Viatico. - Quindi mi esortò alla rassegnazione ed alla tranquillità e soggiunse ad alta voce: Quando avrai ben pensato e scelto me lo farai sapere. E se ne andò.

” D. Bosco aveva fatti appena pochi passi fuori della stanza che io mi deliberai. Mi trovava tranquillo di coscienza, avrei potuto ricevere ancora i sacramenti della confessione e della Comunione, dell'Olio Santo e tutti gli altri conforti della Chiesa; avrei avuto assistente nella mia agonia lo stesso D. Bosco nel quale aveva tanta fiducia: se avessi aspettato un'altra volta a morire non ero sicuro di avere tutti questi vantaggi, e non sapevo come sarebbero andate le cose dell'anima mia nel corso della vita. E poi se D. Bosco mi promette il paradiso, sono sicuro di andarvi. - Decisi quindi di chiedere il passaporto pel paradiso.

” In quel mentre venne il Cavaliere di S. Stefano, e D. Rua narrogli quanto era successo poco prima tra me e D. Bosco. Ed egli udendo la mia esitazione, disse sorridendo: - Se io fossi stato al suo posto non solo avrei aspettata la morte, ma sarei saltato giù dal letto e le sarei andato incontro.

- Ma perchè replicò D. Rua, non hai scelto subito il paradiso? Perchè non accettare?

- Ho anch'io pure, soggiunsi, conosciuto il partito di maggior vantaggio, ed ora attendo impaziente la venuta di D. Bosco per manifestargli la mia deliberazione. Anzi vada lei a dire a D. Bosco che io accetto il passaporto.

” D. Rua, quando scese in refettorio per la cena, fece la commissione a D. Bosco, il quale gli rispose: - Troppo tardi, non è più a tempo per ora; avrà ancora da patire per varii anni.

” D. Rua non ritornò per riferirmi quella risposta, ed io non potrei dire quanto fossi contento della mia decisione. Già faceva i miei calcoli di raccomandare a Maria Santissima i miei Superiori, i miei parenti, i miei compagni e cominciava a bearmi nel pensare al mio ingresso nella patria celeste, accompagnato dagli angioli. Il tempo dalle 6 alle 8 sebbene fossi aggravatissimo, sembrommi un momento. Suonò intanto l'ora di cena ed io ansiosamente aspettavo D. Bosco; ma non comparve. Allora un pensiero prese ad intorbidare alquanto il mio gaudio e dissi fra me: - D. Bosco non venne a confessarmi, come aveva promesso. Forse avendomi veduto così esitante nella scelta, andò in sua camera e se la intese col Signore perchè io non morissi, ma vivessi ancora e riacquistassi la sanità. Ciò mi rincrescerebbe molto! Che mai feci col non decidermi subito, cogliendo il punto! - E così me ne stetti inquieto fino alle ore 10, quando entrò D. Bosco. Appena lo vidi esclamai: - Oh D. Bosco io desidererei di andare in paradiso. Mio caro, rispose egli, non siamo più a tempo! Bisognerà aver pazienza; la grazia della guarigione è ottenuta, ma rassegnati e preparati a rimanere ancora un po' di tempo su questa terra per tribolare e molto.

” A tali parole io mi affliggeva: - Oh povero me! Aveva già fatti tutti i miei conti, ed ora qual nuova ella viene a recarmi! Non si potrebbero combinare diversamente le cose secondo il mio desiderio?

” D. Bosco m'interruppe dicendo: - Eh sì! Bisognerebbe rivocare le cose chiamate, il che non conviene; contuttociò non hai da prenderti fastidio alcuno. Io ho domandato al Signore che tu rimanga ancora in vita al fine di guadagnargli anime pel cielo. Adesso lasciamo le cose nelle sue mani. Diedemi poscia di nuovo la benedizione, mi disse qualche altra parola di conforto e poi mi lasciò.... Così io che era persuasissimo di andare quanto prima nel numero dei più, divenni persuasissimo di riacquistare la sanità e di continuare a vivere.

” Nel mattino seguente ricevetti il SS. Sacramento per divozione, mi sentii meglio ed era fuori di pericolo. Il medico entrando nell'Oratorio, incontrò D. Alasonatti e gli chiese: - A che ora è morto ieri sera?

- Chi? - rispose D. Alasonatti, perchè vi erano due ammalati nell'Oratorio.

- Il chierico, disse il medico.

- Sta meglio.

- Oh! In paradiso! esclamò il dottore.

- No; vada e vedrà che si può dire entrato in convalescenza.

- Possibile ?... Aveva tanto male da morire dieci volte.

” E dopo l'ottavo giorno di letto lo stesso medico dichiaravami libero da ogni male col solo bisogno di riprendere le forze perdute,chè pure riacquistai. E ritornava alle mie occupazioni.

