Giovedì Santo Benedetto XVI durante la messa crismale aveva parlato dell'appello alla disobbedienza sottoscritto da 400 parroci austriaci. Ai firmatari, che chiedono drastiche riforme tra le quali l'abolizione del celibato sacerdotale e l'ordinazione delle donne, il Papa aveva detto che la disobbedienza non è la via giusta per riformare la Chiesa, perché si rischia...
del 16 aprile 2012 (function(d, s, id) { var js, fjs = d.getElementsByTagName(s)[0]; if (d.getElementById(id)) return; js = d.createElement(s); js.id = id; js.src = '//connect.facebook.net/it_IT/all.js#xfbml=1'; fjs.parentNode.insertBefore(js, fjs);}(document, 'script', 'facebook-jssdk')); 
Il prete del dissenso a Schönborn: «Anche lei disobbedisce»
          Peter Paul Kaspar, cappellano dell’Accademia e degli artisti di Linz, uno dei leader della «Pfarrer-Initiative», scrive una lettera aperta al cardinale di Vienna.
          Peter Paul Kaspar, cappellano dell’Accademia e degli artisti di Linz, uno dei leader della «Pfarrer-Initiative», ha scritto una lettera aperta al cardinale di Vienna Cristoph Schönborn, citando il caso del giovane omosessuale eletto nel consiglio pastorale di Stützenhofen. E ha presentato questo caso come un esempio di «disobbedienza», o meglio di obbedienza alla propria coscienza invece che alle «leggi romane».
          Come si ricorderà, la mattina del Giovedì Santo, a sorpresa, Benedetto XVI durante la messa crismale aveva parlato dell’appello alla disobbedienza sottoscritto da 400 parroci austriaci. Ai firmatari, che chiedono drastiche riforme tra le quali l’abolizione del celibato sacerdotale e l’ordinazione delle donne, il Papa aveva detto che la disobbedienza non è la via giusta per riformare la Chiesa, perché si rischia, invece, di trasformarla «secondo i nostri desideri e le nostre idee».
          Le parole del Pontefice erano state accolte positivamente dall’arcivescovo di Vienna, il cardinale Cristoph Schönborn, ma erano state apprezzate anche dal leader della «Pfarrer-Initiative», che pur non dicendosi d’accordo con la decisione del Pontefice di dichiarare impossibile l’ordinazione delle donne-prete, aveva considerato l’accenno nell’omelia come l’inizio di un dialogo.
          Ora padre Kaspar ha inviato una lettera aperta a Schönborn, dopo che il cardinale aveva contestato ai preti dissidenti di aver lanciato in occasione della Pentecoste 2011 un «appello alla disobbedienza». «Il fatto che lei – scrive – ci abbia chiesto di rivedere il titolo dell’appello, invece di discutere il contenuto, dice molto su come lei intende l’autorità: lei si riferisce all’obbedienza che noi dobbiamo a Dio, al suo insegnamento e alla nostra coscienza piuttosto che a lei personalmente e al suo ruolo».
          Il sacerdote della «Pfarrer-Initiative», nella lettera all’arcivescovo di Vienna parla quindi del caso del giovane Florian Stangl. «Lei ha chiesto un incontro con un parrocchiano gay, eletto al consiglio pastorale a larga maggioranza, perché vive in una unione registrata con il suo compagno. E ha sostenuto la decisione della parrocchia».
          «È possibile – aggiunge padre Kaspar – che ora lei venga accusato da un tribunale canonico romano. Lei ovviamente aveva già avuto modo di pensarci e ha deciso di continuare a sostenere la sua “disobbedienza”. Il fatto che lei abbia esposto pubblicamente al ridicolo il parroco obbediente (in quale inizialmente aveva invalidato la designazione di Stangl, dichiarando che non poteva essere eletto, ndr), tuttavia, è un piccola pecca».
          «In ogni caso – conclude il prete dissidente – noi consideriamo la sua decisione un esempio positivo del fatto che un vescovo in carica obbedisce alla propria coscienza anche se la Chiesa o la legge romana stabiliscono qualcos’altro. Noi approviamo la sua “disobbedienza” come una gratificante responsabilità – in senso letterale – di un “coscienzioso” pubblico ufficiale».
