Decine di milioni le donne e i bambini vittime di un turpe traffico. Un fenomeno più grave della tratta, perché gli esseri umani sono schiavizzati e diventano un articolo da vendere per strada.
del 30 ottobre 2008
Il fenomeno della prostituzione è da collocare in quello più grave della tratta, attraverso la quale corpi di esseri umani, schiavizzati, diventano un mero articolo da vendere per strada o in ambienti chiusi. In genere, s tratta di persone molto vulnerabili, in particolare donne provenienti da Paesi economicamente instabili, in genere ingannate e costrette a essere umiliate, subendo violenze inaudite, ma anche transessuali, e purtroppo bambini da sfruttare per il vergognoso crimine della pedofilia. Sono solo una bassissima percentuale quelle donne, che scelgono volontariamente di esercitare il mestiere di sex workers (lavoratrici del sesso), rispetto a un’enorme moltitudine (la cui quantificazione ufficiale non tiene conto del sommerso) di ragazze, invece, minacciate e violentate, una volta cadute nella micidiale trappola ordita dal crimine organizzato che, sulla loro pelle, consegue guadagni stratosferici, utilizzando addirittura Internet o i telefonini cellulari di nuova generazione, oltre che assumendo il controllo di strade e quartieri nelle nostre città. Dopo il commercio di droga e di armi, quello degli esseri umani risulta la terza fonte di profitto per la criminalità organizzata. Il traffico è strettamente collegato poi ad altre attività illegali (estorsioni, ricatti, riciclaggio di denaro sporco, corruzione di pubblici ufficiali, spaccio di droga, falsificazione di documenti, gioco d’azzardo). I proventi del traffico sessuale vengono poi investiti per finanziare successivamente il traffico d’armi, di stupefacenti e il contrabbando, ma anche attività legali quali, per esempio, l’apertura di agenzie di viaggio, scuole di lingue o compagnie navali, ristoranti e bar.      
 
La clientela
I clienti delle prostitute sono, generalmente, maschi con problemi psicologici. L’analisi delle loro personalità ha evidenziato diverse sfaccettature e sfumature di comportamento anomalo di cui si può fornire qui una sintesi prospettica, ma solo di superficie. Da un’indagine svolta dall’Università di Firenze, non recentissima ma volta a delineare un ritratto del cliente-tipo abbastanza esauriente, si è stimato che in Italia vi sono 9 milioni di uomini, usi a frequentare prostitute. In maggioranza si tratta di impiegati, commercianti e professionisti. Il 21,4% ha un’età tra 19 e 24 anni. Il 3,8% meno di 18. Oltre il 70% risulta coniugato e il 43% chiede rapporti senza profilattico. Il cliente che chiede una prestazione sessuale, il più delle volte, tratta la donna costretta a calcare il marciapiede come mero oggetto sessuale, senza instaurare alcuna relazione o dialogo, realizzando di ottenere il proprio piacere sessuale, senza tener conto alcuno del piacere o della sofferenza della donna-oggetto. Altri maschi sono uomini sposati insoddisfatti del ménage coniugale. Altri ancora cercano, invece, un tipo di rapporto più profondo, anche affettivo, romantico, con un risvolto umano più accentuato, non soltanto puramente carnale e relativo a una semplice e normale transazione commerciale. Il desiderio di dominare e avvilire il corpo della donna, comunque, risulterebbe l’obiettivo più immediato e frequente in moltissimi casi. Ma può anche succedere che, in virtù di un innamoramento o per compassione, il cliente costituisca la prima ancora di salvezza per le schiave del sesso, convinte dal cliente stesso, e da lui stesso accompagnate al più vicino posto di polizia, a sporgere denuncia contro i loro sfruttatori, come anche a lasciare la strada, aiutate dal cliente generoso a cambiare vita, trovando un lavoro per recuperare la dignità perduta. 
 
