Voi giovani sapete che, di questo ascolto, nella vostra vita potrebbe non esserci traccia alcuna. E non per colpa vostra. Il contesto quotidiano, così sovrastato dall'effimero, vi spinge a “consumare”, non ad “ascoltare”; ad essere “fuori” da voi stessi, non “dentro”; ad ascoltare le voci più strane, non quelle della vostra coscienza
del 30 ottobre 2006
CARI GIOVANI,
 
rivolgendomi direttamente a voi faccio mie le parole che Giovanni Paolo II disse in uno degli ultimi incontri della sua vita con i giovani. Era il mese di giugno 2004. Sarebbe morto dieci mesi dopo. Andò in Svizzera. I giovani erano radunati al Palazzo del Ghiaccio di Berna . Pur vecchio e malato, il Papa dimostrò l’ardore e il coraggio di un giovane. La trama delle sue parole sorprese anche il mondo non cattolico per la sua semplicità e forza evangelica. Invito tutti voi, adolescenti e giovani, a venire con me alla sua scuola. Essa fa pensare ai grandi profeti dell’Antico Testamento, come per esempio Geremia.
 
Sulla strada di Cristo
 
Per quell’incontro scelse una pagina insolita (Lc 7,11-17), e a prima vista poco adatta per un incontro con i giovani. A Nain era morto un giovane, figlio unico di una madre vedova. Gesù incontra il corteo diretto al cimitero. Fa da contrasto un corteo festoso che attraversa il paese. Lo formano i discepoli di Gesù e altre persone che si sono unite al gruppo per conoscere Gesù e ascoltarne la parola.
Che fa dunque Gesù? Guarda in volto quella donna e ne prova compassione. Le dice: “Non piangere!”. Si avvicina poi alla bara. I portatori si fermano. Tra la sorpresa di tutti, e forse per la speranza di quella madre (perché le madri, nei confronti dei loro figli, hanno sempre speranza), Gesù si rivolge direttamente a quel giovane: “Ragazzo, dico a te, alzati!”. Quel ragazzo si alza a sedere e addirittura comincia a parlare. Gesù, con gesto commovente, “lo consegna a sua madre”.
Quei due cortei così differenti hanno qualcosa da dire ai giovani. “Veramente – diceva il Papa – avete dinanzi a voi due vie divergenti: potete perdervi e, in un certo senso, morire; e potete seguire la strada di Gesù che vi si avvicina, vi prende per mano, vi risveglia”. Potete perdervi “se vi lasciate andare alla disperazione, se i miraggi della società dei consumi vi seducono e vi distolgono dalla vera gioia per inghiottirvi in piaceri passeggeri, se l’indifferenza e la superficialità vi avvolgono, se di fronte al male e alla sofferenza dubitate della presenza di Dio e del suo amore per ogni persona, se ricercate nella deriva di un’affettività disordinata l’appagamento di sete interiore e amore vero e puro. Proprio in tali momenti Cristo si accosta a ciascuno di voi e vi rivolge la parola che scuote e risveglia: “«Alzati!». Accogli l’invito che ti rimette in piedi!” .
