CAPO XXV

E verità di fede che l'uomo raccoglie in punto di morte il frutto delle opere sue. Quae seminaverit homo, haec et metet. Se in vita sua ha seminato opere buone, egli rac¬≠coglierà in quegli ultimi momenti frutti di consolazione; se ha seminato opere cattive, allora raccoglierà desolazione sopra desola¬≠zione.

CAPO XXV

da Spiritualità Salesiana

del 05 maggio 2009

Suoi ultimi momenti e sua preziosa morte.

E verità di fede che l’uomo raccoglie in punto di morte il frutto delle opere sue. Quae seminaverit homo, haec et metet. Se in vita sua ha seminato opere buone, egli rac­coglierà in quegli ultimi momenti frutti di consolazione; se ha seminato opere cattive, allora raccoglierà desolazione sopra desola­zione. Nulladimeno avviene talvolta che ani­me buone dopo una santa vita provino terrore e spavento all’avvicinarsi l’ora della morte. Questo accade secondo gli adorabili decreti di Dio, che vuole purgare quelle anime dalle piccole macchie che forse hanno contratto in vita e tosi assicurare e rendere loro più bella la corona di gloria in cielo. Del no­stro Savio non fu tosi. Io credo che Iddio abbia voluto dargli tutto quel centuplo che alle anime dei giusti egli fa precedere alla gloria del paradiso. Difatto l’innocenza conservata fino all’ultimo momento di vita, la sua viva fede, e le continue preghiere, le lunghe sue penitenze e la vita tutta seminata di tribolazioni gli meritarono certamente quel conforto in punto di morte.

Egli adunque vedeva appressarsi la morte colla tranquillità dell’anima innocente; anzi sembrava che nemmeno il suo corpo provasse gli affanni e le oppressioni che sono inseparabili dagli sforzi che naturalmente l’anima deve fare nel rompere i legami del corpo. Insomma la morte del Savio si può chiamare piuttosto riposo, che morte.

Era la sera del 9 marzo 1857, egli aveva ricevuto tutti i conforti di nostra santa cattolica religione. Chi l’udiva soltanto a parlare e ne rimirava la serenità del volto, avrebbe in lui ravvisato chi giace a letto per riposo. L’aria allegra, gli sguardi tuttora vivaci, piena cognizione di se stesso, erano cose che facevano tutti maravigiare e niuno fuori di lui poteva persuadersi che egli si trovasse in punto di morte.

Un’ora e mezzo prima che tramandasse l’ultimo respiro il prevosto l’andò a visitare, e al vederne la tranquillità lo stava con istupore ascoltando a raccomandarsi l’anima. Egli faceva frequenti e prolungate giaculatorie, che tendevano tutte a manifestare il vivo di lui desiderio di andare presto in cielo. Quale cosa suggerire per raccomandare l’anima ad agonizzanti di questa fatta? disse il prevosto. Dopo aver recitato con lui alcune preghiere, il paroco era per uscire, quando Savio lo chiamò di­cendo: signor prevosto, prima di partire mi lasci qualche ricordo. - Per me, rispose, non saprei che ricordo lasciarti. - Qualche ricordo, che mi conforti. - Non saprei dirti altro se non che ti ricordi della passione del Signore. Deo gratias, rispose, la passione di nostro Signor Gesù Cristo sia sempre nella mia, mente, nella mia bocca, nel mio cuore. Gesù, Giuseppe e Maria, assistetemi in questa ultima agonia; Gesù, Giuseppe e Maria, spiri in pace con voi l’anima mia. Dopo tali parole si addormentò e prese mez­z’ora di riposo. Indi svegliatosi volse uno sguardo ai suoi parenti: papà, disse, ci siamo.

- Eccomi, figliuol mio, che ti abbisogna?

- Mio caro papà, è tempo; prendete il mio Giovane provveduto ([1]) e leggetemi le preghiere della buona morte.

A queste parole la madre ruppe in pianto e si allontanò dalla camera dell'infermo. Al padre scoppiava il cuore di dolore, e le lagrime gli soffocavano la voce; tuttavia si fece coraggio e si mise a leggere quella preghiera. Egli ripeteva attentamente e di­stintamente ogni parola; ma infine di cia­scuna parte voleva dire da solo: Misericordioso Gesù, abbiate pietà di me. Giunto alle parole: Quando finalmente l’anima, mia com­parirà davanti a voi, e vedrà per la prima volta lo splendore immortale della vostra maestà, non la rigettate dal vostro cospetto, ma degnatevi di ricevermi nel seno amo­roso della vostra misericordia, affinché io canti eternamente le vostri lodi; ebbene, soggiunse, questo è appunto quello che io desidero. Oh caro papà, cantare eternamente le lodi del Signore! Poscia parve prendere di nuovo un po’ di sonno a guisa di chi riflette seriamente a cosa di grande im­portanza. Di lì a poco si risvegliò e con voce chiara e ridente: Addio, caro papà, addio: il prevosto voleva ancora dirmi al­tro, ed io non posso più ricordarmi... Oh! che bella cosa io vedo mai... Così dicendo e ridendo con aria di paradiso spirò colle mani giunte innanzi al petto in forma di croce senza fare il minimo movimento. Va pure, anima fedele al tuo Creatore, il cielo ti è aperto, gli angioli ed i santi ti hanno preparata una gran festa; quel Gesù che tanto amasti t’invita e ti chiama di­cendo: Vieni, servo buono e fedele, vieni, tu hai combattuto, hai riportato vittoria, ora vieni al possesso di un gaudio che non ti man­cherà mai più: Intra in gaudium Domini tui.

[1] Con questo nome indicava un libro totalmente diretto alla gioventù che ha per titolo: il Giovane Provveduto per la pratica de suoi doveri, degli eser­cizi di cristiana pietà, per la recita dell’uffizio della B. Vergine, dei vespri di tutto l’anno e dell’uffizio dei morti ecc.

san Giovanni Bosco

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