Il traffico di esseri umani come violazione dei diritti
Come affermato, secondo le più recenti stime delle Nazioni Unite, ogni anno, le vittime del traffico sono 4 milioni in tutto il pianeta. Da un’inchiesta della Cia il traffico annuale è quantificato tra le 700 mila e le 2 milioni di persone. In Europa si calcolano 500 mila vittime all’anno, ma il numero è destinato a crescere. La prostituzione si può definire come una forma estrema di violenza verso le donne, in quanto le sono intrinseci violenza fisica, stupro e sfruttamento. A livello globale il fenomeno è da considerarsi una violazione dei diritti universali e come un’aggressione alla dignità di essere umano. L’espressione «traffico di esseri umani» ha acquisito questa definizione chiarificatrice nella Dichiarazione della Conferenza ministeriale dell’Aja del 26 aprile 1997: «Per tratta delle donne s’intende ogni comportamento che faciliti l’ingresso legale o illegale di donne nel territorio di un Paese, nonché il transito, soggiorno o uscita dallo stesso, allo scopo di sfruttamento sessuale a fine di lucro, tramite coercizione, in particolare violenza o minacce, o inganno, abuso di autorità, o altra forma di pressione tale per cui alla persona interessata non sia data altra scelta accettabile o reale se non quella di subire la pressione o abuso in questione». L’Onu, nel 2000, a Vienna, ha compilato quest’altra definizione, più completa, includendo nella tipologia dei mercati illegali, oltre alla prostituzione, il lavoro nero e l’accattonaggio, l’espianto e la vendita di organi umani, la produzione di snuff movies (pellicole pornografiche ad alto contenuto violento, in cui la vittima davanti all’obiettivo di una telecamera, viene fatta torturare, mutilare, agonizzare e talvolta anche uccidere): «Il traffico di persone comprende il reclutamento, il trasporto, il trasferimento, il soggiorno o l’accoglienza di persone, mediante minacce o uso della forza, rapimento, inganno, frode, coercizione o abuso di potere, o il ricevere pagamenti o benefici per indurre una persona a sottomettersi al controllo di un’altra, a scopo di sfruttamento. Lo sfruttamento include lo sfruttamento sessuale, il lavoro forzato, la schiavitù». Il traffico di esseri umani, oggi, nell’epoca della globalizzazione, dove più sensibili e drammatiche si sono fatte le differenze tra il Nord e il Sud del mondo, e tra l’Est e l’Ovest europeo, vede come luoghi di destinazione l’Europa occidentale e il Nord America, mentre L’Europa orientale, l’Africa, l’Asia e l’America del Sud comprendono il bacino di origine delle donne trafficate. Attualmente i Paesi dell’Est europeo, come anche la Nigeria e il Ghana, detengono il primato del flusso di provenienza, che nei decenni precedenti spettava alla Thailandia e alle Filippine, al Laos e al Vietnam (le cui vittime sono destinate ai mercati del Giappone, della Cina e di Taiwan). Un'altra area geografica, in cui luoghi di provenienza e di destinazione s’intersecano, raggruppa Nepal, India e Bangladesh. In questi Paesi, l’Osservatorio per i Diritti Umani ha riscontrato la complicità dei Governi nel consentire il traffico di centinaia di migliaia di prostitute nella sola Bombay. Il traffico sessuale in America del Sud, secondo stime dell’Interpol, comprende circa 40 mila ragazze colombiane, rese schiave dalla criminalità organizzata. Il 15% sono ragazze provenienti dal Brasile, ossia 75 mila brasiliane vengono costrette ogni anno a dirigersi verso l’Europa, il Giappone, Israele e Usa. In Venezuela è ormai diventata un’abitudine quella di vendere le donne come mogli a uomini stranieri.          
 
Strategie di reclutamento
Il reclutamento delle schiave del sesso si è orientato attualmente in maggior misura verso le donne minorenni. Esse vengono ingannate in questo modo: attraverso annunci di giornali o via internet, o attraverso le promesse fatte da subdoli fidanzati, falsi mariti e falsi amici, si prospetta loro un lavoro facile come, per esempio, commessa o badante in Occidente. Una volta superato il confine, queste ragazze scoprono un’orribile verità: devono andare sulle strada, se non lo fanno, dopo indicibili violenze, esse o i loro familiari, rischiano la morte. Le ragazze provenienti dall’Africa sono, invece, raggirate e ricattate mediante loro stesse credenze e superstizioni, talvolta tramite i riti woo-doo. Se non si sottomettono alla volontà dei loro sfruttatori e non si concedono all’attività meretricia, la loro vita o quella dei loro cari sarà sempre in pericolo, in virtù di un rito magico che fa ad esse credere di esporre loro o i loro familiari a morte sicura.
 
La testimonianza di un’operatrice sociale
«Ci occupiamo dell’inserimento lavorativo e sociale di donne che hanno fatto vita di strada» – ci dice Silvia, 30 anni, operatrice sociale, laureanda in Psicologia, appartenente all’Associazione Ideadonna, operativa dal 2001 in una città del Centro Nord del nostro Paese –. «Queste donne sono state inserite nel programma di protezione sociale, in collaborazione con la Questura e l’Ufficio Stranieri del Comune». Per queste donne, ci riferisce Silvia, una volta che hanno fatto denuncia,  scatta un sistema di protezione che tende a reinserirle nella società, «attraverso un lavoro che noi procuriamo loro». «Piuttosto che offrire a esse delle mansioni come badante o come colf, assicuriamo delle opportunità professionali più redditizie, come commesse, cuoche, cameriere, segretarie, ma senza specificare la realtà precedente al datore di lavoro, senza fargli sapere che le ragazze provengono dalla strada, altrimenti risulterebbe più difficile il loro recupero». Il primo contatto avviene tramite un’unità di strada, composta da operatori e volontari che, avvicinando le ragazze, le assistono con il fornire cibo, caffè  e altre bevande calde o una coperta. «Solo in un secondo momento, l’operatore sociale le propone il programma di protezione, ma questo solo se lo vuole la ragazza stessa. Questo avviene quando la giovane, – non dimentichiamo che talvolta è una minorenne – inizia a prestare fiducia e a confidarsi con qualcuno che non ha secondi fini». Questo programma scatta anche se la ragazza decide di collaborare, ma senza sporgere denuncia. «Le ragazze che aiutiamo provengono in massima parte dall’Europa dell’Est e dalla Nigeria. Alcune di loro – conclude Silvia – sono sieropositive o dedite all’alcol. Noi le aiutiamo, attraverso una rete di centri di ascolto e di assistenza, a sopravvivere con dignità alla loro drammatica esperienza di vita, assistendole anche sul piano medico e psicologico, oltre che a trovare una sistemazione lavorativa e una casa».
 
Nicola Di Mauro
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