Vorrei anzitutto esprimervi gratitudine. Ringrazio vivamente sacerdoti, religiosi e religiose, e in particolare i giovani responsabili di gruppi di adolescenti e giovani, per la disponibilità fedele e generosa che state dimostrando nelle vostre parrocchie. Insieme con la gratitudine mi sembra giusto riconoscere, senza dimenticare gli aspetti lacunosi di questi anni, alcuni risultati positivi: l'essersi, in qualche misura, lasciati mettere in discussione...
del 30 ottobre 2006
CARI EDUCATORI,
 
vorrei anzitutto esprimervi gratitudine. Ringrazio vivamente sacerdoti, religiosi e religiose, e in particolare i giovani responsabili di gruppi di adolescenti e giovani, per la disponibilità fedele e generosa che state dimostrando nelle vostre parrocchie. Insieme con la gratitudine mi sembra giusto riconoscere, senza dimenticare gli aspetti lacunosi di questi anni, alcuni risultati positivi: l’essersi, in qualche misura, lasciati mettere in discussione; l’avere abbozzato un esercizio di confronto e di dialogo tra voi, all’interno delle singole parrocchie e del Vicariato; l’aver lasciato percepire, anche se forse troppo flebilmente, all’intera comunità cristiana, che nella nostra Diocesi si intende affrontare coraggiosamente la sfida della comunicazione del Vangelo alle nuove generazioni.
L’obiettivo fondamentale che ci siamo proposti anni fa mantiene tutta la sua attualità ed urgenza: si tratta ancora oggi di rileggere con realismo e fiducia il lavoro che, nelle nostre comunità cristiane, nei nostri oratori e nelle aggregazioni ecclesiali stiamo svolgendo, chiedendoci se, per renderlo più adeguato alla condizione giovanile, attuale e prossima futura, non si possano individuare dei passi di conversione pastorale. Vi invito a tener vivo questo interrogativo, sempre pronti a maturare qualche valida scelta, sia nel senso di confermare quanto stiamo già mettendo in atto, sia nel senso di operare coraggiosamente e saggiamente qualche cambiamento che si dimostra utile o necessario .
Vi supplico anche di tener vivo lo spirito dal quale siamo stati sospinti a privilegiare, nella nostra attenzione pastorale, le nuove generazioni. Ci siamo riferiti, allora, alla testimonianza di Giovanni Paolo II. Egli non ha mai dato l’impressione di essere rassegnato. Non è mai stato indotto a questo nemmeno dalla consapevolezza che, come il giovane ricco del Vangelo, anche oggi alcuni giovani possono dire di no a Gesù e a coloro che, in nome di Gesù, gli rivolgono l’invito alla fede e alla conversione. Non è stato frenato nemmeno dal sapere che, soprattutto in alcune nazioni dell’Occidente, la secolarizzazione fa sì che i cristiani appaiano un “piccolo gregge” e che i giovani cristiani siano magari un gregge ancora più minuscolo . Egli sapeva che il suo compito era quello di essere testimone di Cristo sempre e dappertutto. Sapeva che da lui doveva venire la “proposta”; ai giovani, poi, di dare la “risposta”. È proprio da questo spirito che voi educatori dovete lasciarvi ispirare. Ciò avverrà se curerete la qualità spirituale della vostra vita personale, se approfondirete il vostro senso ecclesiale, se vi farete sempre carico di esprimere una ricca proposta educativa .
 
La vostra vita spirituale
 
Diciamolo apertamente: il punto nevralgico del lavoro educativo nelle nostre parrocchie siete voi educatori stessi. Non siete mai neutri. Se siete grandi educatori, tutto ne guadagna; se invece siete mediocri, tutto ne risente negativamente. Questa verità vi deve accompagnare in futuro. La nostra Diocesi, soprattutto attraverso i sacerdoti, vi deve dare una mano perché diventiate degli educatori che conoscono il colloquio con Dio, che mettono l’Eucaristia al centro, che compiono un cammino di conversione, che sono solleciti nel partecipare alla vita della propria comunità, che mostrano vero interesse per il Regno di Dio, che sperimentano un forte amore per i ragazzi loro affidati. È bene che, sull’inizio di ogni anno pastorale, viviate una giornata comunitaria di ritiro spirituale per riprendere coscienza del compito a voi affidato e per rinnovare i propositi che vi riguardano personalmente. Una ricca esperienza spirituale favorirà la vostra serenità anche in mezzo alle difficoltà e all’aridità. 
 
