Tu che vai in Darfur a fare l'anticonformista perché non torni qui a dire che l'aborto è un omicidio e che domenica è il giorno del Signore e i negozi vanno chiusi? Provaci davvero a fare l'anticonformista, vedrai come ti guardano...
del 21 gennaio 2007
Carissima Michela,
mi hai chiesto di non renderti riconoscibile perché sai che questa lettera la farò leggere in giro. Ubbidisco come posso. Non citerò la tua città e nemmeno la tua regione. Non dirò se sei del nord, del centro o del sud. Ovviamente non farò il tuo cognome che peraltro non ricordo o forse non ho mai saputo, lo hai capito benissimo che ho la testa ovunque e quindi da nessuna parte, mi hai appena colto in fallo, dieci minuti fa al telefono, ti ho chiesto se eri figlia unica e tu: “Te l’avevo detto che ho una sorella, non stai attento quando ti parlo, questo è grave”.
Ha scritto Simone Weil, che non so per quale ragione comincio a citare spesso: “L’attenzione, nel suo grado più elevato, e la preghiera sono la stessa cosa”. Infatti io sono disattento e prego male, penso sempre a qualcosa d’altro e non ti dico a cosa. Sono un omuncolo moderno, faccio dieci cose alla volta, ti sto scrivendo mentre ascolto i Tenhi, un gruppo finlandese che per fortuna canta in finlandese quindi almeno le parole non disturbano, ho il telefonino acceso, muto ma con la vibrazione, perciò lo controllo spesso perché magari qualche tremore mi è sfuggito, e ogni dieci righe o forse cinque o anche quattro controllo la posta elettronica, chissà che qualcuno mi abbia scritto una mail urgentissima.
Sono ridotto così ed è in queste condizioni che ti sto scrivendo per spiegarti la Santissima Trinità allo scopo di salvare la tua vita e la tua anima, la mia vita e la mia anima. Chiaramente credo nei miracoli. Occulterò varie cose di te ma non il tuo nome. Ho sempre odiato nomignoli, pseudonimi, nomi d’arte. Le maschere mi piacciono a Carnevale, per il resto dell’anno presto attenzione solo a chi mette il nome e la faccia. Non ho mai dato il minimo credito ad Aldo Nove, che all’anagrafe risulta Antonio Centanin, disprezzo Nicolas Cage per aver seppellito il suo vero cognome, Coppola, e quindi le sue origini italiane, e darò retta ad Andrea Pinketts solo quando dimostrerà di chiamarsi in questo modo bislacco mostrandomi la sua carta di identità. Pensavo fosse una delle mie tante insofferenze fino a quando non ho letto il Catechismo: “Dio chiama ciascuno per nome. Il nome di ogni uomo è sacro. Il nome è l’icona della persona. Esige il rispetto, come segno della dignità di colui che lo porta”. Quindi Michela non ti sognare che ti ribattezzi. Fra l’altro è un nome molto bello, non troppo comune e pieno di religione.
Penso che ti farebbe bene leggere qualcosa sull’arcangelo Michele: angelo dell’Apocalisse, difensore della Chiesa, capo delle milizie celesti e quindi protettore dei paracadutisti, combattente del drago (Satana) e perciò raffigurato con la spada. Il suo nome in ebraico è un minaccioso grido di guerra: Mi-k-El, Chi-come-Dio. Suona ironicamente inadatto a un’infermiera volontaria nel Darfur, ciò che tu sei in questo momento. Il tuo Santo è scontento, molto scontento, di una giovane donna che accecata dalla carità è partita per l’Africa dimenticandosi la verità a casa e in questo modo rinnegando la Santissima Trinità in tutte le sue persone: il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Soprattutto il Figlio. Ma prima di parlare del tuo tradimento, inconsapevole, rimediabile, mi tocca ripeterti che cos’è la Trinità. Preferirei che lo facesse un prete ma purtroppo manca la materia prima: i preti in cui vado a sbattere fanno tutti i mestieri meno che il loro e sembrano tutto meno che preti. Mai il declino della forma è andato così di pari passo col declino della sostanza.
