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CAPO XIII

Fra i doni, di cui Dio lo arricchì, era eminente quello del fervore nella preghiera. Il suo spirito era così abituato a conver¬≠sare con Dio, che in qualsiasi luogo, anche in mezzo ai più clamorosi trambusti, rac¬≠coglieva i suoi pensieri e con pii affetti sollevava il cuore a Dio.


CAPO XIII

da Spiritualità Salesiana

del 05 maggio 2009

Suo spirito di preghiera. - Divozione verso la Madre di Dio. - Il mese di Maria.

 

Fra i doni, di cui Dio lo arricchì, era eminente quello del fervore nella preghiera. Il suo spirito era così abituato a conver­sare con Dio, che in qualsiasi luogo, anche in mezzo ai più clamorosi trambusti, rac­coglieva i suoi pensieri e con pii affetti sollevava il cuore a Dio.

Quando poi si metteva a pregare in co­mune pareva veramente un angioletto: im­mobile e composto a divozione in tutta la persona, senza appoggiarsi altrove, fuorché sopra le ginocchia, colla faccia ridente, col capo alquanto chino, cogli occhi bassi a­vresti detto un altro S. Luigi.

Bastava vederlo per esserne edificati. L’anno 1854 fu eletto il signor conte Cays priore della compagnia di S. Luigi, eretta in quest’Oratorio. La prima volta che prese parte alle nostre funzioni vide egli un gio­vanetto che pregava con atteggiamento così divoto, che ne fu pieno di stupore. Termi­nate le sacre funzioni volle informarsi e sa­pere chi fosse quel fanciullo che era stato il soggetto della sua ammirazione : quel fanciullo era Domenico Savio.

La stessa sua ricreazione era quasi sem­pre dimezzata; una parte per lo più era passata in pia lettura, oppur in qualche pre­ghiera che egli andava a fare in chiesa con alcuni compagni in suffragio delle anime del purgatorio o in onore di Maria Santis­sima.

La divozione verso la Madre di Dio in Domenico era grande assai. In onore di lei faceva ogni giorno qualche mortificazione. Non rimirava mai in laccia persone di sesso diverso; andando a scuola non alzava mai gli occhi. Talvolta passava vicino a pub­blici spettacoli, che dai compagni rimira­vansi con tale ansietà da non saper più dove si fossero. Interrogato il Savio se quelli spettacoli gli fossero piaciuti rispon­deva, che nulla aveva veduto. Di che quasi incollerito una volta un compagno lo rim­proverò dicendo: Che vuoi dunque fare degli occhi, se, non te ne servi a rimirare queste cose? Io voglio servirmene, rispon­deva, per rimirare la faccia della nostra celeste Madre Maria, quando, se coll’aiuto di Dio ne sarò degno, andrò a trovarla in paradiso.

Aveva una speciale divozione all’imma­colato cuore di Maria. Tutte le volte che recavasi in chiesa andava avanti all’altare di lei per pregarla ad ottenergli la grazia di conservare il suo cuore sempre lontano da ogni affetto impuro. Maria, diceva, io voglio essere sempre vostro figliuolo: ot­tenetemi di morire prima che io commetta un peccato contrario alla virtù della mo­destia.

Ogni venerdì poi sceglieva un tempo di ricreazione, si portava in chiesa con altri compagni per recitare la corona de’ sette dolori di Maria, o almeno le litanie di Maria addolorata.

Non solo era egli divoto di Maria SS., ma godeva assai quando poteva condurre qualcheduno a prestarle pratiche dì pietà. Un giorno di sabato aveva invitato un com­pagno a recarsi con lui in chiesa a reci­tare il vespro della B. Vergine. Questi si arrendeva di malavoglia, adducendo aver freddo alle mani. Domenico si levò i guanti dalle mani e glieli diede, e così andarono ambidue in chiesa. Altra volta si tolse il mantelletto dalle proprie spalle, per im­prestarlo ad un altro, affinché andasse vo­lentieri con lui in chiesa a pregare. Chi non sentesi compreso d'ammirazione a tali atti di generosa pietà?

In nessun tempo Domenico appariva mag­giormente infervorato verso la celeste nostra protettrice Maria quanto nel mese di maggio. Si accordava con altri per fare ogni giorno di quel mese qualche pratica parti­colare oltre a quanto aveva luogo nella pub­blica chiesa. Preparavasi una serie di e­sempi edificanti, che egli andava con gran piacere raccontando per animare altri ad essere divoti di Maria. Ne parlava spesso in ricreazione: animava tutti a confessarsi e frequentare la santa comunione specialmente in quel mese. Egli ne dava l’esempio accostandosi ogni giorno alla mensa euca­ristica con tale raccoglimento, che maggiore non si può desiderare.

Un curioso episodio fa vedere la tene­rezza del suo cuore per la divozione di Maria. Gli alunni della camera, ove egli dormiva, deliberarono di fare a spese pro­prie un elegante altarino, che servisse a solennizzare la chiusura del mese di Maria. Domenico era tutto in faccende per questo affare; ma venendosi alla quota che cia­scuno avrebbe dovuto sborsare: ohimè! e­sclamò, sì che stiamo bene! per questi affari ci vogliono danari; ed io non ho un quattrino in tasca. Pure voglio fare qualche cosa a qualunque costo. Andò, prese un libro, che eragli stato donato in premio, e chiestone il permesso dal superiore, ritornò pieno di gioia dicendo: Compagni, eccomi in grado di concorrere anch’io per onorar Maria prendete questo libro, cavatene quell’uti­lità che potete; questa è la mia oblazione.

Alla vista di quell’atto spontaneo e così generoso s’intenerirono i compagni, e vol­lero essi pure offerir libri ed altri oggetti. Con essi fu fatta una piccola lotteria, il cui prodotto fu abbondante per sopperire alle spese che occorrevano.

Terminato l’altare, i giovani desideravano di celebrare la loro festa colla massima sontuosità. Ognuno se ne dava grande sol­lecitudine, ma non essendosi potuto total­mente terminare l’apparato, era mestiere lavorare la notte precedente alla festa. Io, disse il Savio, io passerò volentieri la notte lavorando. Ma i suoi compagni, perché aveva poco prima fatto una malattia, l’ob­bligarono di andarsi a coricare. Non vo­leva arrendersi, e solo andò a letto per ubbidienza. Almeno, disse ad uno dei com­pagni, appena sia tutto terminato, vienmi tosto a risvegliare, affinché io possa essere de’ primi a rimirare l’altare addobbato in onore della nostra cara madre.

 

san Giovanni Bosco

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