          Nella lettera aperta, il sacerdote della «Pfarrer-Initiative» fa riferimento alla eventualità di un procedimento canonico contro il cardinale, ma nulla in proposito è stato in realtà preso in considerazione in Vaticano. È possibile invece che nelle prossime settimane da Roma possa partire una lettera con la richiesta di chiarimenti sulle motivazioni della decisione di Schönborn. 
 
 
Vienna, un giovane gay nel consiglio di SchoÃànborn
In Austria si discute del caso avvenuto a Stützenhofen, dove il ventiseienne Florian Stangl è stato designato a stragrande maggioranza nel consiglio pastorale
          Un giovane austriaco che convive con il proprio compagno e ha registrato la sua convivenza come previsto dalle leggi del suo Paese, è stato eletto a gran maggioranza nel consiglio pastorale della parrocchia di Stützenhofen, a nord di Vienna. E il cardinale Cristoph Schönborn ha ratificato la sua elezione contro il parere del parroco.
          Il consiglio pastorale è un istituto previsto dal Codice canonico, e che ha lo scopo di far partecipare i fedeli alla programmazione della vita della parrocchia. Stangl ha ottenuto 96 preferenze su 142. Il parroco di Stützenhofen, Gerhard Swierzek gli ha chiesto di rinunciare al posto e lo ha anche invitato a non fare la comunione, a motivo della sua convivenza con un altro uomo. «Io mi sento legato agli insegnamenti della Chiesa – ha risposto Stangl – ma la richiesta di vivere in castità mi sembra irrealistica».
          In un primo momento la diocesi di Vienna ha dichiarato che la convivenza registrata in un’unione civile non permetteva la partecipazione al consiglio pastorale. Il giovane ha chiesto udienza al cardinale Schönborn, che ha invitato a pranzo lui e il suo convivente. Dopo l’incontro, l’arcivescovo di Vienna ha pubblicato una nuova dichiarazione. Ha ammesso che «ci sono molti membri dei consigli pastorali parrocchiali il cui stile di vita non è del tutto conforme agli ideali della Chiesa», affermando però di apprezzare «il loro impegno nel cercare di vivere una vita di fede».
          Schönborn ha quindi lodato la partecipazione dei giovani alla vita della parrocchia della piccola comunità austriaca, stabilendo che «gli errori formali emersi durante l’elezione non mettono in discussione i risultati dell’elezione stessa nella quale il candidato più giovane, Florian Stangl, ha ricevuto la maggioranza dei voti».
          Il cardinale racconta poi di essere rimasto «profondamente impressionato» dalla fede di Stangl, «dalla sua umiltà, e dal modo in cui egli concepisce il suo servizio», affermando di aver capito perché i parrocchiani «hanno votato in modo così deciso per la sua partecipazione al consiglio pastorale». La decisione finale è dunque quella di non invalidare i risultati, anche se «si metterà mano a una revisione delle regole per chiarire i requisiti necessari per i candidati al consiglio pastorale».
          Gli «errori formali» citati da Schönborn riguardano il fatto che i candidati per i consigli pastorali nella diocesi viennese dovrebbero firmare una dichiarazione, affermando la loro adesione alla fede e alla disciplina della Chiesa cattolica, la quale, com’è noto, condanna non la persona ma la pratica omosessuale, e si oppone al riconoscimento delle unioni gay. A Stützenhofen però i candidati non avevano firmato la prevista dichiarazione.
          Nei giorni scorsi era stato il cardinale Carlo Maria Martini, emerito di Milano, ad aprire al riconoscimento delle unioni civili. Nel libro intervista Credere e conoscere (Einaudi), scritto con Ignazio Marino, dopo aver affermato la necessità di difendere la famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna ha detto: «Però non è male che, in luogo di rapporti omosessuali occasionali, due persone abbiano una certa stabilità e quindi in questo senso lo Stato potrebbe anche favorirli».
          Di diverso avviso l’attuale arcivescovo ambrosiano, Angelo Scola, che intervistato in vista dell’incontro mondiale delle famiglie nella città in cui la giunta Pisapia sta portando avanti la proposta del registro per le coppie di fatto ha detto che «il nome famiglia non si addice ad altre forme di convivenza. Ostinarsi a utilizzarlo confonde e finisce con lo svuotare i preziosi fattori costitutivi della vera famiglia».
Andrea Tornielli
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