Davanti alla mia finestra c’è la chiesa di san Tommaso che mi allieta con le sue campane per il resto è come se non ci fosse, ogni tanto vedo il parroco per strada, che sia un sacerdote lo sanno in pochi siccome veste come un qualsiasi pensionato a basso reddito, e in più fuma, si trascina per strada Farini sempre con la sigaretta in mano, è uno spettacolo straziante, un’oscena esibizione di indegnità, non ti posso mandare a ripetizione di catechismo da lui. Tocca a me, quindi. Spero che il compito mi sia facilitato dal tuo essere cattolica praticante (dal tuo esserlo in Italia visto che in Darfur mi sembra di aver capito che nascondi la tua fede accuratamente, non sia mai che i malati maomettani si turbino). Un amico mi ha consigliato di saccheggiare “Ortodossia” di Chesterton, uno dei tanti inglesi che ha abbandonato lo smorto anglicanesimo per la Vera Religione, quella che Cristo ha voluto fosse tramandata di generazione in generazione da Santa Romana Chiesa. Chesterton pare che abbia trovato parole mirabili per spiegare il mistero della Santissima Trinità ma purtroppo io di libri religiosi ho fatto il pieno, non ne posso più, vorrei leggere qualcosa di divertente, non so di preciso cosa ma di sicuro nulla che si intitoli “Ortodossia”. Chesterton un’altra volta. Allora apro il Catechismo, alla ricerca di una formula breve e risolutiva. Accidenti, mi viene da sbadigliare, non so se per colpa delle poco entusiasmanti citazioni ricavate dai concili di Toledo, di Firenze, di Lione, di Costantinopoli eccetera, o perché a pranzo come spesso accade ho mangiato e bevuto troppo. Forse non dovrei dirtelo visto che in quella casa del diavolo dove ti sei spedita da sola ti cibi quasi esclusivamente di pane e pomodori, “ogni tanto qualche melanzana e anche angurie, ma solo nella stagione delle piogge”, e infatti in cinque mesi sei dimagrita dieci chili (quando ho finito di scrivere questa lettera potrei chiamare Panorama per proporre un articolo sulla dieta Darfur). Ma te lo dico lo stesso perché in quella misera regione ci sei voluta andare tu, non ti ha obbligato nessuno, e a differenza dei tuoi assistiti puoi prendere un aereo quando vuoi e sbarcare dopo poche ore nel Buon Paese, l’Italia, dove ti aspetto per portarti a mangiare ma soprattutto a bere (sospetto che in Sudan di alcolici non vi sia abbondanza, o sbaglio?).
Chiudo il Catechismo e provo a dirtelo con parole mie, aiutandomi col Simbolo degli Apostoli, il Credo supersintetico che viene usato solo in quaresima ma dipendesse da me sarebbe usato tutto l’anno: la prolissità è un segno di sfiducia nella parola e nel suo contenuto, le messe sono troppo lunghe e i preti troppo loquaci, la verità non ha bisogno di tante chiacchiere. “Io credo in Dio, Padre onnipotente, Creatore del cielo e della terra”. E uno. “E in Gesù Cristo, Suo unico Figlio, nostro Signore”. E due. “Il quale fu concepito di Spirito Santo.” E tre. Non è difficile contare fino a tre eppure in Sudan sembra che tu non ci riesca più, almeno a giudicare dalla scenetta che mi hai raccontato. “Sono stata in un villaggio, lo sceicco è venuto a darmi il benvenuto: ti ringrazio per essere venuta qui, pregherò perché Dio ti ripaghi, siamo tutti figli dello stesso Dio. E io mi sono messa a piangere”. Effettivamente c’è da piangere, ma non per le parole dello sceicco, per le parole tue. C’è una bella differenza tra il Dio monolitico degli ebrei e dei maomettani e il Dio cristiano che si è fatto uomo. Il poeta polacco Milosz scrisse di qualcuno che “confidava in Dio solo perché questi aveva consegnato al martirio il suo unico figlio”. Quel qualcuno potrei essere io. Ovviamente crederei in Dio anche se non si fosse incarnato nel ventre di Maria, per essere atei bisogna che oltre al cuore non funzioni nemmeno il cervello, però senza Gesù mi fiderei molto meno, quasi niente.