Il vostro senso ecclesiale 
Secondo punto: per voi, che portate una responsabilità ecclesiale, è estremamente necessario vivere e agire in profonda comunione con la Chiesa conoscendone il significato profondo, anzi il mistero divino che in essa si racchiude. L’apostolo Paolo ha scritto: “Cristo ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei” (Ef 3,25).  Perciò dovete verificare se questo stesso amore abita in voi e lo rendete visibile.
Leggete costantemente il servizio specifico che svolgete, avendo sempre presente il contesto più ampio dentro il quale vi collocate: la parrocchia, la Diocesi, l’intera Chiesa cattolica sparsa nel mondo intero. Questo orizzonte ampio è suggerito da una lettura teologica della vita della Chiesa. Tenete conto di questo orizzonte e verificatelo con sincerità.
Impegnatevi a lavorare “in rete” con le parrocchie vicine e con il Vicariato, consapevoli che alcuni aspetti del lavoro pastorale richiedono questa dimensione più ampia. È l’ansia missionaria che ci spinge ad adottare sempre più questa nuova modalità di lavoro. Ed è la nostra comunione vicendevole la condizione di base perché essa possa realizzarsi. Se lavoreremo “in rete” offriremo un’opportunità preziosa alle parrocchie più piccole.
Lo spirito missionario e lo spirito di comunione conducano i vostri gruppi giovanili a mettere a disposizione qualche educatore per le Parrocchie che attendono un sostegno. Ringrazio quelle che già lo stanno facendo e che, attraverso questa generosità, sono le prime a ricavarne frutto. Confido che anche altre parrocchie arrivino a offrire aiuti missionari di questo genere. Naturalmente questa esperienza non si improvvisa: sono i migliori educatori quelli che servono per tale compito .
 
Il vostro impegno ad esprimere una proposta
 
Terzo, parliamo della proposta educativa. A questo proposito non devo aggiungere molto a quanto ho già detto più sopra rivolgendomi direttamente ai giovani: a loro ho voluto offrire, guidato da Giovanni Paolo II, una validissima ispirazione per un “progetto formativo” e per un “itinerario” disteso organicamente sull’arco del tempo medio-lungo, quello che va dalla preadolescenza fino ai 18-19 anni e quello che può accompagnare anche gli anni dei “giovani-adulti”.
Vi invito a tenere ben presenti anche il richiamo sintetico ed efficace espresso dai Vescovi italiani: “Abbiamo tutti una grande responsabilità: se non sapremo trasmettere alle nuove generazioni l’amore per la vita interiore, per l’ascolto perseverante della parola di Dio, per l’assiduità con il Signore nella preghiera, per una ordinata vita sacramentale nutrita di Eucaristia e Riconciliazione, per la capacità di «lavorare su se stessi» attraverso l’arte della lotta spirituale, rischieremo di non rispondere adeguatamente a una sete di senso che pure si è manifestata. Non solo: se non sapremo trasmettere loro un’attenzione a tutto campo verso tutto ciò che è umano – la storia, le tradizioni culturali, religiose e artistiche del passato e del presente –, saremo corresponsabili dello smarrirsi del loro entusiasmo, dell’isterilirsi della loro ricerca di autenticità, dello svuotarsi del loro anelito alla vera libertà” .Per formulare ed esprimere con efficacia una proposta educativa dovrete acquisire una “cultura” della pastorale giovanile. Gli incontri che ho vissuto nei Vicariati negli scorsi anni mi hanno fatto toccare con mano che l’esperienza di alcuni animatori è talora accompagnata da incertezze e confusione. Un modo valido per arrivare a una certa chiarezza sta precisamente nell’impegno a cui sto accennando. Spero che vi possa giungere un adeguato aiuto da parte dei Vicariati e della Diocesi intera. Penso, nel medesimo tempo, che anche a livello di ogni singola équipe di educatori, essa possa essere coltivata usufruendo di strumenti, anche editoriali, oggi facilmente disponibili. Per parte sua, il Seminario teologico è chiamato ad essere un luogo nel quale prestare attenzione a questa esigenza per i futuri preti.
Vi invito infine a elaborare una proposta che vi sospinga ad incontrare i giovani là dove sono, facendo i conti con ciò che è importante per il loro cammino umano e cristiano. Vedo emergere, in qualche misura, questa attenzione; mi sembra però che alcuni capitoli attendano ancora di essere affrontati in una maniera più diretta e organica.
Abbiamo davanti a noi un lungo cammino. L’amore ai giovani ci chiede di compierlo. Certo, in rapporto a tutto quanto detto fin qui andrà messo in conto un costante travaglio per tutti voi educatori. Ma possiamo sperare che, come per il travaglio della donna che attende un figlio, anche per voi la fatica porti alla gioia di una nascita.
 
E la vostra “pasta umana”?
 
