COSÌ RIDEVANO

Gianni Amelio tocca corde di commozione e di sdegno. Di commozione per l'intensità di un amore fraterno e, soprattutto, per la durezza d'un cammino verso una dignità il più delle volte negata; di sdegno per una società cinica e ostile che uccide l'onestà e apre invece le porte del delitto...

COSÌ RIDEVANO

da Quaderni Cannibali

del 28 ottobre 2005

Regia: Gianni Amelio

Interpreti: Enrico Lo Verso, Francesco Giuffrida, Fabio Contartese

Origine: Italia 1998

Durata: 127’

 

Nel 1958 il siciliano Giovanni arriva a Torino,dove già si trova il fratello più giovane Pietro. Giovanni ha un progetto ambizioso: lui,analfabeta, vuole che Pietro compia gli studi fino al diploma e diventi maestro, perché possa raggiungere quei traguardi di apprendimento e di cultura che arricchiscono e fanno maturare una persona. Ma intanto anche Giovanni deve in qualche maniera sistemarsi e vivere. Così, faticosamente, si inserisce nel giro degli altri immigrati, soprattutto siciliani,che in quel periodo arrivano numerosi nel capoluogo piemontese. La mattina, Pietro fa finta di andare a scuola, ma non ci va, senza dire niente al fratello. Giovanni intanto fa vari lavori, si fa conoscere, infine passa dall’altra parte e diventa tra coloro che procurano lavoro ai nuovi arrivati. Passano alcuni anni, Pietro affronta l’esame, prende il diploma, dovrebbero essere tutti e due felici. Giovanni intanto si è sposato, vorrebbe mettere a posto le cose. Ma una sera, mentre sono insieme, si allontana per parlare con un uomo. Comincia una lite, Pietro accorre, l’uomo cade a terra ucciso. Pietro è arrestato per omicidio, condannato e rinchiuso nel carcere minorile. Tempo dopo, un assistente sociale lo accompagna alla festa di Giovanni,uomo ormai dalla posizione ben definita. I due fratelli si rivedono, ma il dialogo tra loro è ormai impossibile.

 

 

Hanno detto del film

…la vicenda non intende rispecchiare una realtà minuziosamente ricostruita, quant’ora presentare il faticoso recupero di legami e valori famigliari in una situazione emblematica di spaesamento. (…) Quello che conta, per Amelio, è l’itinerario emotivo che porta al riavvicinamento dei due fratelli, dopo che l’uno si è sottratto alla tutela dell’altro, fino al ribaltamento dei ruoli, con il minore che sacrifica la propria libertà per salvare il maggiore dal carcere.

(Giovanni M. Rossi, Vivilcinema n° 68, settembre/ottobre 1998)

 

Gianni Amelio tocca corde di commozione e di sdegno. Di commozione per l’intensità di un amore fraterno e, soprattutto, per la durezza d’un cammino verso una dignità il più delle volte negata; di sdegno per una società cinica e ostile che uccide l’onestà e apre invece le porte del delitto.

(Franco Colombo, L’Eco di Bergamo, 04/10/1998)

 

(...) un’altra dimensione, per nulla estranea al cinema di Amelio, è quella dei rapporti tra i padri e i figli, con i sentimenti profondi e contradditori che li legano e insieme li separano. (…) Orfani e abbandonati sono anche Giovanni e Pietro. La mancanza del padre vive nel loro rapporto, emergendovi come memoria. Giovanni ricorda (e dice a Pietro) che il padre amava di più il fratello. D’altra parte, Giovanni ricorda (e dice a Pietro) d’aver sempre avuto per il fratello un’attenzione e un amore quasi paterno. C’è qui un nodo, un intrico emotivo complesso. Tra i due, per quanto solo impliciti, ci sono ragioni di conflitto fraterno, cui si sommano – ancor più nascoste, e per questo forse più decisive – quelle che lacerano e rendono talvolta crudeli i rapporti tra padre e figlio.

(Roberto Escobar, Il Sole 24Ore, 18/10/1998)

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