Il diario dell'Impresa Ciclistica vissuta dal 5 al 18 agosto tra Francia, Svizzera e Italia!
Lunedì 05
Dopo un viaggio “comodissimo” durato tutta la notte, al sorgere dell’alba eravamo pronti (più o meno) per partire. La prima tappa prevede 45 km tra Salon de Provence e Avignone, la grande città dei Papi. Il viaggio andò liscio come l’olio, a parte le prime forature di Marco, tanto che in poco tempo eravamo già lungo le possenti mura medievali della cittadina. Dopo un buon pranzo e il primo pojo dell’impresa ci siamo sistemati nella piccola casa d’accoglienza della Comunità di San Giovanni, appena fuori da Avignone. Una pompa d’acqua e un pezzo di ferro ci sono bastati per realizzare una splendida doccia da campo. Gonfiati i materassini per la notte abbiamo potuto celebrare la messa tutti assieme, ma ci siamo accorti che la nostra chitarra ci aveva abbandonato e ci siamo arrangiati con l’organo della chiesa. Dopo cena abbiamo visitato la città con il suo grande palazzo e con il suo famoso ponte semi crollato. Affidando al Signore questa nuova esperienza ci siamo finalmente addormentati.
Martedì 06
“Sveglia! Sgonfiare i materassini!” parole funeste giungono alle orecchie dei poveri ciclisti inerba ancora assopiti. Cominciò il secondo giorno che prevedeva 70 km da Avignone all’Abbazia Le Barroux. Alla frase “bici in mano” eravamo tutti pronti per partire. Sotto un cielo che minacciava pioggia abbiamo pedalato fino ad un grande parco dove abbiamo pranzato in compagnia di due giovani francesi, il loro cane e la loro “bellissima” musica. Dopo pranzo c’era chi riposava, chi faceva una partitina a calcio, chi a briscola, chi si addentrava nel boschetto per depositare e chi cantava. Nel pomeriggio abbiamo pedalato fino al colle dell’Abbazia, ma siccome la via principale ci sembrava troppo da femminucce abbiamo optato per la mulattiera che s’ inerspicava molto più maschia, tra i vigneti dei frati. E siccome non ci bastava il nostro amico Luca Penzo si è buttato sull’asfalto per bucarsi il ginocchio con virilità prorompente. All’abbazia abbiamo potuto assistere alla recita dei vespri solenni per la festa della Trasfigurazione e farci una bella doccia. Dopo cena ci siamo divertiti con il primo cerchio e i primi “oh when the saints” (le compilation dei nostri svarioni). Giunto il momento di andare a dormire abbiamo montato un semplice tendone, rassicurato da Don Claudio di passare una notte serena e tranquilla. Dopo 20 minuti cominciò a slavinare. Qualche ragazzo fiducioso della sua guida si era addormentato al di fuori del tendone tra delicate e refrigeranti gocce di pioggia e rassicuranti ululati di qualche dolce bestiolina della foresta.
Mercoledì 07
Il terzo giorno è cominciato con la preoccupazione di essere riusciti a mettere in salvo dalla pioggia le proprie valigie, preoccupazione e ben presto si rivelò quasi per tutti inutile, almeno fino al momento in cui ci siamo ricordati che avevamo lasciato alcuni nostri vestiti tra gli alberi ad “asciugare”. Montati in sella ci aspettavamo 110 km fino a Valence. L’accumulo di nembostrati, i cirri e i cumulonembi, dal colorato nero-grigio non prometteva molto bene e infatti ha subito ricominciato a piovere. Per fortuna don Polo ha alzato le mani al cielo e operato il prodigio ordinando alle nubi di ritirarsi. La fede del nostro sacerdote per non ci ha colpiti subito dopo pranzo. Arrivati in città le povere suorine che ci dovevano ospitare dovevano sentirsi come gli abitanti di un villaggio davanti all’arrivo di un orda di unni: 40 ragazzi puzzoni e bagnati sui loro destrieri. Mosse da pietà ci hanno lasciato la palestra della loro scuola concedendoci una notte all’asciutto. I nostri vestiti bagnati avevano reso gli spogliatoi un laboratorio di massaie, ma noi, grintosi come sempre, ci siamo divertiti con qualche canto assieme (con la nuova chitarra) alla luce delle nostre lanterne, ringraziando il Signore per questa giornata avventurosa.
P.S. Marco Boatto buca 2 volte!
