Contro il bullismo né indifferenza né silenzio

Non esistono ricette sicure contro il bullismo: ogni episodio ha una sua origine, una sua storia! È certamente un errore fare finta di niente e lasciare la soluzione alle vittime o alle famiglie delle vittime, che a volte si sentono impotenti o diventano violente in difesa del proprio figlio: «Se trovo per strada chi ha fatto del male a mio figlio ‚Äì mi diceva una mamma ad un dibattito pubblico ‚Äì, se sono in macchina, io “l'asfalto”».

Contro il bullismo né indifferenza né silenzio

da L'autore

del 15 gennaio 2008

Non esistono ricette sicure contro il bullismo: ogni episodio ha una sua origine, una sua storia! È certamente un errore fare finta di niente e lasciare la soluzione alle vittime o alle famiglie delle vittime, che a volte si sentono impotenti o diventano violente in difesa del proprio figlio: «Se trovo per strada chi ha fatto del male a mio figlio – mi diceva una mamma ad un dibattito pubblico –, se sono in macchina, io “l’asfalto”».

Il silenzio dell’adulto diventa complicità, bisogna intervenire, ma come? Si tratta della cultura generale che deve circolare nella scuola, in famiglia, nei mezzi di comunicazione sociale, ma non basta: occorre essere presenti in modo attivo nei singoli casi, che avvengono nella scuola, in strada, all’oratorio.

Ricordo tre ragazzini del mio oratorio, che taglieggiavano i loro compagni quando transitavano dalla «loro» strada.

Quando uno di loro ebbe il coraggio di dirmelo, sono transitato io stesso in bicicletta e ai tre che mi salutavano sorridenti, ho detto: «Quanto devo pagare per passare?». Sono arrossiti, ne abbiamo parlato, l’episodio si è ridimensionato, anche perché alla stessa ora, a casa loro, si era presentato un vigile amico a raccontare le «infamie» dei figli: in certi ambienti, l’estorsione di gruppo, è condannata come infamia e vigliaccheria.

Oggi sembra lo sia di meno, l’agire «in branco» dà sicurezza, ti permette di fare gesti che da solo non faresti mai: vendicarti, farla pagare, avere cose (telefonini, catenine, vestiti griffati, soldi) che non hai...

Bisogna sostenere la vittima perché abbia il coraggio di parlare, perché altri deboli non abbiano a soffrire e «i bulli» non acquistino troppa sicurezza e diventino i padroni dell’ambiente che frequentano.

Alcuni oratori hanno dovuto chiudere, nell’attesa che la zona si «risanasse» dal bullismo, lo stesso è accaduto in alcune scuole, che hanno subito danni gravi dagli atti antisociali dei giovani bulletti di periferia.

La vittima va sostenuta anche da parte della famiglia e degli insegnanti: essere forti non significa essere violenti, non c’è da vergognarsi della propria fragilità fisica, di non avere muscoli... e si deve, nel contempo, intervenire sui «bulli», mettendo in evidenza, quello che dà fastidio loro, la vigliaccheria: «Tu non sei un duro, ma un debole, se ti metti con altri per far star male un ragazzo, uno che viene a scuola con te, che abita vicino a te...».

Se poi scattasse il senso religioso, che fa sentire l’altro figlio di Dio da rispettare e amare, sarebbe il massimo. Oggi, purtroppo, pare improbabile il ricorso a Dio, che sembra avere meno peso nell’educazione, nelle famiglie, nella scuola stessa.

Un buon ruolo anti-bullismo, infine, lo possono giocare i compagni di classe o d’oratorio: disapprovando a livello di gruppo o di rapporto personale questi «bulletti», che spesso sono le stesse vittime della violenza, non solo familiare, ma di quartiere o del clima mass-mediatico: la TV gronda sangue e violenza su tutte le reti!

I compagni devono parlare, se non parla la vittima! Non devono considerare normale la prepotenza, mettendosi dalla parte della ragione e del cuore e isolando l’aggressore, obbligandolo a riflettere sul suo modo violento di fare...

Per gli adulti, tacere è complicità e un rischio da non correre: prima o poi ne pagheremmo il prezzo, dando spazio a un fenomeno che, non arginato, ci obbligherà a stare in casa la sera, a non lasciar uscire il ragazzo o la ragazza, quando è buio, a sentirsi circondati dalle forze del male... Non è forse quello che sta succedendo in tante parti delle nostre città?

Da: Vittorio Chiari, Un giorno di 5 minuti. Un educatore legge il quotidiano

don Vittorio Chiari

Versione app: 3.26.4 (097816f)