Testo redatto da don Bosco nel 1862 quale strumento di corretta informazione circa la sua opera, destinato soprattutto ad autorità civili e religiose, benefattori ed amici. È necessariamente da confrontare sia con il “Cenno storico dell’Oratorio di S. Francesco di Sales” (1854) che con le “Memorie dell’Oratorio” redatte a più riprese negli anni settanta. Dal racconto si evince, in don Bosco, una sintesi di vocazione religiosa, di passione pedagogica ed autentica benevolenza, di carità, di grazia, non scompagnate da intelligenza e da eccezionali capacità organizzative e di aggregazione.
Testo critico con introduzione, apparati delle varianti e delle note storico-illustrative in Pietro Braido (ed.), Don Bosco educatore scritti e testimonianze. Terza edizione con la collaborazione di Antonio da Silva Ferreira, Francesco Motto e José Manuel Prellezo. Istituto Storico Salesiano, Fonti, Serie prima, n. 9. Roma, LAS 1997, pp. 134-151.
TESTO
Cenni storici intorno all’Oratorio di S. Francesco di Sales
L’idea degli Oratori nacque dalla frequenza delle carceri di questa città. In questi luoghi di miseria spirituale e temporale trovavansi molti giovanetti sull’età fiorente, d’ingegno svegliato, di cuore buono, capaci di formare la consolazione delle famiglie e l’onore della patria; e pure erano colà rinchiusi, avviliti, fatti l’obbrobrio della società. Ponderando attentamente le cagioni di quella sventura si poté conoscere che per lo più costoro erano infelici piuttosto per mancanza di educazione che per malvagità. Si notò inoltre che di mano in mano facevasi loro sentire la dignità dell’uomo, che è ragionevole e deve procacciarsi il pane della vita con oneste fatiche e non col ladroneccio; appena insomma facevasi risuonare il principio morale e religioso alla loro mente, provavano in cuore un piacere di cui non sapevansi dare ragione, ma che loro faceva desiderare di essere più buoni. Di fatto molti cangiavano condotta nel carcere stesso, altri usciti vivevano in modo da non doverci più essere tradotti.
Allora si confermò col fatto che questi giovanetti erano divenuti infelici per difetto d’instruzione morale e religiosa, e che questi due mezzi educativi erano quelli che potevano efficacemente cooperare a conservare buoni quando lo fossero ancora e di ridurre a far senno i discoli quando fossero usciti da que’ luoghi di punizione.
Per venire a qualche prova cominciarono a farsi appositi catechismi nelle carceri di questa capitale e poco dopo nella sacrestia della chiesa di S. Francesco d’Assisi; e quindi si diede principio alle radunanze festive. Ivi erano invitati quelli che uscivano dalle carceri e quelli che lungo la settimana si andavano qua e là sulle piazze, nelle vie ed anche nelle officine raccogliendo. Racconti morali e religiosi, canti di laudi sacre, piccoli regali, alcuni trastulli erano gli amminicoli che si usavano per trattenerli ne’ giorni festivi.
Correva l’anno 1841 ed i giovani che intervenivano in media erano settanta. Con grande soddisfazione l’oratorio continuò tre anni in questo sito di S. Francesco di Assisi, finché lo straordinario numero de’ giovani costrinse a scegliere più ampio locale. Laonde l’anno 1844 il sac. Bosco per motivo d’impiego ecclesiastico essendo andato alla direzione della pia opera del Rifugio in Valdocco, fu ivi scelto un sito più adattato al bisogno, e il giorno otto dicembre 1844 era benedetta la prima cappella destinata esclusivamente per la gioventù. Questa chiesa consisteva in due camere attigue all’edifizio destinato pei sacerdoti direttori della mentovata opera del Rifugio. Qui l’Oratorio durò un anno.
Nell’autunno del 1845 pel crescente numero de’ giovanetti, che spesso eccedevano i due cento, e l’edifizio che sino a quell’epoca aveva servito di chiesa dovendo avere altra destinazione, fu necessità di cercare luogo più opportuno. Si andò per lo spazio di circa quattro mesi alla chiesa di S. Martino presso ai Mulini di città, donde si cessò per fare posto ad un altro catechismo destinato per le giovani. Il cenotafio di S. Pietro in Vincoli, casa Moretta, un recinto di casa Filippi servirono di Oratorio sino alla primavera del
1846. In quest’anno fu presa a pigione e di poi comperata casa Pinardi nella regione Valdocco, dove sorse l’Oratorio di S. Francesco di Sales. Il numero dei giovani crebbe a tale che l’anno 1850 spesso oltrepassavano i due ed anche i tre mila.