Giovedì 08
Dopo una nottata per asciugarci le ultime gocce del giorno prima, eravamo pronti (per modo di dire) per affrontare la nuova tappa: 75 km fino a Sant Romain de Gal. La paura della pioggia c’era visto i grandi nuvoloni grigi nel cielo, ma comunque restavamo ottimisti. Dopo una decina di km Don Claudio ci fece togliere i k-way sicuro dell’arrivo del sole. Immediatamente si verificò l’impensabile per la nostra guida: PIOGGIA OVUNQUE! Freddo, acqua e macchine impazzite intralciavano il nostro percorso. Il cielo ci concesse un attimo di tregua durante il quale, tutti contenti e bagnati, abbiamo fatto merenda. Alla ripartenza ricominciò l’inferno fino all’arrivo, per fortuna, infatti, siamo riusciti a finire la tappa per ora di pranzo. Così preparammo la “tavola” e tutti scaricarono le proprie borse per cambiare le vesti bagnate. Per fortuna Don Massimo ci suggerì di lasciarle fuori per portarle dove avremmo dormito. Detto fatto: cominciò a piovere. In velocità mettemmo un telo sopra alle povere borse, ma la nostra intelligenza non notò che la strada era in pendenza e l’acqua passava sotto il telo. I nostri bagagli fecero la nostra stessa fine di quella mattina. Dopo il diluvio ci siamo accampati e dopo un momento di deserto abbiamo cenato e riso insieme festeggiando il compleanno del nostro amico Davide!
Venerdì 09
Finalmente il sole era arrivato! Tutti al proprio risveglio hanno visto una luce accecante che ormai avevano dimenticato da giorni. La tappa era da Sant Roman de Gal a Chambery di circa 120 km. Dopo circa 80 km abbiamo trovato la nostra prima vera salita. Una scalata di 3 km di media 8% di pendenza: il primo test in vista del Gran Sanbernardo. Ogni tanto qualcuno si fermava in preda a mistiche estasi e, impegnato nel dialogo interiore con il Signore, finiva per staccarsi dal gruppo, ma alla fine siamo arrivati tutti in cima rinsaviti al profumo della pasta al ragù. Ripartiti trovammo subito una bella discesa di 5 km e dopo molta pianura arrivammo in città. Ad aspettarci c’era un salesiano di nome Theò: un po’ avanti con l’età, ma ancora allegro e arzillo (ex-professore di ginnastica e assiduo maratoneta). Ci sembrava così in forma che pensavamo di poterlo barattare con don Claudio, magli incentivi per la rottamazione non erano abbastanza convenienti. La cosa più bella di questa tappa sono stati però i comodissimi letti sui quali abbiamo potuto dormire. Ovviamente don Claudio, per non cadere nella tentazione della comodità, si sistemò sotto il materasso tre-quattro grosse pietre (I fatti riportati potrebbero non corrispondere alla realtà). Don paolo invece citando il nostro caro Francesco di Sales accettò il materasso con queste parole: “Nulla chiedere, NULLA RIFIUTARE, tutto accettare, sempre ringraziare.” Per il resto, senza alcuno scrupolo, abbiamo ronfato alla grande.
Sabato 10
Di questa giornata la cosa più dura è stata sicuramente lasciare quei comodissimi letti. Dopo una visita alla grande cattedrale della città, dove è conservato il braccio destro di San Francesco di Sales, siamo partiti alla volta di Annecy, la città dove questo santo che ci sta accompagnando ha operato gran parte del suo ministero episcopale. Passando sul lungo lago abbiamo potuto pedalare tra splendidi paesaggi con molta facilità e prendendocela ben comoda (perfino le vecchiette ci superavano). Arrivati ad Annecy ci siamo sistemati in un bel parchetto sulla riva del lago e ci siamo goduti un bel bagnetto rinfrescante (nonostante l’improvviso tsunami provocato dal tuffo di Don Claudio). Dopo un pojo che entrerà nella storia, saliti in sella, siamo usciti dalla città per raggiungere il liceo agrario dove avremmo passato le notti successive. Al nostro arrivo non abbiamo trovato nessuno, se non un paio di mucche, e un po’ seccati abbiamo incominciato a sistemarci piantando tutte le tende, e grazie alo nostro Mc Gyver (alias Damiano), agganciando di nascosto un alimentatore ad un palo della luce. Dopo aver sistemato tutto è arrivato (finalmente) il responsabile della struttura e (nascosto ben bene il palo della luce incriminato) ci ha dato alcune chiavi che a sorpresa aprivano le fantastiche camere con letti e docce. Smontate le tende (che tra l’altro non sembravano così solide e sicure) ci siamo goduti una cena da re e una bella serata assieme sotto le stelle cadenti di San Lorenzo.
