Esclamazione imprudente di una madre - Ordinazione sacerdotale di Don Rocchietti - Generosa carità di Don Bosco - Il Santo Natale: D. Bosco annunzia che finirà di vivere a cinquant'anni se i giovani non pregano per lui - Risposta di D. Bosco agli augurii del chierico Ruffino - Suoi ricordi ed avvisi agli alunni nell'ultimo giorno dell'anno: annunzia che uno di essi morrà prima del Carnevale - Necrologio.
del 29 novembre 2006
Lo zelo col quale D. Bosco coltivava le vocazioni allo stato ecclesiastico consumava quasi tutte le sue forze; pensieri, parole, azioni erano in continuo movimento per raggiungere questo scopo. È difficile farsi un idea della venerazione che professava a così eccelso stato. In questi anni accadeva un fatto che ciò metteva in piena luce, e nello stesso tempo dimostrava essere cosa indubitata, che D. Bosco vedesse le sorti future di molti, che venivano a lui per ricevere la sua benedizione.
Un giorno fu a visitarlo la Contessa D… L… accompagnata da quattro suoi figliuoletti e lo pregò di volerli benedire. Quindi gli chiese: - Mi dica un po' che cosa sarà di essi in avvenire.
- Lei mi fa una domanda assai singolare, rispose D. Bosco; l'avvenire lo sa solamente Iddio.
 - Questo lo capisco, replicò la Contessa; a tutti i modi me ne dica qualche cosa, almeno come per augurio. -
Allora D. Bosco scherzando fece passare in rassegna ad uno ad uno quei fanciulli, dicendo:
 - Questo verrà un gran generale: di quest'altro ne faremo un grande uomo di Stato: Enrico sarà un dottore che alzerà grido di sè.
La madre gongolando di sì felici pronostici animava i suoi figli a sperar bene, dicendo: - Oh! figli miei, non siete i soli della nostra famiglia che abbiano occupati posti eminentissimi nella società.
Il quarto fanciullo era dinanzi a D. Bosco aspettando la sua parte di profezia. La madre ansiosa attendeva. D. Bosco aveva posta la destra sul capo al fanciullo e lo mirava fissamente e con affetto.
 - E quale sarà la sorte di quest'ultimo? - chiese la Signora.
 - Della sorte di questo non so se la signora Contessa sarà contenta.
 - Dica pure ciò che le sembra. Noi facciamo per ridere.
 - Ebbene: di costui ne faremo un ottimo sacerdote.
La nobil dama allibbì e benchè fosse veramente una buona cristiana pure, per i pregiudizi del mondo che hanno tanta forza sugli animi dei grandi, quasi riputasse disonorevole avere in famiglia un sacerdote, strinse al suo cuore il fanciullo, come per salvarlo da una disgrazia, e, fuori di se, esclamò: - Mio figlio prete? Piuttosto che egli abbracci un simile stato, prego Dio che me lo tolga di vita!
D. Bosco colpito da queste parole si alzò in piedi per ritirarsi, tanta fu la sua dolorosa meraviglia. La signora in quell'istante di esaltazione non aveva neppure badato al grave insulto, che faceva a chi era insignito del carattere sacerdotale.
 - Ma perchè lei vuole ritirarsi? - Proseguì confusa la Contessa a quell'atto di D. Bosco.
 - Io, rispose D. Bosco, credo di non avere più nulla a fare con una persona, la quale ha in tanta cattiva stima lo stato più bello, più nobile che vi possa essere sulla terra, e son certo che Dio esaudirà la sua insolente preghiera. - La Contessa costernata per quelle frasi risolute e per quella minaccia, balbettò ancora qualche scusa per lenire l'ingiuria, ma presto si conchiuse secco secco quel colloquio. All'indomani la nobil donna, fatte le sue riflessioni sullo sproposito che aveva detto, ritornava a far visita a D. Bosco.
 - Mi perdoni, gli diceva, la mia impetuosa inconsideratezza. Veda; compatisca la mia posizione. È vero che se mio figlio si facesse sacerdote ne verrebbe per me e per la mia famiglia un grave scapito; io però non voglio oppormi alla volontà di Dio: sono pronta, sono rassegnata ad obbedire.
 - Signora Contessa, rispose D. Bosco, lei disprezza il più gran dono che Dio possa fare a lei e alla sua famiglia, come è quello di una vocazione così sublime. È un disonore essere prescelto al servizio di Dio?