Devo aggiungere: non dimenticate né sottovalutate, per l’eloquenza e la fecondità del vostro lavoro, la vostra “pasta umana”. Proprio il compito che svolgete richiede grande attenzione su questo punto. Come altrimenti evitare il rischio di creare ostacoli, invece di costruire ponti?
Ricchezza di umanità vuol dire premura di conoscere in profondità l’animo umano di adolescenti e giovani; vuol dire imparare a intuire problemi e difficoltà; facilitare incontro e dialogo, suscitare fiducia, esprimere giudizi sereni e oggettivi.  Ricchezza umana dell’educatore si chiama lealtà, rispetto per ogni persona, compassione, coerenza. Vuol dire capacità di collaborazione, disponibilità a imparare dagli altri, umiltà per correggersi, senso del lavoro comune, stima per chi ha lavorato prima di noi, valorizzazione della personalità degli altri, volersi bene, non criticarsi, non ritenersi “i più bravi”, avere spina dorsale, che significa reggere nel tempo e avere la pazienza del contadino che fa i conti con le stagioni.
Vorrei rivolgere la parola conclusiva ai sacerdoti. Riprendo quanto dissi ai preti novelli nel 2002. Ho chiesto a loro, e chiedo a voi, due impegni.
Ecco il primo: scrutare i cuori. Ricordate quella pagina antica nella quale si racconta la scelta del successore di Saul da parte di Samuele? Nella casa di Jesse egli scruta ognuno dei suoi figli. Il Signore gli dice: “Non guardare al suo aspetto, né all’imponenza della sua statura. Io non guardo ciò che guarda l’uomo. L’uomo guarda l’apparenza, il Signore guarda il cuore” (1 Sam 16,7-8).
La capacità di “guardare il cuore” vi sarà data se fuggirete la superficialità e non affronterete in modo distratto la vita di ogni giorno; se coltiverete concretamente, ogni giorno, l’esperienza della profondità, soprattutto con il tempo riservato gelosamente alla preghiera e alla preparazione degli atti del ministero; se includerete sempre, nella metodologia del vostro lavoro educativo, il contatto personale con i ragazzi e i giovani che vi sono affidati, distendendo questa scelta sull’arco del tempo lungo e dando peso alla goccia di ogni giorno; se avrete voi stessi nel cuore qualcosa di grande (e semplice, nel medesimo tempo) da comunicare: qualcosa che riguardi le attese profonde del cuore umano, la sua verità, la sua felicità, le sue responsabilità; se saprete bussare al cuore dei ragazzi e non vi allontanerete mai da questo criterio né con offese, né con la freddezza, né con intemperanze e durezze, pronti a chiedere scusa, quando fosse necessario, e a recuperare qualche rapporto leso o infranto.
Secondo impegno: sostenere la lotta dei giovani. Questo suggerimento si riferisce a una verità importante di cui tenere conto. La vita dei giovani, come ci ricorda la parabola del seminatore, non si svolge in campo neutro (cfr Lc 8,5-6.11-15) . È una partita dura quella che devono affrontare. È una lotta quella che li attende. Devono scegliere tra Dio e il mondo. L’evangelista Giovanni si rivolge ai giovani dicendo loro: “Scrivo a voi giovani perché avete vinto il maligno. Scrivo a voi giovani, perché avete conosciuto il Padre. Scrivo a voi giovani, perché siete forti e la parola di Dio dimora in voi. Non amate né il mondo, né le cose del mondo. Perché tutto quello che è nel mondo, la concupiscenza della carne, la concupiscenza degli occhi e la superbia della vita, non viene dal Padre” (1 Gv 2,14-16).
Questa è la lotta. Che farete, voi Sacerdoti, per sostenere i giovani? Vi invito, anzitutto, a svelare loro con franchezza che proprio una lotta li attende e che solo affrontandola usciranno da molte schiavitù e compiranno un vero esodo verso la libertà. Vi invito anche a svelare loro che c’è una soglia invisibile, arrivati alla quale può insorgere una fortissima paura: quella che ci trattiene dall’andare oltre e che, anzi, ci sospinge a fare un passo indietro. È ciò che avviene quando si tratta di compiere un passo di conversione che ci tocca sul vivo. A quel punto, una voce sembra gridare dentro di noi: “Questo no!”. E ancora vi invito a infondere coraggio ai giovani dicendo loro che, se c’è la tentazione, il Signore dà un aiuto di grazia adeguato per affrontarla. E ancora, vi invito a dare fiducia ai giovani, i quali talvolta possono essere presi da un certo pessimismo nella lettura di se stessi. Annunciate un Dio Padre misericordioso. Sorreggeteli sempre, considerate preziosa la celebrazione del Sacramento della Riconciliazione: è il luogo della misericordia e della speranza. Né temete mai di dire ai giovani che, se anche si ritengono fragili, possono compiere scelte coraggiose. E infine voi sosterrete la loro lotta se renderete affascinante per loro la vita cristiana attraverso la coltivazione della familiarità con i santi, molti dei quali hanno compiuto il passo decisivo proprio negli anni della giovinezza .
 
 
 
(Tratto da: Renato Corti, SPLENDETE COME ASTRI NEL MONDO. I ragazzi, i giovani e la loro crescita cristiana. Lettera Pastorale per l’anno 2006-2007)
 
 
mons. Renato Corti
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