Cosa succede nella Pasqua?

Che cosa è avvenuto in quell'ora sconosciuta, nell'oscurità nella tomba di Gesù? Possiamo comprendere qualcosa di questo evento guardando gli effetti di questo mistero con gli occhi della fede. Lo Spirito santo è sceso con tutta la sua potenza divina sul cadavere di Gesù...

Cosa succede nella Pasqua?

da Teologo Borèl

del 12 aprile 2009

Che cosa è essenziale alla Pasqua? Dove sta il fatto originario che celebrano i credenti?

          Chi in questi giorni ha assistito alle funzioni liturgiche nei diversi giorni della Settimana Santa, può avere avuto l’impressione di un succedersi di gesti, di riti, di preghiere, in cui non era semplice mettere a fuoco il tema fondamentale, capire dove stava la loro unità. Molti infatti sono gli eventi richiamati in quei giorni, in cui si è ripercorso il cammino dell’ultima settimana di Gesù a Gerusalemme, dal solenne ingresso nella città, rivissuto nella Domenica delle Palme, fino alla sua cattura, alla passione e morte, alla scoperta del sepolcro vuoto e alle sue apparizioni ai discepoli.

          Di fronte a questa ricchezza di eventi, letti anche alla luce di una lunga serie di altre letture bibliche, ci si domanda: quale è il fatto centrale, originario, quello nel quale tutto questo trova insieme la sua origine e la sua spiegazione? Questo fatto non è descritto da nessuno, non è stato visto da nessuno. La liturgia romana ci dice, nel canto solenne che precede le funzioni della notte di Pasqua: «O notte beata, tu sola hai meritato di conoscere il tempo e l’ora in cui Cristo è risorto dagli inferi».

          Che cosa è avvenuto in quell’ora sconosciuta, nell’oscurità nella tomba di Gesù? Possiamo comprendere qualcosa di questo evento guardando gli effetti di questo mistero con gli occhi della fede. Lo Spirito santo è sceso con tutta la sua potenza divina sul cadavere di Gesù. Lo ha reso «spirito vivificante» (cfr Lettera di san Paolo ai Romani, 1.4), gli ha dato la capacità di trovarsi presente dovunque, in qualunque luogo e in qualunque tempo della storia. È stato come uno scoppio di luce, di gioia, di vita. Là dove c’era un corpo morto e una tomba senza speranza è iniziata un’illuminazione del mondo che dura ancora fino a oggi.

 

Il dono e la storia della Chiesa

          Quando Gesù diceva, alla fine del Vangelo secondo Matteo: «Io sarò con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» intendeva questa presenza di risorto, di quella forza di Dio operante in Gesù che ciascuno può sentire dentro di sé, purchè apra gli occhi del cuore. Questo spirito non si manifesta con parsimonia, ma con ampiezza e liberalità.

          Comincia da qui la storia della Chiesa, che è storia anzitutto delle conseguenze di questo dono. Gli uomini possono magari utilizzare male questo dono o anche opporsi a esso, ma in realtà esso fa il suo cammino nella storia, crea le moltitudini di Santi, sia conosciuti che sconosciuti. Dà, a ciascuno che lo desidera sinceramente, di entrare nelle intenzioni di Cristo, nel suo amore ai poveri, nella sua lotta per la giustizia, nella sua dedizione per ogni persona, nel suo spirito di libertà, di umiltà, di adorazione e di preghiera. Chi guarda al mondo di oggi con gli occhi della fede, ne riconosce tutte le brutture e le distorsioni, ma vede anche lo Spirito operante per salvare questo mondo.

          Ma chi riconosce oggi il cambiamento che è avvenuto nella storia? Chi sente la presenza del Risorto che ci accompagna? Chi ha una fede piena in Gesù, chi si volge a Dio con tutto il cuore, chi si libera dalla schiavitù del successo e del denaro.

          Vi sono tempi in cui questo riconoscimento è particolarmente difficile: sono i tempi delle grandi sventure, delle catastrofi che toccano molta gente, in particolare i bambini. Ma anche qui, per chi sa leggere con gli occhi della fede, non manca una presenza del Risorto. Proprio ora ricevo dalle zone terremotate dell’Abruzzo un messaggio che suona così: «Dalla tendopoli... i più cari auguri. Il Signore venuto a curare le ferite dei cuori spezzati ci ha scelti perché lo aiutassimo. Sia questa la nostra vera gioia. Un fraterno abbraccio».

card. Carlo Maria Martini

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