 - Le domando nuovamente scusa: preghi per me.
 - Io pregherò; ma la sua parola venne fissata da Dio dal punto che fu pronunciata. - La povera dama tornò a casa più addolorata di prima. Erano trascorsi alcuni mesi dopo questa visita ed ecco che un parente di quella Signora si presenta a D. Bosco per invitarlo ad andare al palazzo per benedire quel figlio caduto infermo. D. Bosco si ricusò. Ma all'indomani vennero a scongiurarlo vari altri congiunti, amici, la madre stessa in persona, annunziando con lagrime come il piccolo infermo si aggravasse ad ogni istante. I medici in consulto dichiararono di ignorare completamente la natura del male. D. Bosco, benchè a malincuore, finalmente condiscese. Entrò nella stanza del moribondo. Quel povero giovanetto prese la mano a D. Bosco e gliela baciò; quindi guardava con occhio mesto e languido, ora D. Bosco, ora la madre e taceva: era una scena che veramente straziava il cuore. Dopo un lungo silenzio, il figlio fece uno sforzo e, stendendo la mano scarna verso la madre, esclamò: - Mamma, ti ricordi, là da D. Bosco?.... sei tu... e il Signore mi prende con sè! -
La madre a questo lamento, mandò un grido e ruppe in singhiozzi inconsolabili, dicendo: - No, figlio mio; era il mio amore per te, che mi ha fatto parlare in quella guisa... O figlio mio, vivi all'amore di tua madre... Prega, prega D. Bosco che ti guarisca.
D. Bosco, commosso, non poteva proferire parola. Infine suggerite alcune ragioni di conforto alla madre, benedisse l'infermo e partì. Il decreto di Dio fu però irrevocabile.
La preziosa eredità del Signore perduta dal figlio della nobile Dama, toccava ad un poverello dell'Oratorio. Il ch. Rocchietti Giuseppe, con gaudio indicibile di Don Bosco veniva ordinato prete nelle tempora dell'Avvento in quest'anno. Era il secondo sacerdote scelto da Dio fra gli alunni di Valdocco.
D. Rocchietti, come tutti gli altri suoi compagni, aveva sempre esperimentata la gran carità di D. Bosco. Un giorno abbisognando assolutamente di una veste talare, si recò nella camera di D. Bosco pregandolo a provvedergliela. Non aveva più parenti e mancava di ogni mezzo. In quel mattino stesso era stata portata a D. Bosco una veste nuova di cui egli pure abbisognava. Or bene; alla preghiera del Ch. Rocchietti, facendo egli il suo solito sorriso, gli disse: - Eccone qui una mandata a bella posta per te: Vedi un po' se ti sta bene. - E gliela diede. Il Ch. Anfossi incontrò Rocchietti nel mentre se ne ritornava nella sua cella giubilante e l'udì narrare l'atto caritatevole di D. Bosco.
Il prete novello amava D. Bosco e quantunque malaticcio, desiderava stare con lui. All'aspetto sembrava Sant'Alfonso Maria de' Liguori; e non si può dire quanto fosse viva in lui la pietà, ardente la sua predicazione, continue le sue belle azioni.
La festa della sua prima messa, celebrata il 19 dicembre, servì ai giovani di preparazione a quella del S. Natale, celebrata alla mezzanotte con gran fervore e raccoglimento, tanto più che erano stati profondamente colpiti da una parola di D. Bosco. Egli aveva detto che la propria vita non poteva naturalmente durare oltre i 50 anni; e che il prolungamento di questa sarebbe stato concesso alle preghiere dei giovani.
Da questo giorno, nelle feste, toccò a D. Rocchietti celebrare la Santa Messa alle 10 del mattino prima della predica. Finora era stata celebrata da D. Bosco, che da quel punto prese a dirla alle 5, pronto però a supplire D. Rocchietti quando mancava. Alle 7 saliva all'altare D. Alasonatti e un gran numero di interni ed esterni faceva la S. Comunione. Prima di questa messa era proibito ogni giuoco.
Una grande occupazione aveva D. Bosco in questi giorni; scrivere lettere di augurio ad un gran numero di persone benefiche e rispondere a tutti gli augurii, che gli giungevano da ogni parte. E non dimenticava i suoi giovani amici.
 
