Cresce la vendita di armi ai Paesi in via di sviluppo

Cifre record per la vendita di armi ai paesi in via di sviluppo nel 2004. Ai primi posti nell'elenco dei maggiori esportatori, i cinque paesi con diritto di veto al Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite.

Cresce la vendita di armi ai Paesi in via di sviluppo

da Attualità

del 03 settembre 2005

Nel 2004 le armi fornite complessivamente ai paesi in via di sviluppo hanno raggiunto la cifra record di 22,5 miliardi di dollari (+2,5 miliardi rispetto al 2003), il valore pi√π alto dal 2000.

Lo afferma il Centro studi del congresso di Washington nella sua consueta pubblicazione annuale, Conventional Arms Transfers to Developing Nation basata su dati governativi Usa, in cui analizza, a differenza di altri (ad esempio il Sipri), tutti i trasferimenti di armi.

Usa e Russia hanno dominato questo particolare mercato nel 2004.

 

Per i primi gli importi sono stati pari a 9,6 miliardi di dollari; la quota di mercato di Washington è salita al 42,6% del totale (+11,5 rispetto al 2003). Segue Mosca con 4,5 miliardi, il 205 del totale. Al terzo posto si trova la Francia con 4,2 miliardi, il 18,2% della torta (era il 12% nel 2003).

 

Seguono, nell’ordine, Regno Unito con 1,3 miliardi, Cina con 600 milioni, Germania con 500 milioni e Italia al settimo posto con 100 milioni. È interessante notare che ai primi 5 posti figurano i membri permanenti del Consiglio di sicurezza Onu con diritto di veto. Coloro che hanno le maggiori responsabilità della politica mondiale, dunque, sono quelli che alimentano, con le armi, i tanti conflitti del mondo.

 

Allargando l’analisi al periodo 2001-2004 gli Usa si confermano i primi fornitori mondiali con un fatturato di 28,4 miliardi di dollari, seguiti dalla Russia con 16,1, dal Regno Unito con 12,4, dalla Francia con 8,9, dalla Cina con 2,7 e da Israele con 1,8. L’Italia è undicesima con 500 milioni e mantiene la stessa posizione del periodo 1997-2000 quando però fornì armi per 1,1 miliardi.

 

I principali paesi acquirenti nel 2004 sono stati principalmente quelli mediorientali ed asiatici. Nell’ordine Emirati Arabi Uniti con 3,6 miliardi di dollari, Arabia Saudita con 3,2, Cina con 2,7, India ed Egitto con 1,7, Israele, Taiwan, Pakistan, Corea del Sud e Sud Africa, al decimo posto con 500 milioni.

 

Lo studio americano evidenzia che la maggior parte dei paesi acquirenti sono collocati in aree di tensione o di guerra. Sicuramente la proliferazione di armi non favorirà la soluzione politica delle controversie, così come non faciliterà la lotta alla povertà.

 

In particolare è da sottolineare la notevole spesa sudafricana che pure ha le forze armate più forti dell’Africa e che avrebbe potuto spendere tali fondi in maniera più sensata per combattere le enormi piaghe sociali ed economiche lasciate dal regime dell’apartheid.

Le forniture all’Africa subsahariana nel periodo 2001-2004 sono comunque  diminuite, nel complesso, a 3 miliardi di dollari (erano 3,9 nel periodo 1997-2000).

 

In Africa settentrionale, l’Egitto rappresenta per gli Usa una sorta di “riserva di caccia” con vendite di armi per 5,3 miliardi (-2,1 miliardi nel periodo precedente), l’Algeria ha ridotto gli acquisti a 400 milioni, un miliardo in meno rispetto agli anni 97-2000, quando Mosca deteneva la maggioranza di una mercato del valore complessivo di 1,4 miliardi.

 

Lo studio descrive, infine, anche le armi fornite nel quadriennio 2001-2004 all’Africa subsahariana. La Russia  ha consegnato 10 carri armati, 30 cannoni e 130 blindati, 30 aerei e 60 elicotteri.

 

I maggiori esportatori europei, cioè Francia Regno Unito Germania ed Italia, hanno dato globalmente 50 blindati, 10 aerei e 10 elicotteri, tutti gli altri paesi europei 10 carri armati, 800 cannoni, 40 aerei e 20 elicotteri. L’insieme degli altri paesi non europei hanno dato 50 tank, 40 cannoni, 140 blindati 20 aerei e 60 elicotteri.

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