Domenica 11
Svegliarsi alla luce del sole, sapendo di non dover pedalare per un giorno intero, ci ha fatto provare una pace e una sensazione di leggerezza indescrivibile; oggi abbiamo vissuto il ritiro. Nel tratto per raggiungere la Basilica della visitazione dove è conservato il corpo di San Francesco di Sales, Giacomo Marchetti, sentendo un leggero languorino e quindi non vedendoci più dalla fame decide di assaggiare l’asfalto, procurandosi ben dodici punti sul mento. Ringraziamo il suo angelo custode per non avergli fatto sentire fame in discesa. Mentre Giacomo veniva portato in ospedale, il resto del gruppo ha ascoltato le parole belle… vere… profonde.. di don paolo sul tema degli affetti e dell’amore vero. Subito dopo nel tempo di deserto abbiamo avuto la possibilità di ricevere il Sacramento della Riconciliazione. Prima di pranzo ci siamo ritrovati per celebrare l’Eucarestia e poco dopo è tornato Giacomino. Dopo pranzo abbiamo visitato la tomba del nostro santo e, scesi in città, abbiamo visitato i luoghi in cui ha vissuto. Dopo la 53° Chiesa ci siamo dedicati un po’ di tempo libero per riposarci nei numerosi parchetti cittadini e per cenare in autonomia. Alla fine della giornata ci siamo ritrovati per la preghiera e poi tutti a nanna per essere pronti per la ripresa del tragitto.
Lunedì 12
Per recuperare tutto quello che il giorno prima avevamo saltato ci voleva una bella tappa da 110 km e una bella sveglia alle 5.30! Sgranchendoci i muscoli intirizziti siamo saliti sui nostri destrieri alla volta di Thonon Les Bains. Anche se la tappa è stata accorciata di alcuni km, alla prima salita più di metà colonna se “sçopà”. Un bel regalo di compleanno per il nostro meccanico Riccardo. Ma siamo riusciti a recuperare le forze arrivando a Ginevra dove abbiamo visitato la Cattedrale calvinista di San Pietro, dove abbiamo incontrato un giovane vicentino che ci ha rallegrati prima della ripresa della tappa. Pedalando lungo il Lago Lemano ci siamo scelti un bel posticino per il pranzo. A pochi km dall’arrivo però la tentazione ci ha vinti e siamo corsi a farci un bel bagno nell’acqua fresca del lago. Arrivati a destinazione, dopo aver scaricato le borse e gonfiato i materassini, ognuno ha scritto le proprie cartoline. La sera, dopo la cena, abbiamo fatto un piccolo momento di condivisione a coppie e subito dopo tutti a letto sfiniti dalla lunga tappa.
P.S. La voce più strana dell’impresa: “Pannolino sporco!”
Martedì 13
La routine mattiniera continuava imperterrita insensibile alle nostre grida di fatica, dolore, sonno, stanchezza e sangue. La tappa prevedeva solo 70 km fino alla cittadina svizzera di Martigny, la fregatura stava nel fatto che il giorno dopo avremmo affrontato la Morte. Pedalando infatti una gigantesca ombra incombeva su di noi: le Alpi con i loro picchi innevati e le loro vette insuperabili si stagliavano davanti ai nostri occhi. Un momento (più o meno mezz’ora in realtà) di distrazione ci fu fornito da un mega-elicottero che si era messo a spostare reti giganti proprio in mezzo alla nostra strada: molti infatti ne hanno approfittato per un piccolo pojo in mezzo all’asfalto (in tutta sicurezza, tranquille mamme). Per pranzare ci siamo fermati in un bel parchetto ombreggiato, dove poi abbiamo potuto anche giocare un po’ a calcio contro dei ragazzi svizzeri molto simpatici (perdendo alla grande). Poi ripresa la pedalata siamo arrivati con grande facilità, grazie al vento a favore, alla piccola parrocchia che ci avrebbe ospitato per la notte. La mestizia, lo scoraggiamento, la paura serpeggiavano padrone tra le nostre fila: l’immane Gran San Bernardo si ergeva minaccioso proprio sopra di noi. Per tranquillizzarci però, ci siamo goduti una bella serata con Michele, che ci ha fatto andare a letto con il sorriso.
P.S. Don Massimo batte il record forature riuscendo a scalare la vetta delle classifiche e a crearsi un distacco insuperabile rispetto a tutti gli altri contendenti.
