D. Bosco studia e scrive il 'Regolamento dell'oratorio di S. Francesco di Sales per gli esterni' - Scopo di questo Oratorio - Condizioni per l'accettazione dei giovani
del 03 novembre 2006
 Don Bosco era sempre tutto intento a studiare il maggiore sviluppo ed il progresso dell'Oratorio. Nel convocare tanti giovanetti di varia indole, costumi, educazione, istruzione e stato sociale, non intendeva di agglomerare un'accozzaglia senza ordine e senza disciplina.
Egli perciò non si stancava di promuovere l'unità di spirito e di direzione. Quindi vedeva la necessità di fissare norme stabili che guidassero nell'amministrazione di questa parte del sacro ministero le persone di chiesa, le quali con caritatevole sollecitudine vi consacravano le loro fatiche. I giovani intanto, da lui scelti per aiutarlo, li andava educando in modo tutto speciale, e aveva loro minutamente prescritta la condotta che dovevano tenere nella chiesa, nella scuola e nella ricreazione, senza però mettere in carta quelle regole.
Più volte vi si era provato, ma aveva sempre deposta la penna per varie difficoltà abbastanza gravi, cagionate dai diversi pareri dei suoi coadiutori, e dalle condizioni dei luoghi per i quali l'Oratorio era trasmigrato.
Tuttavia da più anni aveva presa la sua decisione. Erasi fatto spedire molti regolamenti di Oratori festivi più o meno antichi, fondati da uomini zelanti della gloria di Dio, i quali fiorirono in varie città d'Italia Voleva esaminare ciò che altri aveva già imparato dall'esperienza. Noi fra le sue carte trovammo ancora: “Le regole dell'Oratorio di S. Litigi eretto in Milano nel 1842 nella contrada di S. Cristina”; e “Le regole per i figliuoli dell'Oratorio sotto il patronato della Sacra Famiglia”.
Tutti questi regolamenti, però, compilati con vario scopo e metodo, imponevano a D. Bosco un'attenta meditazione, perchè potesse farsene un giusto concetto e giovarsene adattandoli al suo scopo. Gli uni erano stati scritti quando le famiglie cittadine almeno in generale, davano ai loro figli la prima istruzione cristiana, li sorvegliavano perchè non patisse danno l'innocenza dei loro costumi e li conducevano alla chiesa e ai sacramenti. Allora era facile il compito assegnato al Direttore dell'Oratorio. Bastava radunare i giovani in certe ore dei giorni festivi, trattenerli in onesta ricreazione, catechizzarli, dare in particolare consigli o riprensioni per raddrizzare le cattive tendenze, far crescere il buon seme che già era stato posto nei loro cuori. Ma nei tempi presenti non si trattava solo di coltivare, poichè in famiglia molti giovani di certe classi sociali più non ricevevano alcuna istruzione religiosa, e stavano lontani dalla chiesa, bisognava quindi prima risanare il loro cuore, svellere le male radici che il cattivo esempio, la corruzione precoce vi avevano fatto germogliare, e quindi seminare i germi della virtù. Anzi devesi aggiungere che molti di questi, perchè perseverassero nel bene, sarebbe stato assolutamente necessario toglierli dal guasto ambiente nel quale vivevano. Una mente sagace poteva eziandio facilmente prevedere come il male sarebbe andato ognora crescendo e in modo spaventoso.
Dunque era necessario che l'Oratorio moderno popolare divenisse il campo di un vero apostolato, e quivi si adoperassero tutti quei mezzi di santificazione istituti da N. S. Gesù Cristo e amministrati secondo lo spirito della Chiesa. Doveva surrogare la parrocchia con tutte le sue funzioni, come stabilisce il Concilio di Trento. Doveva essere la sede di un'autorità paterna, la quale rimediasse con tutte le sue forze alla negligenza dei genitori e che sapesse cattivarsi talmente l'animo dei fanciulli, da esercitare una vera influenza morale e continua sulla loro condotta.
Vi erano Patronati che si avvicinavano agli ideali che vagheggiava D. Bosco. Vi si celebrava la Messa, si faceva il catechismo, si procuravano i confessori, si raccomandava la santa Comunione una volta al mese, si assistevano i ragazzi nelle ricreazioni. Ma l'Oratorio si chiudeva a mezzo mattino, e i giovanetti nel pomeriggio non avendo luogo ove raccogliersi, restavano abbandonati a se stessi. Perciò D. Bosco conoscendo che le insidie più gravi ai giovani, specialmente operai, erano tese nella sera, decideva che il suo Oratorio dovesse rimanere aperto l'intero giorno.