Guardando negli occhi i giovani il Papa capisce che deve rispondere a una domanda cruciale. La sente salire silenziosamente anche da quell’assemblea di Berna: come si fa a incontrare Gesù? “Cercalo – egli suggerisce – nella lettura attenta e disponibile della Sacra Scrittura e nella preghiera personale e comunitaria; cercalo nella partecipazione attiva all’Eucaristia; cercalo incontrando un sacerdote per il sacramento della riconciliazione; cercalo nella Chiesa, che si manifesta a te nei gruppi parrocchiali, nei movimenti e nelle associazioni; cercalo nel volto del fratello sofferente, bisognoso, straniero” . Ma anzitutto egli vi dice: “Non abbiate paura di incontrare Gesù, anzi cercatelo”.
Ecco una prima, fondamentale indicazione di cammino per voi giovani: non sciupate la vita; non imboccate la strada sbagliata. Come dice il Salmo, “Beato l’uomo che non segue il consiglio degli empi, non indugia nella via dei peccatori e non siede in compagnia degli stolti, ma si compiace della legge del Signore, la sua legge medita giorno e notte. Sarà come albero piantato lungo corsi d’acqua, che darà frutto a suo tempo e le sue foglie non cadranno mai; riusciranno tutte le sue opere. Non così gli empi: ma come pula che il vento disperde; perciò non reggeranno gli empi nel giudizio, né i peccatori nell’assemblea dei giusti. Il Signore veglia sul cammino dei giusti, ma la via degli empi andrà in rovina” (Sal 1; cfr Dt 30,15ss; Ger 26,1-6).
In questo vi devono aiutare, con premura assoluta, i vostri educatori: sacerdoti, diaconi, religiosi e religiose, animatori di gruppo. Non devono far prevalere null’altro su questo. E ciò è tanto più necessario nella condizione culturale con la quale voi giovani dovete misurarvi nel presente: è facile seguire il consiglio degli empi e indugiare nella via dei peccatori. Perciò viene messa in questione proprio quella “via” che il Signore Gesù Cristo vi propone. Amarvi, specialmente oggi, richiede che si abbia nei vostri confronti, questa premura. Guai se mancasse! I vostri educatori, guidati anche dalla pagina evangelica, dedicata al figlio della vedova di Nain, vi dovranno pure aiutare a riflettere sul male e sulla morte. È facile osservare che, quando muore un giovane, le nostre chiese si riempiono di voi giovani:  ricercate un senso a quell’avvenimento, attendete una consolazione, bramate una speranza. Proprio Gesù vi può offrire una luce nel buio, e dunque occorre che qualcuno vi offra il suo pensiero, vi metta in cospetto del suo amore senza limiti, vi annunci la sua vittoria sulla morte.
È bello che, toccando la questione così rilevante del vostro cammino di fede, il Papa si lasci andare a una confidenza. La esprime così: “Anch’io ho avuto vent’anni. Mi piaceva fare sport, sciare, recitare. Studiavo e lavoravo. Avevo desideri e preoccupazioni. In quegli anni ormai lontani, in tempi in cui la mia terra natale era ferita dalla guerra e poi dal regime totalitario, cercavo il senso da dare alla mia vita. L’ho trovato nella sequela di Gesù” .
 