Al signor chierico Ruffino nel Seminario di Bra.
 
Car.mo Ruffino,
 
Ti ringrazio degli augurii che mi fai; Dio centuplichi quanto mi hai pregato. Fa di crescere nell'età e nel timore di Dio. La scienza della Teologia unitamente al santo timor di Dio siano l'oggetto delle tue sollecitudini.
Viriliter age: non coronabitur nisi qui legitime certaverit, sed singula huius vitae certamina sunt totidem coronae, quae nobis a Domino parantur in coelo. Ora pro me.
 
28 10 bris. 1858.
Tuus Sac. Bosco.
 
Il dicembre giunse al suo termine, e nell'ultima sera del 1858 Don Bosco dava nel refettorio nuovo, dopo le orazioni, i seguenti ricordi ai giovani della casa.
“ Passeranno secoli e secoli prima della fine del mondo, altri popoli ed altre nazioni si succederanno sulla terra, ma l'anno 1858 non ritornerà indietro mai più. Il tempo e gli uomini si sprofondano nell'eternità. Questo è il primo pensiero. Il secondo si rivolge all'anno 1859 che incomincia e, come suolsi in questi giorni fare da tutti, io pure auguro a voi una lunga vita. Ma questa lunga vita non è ciò che io più di tutto desidero augurarvi. I santi in questa occorrenza anch'essi solevano a vicenda farsi degli augurii, ma erano ben diversi da quelli, che fa il mondo. Dicevano: - La grazia del Signore sia di continuo con voi in quest'anno. - Possiate fare sempre la volontà di Dio. - La Vergine Santissima vi tenga sempre sotto la sua protezione. - Possiate crescere in meriti colle vostre opere buone.
 - Anch'io adunque voglio stasera lasciarvi alcuni ricordi che giovino all'anima e questi sono: Ai chierici: buon esempio ricordandosi sempre che sono Lumen Christi. Agli studenti: maggiore frequenza che possono alla SS. Eucaristia. Agli artigiani: siccome non possono frequentare tanto i SS. Sacramenti nei giorni feriali, frequenza ai SS. Sacramenti nei giorni festivi. A tutti in generale poi: buone confessioni, aprire candidamente il vostro cuore al confessore, poichè se il demonio fa tanto di poter indurre un giovane a tacere un peccato in confessione, costui giace in uno stato ben infelice e carico di sacrilegi è sull'orlo dell'eterna perdizione. Dunque confessatevi bene ed oltre la sincerità, in tutte le vostre confessioni vi siano il dolore ed il proponimento fermo: altrimenti sarebbe inutile anzi dannoso l'accostarsi al tribunale di penitenza; invece di benedizioni tireremo sui nostri capi la maledizione. Una cosa poi che abbiamo fra di noi in modo specialissimo, e non la conosciamo abbastanza, si è la protezione di Maria e quanto sia efficace il ricorrere a questa buona Madre. Recitate adunque e fatevi familiari quelle belle parole, che a Lei disse l'Angelo: Ave, Maria, gratia plena: e quelle che la S. Chiesa va ripetendo: Sancta Maria, Mater Dei, ora pro nobis. Alla sera quando andate a coricarvi dite sempre: Sancta Maria, Mater Dei, ora pro nobis. Al mattino appena siete svegliati ripetete sempre: Ave, Maria e vedrete il mirabile effetto di questa invocazione. Ciascheduno di voi faccia quello che ho detto, e il Signore vi conceda ogni felicità nell'anno, che sta per incominciare. Intanto voi non dimenticate di ringraziare la Divina Bontà dei tanti benefizii, che vi ha impartiti nel tempo trascorso ”.
Ciò detto D. Bosco tacque per un istante, girò lo sguardo affettuoso sulla folla dei giovani, e quindi ripigliò: “ Mettetevi tutti nel santo impegno di passare il nuovo anno nella grazia di Dio, poichè forse per taluno di noi sarà l'ultimo anno di vita. Anzi, dirò, soggiungeva, vi è tra i qui presenti un giovanetto, che deve passare all'eternità prima che finisca il Carnevale”.
Mentre così parlava teneva la mano sopra il capo di colui, che gli era più vicino, ed era Magone. Questi fissandogli in volto gli occhi, che avevano uno splendore di purezza angelica, gli domandò: - Dica! Sono io? - Don Bosco non rispose.
 - Ho capito, replicò Magone; sono io che debbo farmi il fagotto per l'eternità; bene; mi ci terrò preparato. - Coteste parole furono dai compagni accolte con riso, ma non se ne dimenticarono. Neppure Magone se ne scordò, ma non ne fu alterata la sua allegria e la sua giovialità; onde continuò ad adempiere colla massima diligenza i doveri del suo stato. Così D. Bosco chiudeva il 1858.
In quest'anno nell'Oratorio non vi era stato alcun funerale. Un sol giovane era passato all'eternità. Morgando Giuseppe da Torino, moriva all'Ospedale del Cottolengo il 24 novembre in età di 17 anni.
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