Egli aveva studiato i principii di latinità, a Mondonio; e perciò colla sua grande as¬≠siduità nello studio e colla non ordinaria sua capacità ottenne in breve di essere classifi¬≠cato nella quarta, o come diciamo oggidì, nella seconda grammatica latina.
del 05 maggio 2009
Studio di latinità. - Curiosi incidenti. - Contegno nella scuola. - Impedisce una rissa. - Evita un pericolo.
 
Egli aveva studiato i principii di latinità, a Mondonio; e perciò colla sua grande as­siduità nello studio e colla non ordinaria sua capacità ottenne in breve di essere classifi­cato nella quarta, o come diciamo oggidì, nella seconda grammatica latina. Fece egli questo corso presso il pio e caritatevole pro­fessore Bonzanino Giuseppe; imperciocché al­lora non erano ancora stabilite le scuole gin­nasiali nella casa dell’Oratorio, come sono presentemente. lo dovrei anche qui esprimere il suo contegno, profitto e la sua esemplarità colle stesse parole degl’antecedenti suoi mae­stri. Laonde esporrò solamente alcune cose che in quest’anno di latinità e ne’ due susse­guenti furono notate con particolare ammira­zione di coloro che lo conobbero. Il professore Bonzanino ebbe più volte a dire che non ricor­davasi di aver avuto alcuno più attento, più docile, più rispettoso, quale era il giovane Savio. Egli compariva modello in tutte le cose. Nel vestito e nella capigliatura non era punto ricercato; ma in quella modestia di abiti e nella umile sua condizione egli appariva pulito, ben educato, cortese, in guisa che i suoi compagni di civile ed an­che di nobile condizione, i quali in buon numero intervenivano alla detta scuola, gode­vano assai di potersi trattenere con Domenico non solo per la sua scienza e pietà, ma anche per le sue civili e piacevoli maniere di trattare. Se poi fosse avvenuto al profes­sore di ravvisare qualche scolaro un po’ ciar­liero, mettevagli Domenico a’ fianchi, ed e­gli con destrezza studiavasi di indurlo al si­lenzio, allo studio, all'adempimento de’ suoi doveri.
Egli è nel decorso di quest’anno , che la, vita di Domenico ci somministra un fatto | p. 35 | che ha dell’eroismo, e che è appena credi­bile in quella giovanile sua età. Esso ri­guarda a due suoi compagni di scuola che vennero tra di loro ad una rissa pericolosa. Il litigio cominciò da alcune parole dettesi scambievolmente in dispregio della loro fa­miglia. Dopo alcuni insulti si dissero villa­nie e si sfidarono a far valere le loro ra­gioni a colpi di pietra. Domenico giunse a scoprire quella discordia; ma come impedirla, essendo i due rivali maggiori di forze e di età? Si provò di persuaderli a desistere da quel progetto facendo ad ambidue osservare che la vendetta è contraria alla ragione ed alla santa legge di Dio; scrisse lettere al­l’uno e all’altro; li minacciò di riferire la cosa al professore ed anche ai loro parenti; ma tutto invano, i loro animi erano cosi inaspriti, che tornava inutile ogni parola. Oltre il pe­ricolo di farsi grave male nella persona, com­mettevasi grande offesa contro Dio. Domenico era oltre modo crucciato, desiderava di opporsi e non sapeva come. Dio lo inspirò di fare così. Li attese dopo la scuola, e come potò parlare ad ambidue da parte, disse: Poiché persistete nel bestiale vostro divisa­mento, vi prego almeno di voler accettare una condizione. L'accettiamo, risposero, pur­ché non impedisca la nostra sfida. Egli è un birbante, replicò tosto un di loro: ed io non sarò in pace con lui, soggiungeva l’altro, finché egli od io non abbiamo rotta la testa. Savio tremava a quel brutale diverbio, tut­tavia nel desiderio d'impedire maggior male si frenò e disse: La condizione che sono per mettervi non impedisce la sfida.
Comp. Qual è questa condizione?
Sav. Vorrei soltanto dirvela al luogo dove volete misurarvi a sassate.
Comp. Tu ci minchioni, o studierai di met­terci qualche incaglio.
Sav. Sarò con voi, e non vi minchionerò: state tranquilli.
Comp. Forse tu vorrai andare a chiamare qualcheduno.
Sav. Dovrei farlo, ma nol farò; andiamo, io sarò con voi. Mantenetemi soltanto la pa­rola.
Glielo promisero. Andarono nei tosi detti prati della Cittadella fuori di Porta Susa. ([1]) Tanto era l’odio dei due contendenti che a stento il Savio poté impedire che non ve­nissero alle mani nel breve tratto di strada che era a farsi.
Giunti al luogo stabilito, il Savio fece una cosa che certamente niuno sarebbesi imma­ginato. Lasciò che si ponessero in una certa distanza; già avevano le pietre in mano, cin­que cadono, quando Domenico parlò così: prima di effettuare la vostra sfida voglio che adempiate la condizione accettata. Ciò di­cendo trasse fuori il piccolo Crocifisso, che aveva al collo, e tenendolo alto in una mano, voglio, disse, che ciascheduno fissi lo sguardo in questo Crocifisso, di poi, gettando una pietra contro di me, pronunzi a chiara voce queste parole: Gesù Cristo innocente morì perdonando a’ suoi crocifissori, io peccatore voglio offenderlo e far una solenne vendetta.