 
Seguendo la tua vocazione
 
Questa confidenza conduce il vecchio Papa a dire ai giovani quello che egli pensava di se stesso a vent’anni: “La giovinezza è il momento nel quale tu, caro ragazzo, cara ragazza, ti domandi che cosa fare della tua esistenza, come contribuire a rendere il mondo un po’ migliore, come promuovere la giustizia e costruire la pace” .
Ma anche qui c’è da rispondere a una domanda: come posso  individuare la mia strada? La risposta, secondo il Papa, sta in un verbo, posto all’imperativo: “Ascolta! Non ti stancare di allenarti alla disciplina difficile dell’ascolto”. Ma ascoltare chi? “Ascolta il Signore”: sì, perché è lui che, in definitiva, occorre ascoltare. Nelle sue mani è la nostra vita; è a lui che dobbiamo ubbidire. Ma, in concreto, come e dove questo avviene? “Ascolta il Signore che ti parla attraverso gli avvenimenti quotidiani” in ciascuno dei quali c’è un’interpellanza per te; ascoltalo “attraverso le gioie e le sofferenze” che accompagnano la vita di ogni giorno; ascoltalo attraverso “le persone che ti stanno accanto”; ascoltalo attraverso “la voce della coscienza assetata di verità, di felicità, di bontà e di bellezza”.
Voi giovani sapete che, di questo ascolto, nella vostra vita potrebbe non esserci traccia alcuna. E non per colpa vostra. Il contesto quotidiano, così sovrastato dall’effimero, vi spinge a “consumare”, non ad “ascoltare”; ad essere “fuori” da voi stessi, non “dentro”; ad ascoltare le voci più strane, non quelle della vostra coscienza; a chiudere gli occhi su ciò che mette in questione uno stile di vita che si concede tutto il possibile, invece di tendere l’orecchio alle voci flebili (anche se in realtà sono un grido lancinante) dei poveri. Ma la vostra vita diventa vera e bella solo se viene segnata dall’esperienza dell’ascolto di tutte le voci ricordate poco fa: “Se saprai aprire il cuore e la mente con disponibilità scoprirai la tua vocazione, quel progetto che da sempre Iddio nel suo amore, ha pensato per te” .
“Potrai costituire una famiglia, fondata sul matrimonio quale patto di amore tra un uomo e una donna che si impegnano a una comunione di vita stabile e fedele” : parole limpide e, nel medesimo tempo, rese estremamente confuse nella cultura attuale. Proprio per questo farete bene, cari giovani, ad approfondire l’identità dell’uomo e della donna, la loro complementarietà e il senso antropologicamente più pieno della sessualità. Farete bene anche a coltivare la consapevolezza che quella realtà umile, chiamata famiglia, costituisce un punto di forza assolutamente straordinario non solo per la Chiesa, ma anche per la società. Farete bene ad “affermare con la vostra testimonianza personale che, pur tra tutte le difficoltà e ostacoli, è possibile vivere in pienezza il matrimonio cristiano come esperienza piena di senso e come buona notizia per tutte le famiglie” .
Il Papa si rivolge a ciascuno di voi giovani parlando anche della vocazione sacerdotale e religiosa. Egli sa che ciascun giovane è felice solo se segue la sua vocazione, qualunque essa sia e che, in ogni caso, è meglio obbedire a Dio che agli uomini (cfr At 4,19). “Se questa è la tua chiamata - aggiunge – potrai essere sacerdote, religioso-religiosa, donando con cuore indiviso la tua vita a Cristo e alla Chiesa, e divenendo così segno della presenza amorevole di Dio nel mondo di oggi. Potrai essere, come tanti prima di te, apostolo intrepido e instancabile, vigilante nella preghiera, lieto e accogliente nel servizio della comunità. So bene che di fronte a tale proposta ti senti esitante. Ma ti dico: non aver paura! Iddio non si lascia vincere in generosità! Dopo quasi 60 anni di sacerdozio, sono contento di rendere, davanti a tutti voi, la mia testimonianza: è bello potersi spendere fino alla fine per la causa del Regno di Dio!” .
Questa è la seconda indicazione di fondo che, insieme con il Papa, offro a voi giovani. Anch’io avverto che, di fronte alla prospettiva vocazionale molti di voi sono esitanti. Avverto pure che, in qualche caso, sono esitanti, insieme con voi, i vostri genitori. Quanto ai vostri educatori – sacerdoti, animatori –, talvolta mi sento dire: “Quello vocazionale è un discorso che si potrà fare chissà quando. Non comunque adesso. Siamo talmente lontani da simili cose!”. Tenendo conto di questi pensieri, sarà bene non dimenticare che l’esperienza vocazionale è strettamente collegata con l’esperienza di fede e che, in verità, ne è semplicemente la traduzione concreta nella vita di ciascuno. Di una cosa possiamo dunque essere certi: per aprirsi alla proposta vocazionale occorre desiderare, come dice l’apostolo Paolo, di venire “afferrati da Cristo” (Fil 3,12). Questi due aspetti, infatti, stanno in profonda relazione tra loro. Quanto più verrà accolta la prima proposta, quella della fede, tanto più sarà possibile esprimere la seconda, quella della vocazione particolare.
 
