DIETRICH BONHOEFFER: breve biografia

Potenti e drammatiche la storia e le intuizioni teologiche del pastore luterano Bonhoeffer, coinvolto nella Resistenza tedesca.

DIETRICH BONHOEFFER: breve biografia

da L'autore

del 01 gennaio 2002

Nato a Breslavia, da una famiglia dell’alta borghesia, Dietrich Bonhoeffer studia a Berlino, frequenta corsi di teologia a Tubinga e si occupa fin da giovane del problema di Dio, convinto che Dio sia, come già aveva affermato nell’Ottocento il grande e solitario filosofo danese Sören Kierkegaard, «l’infinita differenza qualitativa», e quindi radicalmente inconoscibile da parte dell’uomo.

Si laurea, consegue la libera docenza e si trasferisce a New York. In un ambiente di spiccato pluralismo religioso, accentua la sua convinzione ecumenica dell’esigenza delle varie confessioni religiose cristiane di allargare i propri orizzonti e di cercare una riunificazione radicale, sulla base della comune fede in Cristo.

Nella Resistenza tedesca

Nel 1933 la situazione in Germania precipita. Hitler diventa cancelliere. Bonhoeffer ritorna in patria e prende coraggiosamente posizione. Critica l’aspirazione del popolo tedesco di avere un «capo» e afferma profeticamente che il Führer potrà facilmente diventare un Verführer, un seduttore e un corruttore. Per queste sue opinioni, nel 1936 viene privato della libera docenza.

Torna negli Usa. Ma nel 1939, con la netta sensazione dell’imminente scoppio della guerra (comincerà il 3 settembre di quell’anno), ritorna in Germania, per essere vicino al suo popolo. Ha dapprima una grave crisi di coscienza, che supera, egli pastore luterano, decidendo di entrare a far parte della Resistenza tedesca. Motiva la sua scelta pensando che se un’auto potente, guidata da un autista ubriaco, semina la strage, non è sufficiente venire in soccorso alle persone investite, ma è necessario fermare in ogni modo il guidatore.

Etsi Deus non daretur

Intanto prosegue la sua ricerca teologica e filosofica, diretta anzitutto a elaborare un’etica della responsabilità e dell’autonomia dell’uomo, con una forte critica alla tendenza - sia luterana che cattolica - a non incarnarsi e impegnarsi fattivamente nella storia umana, confidando troppo nella vita ultraterrena. «Chi sta con un piede solo sulla terra - scrive umoristicamente Bonhoeffer - rischia di stare poi con un piede solo in cielo». Del resto l’uomo moderno sente fortissima la sua autonomia, e ha tante volte l’impressione del «totale silenzio di Dio». Continua audacemente Bonhoeffer: «Non possiamo essere onesti senza riconoscere che dobbiamo vivere nel mondo, etsi deus non daretur (anche se Dio non ci fosse). E appunto questo riconosciamo davanti a Dio! Dio stesso ci obbliga a questo riconoscimento... Dio ci dà a conoscere che dobbiamo vivere come uomini capaci di far fronte alla vita senza di lui. Il Dio che è con noi è il Dio che ci abbandona... Dio si lascia cacciare fuori dal mondo sulla croce, Dio è impotente e debole nel mondo e appunto solo così egli ci sta al fianco e ci aiuta».

Nessun Dio tappabuchi

E così egli rifiuta, facendo propria l’intuizione critica di Nietzsche, l’ipotesi di un «Dio tappabuchi», ossia di ricorrere a Dio come a una specie di bacchetta magica, capace di risolvere d’incanto tutti i problemi dell’uomo. La fede e l’annuncio di Dio non devono essere fatti in modo strumentale, prendendo occasione dalle debolezze e fragilità umane, dalla colpa o dalla morte. Dio deve essere annunciato e vissuto dal centro della vita e della intraprendenza dell’uomo. La Chiesa stessa troppe volte ha avuto a cuore solo la propria sopravvivenza, incapace così di portare un attivo contributo al mondo. Il tempo attuale esige silenzio e azione. Un autentico credente ha solo davanti a sé due compiti: pregare e operare tra gli uomini secondo giustizia, vivendo un Cristianesimo essenziale non religioso, ma capace di donare un nuovo stile di vita.