A fine di provvedere a questo bisogno l’anno 1851 innalzavasi la chiesa attuale e ciò facevasi con ajuto di Lotterie di oggetti e con altre private oblazioni.
Oratorio di S. Luigi a Porta Nuova. L’anno 1847 visto che pel gran numero i giovani non potevano più essere contenuti nell’Oratorio di S. Francesco di Sales se ne apriva un altro a Porta Nuova tra il viale dei Platani e quello del Valentino. La direzione di esso fu affidata al Teol. Carpano Giacinto, di poi passò ad altri, e presentemente il Teol. Leonardo Murialdo ne è zelante direttore. Il numero medio dei giovani è di circa 500.
Oratorio del Santo Angelo Custode. Lo straordinario concorso di giovani all’Oratorio di Porta Nuova fece tosto conoscere essere indispensabile un nuovo sito da scegliersi colà dove maggiore sentivasi il bisogno. Vanchiglia è la sezione di Torino assai popolata e regurgitante di giovanetti che ne’ giorni festivi vanno qua e là vagando. Il benemerito D. Cocchi aveva già aperto ivi un Oratorio, che per altre sue occupazioni dovette abbandonare. In quello stesso luogo e quasi con identico scopo nell’anno 1849 in quella regione si riapriva al pubblico l’Oratorio del Santo Angelo Custode vicino a Po. La direzione era affidata al Sig.r T. Murialdo Roberto; presentemente essendo esso di sanità assai cagionevole è affidata al Sac. D. Rua Michele. L’intervento medio di questo Oratorio è di circa quattrocento.
Osservazioni generali. Questi Oratori si possono definire luoghi destinati a trattenere ne’ giorni festivi i giovanetti pericolanti con piacevole ed onesta ricreazione dopo di aver assistito alle sacre funzioni di chiesa. Quindi oltre le chiese vi sono recinti abbastanza spaziosi per la ricreazione ed appositi locali per le scuole e per riparare gli allievi dalle intemperie nella fredda stagione o in caso di pioggia. I mezzi per allettar ad intervenire sono: piccoli premi, trastulli e buone accoglienze. Medaglie, immagini, frutta, qualche colezione o merenda; talvolta un paio di calzoni, di scarpe od altro abito pei più poveri; collocamento al lavoro; assistenza presso ai parenti e presso agli stessi padroni. I trastulli sono: pallottole o bocce, piastrelle, stampelle, altalene di vario genere, passo del gigante, ginnastica, esercizi militari, canto, concerti con musica istrumentale e vocale. Ma ciò che più di tutto attrae i giovanetti sono le buone accoglienze. Una lunga esperienza ha fatto conoscere che il buono risultato dell’educazione nella gioventù consiste specialmente nel saperci fare amare per farci di poi temere.
Le funzioni religiose ne’ giorni festivi sono come segue: al mattino comodità per chi vuole confessarsi; messa cui segue un racconto di storia sacra od ecclesiastica o l’esposizione del vangelo della giornata; quindi ricreazione. Dopo mezzodì catechismo in classe, vespri, breve istruzione dal pulpito, benedizione col venerabile, cui tiene dietro la solita ricreazione. Terminate le funzioni religiose ognuno è libero di rimanere per trastullarsi o di recarsi a casa. Sul fare della notte si mandano tutti a casa loro e si chiude l’Oratorio.
Vi è un apposito regolamento da cui è guidata ogni cosa nella chiesa, nella ricreazione e nelle scuole. Le persone che prendono parte sono ecclesiastici, cherici ed anche borghesi di civil condizione, che ajutano per ogni occorrenza. In tempo di quaresima vi è in tutti e tre i luoghi il Catechismo quotidiano a mezzogiorno per quelli che non sono liberi in altra ora della giornata. Si celebra eziandio il mese Mariano con predica o lettura spirituale analoga, rosario e benedizione col venerabile o al levar del sole o all’Ave Maria di sera secondo le circostanze.