 
Facendoti carico dell’uomo
 
C’è una terza indicazione di fondo che il vecchio Papa vi dà. È espressa in pochissime parole, ma il loro peso specifico è molto grande. A darglielo è la sua esperienza personale di polacco che ha vissuto, per oltre quarant’anni, prima sotto il nazismo e poi sotto il comunismo. E anche la sua esperienza di Papa che, più di ogni altro suo predecessore, ha percorso le vie del mondo e ha potuto vedere le situazioni, talvolta terribili, dei popoli. Egli è certo che quando un giovane si apre a Cristo, Cristo lo apre all’uomo.
Ecco la sua indicazione: “Non vi accontentate di discutere; non aspettate per fare il bene le occasioni che forse non verranno mai. È giunto il tempo dell’azione. La Chiesa ha bisogno delle vostre energie, del vostro entusiasmo, dei vostri ideali giovani, per far sì che il Vangelo permei il tessuto della società e susciti una civiltà autentica e dell’amore senza discriminazione. Ora più che mai, in un mondo spesso senza luce e senza coraggio di nobili ideali, non è tempo di vergognarsi del Vangelo. È tempo piuttosto di predicarlo sui tetti” .
Bisogna discutere, certo. Ma c’è un prima e un dopo: il prima è lo studiare i problemi, il dopo significa dire: “E ora, che cosa possiamo fare?”. Le chiacchiere non portano da nessuna parte. È probabile che nella vita capiti qualche occasione importante. Intanto, però, non sappiamo mai, prima, quali siano tali occasioni. Se ci sono, se ne ha conoscenza e conferma dopo, magari molto dopo. È per questo che la vera scelta è quella di affrontare l’oggi come se fosse una giornata importante, sia perché lo può essere davvero, sia perché non c’è modo migliore per non sciuparla. Non si tratta di essere dei poveri illusi o degli ingenui sognatori. Ma escluderlo non vuol dire giocare al ribasso e gettare continuamente acqua sul fuoco. Se non hai entusiasmo negli anni giovanili, quando mai lo avrai? E se non investi le energie quando sei un torrente ricco di acque, vuoi aspettare il tempo della siccità? Certo, non sarai tu solo a poter cambiare il mondo. Ma perché lasciarti condurre dall’idea che non vale la pena di coinvolgerti? Anche a te, proprio a te, giunge l’invito a impegnarti perché, tra la barbarie sempre incombente e la civiltà sempre ardua, quest’ultima vinca la prima. A te viene chiesto di dare la mano perché, fra l’amore per l’altro o la discriminazione dell’altro, non abbia la meglio la logica della discriminazione. Tutto questo non ti viene chiesto quasi come un’elemosina. Al contrario ti viene proposto come fortuna e bellezza per la tua vita. Se tu lo fai, avrai il centuplo.
Tutte cose non ovvie, soprattutto da un po’ di anni a questa parte e che vanno rilanciate con forza. “Cari amici – diceva ai giovani radunati nella veglia della Giornata Mondiale della Gioventù del 2000 – in voi vedo le sentinelle del mattino in quest’alba del terzo millennio. Nel corso del secolo che muore, giovani come voi venivano convocati in adunate oceaniche per imparare a odiare, venivano mandati a combattere gli uni contro gli altri. I diversi messianismi secolarizzati, che hanno tentato di sostituire la speranza cristiana si sono poi rivelati veri e propri inferni. Oggi siete qui convenuti per affermare che nel nuovo secolo non vi presterete ad essere strumenti di violenza e distruzione; difenderete la pace, pagando anche di persona se necessario. Voi non vi rassegnerete a un mondo in cui altri esseri umani muoiono di fame, restano analfabeti, mancano di lavoro. Voi difenderete la vita in ogni momento del suo sviluppo terreno, vi sforzerete con ogni vostra energia di rendere questa terra sempre più abitabile per tutti” . Agli stessi giovani, nell’omelia del giorno dopo, citò una parola straordinaria di santa Caterina da Siena che dice tutta la speranza e il sogno del Papa nei confronti dei giovani: '«Se sarete quello che dovete essere, metterete fuoco in tutto il mondo!»' (cfr Lett. 368).
Forse è il caso di fare una verifica, al di dentro dei nostri gruppi di adolescenti e giovani, per vedere se l’invito lanciato dal Papa emerge, in qualche modo, e come potrebbe contare di più. Il Papa dell’Enciclica Laborem exercens, 1981, della Sollicitudo rei socialis, 1987, della Centesimus annus, 1991, della Evangelium vitae, 1995, mi sembra che vi dica: “Ragazzi, mi ascoltate? Io punto molto su di voi. Ma voi, dove siete? Che fate?” .
Ecco una terza fondamentale indicazione del Papa. Vi invito a riflettere su quanto vi ho scritto fin qui e a lasciar entrare questi temi, come punti qualificanti, nel vostro cammino personale e comunitario. Vi auguro di formarvi, in questo modo, ad assumere le responsabilità che la vita adulta vi chiederà.
A commento del discorso ai giovani svizzeri, pronunciato dal Papa nel giugno 2004, qualcuno ha scritto che il suo intervento “può costituire una rinnovata magna carta della pastorale giovanile che la Chiesa universale può attuare, anche ad altre latitudini, entrando in uno stretto dialogo con i giovani di oggi, ricchi di grande potenzialità, segnati spesso da insicurezze, dal dubbio e carenti di certezze, ma altrettanto bisognosi di incontrare sul loro cammino maestri autorevoli e credibili, che siano soprattutto testimoni di bontà, di verità e di quella bellezza che è un tutt’uno con l’amore più grande per Dio e per il prossimo . Credo che tale intervento possa costituire una magna carta anche per la nostra Diocesi. Come tale la assumo e la propongo a voi giovani e ai vostri educatori.
 
 
 (Tratto da: Renato Corti, SPLENDETE COME ASTRI NEL MONDO. I ragazzi, i giovani e la loro crescita cristiana. Lettera Pastorale per l’anno 2006-2007)
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