Ognuno era amico con Domenico: chi non lo amava, lo rispettava per le sue virtù. Egli sapeva poi passarsela bene con tutti. Era così rassodato nella virtù che fu consigliato di trattenersi anche con alcuni giovani al¬≠quanto discoli per far prova di guadagnarli al Signore.
del 05 maggio 2009
Sue amicizie particolari - Sue relazioni col giovane Gavio Camillo.
 
Ognuno era amico con Domenico: chi non lo amava, lo rispettava per le sue virtù. Egli sapeva poi passarsela bene con tutti. Era così rassodato nella virtù che fu consigliato di trattenersi anche con alcuni giovani al­quanto discoli per far prova di guadagnarli al Signore. Ed egli approfittava della ricre­azione, dei trastulli, dei discorsi anche in­differenti per tirarne vantaggio spirituale. Tuttavia quelli che erano inscritti nella so­cietà dell’Immacolata Concezione erano i suoi amici particolari, coi quali, come si è detto, si radunava ora in conferenze spiri­tuali, ora per compiere esercizi di cristiana pietà. Queste conferenze tenevansi con li­cenza dei superiori; ma erano assistite e regolate dagli stessi giovani. In esse trat­tavano del modo di celebrare le novene delle maggiori solennità, si ripartivano le comunioni, che ciascuno avrebbe avuto cura di fare in giorni determinati della settimana, si assegnavano a vicenda quei giovani che avevano maggior bisogno di assistenza mo­rale e ciascuno lo faceva suo cliente, ovvero protetto, e adoperavano tutti i mezzi che suggerisce la carità cristiana per avviarlo alla virtù.
Il Savio era dei più animati, e si può dire che in queste conferenze la faceva da dottore. Si potrebbero accennare parecchi compa­gni del Savio che prendevano parte a queste conferenze e che trattarono molto con lui, ma essendo ancor essi tra’ vivi, pare pru­denza non parlarne. Ne accennerò solamente due, che sono già stati da Dio chiamati alla patria celeste. Questi sono Gavio Camillo di Tortona, e Massaglia Giovanni di Mar­morito. Il Gavio dimorò solamente due mesi tra noi, e questo tempo bastò per lasciare santa rimembranza di sé presso i compagni.
La sua luminosa pietà e il suo gran genio per la pittura e scoltura avevano risolto il municipio di quella città ad aiutarlo affinché potesse venire a Torino a proseguir gli stu­dii per l'arte sua. Egli aveva fatto una grave malattia in patria; e come venne all'Orato­rio sia per essere convalescente, sia per tro­varsi lontano dalla patria e dai parenti, sia anche per la compagnia dei giovanetti tutti sconosciuti, se ne stava osservando gli altri a trastullarsi, ma assorto in gravi pensieri. Lo vide il Savio, e tosto si avvicino per con­fortarlo, e tenne secolui questo preciso di­scorso.
Il Savio cominciò: Ebbene, mio caro, non conosci ancora alcuno, non è vero?
Gavio È vero, - ma mi ricreo rimirando gli altri a trastullarsi.
- Come ti chiami?
- Gavio Camillo di Tortona.
- Quanti anni hai ?
- Ne ho quindici compiuti.
- Da che deriva quella malinconia che ti trasparisce in volto; sei forse stato amma­lato?
- Sì, sono stato veramente ammalato; ho fatto una malattia di palpitazione, che mi portò sull’orlo della tomba, ed ora non ne sono ancora ben guarito.
- Desideri di guarire, non è vero?
- Non tanto, desidero di far la volontà di Dio.
Queste ultime parole fecero conoscere il Gavio per un giovane di non ordinaria pietà e cagionarono nel cuor del Savio una vera consolazione: sicché con tutta confidenza continuò: chi desidera di fare la volontà di Dio, desidera di santificare se stesso; hai dunque volontà di farti santo?
- Questa volontà in me è grande.
- Bene: accresceremo il numero dei no­stri amici, tu sarai uno di quelli che pren­deranno parte a quanto facciamo noi per farci santi.
- È bello quanto mi dici; ma io non so che cosa debba fare!
- Te lo dirò io in poche parole; sappi che noi qui facciamo consistere la santità nello star molto allegri. Noi procureremo soltanto di evitar il peccato, come un gran nemico che ci ruba la grazia di Dio e la pace del cuore, procureremo di adempiere esattamente i nostri doveri, e frequentare le cose di pietà. Comincia fin d’oggi a scriverti per ricordo: Servite Domino in laetitia, ser­viamo il Signore in santa allegria.
Questo discorso fu come un balsamo alle afflizioni del Gavio, che ne provò un vero conforto. Che anzi da quel giorno in poi egli divenne fido amico del Savio e costante se­guace delle sue virtù. Ma la malattia che lo aveva portato sull’orlo della tomba, e che non era stata sradicata, in capo a due mesi ricomparve, e malgrado le sollecitudini dei medici e degli amici non le si poté più tro­vare rimedio. Dopo alcuni giorni di peggio­ramento, dopo di aver con grande edifica­zione ricevuti gli ultimi Sacramenti, mandava l’anima al Creatore il 30 dicembre 1856.
Domenico andò più volte a visitarlo nel corso della malattia e si offriva di passare le notti vegliando presso lui, sebbene non gli venisse permesso. Quando seppe che era spirato, volle andarlo a vedere per l’ul­tima volta, e mirandolo estinto, commosso gli diceva: Addio, o Gavio, io sono intima­mente persuaso che tu sei volato al cielo; perciò prepara anche un posto per me. Io ti sarò sempre amico, ma finché il Signore mi lascierà in vita, pregherò pel riposo dell’anima tua.
Dopo andò con altri compagni a recitare l’uffizio dei morti nella camera del defunto, si fecero altre preghiere lungo il giorno; quindi invitò alcuni dei più buoni condisce­poli a fare la santa comunione, ed egli steso la fece più volte in suffragio dell’amico defunto.
Tra le altre cose egli disse a’ suoi amici Miei cari, non dimentichiamo l’anima del nostro amico. Io spero che a quest’ora egli goda già la gloria del cielo; tuttavia non cessiamo di pregare pel riposo dell’anima di lui. Tutto quello che ora facciamo per lui, Dio disporrà che altri lo faccia un giorno per noi.
 
san Giovanni Bosco
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