Chavez: "Il cuore di don Bosco per la visita di Benedetto XVI"

Parla il successore di Don Bosco a pochi giorni dal viaggio apostolico del Papa nel «suo» Messico e a Cuba. "Benedetto XVI sembra cercare di diminuire la sua immagine, affinché Cristo cresca nella mente e nel cuore delle persone o dei gruppi che incontra. La sua innegabile qualità teologica gli permette di annunciare il Vangelo..."

Chavez: 'Il cuore di don Bosco per la visita di Benedetto XVI'

da Rettor Maggiore

del 20 marzo 2012 (function(d, s, id) { var js, fjs = d.getElementsByTagName(s)[0]; if (d.getElementById(id)) return; js = d.createElement(s); js.id = id; js.src = '//connect.facebook.net/it_IT/all.js#xfbml=1'; fjs.parentNode.insertBefore(js, fjs);}(document, 'script', 'facebook-jssdk')); 

A qualche settimane dal decimo anniversario della sua elezione a Rettor Maggiore della Congregazione Salesiana, il pensiero del Rettor Maggiore dei salesiani.

Don Chavez, sono stati anni pi√π faticosi o pi√π entusiasmanti?

          «Sono stati, senza dubbio, gli anni più entusiasmanti, ma anche i più impegnativi, della mia vita. Entusiasmanti perché l’essere Successore di Don Bosco è qualcosa di veramente stimolante, nel senso che mi sono sentito chiamato – come anche Giovanni Paolo II mi ricordò – ad assicurare e promuovere la fedeltà al Fondatore e contemporaneamente ad avere la capacità di rispondere alle nuove sfide della missione salesiana. È stato molto bello sentirmi dire tante volte: “Non hai le fattezze fisiche di Don Bosco, ma hai il suo cuore”. È stata però anche una decade molto impegnativa, innanzitutto perchè la Congregazione è molto grande, estesa in 132 Paesi del mondo. A ciò si aggiunge il fatto che nel 2002 è esplosa negli Usa la dolorosa e preoccupante questione degli abusi sessuali contro minori, che poco a poco è andata allargandosi a tutto il mondo, e che ha visto tristemente coinvolti pure alcuni confratelli nostri. Infine, il dover prender atto dell’invecchiamento dei Salesiani in Europa, della scarsità delle vocazioni e della difficoltà nel continuare a gestire tutte le opere che abbiamo, ha portato me e tutto il mio Consiglio ad avviare il processo di riconfigurazione della presenza salesiana in questo continente, ancora in atto».

Il Papa tra pochi giorni sarà in viaggio apostolico nel «Suo» Messico e a Cuba: che realtà incontrerà Benedetto XVI? Com’è la situazione in quei Paesi, in particolare per i Cristiani?

          «Cuba sta vivendo una fase di transizione, non so sino a quale punto pilotata o almeno monitorata dall’ex-presidente Fidel Castro, in cui, per un verso, si continua a ribadire la validità idealista o ideologica del comunismo e dell’organizzazione sociale creata dal momento del suo accesso al potere, e, per altro, si rende sempre più visibile una crescente liberalizzazione verso un’economia di mercato. Per ciò che riguarda la Chiesa, passato l’entusiasmo suscitato a suo tempo dall’Enec (“Encuentro Nacional Eclesial Cubano”), quando la Chiesa cubana si azzardò a parlare, la vita ecclesiale prende sempre di più il suo ritmo normale, anche se praticamente ridotta al culto, all’evangelizzazione e alla catechesi. Il Messico, che è in una fase di campagne politiche in vista dell’elezione del Presidente della Repubblica il 1° luglio, sta vivendo, da anni, un periodo di violenza e insicurezza, frutto dello scontro tra i cartelli della droga, sempre per il controllo di zone di traffico di stupefacenti, cui si aggiungono altri gruppi di delinquenza dura e pura. La scelta politica assunta dal presidente Felipe Calderón di combattere frontalmente tutti questi gruppi ha aperto una guerra che ha cagionato migliaia e migliaia di morti in questi sei anni, evidenziando la mancanza di uno stato di diritto. Tuttavia, dal punto di vista economico il Paese è riuscito a reggere in mezzo all’immane crisi finanziaria ed economica che dal 2008 sta colpendo gran parte del mondo. Parlando della Chiesa in Messico, il Papa troverà un popolo che continua a essere profondamente religioso, mariano “guadalupano”, anche se sempre più sfidato dalle sette e dalla secolarizzazione».

E più in generale: a che punto è l’America Latina?

          «In un momento di accelerato e profondo mutamento nel mondo a causa dello sviluppo scientifico, delle nuove tecnologie, della globalizzazione, della comunicazione sociale, l’America Latina certo non sta a guardare, subendo l’influsso di tutti questi elementi che parlano di un cambio d’epoca. Anche se ci sono stati tentativi e progetti diversi per unire tutti i Paesi attorno ad alleanze, continua a essere un mosaico di realtà molto variegate, per cui mentre alcuni paesi si sono consolidati economicamente (come il Brasile, l’Argentina, il Cile, il Messico), altri continuano a essere molto poveri. Mentre in alcuni Paesi le democrazie si sono irrobustite, in altri c’è la rinascita del “caudillismo” e di un populismo di stampo diverso».

Viceversa, l’America latina che Papa riceverà? Come valuta questi quasi sette anni di pontificato?

          «Benedetto XVI sembra cercare di diminuire la sua immagine, affinché Cristo cresca nella mente e nel cuore delle persone o dei gruppi che incontra. La sua innegabile qualità teologica gli permette di annunciare il Vangelo in un linguaggio che lo rende comprensibile e rilevante per la persona d’oggi, cercando di suscitare quegli interrogativi dell’esistenza umana che possono aprire cammini di ricerca verso Dio, per far vedere poi come in Gesù Dio si è rivelato e consegnato pienamente all’uomo. I suoi interventi, alcuni veramente magistrali, sono accuratamente preparati, senza lasciare spazio all’improvvisazione o a semplici saluti formali. Da questo punto di vista l’America Latina, a Cuba e nel Messico, riceverà un Papa della mente chiara, del ragionamento articolato, della semplicità dei gesti e della bontà di cuore. Per me Benedetto XVI rappresenta il Papa di cui ha bisogno la Chiesa di oggi».

Domenico Agasso

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