” Un'altra volta D. Bosco mi diede ancora prova del suo potere presso Dio. Un anno dopo nel luglio del 1863 ricaduto infermo e assai gravemente, egli venne trovarmi mentre io era inquieto.

- Non corrucciarti di niente mi disse: lascia a me ogni cura tanto per l'anima quanto pel corpo; e tu non pensare a nulla. - Stante la fiducia che io aveva in lui, fui da tali parole siffattamente confortato che durante tutto il tempo della malattia, trovandomi per qualsiasi causa in agitazione bastavami ricordarle per subito rimettermi in calma ”.

Provera Francesco Ch.

Egli guarì anche da questa infermità, ma la profezia di D. Bosco dovevasi avverare. Poco tempo dopo fu colto da carie alla noce di un piede che gli aperse una piaga, la qualè, per le fitte che gli dava e per le operazioni dei medici, gli fece soffrire di continuo, finchè visse, un'infinità di dolori. Fu costretto ad appoggiare il ginocchio su di una gamba di legno e ad usare le stampelle. Ciò non gli impedì di lavorare come Prefetto nei collegi di Mirabello, di Lanzo, di Cherasco, e nell'Oratorio di S. Francesco di Sales; e rese innumerevoli servigi alla Pia Società fino al 1874, anno nel quale morì. Per la sua pazienza in mezzo a tante e dure prove egli venne molte volte paragonato al Santo Giobbe.

D. Bosco nel corso di questi anni gli aveva scritti due biglietti, in occasione che ne aveva preparato uno per ogni singolo chierico, o alunno: - I. Provera: Omnis patientia in terris, Mesaurum in coelo tibi comparabit. -

II. Provera: Se vuoi volare allo coimncia dal basso humilitas est totius aedificii spiritualis fundamentum.

Tali furono le gravissime tribolazioni che dovevano fare acquistare a Provera grandi meriti presso il Signore, ma nel 1861 si era avverata la prima parte della predizione di D. Bosco ed egli poteva ricomparir nella scuola e riprendere le sue lezioni. Con viva gioia anche i suoi confratelli lo videro perfettamente guarito assistere alle conferenze della Pia Società nella camera di D. Bosco.

“ Il 20 novembre 1861, scrisse D. Bonetti, D. Bosco parlò a tutti i soci radunati, di coloro che si sentono dubbiosi riguardo allo stare nella Congregazione, e diede questi ammonimenti: - Qualora il demonio mettesse in capo a qualcuno di lasciare la Congregazione, ed egli si trovasse perciò in angustia, ne parli, domandi consiglio. E questo consiglio non si vada a domandare a persone estranee alla Congregazione, le quali non essendo bene informate, ci potrebbero consigliare non secondo la volontà di Dio; nè anche si vada a chiedere consiglio a quelli che, per usare un termine moderno, sono un po' liberali: ma si vada da quelli che ci paiono i più fervorosi, ed i più zelanti; si vada in una parola, dal Superiore….. Prega prima bene il Signore che ti faccia conoscere la sua volontà e poi sta sicuro che il Superiore non potrà fare a meno che darti un consiglio che sarà vantaggioso per l'anima tua. Quando poi avrai sentito il suo parere non istare a far istanze e a mostrarti restio; poichè allora il Superiore, per togliersi la seccatura, ti lascierà fare come più ti aggrada, sebbene vegga che tu non faccia il volere di Dio.

” Il giovedì 21, D. Bosco, dopo che i chierici ebbero recitati alcuni versicoli del nuovo testamento disse loro: - Se vuoi essere vero figlio di D. Bosco, bisogna che ricordi tu non essere più per la famiglia e per gli interessi materiali, ma di Dio e per Iddio: bisogna che lasci tua, tuos et le, i beni di questa terra, i parenti e quindi te stesso. Chi si sente di far questo è, il più felice in questo mondo egli sarà discepolo di Gesù Cristo, vero figlio di Dio. Iddio sopra di lui verserà le sue grazie, e gli riempirà il cuore del suo divino amore. - Quindi in conferma di ciò raccontava la visione che ebbe S. Teresa, la quale aveva lungamente pregato il Signore che la riempisse del suo amore. Ella vide un sacco, che conteneva metà terra, e metà oro. La Santa corse subito per vedere se poteva prendere dell'oro, ma non trovava modo se non coll'aprire la bocca del sacco e toglier prima la terra. Si mette adunque a togliervi la terra e di mano in mano che la terra se n'andava, l'oro veniva ad occupare il posto. Allora comprese che se voleva avere il suo cuore pieno dell'amor di Dio, doveva bandirne ogni terreno pensiero ed affetto.

