“...ognuno è tenuto ad obbedire soltanto alla sua coscienza”.Se chiediamo all'uscita di un supermarket cosa ciascuno pensa di questa affermazione, credo che sia impossibile trovare qualcuno che non sia d'accordo. Ma cosa vuol dire “obbedire alla coscienza?”La maggioranza ha risposto: “fare ciò che onestamente e sinceramente penso”. Bene: perché allora usiamo la parola coscienza, invece che dire “obbedire soltanto al proprio pensiero”? Anche i dittatori hanno fatto sinceramente ciò che pensavano!
del 18 maggio 2005
“…ognuno è tenuto ad obbedire soltanto alla sua coscienza”.
Non è una frase tratta dall’ultimo invito di questo o di quel politico: è una frase del Concilio Vaticano II (documento Dignitatis humanae).
Se chiediamo all’uscita di un supermarket cosa ciascuno pensa di questa affermazione, credo che sia impossibile trovare qualcuno che non sia d’accordo.
Ma cosa vuol dire “obbedire alla coscienza?”
Prima di continuare a leggere pensiamoci, cerchiamo di farcene una idea precisa.
Ora proviamo ad ascoltare ciò che la maggioranza ha risposto: “fare ciò che onestamente e sinceramente penso”.
Bene: perché allora usiamo la parola coscienza, invece che dire “obbedire soltanto al proprio pensiero”? (Anche i dittatori hanno fatto sinceramente ciò che pensavano).
 
Cos’è la coscienza?
 
La coscienza è lo strumento radicale, insito in ognuno, che ci obbliga a cercare di vedere se ciò che pensiamo (sinceramente e onestamente) è vero.
Non è ciò che pensiamo, ma l’obbligo scritto in noi di uscire da noi per vedere se ciò che abbiamo in testa è vero.
Ma quando è vera una nostra idea? Semplicemente quando corrisponde alla realtà. Ciò che penso non è vero solo perché lo penso. Ma io da solo rischio di vedere nella realtà ciò che voglio, o comunque ciò che già penso.
Per questo, per vedere se ciò che penso è reale, ho necessariamente bisogno degli altri. Anzi la diversità, l’esistenza di altri che non sono me ma che sono come me, è preziosissima. Può darsi che io scopra che ciò che penso è vero, e il rapporto con gli altri mi rende certo. Può accadere che io veda ciò che non vedevo.
A un patto, decisivo, come una sfida inesorabile.
Che io incontri altri che cercano il vero, non che mi ingannino.
Allora la coscienza ci spinge ad un duro lavoro, tipico dell’essere umano: la ricerca del vero e l’obbedienza a ciò che riconosciamo come tale. A questo punto la coscienza ci obbliga ad obbedire, viceversa ci tormenta.
Ma se agire in coscienza significa fare ciò che penso, al massimo ascoltando chi mi da ragione, io non uso la coscienza, ma la uccido.
Non si capisce perché la Chiesa cattolica possa essere accusata di violare la coscienza semplicemente perché ha indicato, non consigliato, di ASTENERSI al referendum sulla legge 40 (quello sulla fecondazione artificiale): i Pastori hanno il dovere di guidare e di “costringere” ad usare la coscienza. Infatti non si può obbedire all’indicazione della Chiesa se non “in coscienza”.
Più semplicemente: è talmente serio ed importante ciò che è in gioco che i Pastori “scommettono” che se noi usiamo davvero la coscienza non potremo se non astenerci dall’andare a votare.
Il vero dramma è che molti (anche tra parroci e preti) non hanno per primi giocato la loro coscienza nell’obbedire (obbedire al dovere di formarsi la coscienza!) e quindi hanno paura ad aiutare i fedeli a capire le ragioni, ad approfondire.
Oppure pensano di dover organizzare incontri mettendo uno pro, e uno contro, a parlare (come in televisione), pensando che la coscienza degli ascoltatori sarà convinta dall’uno o dall’altro.
Questo metodo, che può andare bene in certi contesti, non è il metodo indicato oggi dalla Chiesa.
Bisogna chiarirsi la coscienza capendo le ragioni di ciò che indica la Chiesa, per giocarle in ogni ambito e suscitare problemi gravi nel cuore di tutti.
Insomma: i cristiani sono chiamati da questa indicazione della chiesa a formarsi una retta coscienza del problema e a parlarne con tutti. Solo così potranno accorgersi che la posizione cristiana non è un punto di vista ma il modo più aderente alla realtà, più capace di rendere ragione della posta in gioco: la vita personale di uomini e donne, i loro desideri, la nascita, il dolore…
L’indicazione della Chiesa è una occasione per verificare la verità della fede.
D’altra parte la posta in gioco è la vita di esseri umani innocenti.
E su questo punto vale la pena di riportare per intero la citazione con cui abbiamo iniziato:
“…ognuno di noi renderà conto di sé a Dio (Rm 14,12) e sia tenuto ad obbedire soltanto alla sua coscienza”.
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