Mercoledì 14
Per me si va nella città dolente, per me si va nell’eterno dolor… era arrivato il momento di affrontare le nostre paure più recondite: il Gran San Bernardo non aspettava che il nostro sudore; lo sentivamo… Lui voleva il nostro sangue. Per prima cosa abbiamo cercato disperatamente di alleggerirci il più possibile, ogni singolo grammo si sarebbe rivelato prezioso. Poi in Chiesa abbiamo pregato tutti i santi possibili sperando in un aiuto celeste. Partiti. La salita comincia subito: prima leggera, senza grandi difficoltà, ma era tutto un inganno: piano piano la pendenza aumentava sempre di più e la colonna cominciava a distanziarsi. I primi sçopai cominciavano ad abbandonarsi alla disperazione, ma a quel punto una piccola pausa ci ha permesso di riprendere un po’ il fiato e di rifocillarci un po’. Dopo più o meno tre ore abbiamo raggiunto il traforo, dove ci aspettava la parte più dura: sette chilometri di pura agonia; nemmeno lo stupendo panorama riusciva a distrarci. Un po’ di nutella, litri di acqua satura di Polase e via: è stata dura, ma ce l’abbiamo fatta. Giunti in cima, ci siamo abbandonati all’ozio più totale, anche se il forte vento ci intralciava nel nostro intento: paninazzi e un po’ di vino ed eravamo tutti pronti per il pojo da chilo che ci aspettava. Prima di ripartire abbiamo celebrato insieme l’Eucarestia, concludendo con un bellissimo “Signore delle cime” a quattro voci. Una volta saliti, è necessario scendere: 50 km erano più che sufficienti. Ovviamente, siccome la tranquillità non fa per noi, Luca Melissari e Samuele De Marchi hanno “deciso” di movimentare un po’ la situazione con due belle cadute davanti alla Guardia Forestale. Infine, superata Aosta, il vento ci ha inseguiti e soffiando più forte che poteva contro di noi ci ha rallentato non poco nel resto del tragitto fino a Chatillon. Giunti nella cittadina valdostana ci siamo sistemati in una gigantesca casa salesiana e siamo andati SUBITO a dormire sui bei lettucci che ci aspettavano.
Giovedì 15
Quella mattina, svegliati sollevati dalla coscienza di aver ormai superato la tappa più impegnativa, eravamo tutti di buon umore e ci aspettavano 100 km fino al Colle don Bosco, il luogo di nascita del nostro santo, dove più di 1000 giovani da tutta Italia si erano radunati per il Confronto (un’iniziativa sorta nel quinquennio di preparazione al duecentesimo anniversario della nascita di San Giovanni Bosco). Dopo un po’ di chilometri, su e giù per i rilievi della Valle d’Aosta siamo arrivati abbiamo il varcato il confine con il Piemonte e siamo arrivati a Ivrea. In questa città si trova una casa salesiana molto importante per la storia missionaria della congregazione salesiana. Lì abbiamo celebrato insieme la Messa per la solennità di Santa Maria Assunta. Riprese le biciclette abbiamo pedalato fino alla pausa pranzo con tranquillità, tralasciando i micidiali pavè ce hanno dato un buon filo da torcere al nostro Ioris. Il caldo dell’italia ha subito cominciato a farsi sentire, ormai il fresco vento svizzero era solo un ricordo. Per riposarci un po’ ci siamo fermati per la pausa pranzo tra le colline dell’astigiano. nel pomeriggio ci mancavano solo 18km, ma sotto il sole cocente e tra il saliscendi continuo ci siamo un po’ spompati, per fortuna abbiamo visto in lontananza la cupola della basilica del colle e ci siamo rincorati e abbiamo dato il nostro meglio per arrivare belli e radiosi in cima. Portando tutto il nostro entusiasmo prorompente ci siamo sistemati in un prato proprio accanto alla casa in cui don Bosco ha vissuto la sua infanzia. La sera, insieme a tutti quei giovani, abbiamo vissuto una bellissima veglia tra canti, meditazioni ieratiche sul mantra spirituale e (stavolta seriamente) una adorazione eucaristica con i fiocchi. Addormentandoci sotto le stelle abbiamo ricordato quelle notti in cui mamma Margherita contemplava il cielo con i suoi figli lodando il Signore per la sua grandezza.
P.S. Un saluto al nostro Mitja che ha dovuto lasciarci per tornare in Slovenia.