Altri regolamenti di Oratorii festivi, quantunque procurassero tutti gli aiuti spirituali ai giovanetti e li raccogliessero nel dopo pranzo, non accettavano se non quelli che fossero di savia e provata condotta; quindi ordinavano che i parenti stessi li presentassero alla direzione, e se non si comportassero bene, fossero obbligati a ritirarli. Ma D. Bosco voleva che prendessero parte al suo Oratorio non solo i più ignoranti per istruirli, ma anche i giovanetti cattivi per convertirli, purchè non recassero scandalo ai buoni: questi desiderava servissero ai primi di modello e di eccitamento al ben fare. Quindi reputava inutile imporre condizioni di accettazione a chi bisognava talora fare quasi una caritatevole violenza morale per introdurlo al convito del Padre celeste; e non permetteva che fossero congedati quelli che talora lasciavano di frequentare l'Oratorio per mesi e mesi, stimando una fortuna il loro ritorno, anche per poco tempo. Era eziandio evidentemente inutile chiedere guarentigie di buona condotta ad un'autorità paterna o materna, la quale, non solo poco o nulla s'interessava della sorte dei figli, ma su di essi non godeva alcun prestigio, e tavolta finanche avversava le pratiche di chiesa.
D. Bosco ebbe anche i programmi che riguardavano alcuni Oratorii destinati per i discoli che erano ricoverati in ospizi, e nei quali si radunavano eziandio giovani esterni di quella stessa classe. Ma non gli garbava il sistema disciplinare loro imposto, la sorveglianza quasi poliziesca, benchè forse necessaria, e la coercizione per obbligarli alla frequenza. Questo sistema non poteva più sussistere per l'opinione pubblica che gli si mostrava contraria, e D. Bosco desiderava che i suoi alunni facessero il bene liberamente e per amore.
Studiando tutti questi regolamenti prendeva note, modificando adattando, combinando secondo il suo punto di vista, e appigliandosi specialmente a quelli degli Oratorii di S. Filippo Neri in Roma, e di S. Carlo Borromeo in Milano fondato verso il 1820.
Non fece però sue ed eliminò certe disposizioni che non gli parvero più adatte ai tempi e che avrebbero potuto respingere i giovani, piuttosto che allettarli ad intervenire. Nell'accettazione eccettuò solamente quelli di troppo tenera età o affetti da malattia contagiosa. In pratica trattandosi di insubordinazione, mise per principio una gran tolleranza e ai castighi sostituì l'ammonizione cordiale, insistente ed efficace. Allontanava dell'Oratorio solamente coloro che offendevano gravemente il Signore collo scandalo, e non ammetteva registri ufficiali, che notassero le mancanze dei colpevoli, o degli indifferenti nelle cose di pietà. In quanto alla frequenza dei sacramenti lasciava la massima libertà; nessun obbligo di procurarsi il biglietto di confessione: nessun rimprovero per chi stesse molto tempo senza confessarsi. Nessuna divisione di classi per accedere al Santo Tribunale di, Penitenza: chi primo giunge, primo si confessa, e chi vuol ritirarsi non dà nell'occhio a nessuno. Lo stesso si dica della sacra mensa e nei giorni solenni la colazione è data egualmente a chi si è comunicato e a chi non ha ricevuto il sacramento. Stabilisce i libretti di frequenza, ma questi servono solamente ad attestare chi è degno di premio. Questa libertà però, governata dallo zelo prudente e dalle continue esortazioni di D. Bosco, doveva produrre mirabili effetti.
D. Bosco dunque esaminati i Regolamenti che gli erano stati trasmessi aveva scritto le proprie osservazioni su di un foglio che ci servì di guida per compilare queste pagine. Sul principio pertanto del 1847, dopo di aver organizzatele scuole serali, in ossequio ai consigli di parecchie autorevoli persone, fra le quali l'Arcivescovo e D. Cafasso, egli si diede finalmente a distendere il suo regolamento e in capo a poche settimane lo ebbe finito. In esso espose quello che tradizionalmente già si praticava nell'Oratorio, designò vari uffizi da compiersi in chiesa, in ricreazione, e nelle scuole, e stabilì norme opportune per ciascuno dei medesimi. Questo, regolamento venne pubblicato verso il 1852 e poscia in edizioni posteriori, fu secondo i bisogni riveduto e perfezionato. Esso è diviso in tre parti. La prima tratta dello scopo degli Oratorii festivi, dei vari impieghi e rispettive regole; la seconda contiene le opere di pietà da praticarsi dai giovanetti e il modo onde questi devono portarsi in chiesa e fuori; la terza, che fu data alle stampe posteriormente, si occupa delle scuole diurne e serali e porge generali avvertenze ultimissime all'uopo.
