Di fronte a Dio «non contano le parole, ma l'agire»

Il luogo più concreto dello Spirito, avverte il Papa, è la fede. Se la fede è tema di passioni tristi, di energie incerte, di presunzioni scontate, la crisi è insuperabile. "La vera crisi della Chiesa, nel mondo occidentale, è una crisi di fede. Se non arriveremo ad un vero rinnovamento nella fede, tutta la riforma strutturale resterà inefficace".

Di fronte a Dio «non contano le parole, ma l’agire»

da Benedetto XVI

del 26 settembre 2011

 

          La Chiesa, ha ricordato il Papa nell’incontro con i cattolici impegnati nella Chiesa e nella società, “trova il suo senso esclusivamente nell’impegno di essere strumento della redenzione, di pervadere il mondo con la parola di Dio e di trasformare il mondo introducendolo nell’unione d’amore con Dio”. Essa stessa “è sempre in movimento, deve continuamente mettersi al servizio della missione, che ha ricevuto dal Signore”. Nello sviluppo storico della Chiesa, ha ammesso il Pontefice, “si manifesta, però, anche una tendenza contraria” di una Chiesa che dà “all’organizzazione e all’istituzionalizzazione un’importanza maggiore che non alla sua chiamata all’apertura”.           “Per corrispondere al suo vero compito – ha chiarito il Santo Padre -, la Chiesa deve sempre di nuovo fare lo sforzo di distaccarsi dalla mondanità del mondo” e “in un certo senso, la storia viene in aiuto alla Chiesa attraverso le diverse epoche di secolarizzazione, che hanno contribuito in modo essenziale alla sua purificazione e riforma interiore”. Le secolarizzazioni infatti, ha spiegato Benedetto XVI, “significarono ogni volta una profonda liberazione della Chiesa da forme di mondanità: essa si spogliava, per così dire, della sua ricchezza terrena e tornava ad abbracciare pienamente la sua povertà terrena”.           “Gli esempi storici – ha sostenuto il Papa - mostrano che la testimonianza missionaria di una Chiesa distaccata dal mondo emerge in modo più chiaro. Liberata dal suo fardello materiale e politico, la Chiesa può dedicarsi meglio e in modo veramente cristiano al mondo intero, può essere veramente aperta al mondo”. Il compito missionario “si rende visibile in modo più chiaro. La Chiesa si apre al mondo, non per ottenere l’adesione degli uomini per un’istituzione con le proprie pretese di potere, bensì per farli rientrare in se stessi e così condurli” a Dio. Non si tratta qui “di trovare una nuova tattica per rilanciare la Chiesa”. Si tratta piuttosto di “cercare la piena sincerità, che non trascura né reprime alcunché della verità del nostro oggi, ma realizza la fede pienamente nell’oggi vivendola, appunto, totalmente nella sobrietà dell’oggi, portandola alla sua piena identità, togliendo da essa ciò che solo apparentemente è fede, ma in verità sono convenzioni ed abitudini”.            “La fede cristiana – ha ammesso il Pontefice - è per l’uomo uno scandalo sempre e non soltanto nel nostro tempo”. “Questo scandalo – ha aggiunto -, che non può essere abolito se non si vuole abolire il cristianesimo, purtroppo, è stato messo in ombra proprio recentemente dagli altri scandali dolorosi degli annunciatori della fede. Si crea una situazione pericolosa, quando questi scandali prendono il posto dello skandalon primario della Croce e così lo rendono inaccessibile, quando cioè nascondono la vera esigenza cristiana dietro l’inadeguatezza dei suoi messaggeri”. “Una Chiesa alleggerita degli elementi mondani è capace di comunicare agli uomini – ai sofferenti come a coloro che li aiutano – proprio anche nell’ambito sociale-caritativo, la particolare forza vitale della fede cristiana”, ha sottolineato il Santo Padre. Certamente, “anche le opere caritative della Chiesa devono continuamente prestare attenzione all’esigenza di un adeguato distacco dal mondo per evitare che, di fronte ad un crescente allontanamento dalla Chiesa, le loro radici si secchino. Solo il profondo rapporto con Dio rende possibile una piena attenzione all’uomo, così come senza l’attenzione al prossimo s’impoverisce il rapporto con Dio”.           I giorni trascorsi in Germania sono stati “così commoventi e ricchi di avvenimenti”. Lo ha affermato Benedetto XVI, al momento dei ringraziamenti nella cerimonia di congedo all’aeroporto di Lahr. “Ringrazio tutti per queste splendide giornate, per i tanti incontri personali e per gli innumerevoli segni di attenzione e di affetto mostratimi”, ha continuato. Dopo aver citato alcuni momenti del viaggio, il Papa ha precisato che questa visita è stata rivolta “in particolare ai cattolici a Berlino, a Erfurt, nell’Eichsfeld e a Friburgo” e ha ricordato “con piacere le celebrazioni liturgiche comuni, la gioia, l’ascoltare insieme la Parola di Dio e il pregare uniti – soprattutto anche nelle parti del Paese in cui si è tentato per decenni di rimuovere la religione dalla vita delle persone. Questo mi rende fiducioso per il futuro del cristianesimo in Germania”. Il Pontefice ha poi incoraggiato la Chiesa in Germania “a proseguire con forza e fiducia il cammino della fede, che fa ritornare le persone alle radici, al nucleo essenziale della Buona Novella di Cristo. Ci saranno comunità piccole di credenti – e già esistono – che con il proprio entusiasmo diffondono raggi di luce nella società pluralistica, rendendo altri curiosi di cercare la luce che dà vita in abbondanza”. “Dove Dio è presente, là c’è speranza e là si aprono prospettive nuove e spesso insospettate che vanno oltre l’oggi e le cose effimere. In questo senso accompagno, nei pensieri e nelle preghiere, il cammino della Chiesa in Germania”, ha concluso.           “Ci sono teologi che, di fronte a tutte le cose terribili che avvengono oggi nel mondo, dicono che Dio non può essere onnipotente. Di fronte a questo, noi professiamo Dio, l’Onnipotente, il Creatore del cielo e della terra”, ma, ha evidenziato il Papa, “dobbiamo, al contempo, renderci conto che Egli esercita il suo potere in maniera diversa da come gli uomini sogliono fare. Egli stesso ha posto un limite al suo potere, riconoscendo la libertà delle sue creature”. Anche se “siamo lieti e riconoscenti per il dono della libertà”, “quando vediamo le cose tremende, che a causa di essa avvengono, ci spaventiamo”. Invece bisogna fidarsi di Dio, il cui potere “si manifesta soprattutto nella misericordia e nel perdono”. Dobbiamo avere una certezza: “Dio desidera la salvezza del suo popolo. Desidera la nostra salvezza. Sempre, e soprattutto in tempi di pericolo e di cambiamento radicale, Egli ci è vicino, il suo cuore si commuove per noi, si china su di noi. Affinché il potere della sua misericordia possa toccare i nostri cuori, ci vuole l’apertura a Lui, occorre la disponibilità di abbandonare il male, di alzarsi dall’indifferenza e di dare spazio alla sua Parola. Dio rispetta la nostra libertà. Egli non ci costringe. Egli attende il nostro sì”.

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