L'epoca dell'istantaneo e dell'immediato ci ha fatto vivere l'evento della morte di un grande papa secondo i canoni della moderna velocità. Ma ci ha dato anche un'ulteriore, inattesa, occasione per riportarci alla realtà di una vita da cristiani.
del 09 aprile 2005
 
“L’evento è servito, andiamo in pace”. Il giorno dopo i funerali di Giovanni Paolo II, ci lasciamo alle spalle un avvenimento che per sette giorni ci ha impegnato a lungo. Ha fatto parlare di sé, ci ha emozionato (per la perdita del vescovo di Roma), ci ha preoccupato (per la gestione della sicurezza e dell’organizzazione), ci ha stupito (per la tenacia ammirevole dei molti che hanno collezionato ore e ore per rendere omaggio al papa), ci ha stancato (per l’impegno profuso - a Roma e non solo - per offrire un’informazione adeguata all’evento). Ora che esso è dietro le spalle, non lo cerchiamo più. I giorni della grande e quasi spasmodica attenzione sono passati, e al di là dell’attesa per l’elezione del successore, ci rimane il ricordo – vivo, ma pur sempre ricordo - di un evento di portata planetaria. Uno di quelli che capitano poche volte nella vita e ai quali non è possibile mancare.
 
E in tanti, infatti, non sono voluti mancare. Il gusto dell’esserci, il fervore del poter affermare di essere stato lì, partecipante diretto della grande mobilitazione, è stata una delle tante spinte che hanno convinto il “popolo del papa” ad immergersi in una realtà al limite della sopportazione fisica. In un’epoca segnata in forma possente dall’istantaneo, dallo sfuggente e dal fugace, il momento storico che ci siamo trovati di fronte andava vissuto, immediatamente, istantaneamente. Quindici ore di coda per quindici secondi di fronte al papa, armati di buona volontà e di videofonino, pronti a condividere l’istante con tutta la nostra rubrica, complice un comune MMS.
 
Ma l’evento, per sua stessa natura, è imprevedibile nei suoi sviluppi: lo puoi organizzare, limitare, preparare, ma mai racchiudere in un universo chiuso e inanimato. Anche quei gesti nati da puro istinto o persino da mero desiderio di imitazione possono riservare sorprese inaspettate e imprevedibili. Le storie dei tanti giovani delle Giornate Mondiali della Gioventù sembrano confermarlo. Quante “pure coincidenze”, “casi fortuiti”, “scherzi del destino” ci sono nella vita di milioni e milioni di giovani che in ogni angolo del pianeta hanno incontrato nel corso degli anni quello che tutti indicano come il papa dei giovani! E quali differenti virtù è possibile riconoscere in ciascuno di loro! Questi giovani - giovani che non hanno né voglia né intenzione di delegare la loro rappresentanza a chichessia, e men che meno di farsi strumentalizzare per interessi di parte – questi giovani, dicevamo, hanno un unico, grande punto in comune: la voglia di indagare in se stessi e oltre se stessi, l’esigenza di domandarsi cosa siano “via, verità e vita”, l’avventura di conoscere un personaggio che duemila anni fa vinceva la morte, ridonando speranza e vita al mondo.
 
Sono giovani, anzi, siamo giovani che non hanno concluso il loro cammino; che lo hanno forse appena cominciato, che vorrebbero provarlo. Che attendono forse solo l’opportunità per partire. Migliaia di giovani hanno avuto, grazie alla scomparsa di Giovanni Paolo II, questa opportunità. Al Circo Massimo, a Tor Vergata, a San Giovanni, a San Pietro, ovunque i confessori sono tornati ad ascoltare numerosi giovani, e ovunque la partecipazione al più bistrattato fra i sacramenti cristiani si è rivelata sorprendente. Senza l’evento straordinario, emozionante, toccante, anche doloroso, tutto questo non ci sarebbe stato. Neppure la GMG di Colonia, ormai istituzionalizzata, preannunciata, divenuta fatto ordinario e non straordinario, avrebbe forse potuto far riavvicinare quei tanti giovani a quel Sacramento. 
 
L’istantaneo si è fatto graduale, l’istintivo si è fatto riflessivo, l’evento “usa e getta” è diventato (o potrebbe diventare) il progetto di costruzione di una nuova vita, di un nuovo stile, di una nuova era. Come già si cantò, cinque anni fa, a Tor Vergata: “E’ giunta un’era di primavera, è tempo di cambiare, è oggi il giorno sempre nuovo per ricominciare, per dare svolte, parole nuove, e convertire il cuore, per dire al mondo, ad ogni uomo: Signore Gesù…”.
Redazione Korazym
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