” Così, soggiunse, devono fare tutti i cristiani e specialmente quelli, e diciamolo noi che siamo chiamati ad uno stato tanto sublime ”.

I suoi dolci inviti facevano intanto accrescere di nuovi aspiranti il numero de' suoi coadiutori. Sono lenti i progressi della Pia Società, perchè la prudenza di D. Bosco non ha fretta.

Leggiamo nei verbali del Capitolo:

 

Li 23 Novembre 1861 il Capitolo della Società di S. Francesco di Sales, dopo essersi radunato, fatta la solita invocazione allo Spirito Santo, fece l'accettazione del giovane Diatto Emanuele di Michele di Sanfré, il quale avuta la maggiorità dei voti fu ricevuto tra gli altri confratelli.

 

Fra i nuovi alunni l'efficace parola di D. Bosco preparava felici successi da conseguirsi nell'anno  scolastico.

Il 28 novembre, come dice D. Ruffino, raccontò un sogno, o apologo, incominciando così:

- I sogni si fanno dormendo, perciò io dormiva. La mente mia si trovò in chiesa ove stavano raccolti tutti i giovani. Incominciò la messa ed ecco che io vidi molti domestici vestiti di rosso colle corna, cioè diavoletti, aggirarsi in mezzo ai giovani in atto di servirli. Ad uno presentavano la trottola, innanzi ad un altro la facevano girare; a questo presentavano un libro, a quello delle castagne calde. Qui un piatto d'insalata, là un baule aperto col salame riposto; a questo additavano il loro paese, all'altro susurravano alle orecchie le vicende dell'ultima baraonda, ecc. ccc.

Uno era invitato coll'esempio a suonare il piano, ed egli ci aderiva; ad un altro facevano la battuta della musica; insomma ciascheduno aveva il proprio domestico che lo invitava a cose profane. Alcuni diavoletti poi se ne stavano sulle spalle di certi giovani, non facendo altro che accarezzarli e lisciarli.

Giunse il tempo della consecrazione. Al tocco del campanello tutti i giovani si prostrarono e scomparvero i diavoletti, ad eccezione di quelli che stavano sulle spalle. Questi insieme coi giovani da loro posseduti, si rivolsero colla faccia verso la porta della chiesa senza fare alcun segno di adorazione. Terminata l'Elevazione ecco comparire di nuovo quella musica, ossia quel divertimento, cioè ciascun servitore ripigliava il suo ufficio.

Se volete che io vi dia una spiegazione di questo sogno eccola: io credo che significhi le varie distrazioni cui, per suggestione del demonio, va soggetto ciascun giovane in chiesa. Quelle poi che non scomparvero al tempo dell'elevazione dinotano quei giovani occupati dal peccato. Costoro non hanno più bisogno che il demonio presenti loro oggetti di distrazione, perchè sono già suoi: non fa più altro perciò che accarezzarli: quei giovani non sono più capaci di pregare.

La dissipazione naturale in giovani ritornati dalle vacanze, il desiderio di libertà, il ricordo delle cipolle d'Egitto, sul principio dell'anno erano causa in alcuni di malcontento. “ Due di questi, nota il Ch. Bonetti, che appartenevano a famiglie denarose non volendo adattarsi alla vita dell'Oratorio, dai parenti, che idolatravano i figli, erano stati fatti iscrivere in un collegio alla moderna. Ivi dicevasi, avrebbero avuti cinque piatti a pranzo, tre a cena, sarebbero stati condotti al ballo, al teatro ed a divertimenti di simil genere. Don Bosco aveva cercato di persuaderli a rimanere e quando vennero per congedarsi disse loro: - Sappiate che tutti i piaceri ai quali anelate non potranno fare la vostra felicità. Ricordatevi che avete un'anima da salvare; che se la salverete sarà salva per sempre; se la perderete sarà perduta per sempre; e Iddio vi accompagni.

Alla sera raccontando ai chierici il fatto, soggiungeva:

- Due giovani di quattordici anni allevati fra tante tentazioni, quale riuscita saranno per fare?

Non fu certamente quella di tanti altri alunni che andavano crescendo nel santo timor di Dio, come tre giovanetti collocati nell'Oratorio da Mons. Gentile Vescovo di Novara. Questi con lettera del 23 novembre manifestava la sua soddisfazione per la buona riuscita che quelli avrebbero fatta sotto la direzione di D. Bosco. Al Servo di Dio poi raccomandava anche il prete D. Ferrabuco, perché, essendo egli tutto carità, lo esortasse a mettersi in regola colla Santa Chiesa, per certo benefizio ecclesiastico chiesto ed ottenuto dall'Autorità civile, senza previo indulto del Superiore Ecclesiastico.

 

 

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