“Il Cristo è l’unico Dio che ha avuto l’adorabile idea di sacrificarsi. Per questo la sua parola è autentica parola d’amore” ha scritto un mio amico bolognese, l’ultimo dei filosofi peripatetici, Stefano Bonaga. Lo conosci? Forse è meglio di no, nemmeno lui somiglia a un missionario comboniano, porta i pantaloni di pelle come me e certe signorine seguaci della setta pauperista potrebbero avere da ridire. Sto parlando di te, Michela, che mi hai detto di avere deciso da un giorno all’altro di andartene dall’Italia perché “non potevi sopportare più nulla di ciò che è borghese”. Caspiterina. La parola “borghese” nel dizionario De Mauro ha ben sei accezioni, qualcosa mi dice che tu la usi per indicare ciò “che tende al quieto vivere, al raggiungimento del benessere materiale, al rispetto formale dell’ordine costituito”. In questo caso i sinonimi sono “benpensante, conformista”. Bene, non c’era bisogno di prendere tre aerei, Milano-Francoforte, Francoforte-Karthum, Karthum-Darfur, per esercitare il tuo anticonformismo. Torna in Italia e comincia a dire in giro che l’aborto è un omicidio, che il matrimonio è indissolubile perché Gesù vuole che “l’uomo non separi ciò che Dio ha congiunto”, che la domenica i negozi devono stare chiusi essendo il giorno del Signore, e vedrai come ti guardano. Tu poi che sei infermiera avresti moltissime occasioni per vivere pericolosamente. Tutto l’odio per l’uomo, per l’enorme valore che Cristo ha dato all’uomo (un valore che prima di Cristo non c’era e che dopo Cristo non c’è più) si sta concentrando fra laboratori medici e corsie di ospedale: morte indotta, anticoncezionali, manipolazione genetica…
Vuoi cacciarti nei guai? Distribuisci Vangeli ai malati e appendi crocifissi sui loro letti. Vuoi essere evitata come una lebbrosa? Ricorda alle persone che tu cercherai di guarirle ma che prima o poi devono comunque morire. Il farmacista timorato di Dio che si rifiuta di vendere la pillola-del-giornodopo perde fatturato e rischia di essere denunciato per interruzione di pubblico servizio. “Sarete odiati da tutti per causa del mio nome”. Anche solo il segno della croce può risultare molto fastidioso, è come l’aglio per le streghe. E’ il gesto fondamentale della preghiera cristiana, è porsi sotto la protezione della croce, tenerla davanti a sè come uno scudo. Nel Darfur te lo fai? Il segno della croce è appunto la traduzione in gesto della fede nella Santissima Trinità, “in nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”. Non è gradito ai sostenitori del Dio unico e purchessia, del Dio generico che va bene a tutti e non serve a nessuno. La filastrocca del Dio unico è un luogo talmente comune da essere arrivato al Festival di Sanremo, lo stupidario della nazione. Le parole di una delle canzoni bocciate dalla giuria (non per motivi teologici bensì musicali) erano di Younis Tawfik, scrittore iracheno residente a Torino ma soprattutto diounicista: “Io ti cerco in un giorno di neve / e tra gli angeli della Sistina / io ti cerco nei miei arabeschi / tra i minareti della grande moschea”.