Fin da questi anni parecchi Vescovi e parroci, essendone venuti in cognizione, fecero domanda per introdurre gli Oratori nelle proprie diocesi e parrocchie e ordinarli collo stesso, metodo che il nostro, per quanto era loro possibile. Essi conoscevano la perizia di D. Bosco nell'educare cristianamente i figli del popolo, e ne avevano novella prova in questo Regolamento.
 
 Così D. Bosco espone lo scopo della sua Opera:
Lo scopo dell'Oratorio festivo è di  trattenere la gioventù ne' giorni di festa con piacevole ed onesta ricreazione dopo di aver assistito alle sacre funzioni di chiesa.
Dicesi di trattenere la gioventù nei giorni di festa perchè si hanno, specialmente di mira i giovanetti operai, i quali nei giorni festivi soprattutto vanno esposti a grandi pericoli morali e corporali; non sono però, esclusi gli studenti, che nei giorni festivi o nei giorni di vacanza vi volessero intervenire. - 2. Piacevole ed onesta ricreazione; atta veramente a ricreare, non ad opprimere. Non sono pertanto permessi quei giochi, trastulli, salti, corse, e qualsiasi modo di ricreazione in cui vi possa essere compromessa la sanità o la moralità degli allievi. - 3. Dopo aver assistito alle sacre funzioni di chiesa; perciocchè l'istruzione religiosa è lo scopo primario, il resto è accessorio e come allettamento ai giovani per farli intervenire.
Questo Oratorio è posto sotto la protezione di S. Francesco di Sales, perchè coloro che intendono dedicarsi a questo genere di occupazione devono proporsi questo Santo per modello nella carità, nelle buone maniere, che sono le fonti da cui derivano i frutti che si sperano dall'Opera degli Oratorii.
Nel Capo II della parte II sono esposte le condizioni per l'accettazione dei giovani nell'Oratorio.
- I. Lo scopo di quest'Oratorio essendo, di tener lontana la gioventù dall'ozio, e dalle cattive compagnie particolarmente nei giorni festivi, tutti vi possono essere accolti senza eccezione di grado o di condizione. - 2. Quelli però, che sono poveri, più abbandonati, e più ignoranti sono di preferenza accolti e coltivati, perchè hanno maggior bisogno di assistenza per tenersi nella via dell'eterna salute. - 3 - Si ricerca l'età di otto anni, perciò sono esclusi i ragazzini, come quelli che cagionano disturbo, e sono incapaci di capire quello che ivi s'insegna. - 4. Non importa che siano, difettosi della persona, purchè siano esenti da male attaccaticcio, o che possa cagionare grave schifo a' compagni; in questi casi un solo potrebbe allontanarne molti dall'Oratorio. - 5. Che siano occupati in qualche arte o mestiere, perchè l'ozio e la disoccupazione, traggono a sè tutti i vizi, quindi inutile ogni religiosa istruzione. Chi fosse disoccupato e desiderasse darsi al lavoro può indirizzarsi ai Protettori, e sarà da loro aiutato. - 6. Entrando un giovane in quest'Oratorio deve persuadersi che questo è luogo di religione, in cui si desidera di fare dei buoni cristiani ed onesti cittadini, perciò è rigorosamente proibito di bestemmiare, fare discorsi contrari ai buoni costumi o contrari alla Santa Cattolica Religione. Chi commettesse tali mancanze sarà paternamente avvisato la prima volta; che se non si emenda si renderà consapevole il Direttore, il quale lo licenzierà dall'Oratorio. - 7. Anche i giovani discoli possono essere accolti, purchè non diano scandalo, e manifestino volontà di tener condotta migliore. - 8. Non si paga cosa alcuna nè entrando nè dimorando nell'Oratorio. Chi volesse aggregarsi a qualche Società lucrosa, può ascriversi in quella di Mutuo Soccorso, le cui regole sono a parte. - 9. Tutti sono liberi di frequentare quest'Oratorio, ma tutti devono essere sottomessi agli ordini di ciascun incaricato; tener il debito contegno nella ricreazione, in chiesa, e fuori dell'Oratorio.
 
 
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