Le persone che presero parte più attiva sul principio degli Oratori, oltre ai menzionati sono: D. Ponte, D. Trivero, D. Pacchiotti, T. Vola Gio. In modo poi particolare si rese benemerito il T. Borrelli Gioanni. Esso ne fu come l’anima ed il sostegno coll’esercitare ivi il sacro Ministero e nell’ajuto materiale e morale. Anche il Cav. T. Baricco ci ha più volte preso parte. |
Scuole domenicali. Molti giovanetti o per mancanza di mezzi o di comodità si trovavano già ad età alquanto avanzata senza avere la istruzione necessaria per apprendere un mestiere. Lungo la settimana non potevano frequentar scuola di sorta, quindi la necessità suggerì le scuole domenicali. Queste tra noi cominciarono per la prima volta nel 1845. Sul principio sembrava cosa difficile, non esistendo né libri né persone che potessero a ciò dare norme o consigli. Si faceva scuola, s’insegnava, ma lungo la settimana dimenticandosi in gran parte quanto erasi insegnato ed imparato la domenica. Tuttavia si giunse a superare in parte questo grave ostacolo, prendendo un solo ramo scientifico per volta e dando una lezione sola da studiarsi lungo la settimana. Con questo mezzo si riuscì a far imparare da prima a leggere e scrivere e successivamente le quattro prime operazioni dell’aritmetica, dipoi gli elementi del sistema metrico, della gramatica italiana e la storia Sacra, ma senza mai passare ad un novello ramo d’insegnamento se non quando fosse bene appreso quello che si aveva tra mani. I pubblici saggi, che furono dati, appagarono gli insigni personaggi, tra quali l’abate Aporti, il Sindaco della città Cav. Bellono ed il Sig. Cav. T. Baricco, i quali ci vollero onorare della loro presenza.
Scuole serali. In mezzo alla moltitudine de’ giovani che intervenivano apparve un altro bisogno, perciocché sebbene l’istruzione domenicale producesse buoni effetti, tuttavia per molti non bastava.
Cominciarono pertanto ad invitarsi a venire lungo la settimana in que’ giorni e in quelle ore che tornavano più comode agli allievi. Un giovane ingaggiava l’altro ed in breve si giudicò opportuno di stabilire un’ora fissa per tutti e quest’ora fu la sera, quando appunto gli artigiani hanno terminati i giornalieri loro lavori.
Laonde nel 1846 si cominciarono per la prima volta le scuole serali. Il concorso era straordinario, sicché dovemmo limitarci ad un numero di allievi compatibile colla ristrettezza del locale. Siccome le scuole serali furono di poi aperte dal municipio in molti quartieri della città, così cessò il bisogno di questa scuola negli altri oratori. Soltanto nell’Oratorio di S. Francesco di Sales continuarono fino al presente. La materia dell’insegnamento è: Lettura, scrittura, sistema metrico, lingua italiana, canto fermo, musica vocale, musica istrumentale e a qualcheduno disegno, piano forte, organo ed anche lingua francese.
Scuole feriali diurne. Altra classe di giovanetti vagava pericolante per la città, sono costoro que’ giovanetti che o per essere male vestiti o per non potersi abituare ad una regolare disciplina non sono accolti nelle pubbliche scuole o ne sono licenziati. Costoro per lo più orfani o trascurati dai loro parenti anche in tenera età scorrono le vie e le piazze rissando, bestemmiando e rubacchiando. Per essi fu aperta una scuola diurna nell’Oratorio di S. Francesco di Sales ed un’altra in quello di S. Luigi. Il loro intervento è assai numeroso in ambidue gli oratori e mediante la cura di maestri accorti e caritatevoli si ottennero soddisfacenti risultati per la moralità e per la disciplina. Parecchi di essi furono poi ammessi nelle classi municipali, altri nelle classi serali, alcuni collocati a padrone.
Casa dell’Oratorio di S. Francesco di Sales. Fra i giovani che frequentano questi oratori se ne trovarono di quelli talmente poveri ed abbandonati che per loro riusciva quasi inutile ogni sollecitudine senza un sito dove possano essere provveduti di alloggio, vitto e vestito. A questo bisogno si studiò di provvedere colla casa annessa e detta anche Oratorio di S. Francesco di Sales. Ivi in principio si prese a pi|gione una piccola casa nel 1847 e si cominciarono a raccogliere alcuni de’ più poveri. In quel tempo essi andavano a lavorare per la città restituendosi alla casa dell’Oratorio per mangiare e dormire. Ma il grave bisogno che da vari paesi di provincia si fece sentire ci determinò di estendere l’accettazione anche a quelli che non frequentavano gli oratorj di Torino.
Cosa chiamò cosa. I giovani abbandonati formicolavano da tutte le parti. Allora si stabilì una base con cui si accettavano soltanto que’ giovani che fossero fra gli anni diciotto e i dodici, orfani di padre e di madre, totalmente poveri ed abbandonati. Siccome poi il recarsi in città nelle pubbliche officine produceva cattive conseguenze, così ampliato il locale esistente, se ne costrusse del nuovo ed al presente (i ricoverati sommano a settecento) gli opifici o laboratorj sono tutti qui nella casa. Le arti in cui vengono applicati sono sarti, calzolai, legatori, falegnami, legatori, tipografi e studio per quelli che colla morale condotta e colla singolare attitudine alle scienze se ne rendono degni.