Ciò detto andò ad inginocchiarsi davanti a colui che mostravasi più infuriato dicendo: Fa il primo colpo sopra di me: tira una forte sassata sul mio capo. Costui, che non si a­spettava simile proposta, cominciò a tremare. No, disse, e mai no. Io non ho alcuna cosa contro di te e vorrei difenderti, se qualcuno ti volesse oltraggiare.
Domenico, ciò udito, corse dall’altro di­cendo le stesse parole. Egli pure ne fu scon­certato e tremando diceva, che essendo egli suo amico, non gli avrebbe mai fatto alcun male.
Allora Domenico si rizzò in piedi, e pren­dendo un aspetto severo e commosso: come, loro disse, voi siete ambidue disposti ad af­frontare anche un grave pericolo per difen­dere me, che sono una miserabile creatura, e non siete capaci di perdonarvi un insulto ed una derisione fattavi nella scuola per sal­vare l’anima vostra, che costò il sangue del Salvatore, e che voi andate a perdere con questo peccato? Ciò detto si tacque, tenendo sempre il Crocifisso alto colla mano.
A tale spettacolo di carità e di coraggio i compagni furono vinti. «In quel momento, asserisce uno di loro, io fui intenerito; un freddo mi corse per le membra, e mi sentii pieno di vergogna per aver costretto un amico sì buono, come era Savio, ad usare mi­sure estreme per impedire l’empio nostro di­visamento. Volendogli almeno dare un segno di compiacenza perdonai di cuore a chi mi aveva offeso, e pregai Domenico di sugge­rirmi qualche paziente e caritatevole Sacer­dote per andarmi a confessare. Egli mi ap­pagò; ed alcuni giorni dopo andai col mio rivale a fare la confessione. In questa guisa dopo di essermi novellamente fatto suo a­mico fui riconciliato col Signore, che coll’odio e col desiderio di vendetta aveva di certo gravemente offeso.»
Esempio è questo ben degno di essere imi­tato da ogni giovane cristiano qualora gli av­venga di vedere il suo simile in atto di far vendetta. od essere da altri in qualche ma­niera offeso, oppure ingiuriato.
Quello poi che in questo fatto onora sin­golarmente la condotta e la carità del Savio si è il silenzio in cui seppe tenere quanto era accaduto. Ed ogni cosa sarebbe stata to­talmente ignorata se coloro stessi, che vi eb­bero parte, non l’avessero ripetutamente rac­contata.
L’andata poi ed il ritorno da scuola, che è tanto pericoloso pei giovanetti che dai vil­laggi vengono nelle grandi città, pel nostro Domenico fu un vero esercizio di virtù. Co­stante nell’eseguire gli ordini dei suoi su­periori, andava a scuola, ritornava a casa senza neppur dare un’occhiata, o porre a­scolto a cosa che ad un giovane cristiano non convenisse. Se avesse veduto alcuno a fermarsi, correre, saltellare, tirar pietre, o andar a passare in luoghi non permessi, egli tosto da costui si allontanava. Che anzi un giorno fu invitato ad andare a far una pas­seggiata senza permesso; un’altra volta venne consigliato ad ommettere la scuola per an­darsi a divertire, ma egli seppe sempre ri­spondere con un rifiuto. Il mio divertimento più bello, loro rispondeva, è l’adempimento de’ miei doveri: e se voi siete veri amici, do­vete consigliarmi ad adempirli con esattezza e non mai a trasgredirli. Nulladimeno ebbe la sventura di aver alcuni compagni che lo molestarono a segno, che il Savio si trovò sul punto di cadere nei loro lacci. E già ri­solvevasi di andare con loro e così per quel giorno tralasciare la scuola. Ma fatto breve tratto di cammino si accorse che seguiva un cattivo consiglio , ne provò gran rimorso, chiamò i tristi consiglieri, e loro disse: Miei cari, il dovere m’impone di andare a scuola ed io vi voglio andare: noi facciamo cosa che dispiace a Dio ed ai nostri superiori. Sono pentito di quello che ho fatto; se mi darete altra volta somiglianti consigli, voi ces­serete di essere miei amici.
Quei giovani accolsero l’avviso del loro amico; andarono seco lui a scuola, e per l’avvenire non cercarono più di distoglierlo da’ suoi doveri. Nel fine dell’anno, mediante la sua buona condotta o la sua costante sollecitudine allo studio, meritò di essere promosso fra gli ottimi alla classe superiore. Ma sul principio del terzo anno di grammatica la sanità di Domenico apparendo alquanto deteriorata, si giudicò bene di lasciargli fare il corso privato qui nella casa dell'Oratorio, a fine di potergli usare i dovuti riguardi nel riposo, nello studio e nella ricreazione.
L'anno di umanità o di 1a retorica sem­brando meglio in salute, fu mandato dai benemerito signor professore D. Picco Mat­teo. Esso aveva già più volte udito a parlare delle belle doti che adornavano il Savio, sic­ché di buon grado l’accolse gratuitamente nella sua scuola che passava fra le migliori approvate in questa nostra città.
Molte sono le cose edificanti o dette o fatte dal Savio nell' anno di terza, grama­tica e di prima retorica; e noi le andremo esponendo di mano in mano che racconte­remo i fatti che con quelle sono collegati.
[1] Quei prati ora sono tutti coperti di edifizi ed il sito di quell’alterco corrisponde all’ara sopra cui giace la chiesa parochiale di S. Barbara.
san Giovanni Bosco
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