Carità

Carità significa “amore, nel senso cristiano”. Ma l'amore in senso cristiano non è un'emozione. E' uno stato non dei sentimenti ma della volontà: quello stato della volontà che noi abbiamo naturalmente verso noi stessi...

Carità

da L'autore

del 02 luglio 2009

Vediamo, anzitutto, il significato del termine. Oggi “carità” equivale in massima a ciò che una volta si chiamava “elemosina”: cioè, dare ai poveri. Originariamente il significato era molto più ampio. (E’ facile capire come la parola abbia assunto il senso attuale. Una della azioni più ovvie, per chi ha “carità”, è appunto dare ai poveri; e così si è finito per parlare come se tutta la carità consistesse in questo. Allo stesso modo, la rima è in poesia la cosa più ovvia, e così molti intendono per “poesia” semplicemente dei versi rimati e niente più). Carità significa “amore, nel senso cristiano”. Ma l’amore in senso cristiano non è un’emozione. E’ uno stato non dei sentimenti ma della volontà: quello stato della volontà che noi abbiamo naturalmente verso noi stessi, e che dobbiamo imparare ad avere verso gli altri.

 

Nel capitolo sul perdono ho osservato che il nostro amore per noi stessi non significa che ci piacciamo, bensì che desideriamo il nostro bene. Allo stesso modo l’amore cristiano (o carità) per il prossimo è altra cosa dalla simpatia o dall’affetto. Proviamo simpatia e affetto per alcune persone, e non per altre. Occorre capire che questa “simpatia” naturale non è né un peccato né una virtù, come non lo è la nostra preferenza per certi cibi: è solo un dato di fatto. Peccaminoso o virtuoso è invece l’uso che ne facciamo.

 

La simpatia, l’affetto naturale per una persona facilità l’essere “caritatevole” verso di essa. Perciò è normalmente doveroso incoraggiare i nostri affetti, provare il più possibile simpatia per gli altri (così come è spesso nostro dovere incoraggiare la nostra inclinazione all’esercizio fisico o al cibo sano): non perché questa simpatia si identifichi con la virtù della carità, ma perché è un aiuto verso la carità. D’altro canto, è anche necessario stare bene attenti che la nostra simpatia per qualcuno non ci renda poco caritatevoli e magari ingiusti verso qualcun altro. Si dà anche il caso che il nostro affetto contrasti con la carità verso la persona a cui vogliamo bene. Per esempio, una madre troppo amorosa può essere tentata dall’affetto naturale a viziare il figlio; ossia a soddisfare i propri impulsi affettuosi a spese, più avanti, della vera felicità del figlio medesimo.

 

Ma se le simpatie e gli affetti naturali sono normalmente da incoraggiare, sarebbe un errore credere che per diventare caritatevoli convenga mettersi d’impegno a confezionare sentimenti affettuosi. Certuni sono “freddi” per temperamento; può essere, per loro, una disgrazia, ma non è un peccato più di quanto lo sia una cattiva digestione, e non li esclude dalla possibilità, né li esonera dal dovere di imparare la carità. La regola per noi tutti è semplicissima. Non perdere tempo a domandarti se “ami” il prossimo: agisci come se lo amassi. Subito, così facendo, scopriremo un grande segreto: quando ci comportiamo con qualcuno come se lo amassimo, ben presto arriviamo ad amarlo. Se offendi uno per cui provi antipatia, ti troverai a provare per lui un’antipatia ancora maggiore; se gli fai del bene, ti diventerà meno antipatico. C’è invero, un’eccezione. Se gli fai del bene non per piacere a Dio e per obbedire alla legge della carità, ma per mostrargli quanto tu sia generoso e magnanimo, e per rendertelo obbligato, e poi stai ad aspettare la sua “gratitudine”, probabilmente rimarrai deluso. (La gente non è stupida: coglie al volo cose come l’affettazione o la condiscendenza). Ma quando facciamo del bene a qualcuno solo perché è una persona creata (come noi) da Dio, e desideriamo la sua felicità come desideriamo la nostra, avremo imparato ad amarla un poco di più, o almeno a esserle meno ostili.

 

Di conseguenza la carità cristiana, sebbene appaia una cosa molto fredda a gente con la testa imbottita di sentimentalismo, e sia una cosa ben distinta dall’affetto, porta tuttavia all’affetto. La differenza tra un cristiano e un uomo “mondano” non è che quest’ultimo abbia soltanto affetti o “simpatie” e il cristiano soltanto “carità”. Il mondano tratta gentilmente certe persone perché ha “simpatia” per loro; il cristiano, cercando di trattare gentilmente tutti scopre man mano di provare simpatia per un numero sempre maggiore di persone – comprese persone che all’inizio non avrebbe immaginato di trovare simpatiche.

 

Questa stessa legge spirituale agisce in modo terribile nel senso inverso. Forse i tedeschi, dapprima, trattarono in modo crudele gli ebrei perché li odiavano; in seguito li odiarono molto di più perché avevano incrudelito su di loro. Più si è crudeli, più si odia; e più si odia, più si diventa crudeli – e così via in un perpetuo circolo vizioso.

 

Bene e male crescono a interesse composto. Per questo le piccole decisioni che prendiamo ogni giorno sono così importanti. La minima buona azione di oggi è la conquista di una posizione strategica da cui, tra qualche mese, potremo forse ottenere vittorie mai sognate. Un cedimento apparentemente veniale alla lussuria o all’ira è la perdita di un crinale, di una linea ferroviaria o di una testa di ponte da cui il nemico potrà lanciare un attacco altrimenti impossibile.

 

Alcuni usano la parola carità per descrivere non solo l’amore cristiano tra esseri umani, ma l’amore di Dio per l’uomo e l’amore dell’uomo per Dio. Riguardo a quest’ultimo, spesso la gente si tormenta. Sa che dovrebbe amare Dio, ma non riesce a trovare dentro di sé questo sentimento. Che fare? La risposta è la stessa di prima. Agisci come se questo sentimento tu lo avessi; non cercare di fabbricarlo. Domandati: “Se fossi sicuro di amare Dio, che cosa farei?”.

 

Quando avrai trovato la risposta, agisci di conseguenza. Nel complesso, è molto meglio pensare all’amore di Dio per noi che al nostro amore per Lui. Nessuno può avere sempre sentimenti devoti; e anche se fosse possibile, i sentimenti non sono ciò che a Dio più importa. L’amore cristiano, verso Dio o verso l’uomo, è cosa della volontà. Se cerchiamo di fare la Sua volontà, obbediamo al comandamento “Ama il Signore Dio tuo”. I sentimenti d’amore Dio ce li darà, se crede. Non possiamo crearceli per conto nostro, né dobbiamo rivendicarli come un diritto. Ma la cosa più importante da ricordare è che se i nostri sentimenti vanno e vengono, il Suo amore per noi non fa altrettanto. Non è logorato dai nostri peccati, né dalla nostra indifferenza; e perciò non cessa mai di volere che di quei peccati noi si abbia a guarire, a qualunque costo per noi, a qualunque costo per Lui.  

 

Tratto da: Il cristianesimo così com’è

 

Clive Staples Lewis

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