Vivere è abbandonarsi, come un gabbiano, all'ebbrezza del vento. Vivere è assaporare l'avventura della libertà. Vivere è stendere l'ala, l'unica ala, con la fiducia di chi sa di avere nel volo un partner grande come te!
del 01 gennaio 2002
Voglio ringraziarti, Signore, per il dono della vita.
Ho letto da qualche parte che gli uomini sono angeli con un’ala soltanto:
possono volare solo rimanendo abbracciati.
A volte, nei momenti di confidenza, oso pensare, Signore, che anche tu abbia un’ala soltanto. L’altra, la tieni nascosta: forse per farmi capire che anche tu non vuoi volare senza di me.
Per questo mi hai dato la vita: perché io fossi tuo compagno di volo.
Insegnami, allora, a librarmi con te.
Perché vivere non è «trascinare la vita », non è « strappare la vita », non è «rosicchiare la vita ».
Vivere è abbandonarsi, come un gabbiano, all’ebbrezza del vento.
Vivere è assaporare l’avventura della libertà.
Vivere è stendere l’ala, l’unica ala, con la fiducia di chi
sa di avere nel volo un partner grande come te!
Ti chiedo perdono per ogni peccato contro la vita.
Anzitutto, per le vite uccise prima ancora che nascessero. Sono ali spezzate.
Sono voli che avevi progettato di fare e ti sono stati impediti.
Viaggi annullati per sempre.
Sogni troncati sull’alba.
Ma ti chiedo perdono, Signore, anche per tutte le ali che non ho aiutato a distendersi. Per i voli che non ho saputo incoraggiare. Per l’indifferenza con cui ho lasciato razzolare nel cortile, con l’ala penzolante, il fratello infelice che avevi destinato a navigare nel cielo. E tu l’hai atteso invano, per crociere che non si faranno mai più.
Aiutami ora a planare, Signore.
A dire, terra terra, che l’aborto è un oltraggio grave alla tua fantasia. È un crimine contro il tuo genio. E un riaffondare l’aurora nelle viscere dell’oceano.
È l’antigenesi più delittuosa. È la «decreazione» più desolante.
Ma aiutami a dire, anche, che mettere in vita non è tutto. Bisogna mettere in luce. E che antipasqua non è solo l’aborto, ma è ogni accoglienza mancata.
È ogni rifiuto del pane, della casa, del lavoro, dell’istruzione, dei diritti primari.
Antipasqua è la guerra: ogni guerra.
Antipasqua è lasciare il prossimo nel vestibolo malinconico della vita, dove « si tira a campare », dove si vegeta solo. Antipasqua è passare indifferenti vicino al fratello che è rimasto con l’ala, l’unica ala, inesorabilmente impigliata nella rete della miseria e della solitudine
E si è ormai persuaso di non essere più degno di volare con te.
Soprattutto per questo fratello sfortunato dammi, o Signore, un’ala di riserva.
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