La brama ardente manifestatasi in molti di percorrere i corsi scientifici regolari ha fatto fare qualche eccezione sulle condizioni di accettazione. Laonde per lo studio si accettano anche giovani non abbandonati e non totalmente poveri purché abbiano tale condotta morale e tale attitudine allo studio da lasciar non dubbia speranza d’onorevole e cristiana riuscita in una carriera scientifica.
Amministrazione. In questa casa eziandio avvi un regolamento secondo cui è guidata ogni cosa. Vi è un Rettore da cui ognuno dipende; un prefetto ne fa le veci ed è responsale della contabilità e della corrispondenza; un Direttore provvede alle scuole, corrisponde coi maestri, cogli assistenti di studio, coi catechisti ossia direttori spirituali; un economo ha cura delle persone di servizio, delle riparazioni e in generale di tutta l’azienda domestica. Dall’economo dipendono anche i capi ovvero maestri d’arti di ciascun laboratorio. Non vi sono redditi né entrate fisse. Perciò la casa si sostiene di sola beneficenza per lo più di privati oblatori. Il municipio suole fare una largizione annua di fr. 300 pei lumi e legna per le scuole serali in tempo d’inverno. Non si può calcolare la spesa precisa di tutta la casa o di ciascun individuo, ma si può stabilire a circa 60 centesimi in ciascun giorno per ogni individuo, tutto compreso. La chiesa, il fabbricato, sito per la casa ed oratorio di Valdocco sono proprietà del sac. Bosco. Quelli di Porta Nuova e di Vanchiglia sono pigionati.
Risultati. Per conoscere i risultati ottenuti da queste scuole, dagli Oratori e dalla casa detta Oratorio di S. Francesco di Sales bisogna dividere in tre classi gli allievi: discoli, dissipati, e buoni. I buoni si conservano e progrediscono nel bene in modo maraviglioso. I dissipati, cioè quelli già abituati a girovagare, poco a lavorare, si riducono anche a buona riuscita coll’arte, coll’assistenza, coll’istruzione e coll’occupazione. I discoli poi danno molto da fare; se si può ad essi far prendere un po’ di gusto al lavoro, per lo più sono guadagnati. Coi mezzi accennati si poterono ottenere alcuni risultati che si possono esprimere così: 1o che non diventano peggiori; 2o molti si riducono a far senno, quindi a guadagnarsi il pane onestamente; 3o quelli stessi che sotto la vigilanza parevano insensibili, col tempo si fanno, se non in
tutto almeno in qualche parte, più arrendevoli. Si lascia al tempo di rendere profittevoli i buoni principii che poterono conoscere come debbansi praticare.
Per la qual cosa in ogni anno si è riuscito di collocare più centinaja di giovanetti presso a buoni padroni da cui appresero un mestiere. Molti si restituirono alle loro famiglie da cui erano fuggiti; ed ora si mostrano più docili ed ubbidienti. Non pochi poi furono collocati a servire in oneste famiglie.
L’uscita poi e l’entrata de’ giovani dell’ospizio di questo Oratorio è di circa tre cento all’anno. Parecchi di essi sono accolti nella musica della guardia nazionale o nella musica militare; altri continuano il mestiere appreso nello stabilimento; alcuni vanno a servire in oneste famiglie; un numero anche ragguardevole si danno all’insegnamento. Costoro subiti i loro regolari esami o rimangono qui in casa o vanno in qualità di maestri in que’ paesi dove sono richiesti. Alcuni percorrono anche carrieri civili.
Fra gli studenti molti intraprendono la carriera ecclesiastica. Costoro, compiuto il corso ginnasiale, per lo più sono rinviati ai rispettivi vescovi che ne prendono la più amorevole cura per assisterli e farli continuare nella carriera cui aspirano. Tra essi è scelto quel numero che esercitano la qualità d’insegnanti in questa casa, fanno i catechismi negli Oratorj, assistono i vari laboratorii e dormitorj. Giunti al sacerdozio parecchi continuano ad esercitare il sacro ministero a favore de’ giovani ivi radunati o che frequentano gli altri oratorj della città. Altri secondano la loro inclinazione e vanno a coprire quelle parti del ministero a cui sono dal superiore ecclesiastico giudicati idonei.
Una persona assai benemerita degli oratorj e di questa casa è il sac. Alasonatti Vittorio che da molti anni consacra indefesso le sue fatiche per queste opere di beneficenza.
In tutto il personale di questa casa e di tutti gli oratorj comprese le persone di servizio non v’è alcuno stipendiato, ma ognuno presta gratuitamente l’opera sua.
Versione app: 3.26.4 (097816f)