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CAPO XXI

Chi ha letto quanto abbiamo finora scritto intorno al giovane Savio Domenico, cono¬≠scerà di leggeri che la vita di lui fu una continua preparazione alla morte. Ma egli reputava la compagnia dell'Immacolata Concezione come un mezzo efficace per assicu¬≠rarsi la protezione di Maria in punto di morte, che ognuno presagiva non essergli lontana.


CAPO XXI

da Spiritualità Salesiana

del 05 maggio 2009

Suoi pensieri sopra la morte, e sua preparazione a morir santamente.

 

Chi ha letto quanto abbiamo finora scritto intorno al giovane Savio Domenico, cono­scerà di leggeri che la vita di lui fu una continua preparazione alla morte. Ma egli reputava la compagnia dell’Immacolata Concezione come un mezzo efficace per assicu­rarsi la protezione di Maria in punto di morte, che ognuno presagiva non essergli lontana. Io non so se egli abbia avuto da Dio rive­lazione del giorno e delle circostanze di sua morte, o ne avesse egli solo un pio presen­timento. Ma è certo che ne parlò molto tempo avanti che quella avvenisse; e ciò facea con tale chiarezza di racconto, che me­glio non avrebbe fatto chi ne avesse par­lato dopo la medesima di lui morte.

In vista del suo stato di salute gli si usa­vano tutti i riguardi per moderarlo nelle cose di studio e di pietà; tuttavia e per la na­turale gracilità, e per alcuni incomodi per­sonali ed anche per la continua tensione di spirito, gli si andavano ogni giorno dimi­nuendo le forze. Egli stesso se ne accorgeva, e talvolta andava dicendo: Bisogna che io corra, altrimenti la notte mi sorprende per istrada. Volendo dire che gli restava poco tempo di vita e che doveva essere sollecito in fare opere buone prima che giungesse la morte.

Avvi l’uso in questa casa che i nostri gio­vani facciano l’esercizio della buona morte una volta al mese. Consiste questo eserci­zio nel prepararci a fare una confessione e comunione come fosse l’ultima della vita. Il regnante Pio IX nella sua grande bontà arricchì questo esercizio di pietà di varie in­dulgenze. Domenico lo faceva con un racco­glimento, che non si può dire maggiore. In fine della sacra funzione si suole recitare un Pater ed Ave per colui che tra gli astanti sarà il primo a morire. Un giorno scherzando egli disse: In luogo di dire per colui che sarà il primo a morire, dica così: un Pater ed Ave per Savio Domenico che di noi sarà il primo a morire. Questo disse più volte.

Sul finire di aprile del 1856 egli si pre­sentò al Direttore e gli domandò come a­vrebbe dovuto fare per celebrare santamente il mese di Maria.

- Lo celebrerai, rispose, coll’esatto a­dempimento de’ tuoi doveri, raccontando o­gni dì un esempio in onore di Maria, e pro­curando di regolarti in modo da poter fare in ciascun giorno la santa comunione.

- Ciò procurerò di fare puntualmente; ma quale grazia dovrò dimandare?

- Dimanderai alla santa Vergine che ti ottenga da Dio sanità e grazia per farti santo.

- Che mi aiuti a farmi santo, che mi a­iuti a fare una santa morte, e che negli ul­timi momenti di vita mi assista e mi con­duca al cielo.

Di fatto egli dimostrò tale fervore nel decorso di quel mese, che sembrava un an­gelo vestito di umane spoglie. Se scriveva parlava di Maria; se studiava, cantava, an­dava a scuola, tutto era per onore di Lei. In ricreazione procurava di aver ogni giorno pronto un esempio per raccontarlo ora a que­sti, ora a quegli altri compagni radunati.

Un compagno un giorno gli disse: Se fai tutto in quest’anno, che cosa vorrai fare un altro anno?

Lascia far da me, rispose: in quest’anno voglio fare quel che posso; l’anno venturo, se ci sarò ancora, ti dirò quello che sarò per fare.

Per usare tutti i mezzi atti a fargli riac­quistare la sanità ho fatto fare; un consulto di medici. Tutti ammirarono la giovialità, la prontezza, di spirito e l’assennatezza delle risposte di Domenico. Il dottor Francesco Vallauri, di felice memoria, che era uno dei benemeriti consulenti, pieno dì ammira­zione: Che perla preziosa, disse, è mai que­sto giovanetto!

- Qual è l’origine del malore che gli fa diminuire la sanità ogni giorno più? gli dimandai.

- La sua gracile complessione, la cogni­zione precoce, la continua tensione di spirito, sono come lime che gli rodono insensibil­mente le forze vitali.

- Qual rimedio potrebbe tornargli mag­giormente utile?

- Il rimedio più utile sarebbe lasciarlo andare al paradiso, per cui mi pare assai preparato. L’unica cosa che potrebbe pro­trargli la vita si è l’allontanarlo intiera­mente qualche tempo dallo studio, e tratte­nerlo in occupazioni materiali adattate alle sue forze.

 

san Giovanni Bosco

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