Non sempre chi cerca trova, specialmente se lo fa nei posti sbagliati. Il mio cardinale preferito, Giacomo Biffi, non ha mai tentato di partecipare a Sanremo e forse anche per questo riguardo all’Eterno pronuncia parole sensate: “C’è chi pensa di rintracciarlo tra coloro che hanno marcato col loro insegnamento la vicenda religiosa del mondo, quali ad esempio Budda o Maometto: ma lì non c’è, perché non lo si può trovare tra i morti.” Tu invece mi sa che se rimani altri cinque mesi in Sudan cominci a credere che Maometto ha parlato davvero con l’arcangelo Gabriele. E non devi crederlo e non puoi, la Rivelazione si è conclusa con Cristo. “Se anche noi stessi o un angelo del cielo vi predicasse un vangelo diverso da quello che vi abbiamo predicato, sia anatema!” dice san Paolo, uno che dovrebbe piacerti perché nella Lettera ai romani lancia un grido antiborghese: “Non conformatevi alla mentalità di questo secolo!”. Non dovresti compiacerti per il fatto che in quel tuo villaggio per farti sentire una di loro hanno preso a chiamarti Khadija, come la prima moglie di Maometto. E’ come se durante un soggiorno in Germania ti chiamassero Eva Braun. Hitler e Maometto cambia poco, dolori per i cristiani e morte per gli ebrei. La storia del nazismo è nota, i campi di concentramento e i forni crematori li hanno visti tutti, o dal vivo o nei film, mentre la biografia del primo islamico è piuttosto silenziata, i diounicisti preferiscono glissare su certi particolari, ad esempio sullo sterminio degli ebrei di Medina.
Sono cose che capitano quando si crede in un Dio totalitario, un Dio lontanissimo, un Dio egoista come tutti coloro che scelgono di non avere figli. Altra cosa è la Santissima Trinità, monoteismo sfaccettato, divinità ravvicinata, umanizzata e umanizzante. Un Dio che è Padre in tutti i sensi, spirituali e materiali. Un Figlio che si può toccare se ci si chiama san Tommaso perché ha una faccia, dei capelli, e un corpo rimasto impresso nella Sindone. Uno Spirito che è quella colomba bianca che compare in alto nei quadri del Battesimo di Cristo, ad esempio nel Piero della Francesca conservato alla National Gallery di Londra. Lo Spirito di Dio che aleggiava sulle acque, lo Spirito che soffiò in piazza San Pietro durante i funerali di Papa Giovanni Paolo II, sfogliando una a una le pagine del Vangelo appoggiato sulla bara di legno chiaro, una a una fino alla fine, quando l’ultimo soffio chiuse il libro per sempre. E fu la mano di Dio in mondovisione, se qualcuno non l’ha vista chissà dov’era nel 2005.
Sei fortunata a essere cristiana, hai più persone divine a cui chiedere perdono per questi mesi di rinnegamento, per questo periodo sudanese durante il quale hai dimenticato le parole di Gesù nel deserto, “Non di solo pane vivrà l’uomo”, vivendo di solo pane (pane e pomodoro) e di solo pane (cure mediche) facendo vivere. Per quel triste episodio di Khartum quando non sei andata nella chiesa cristiana perché non ne conoscevi l’indirizzo e avresti dovuto chiederlo allo “staff musulmano”: “Non mi sembrava cortese”. Lasciatelo dire: in quell’occasione fosti tu a essere borghese, conformista e borghese, confondendo la fede col galateo. Ma se Gesù ha perdonato Pietro che lo ha rinnegato tre volte, e Pietro era un uomo che aveva visto i miracoli e ascoltato direttamente il Maestro, non una ragazza malamente indottrinata da preti assistenti sociali, perdonerà anche te. Tuttavia chi ha tempo non aspetti tempo. Salta in fretta su quell’aereo, sbarca in Italia e se dopo questa lettera non mi sputerai in faccia (l’ho messo in conto però mi dispiacerebbe molto) ti porterò alla Francescana di Modena, il ristorante dove il grande Massimo Bottura ci servirà un aperitivo coi fiocchi: Lambrusco di Sorbara rifermentato in bottiglia e spuma di mortadella.
Che Dio ti benedica, che Ges√π ti abbracci, che lo Spirito Santo invada il tuo cuore.
Camillo
Camillo Langone
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