Codice da Vinci. Il boicottaggio lasciamolo ad altri: attenzione alla sindrome d...

La proposta possiede le sue logiche e i suoi motivi, in parte condivisibili, ma rischia alla fine di avere più difetti che meriti, soprattutto nel metodo. Ecco schematicamente perché....

Codice da Vinci. Il boicottaggio lasciamolo ad altri: attenzione alla sindrome da assedio.

da Quaderni Cannibali

del 12 maggio 2006

Da cattolico, non sono d’accordo su quello che in questi giorni passa sotto il nome dell’arcivescovo Angelo Amato e di altri opinionisti: cioè il boicottaggio dei credenti contro la visione dell’imminente film sul Codice da Vinci. Naturalmente la proposta possiede le sue logiche e i suoi motivi, in parte condivisibili, ma a mio parere rischia alla fine di avere più difetti che meriti, soprattutto nel metodo. Ecco schematicamente perché. Primo: come vari commentatori cattolici hanno già rilevato, il problema non sta tanto nelle falsità propagate dal film sulla Chiesa, ma sull’impreparazione del pubblico a coglierle e vagliarle; in questo senso, la pellicola potrebbe addirittura spingere qualche cristiano a informarsi più a fondo, per saper eventualmente rispondere alle accuse rivolte alla sua stessa fede: non lo ha ammesso lo stesso Opus Dei, di aver ottenuto «grazie» a Dan Brown molti contatti (e molte occasioni di spiegarsi) in più? Né sarebbe certo la prima volta che un attacco esterno funziona per i cristiani come pungolo per non addormentarsi sui comodi allori di un consenso supposto universale. Secondo: il metodo dell’astensione, del boicottaggio, diciamo pure dell’«obiezione di coscienza», dev’essere usato dai cristiani davvero col contagocce: troppe volte in passato (vedi «non expedit») ha generato conflitti innaturali e poi lunghissimi da sanare. Il credente non è infatti «del mondo», però è anche «nel mondo», dal quale non gli è lecito estraniarsi se non per cause assolute: come non è il caso del «Codice».

La regola, anzi, è quella del «Vagliate ogni cosa, trattenete ciò che è buono»: la quale – non per nulla – proviene dall’apostolo che è diventato patrono anche dei mass media. Terzo: il clima psicologico che sottostà alla proposta di boicottaggio è doppiamente deleterio. All’esterno, in quanto – com’è noto – ormai ogni anatema (tanto più religioso) viene salutato con sollucchero dagli addetti alla promozione quale indizio di sicuro successo. All’interno della Chiesa perché perpetua nei fedeli una sensazione d’assedio, da cui difendersi erigendo muri o scavando fossati – non certo promuovendo il dialogo né l’annuncio; perché propaga un clima di paura che non solo non ha oggettiva ragion d’essere, ma accresce anche le risposte di una fede soltanto emotiva; infine – magari inconsciamente – perchè insinua l’idea che il cattolico non sappia decidere da solo e magari a ragion o pellicola veduta, bensì debba obbedire ai vescovi persino sui film da visionare (Mel Gibson sì, Dan Brown invece no...).

La libertà ha un valore così grande in sé, così «religioso», che non merita di essere limitata per un semplice film d’avventura che magari sbancherà agli incassi, ma non rimarrà nella storia. La quale – tra l’altro – insegna che, se la Chiesa ha dovuto temere per se stessa, ciò non è avvenuto allorché veniva attaccata o persino «diffamata» dall’opinione comune, ma al contrario quando era osannata e vincente. E se il «Codice», in questo senso, fosse provvidenziale?

ROBERTO BERETTA

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