Venerdì 16
Oggi è il compleanno di don Bosco! Dopo una colazione insieme a dei nostri amici che erano arrivati al Colle per il confronto, abbiamo vissuto un momento di preghiera e di deserto proprio sui prati in cui Giovannino Bosco organizzava i suoi spettacolini e aiutava la famiglia nei campi. Insieme a don Stefano, che ci ha raggiunti per gli ultimi giorni dell’impresa, abbiamo poi partecipato all’Eucarestia con il Rettor Maggiore don Pasqual Chavez (IX successore di don Bosco a guida della società salesiana) sotto il sole luminoso (e cocente) di metà agosto. Nella predica Pasqual ci chiedeva di sognare in grande, di voler essere veri uomini impegnandoci concretamente nella nostra realtà quotidiana portando la testimonianza della gioia che abbiamo ricevuta dal Signore Gesù. Ci ha anche chiesto di non lasciare il Colle senza un impegno concreto, senza aver maturato una decisione, anche se piccola, da portare avanti con tenacia nella nostra vita. Dopo un bel pranzetto, abbiamo ripreso le bici e o, noncuranti del caldo, abbiamo lasciato il Colle per andare a visitare la casa natale di San Domenico Savio (il santo più giovane della Chiesa Cattolica e allievo di don Bosco) a Riva presso Chieri. Dopo questa pausetta abbiamo superato la piccola collina che ci separava da Torino e siamo arrivati nella città dove don Bosco ha vissuto con i suoi giovani. Ci siamo sistemati all’istituto teologico dove studiano i salesiani che stanno per diventare sacerdoti. Dopo una bella partitona a calcio, abbiamo cenato e poi ci siamo goduti una bella Torino by night con un bel gelatone.
Sabato 17
Questa mattina abbiamo cercato di fare tutto il più presto possibile dato che ci aspettava tuta Valdocco (luogo dell’oratorio di don Bosco e della grande Basilica di Maria Ausiliatrice) solo per noi. Dopo una bella pedalata per il centro, salutati con la tipica accoglienza piemontese, abbiamo raggiunto la destinazione e abbiamo potuto visitare i luoghi in cui don Bosco ha compiuto la sua opera, senza la quale, quest’esperienza dell’Impresa non sarebbe mai potuta esistere. Abbiamo pregato nella Chiesa di San Francesco di Sales, dove il piccolo Domenico aveva fondato la Compagnia dell’Immacolata e aveva vissuto l’esperienza mistica dell’estasi davanti a Gesù Eucarestia. Poi ci siamo spostati nella Cappella Pinardi, la prima chiesetta che don Bosco aveva costruito nell’oratorio, sfruttando quella piccola tettoia che gli era stata venduta per i suoi ragazzi. Infine siamo entrati in Basilica dove abbiamo pregato davanti alla grande Pala dell’Ausiliatrice, tanto cara a don Bosco, e presso le tombe del nostro santo e di Domenico Savio. Ci siamo veramente sentiti parte di una grande famiglia e tanto riconoscenti a questo santo, senza il quale probabilmente non ci saremmo conosciuti. Abbiamo poi avuto la fortuna di poter celebrare insieme l’Eucarestia nella Basilica, affidando a Maria tutta la nostra vita e tutti i nostri cari. Dopo una bella partita a calcio e un buon pranzo (durante il quale per la prima volta dopo due settimane ci siamo veramente seduti attorno ad un tavolo) ci siamo goduti un super-pojo all’ombra (eravamo tutti concordi sul fatto che la scalata al colle di Superga sarebbe potuto essere facilmente evitato). Nl resto del pomeriggio abbiamo fatto un po’ di deserto per riflettere sull’esperienza che si stava concludendo e poi abbiamo condiviso in piccoli gruppetti quello che avevamo pensato. Tornati all’istituto teologico abbiamo caricato le bici nel pullman e, dopo una bella cenetta, ci siamo goduti la nostra ultima serata insieme, divertiti dagli sketch preparati da alcuni dei nostri. Un po’ a malincuore poi siamo saliti in corriera per raggiungere Padova.
Domenica 18
Piccolo fuori programma: invece che svegliarci a Padova, ci siamo ritrovati a Castello di Godego… bo, mistero. Scaricate le bici, qualcuno si è arrangiato come poteva per dormire ancora un pochino, mentre alcuni si organizzavano per finire gli ultimi lavori prima dell’arrivo. Montati in bici siamo partiti per Treviso, dove è conservato il cuore di San Francesco di Sales. Siamo arrivati senza problemi e ci siamo divertiti un mondo all’arrivo, accolti dalle nostre famiglie. Dopo aver celebrato l’Eucarestia nella Chiesa del monastero della Visitazione (ordine fondato da questo santo e che ne conserva la reliquia) ci siamo spostati al collegio salesiano Astori di Mogliano Veneto dove abbiamo concluso ufficialmente l’Impresa Ciclistica 2013 con dei momenti di festa insieme e un buon pranzo.
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