Lettere alla fidanzata

Intanto la vita di Bonhoeffer si arricchisce: nel giugno 1942 incontra Maria von Wedemayer, 18 anni. È amore a prima vista, e si arriva rapidamente nel 1943, in piena seconda guerra mondiale, al fidanzamento. Ma la situazione precipita drammaticamente. Il 5 aprile 1943 Dietrich Bonhoeffer viene arrestato a Berlino e rinchiuso nella prigione militare di Tegel, come sospetto congiurato della Resistenza a Hitler, nel clima ormai incipiente di disfatta militare della Germania nazista. In carcere Bonhoeffer scriverà varie lettere agli amici prediletti, che verranno pubblicate dopo la sua morte con il titolo di Resistenza e resa. E parallelamente egli intesse una fitta corrispondenza con Maria. Le lettere umanissime e struggenti verranno pubblicate nel 1992 in tedesco, e nel 1994 in italiano, con il titolo di Lettere alla fidanzata. Cella 92 Dietrìch Bonhoeffer. Maria von Wedemayer 1943/45.

Ne cogliamo solo qualche brano esemplare: «Ho tracciato con il gesso - scrive il 26 aprile 1944 Maria a Dietrich - una linea intorno al mio letto, larga all’incirca come la tua cella. Ci sono un tavolo e una sedia, come io mi immagino. E quando sono seduta lì, credo quasi di essere insieme a te». E il 19 dicembre 1944 Dietrich scrive a Maria la vecchia canzone d’infanzia sugli angeli, che dice: «“Due che mi addormentano, due che mi svegliano”; ma questo essere protetti mattino e sera da invisibili potenze benigne è qualcosa di cui noi adulti abbiamo bisogno non meno dei bambini. Dunque non devi pensare che io sia infelice. E poi che significa felice o infelice? Dipende così poco dalle circostanze, ma soltanto da quello che avviene nell’uomo. Io sono contento di avere te, voi, e ciò mi rende felice».

Hitler in persona dà l’ordine

Ma la situazione precipita. Vengono casualmente scoperti dalla Gestapo documenti estremamente compromettenti, da cui risulta che Bonhoeffer fa parte di un gruppo di resistenza frontale al regime hitleriano: perciò dalla più blanda prigione militare di Tegel, viene trasportato nella prigione sotterranea severissima di Prinz-Albrecht Strasse, in un regime di totale isolamento. E qui riesce ancora a mandare uno struggente biglietto di auguri natalizi a Maria, ai genitori e fratelli, con questi versi particolarmente toccanti: «Il vecchio vuole ancora tormentare i nostri cuori / ancora ci opprime il grave peso di brutti giorni; / oh, Signore, dona alle nostre anime impaurite / la salvezza per la quale ci hai creati».

Nell’imminenza dell’arrivo ormai dei Sovietici vicino a Berlino, Bonhoeffer nel febbraio 1945 viene trasferito nel famigerato campo di concentramento di Buchenwald; e poi di qui nella selva bavarese. Ma il 5 aprile la Gestapo trova casualmente altri documenti inoppugnabili, secondo i quali Bonhoeffer aveva partecipato a una congiura tesa a eliminare lo stesso Hitler. E fu Hitler in persona a dare l’ordine di uccidere immediatamente, dopo un processo sommario, i congiurati, facendo esplicitamente il nome di Bonhoeffer.

Dietrich viene rintracciato dall’ancora funzionante apparato delle SS, processato rapidamente l’8 aprile davanti alla corte marziale, e il 9 aprile impiccato nella città di Flòssenburg. Da una testimonianza precisa, sappiamo che le sue ultime lucide parole furono: «È la fine. Per me l’inizio di una nuova vita».

Maria verrà a conoscere con certezza la morte tragica del fidanzato solo nel giugno 1945. Sabrina, una nipote di Bonhoeffer, ci ha lasciato questa testimonianza su Maria: «Non avevo mai visto una ragazza così splendida. Emanava tanta vitalità e luce. Potevo ben capire lo zio Dietrich». Maria von Wedemaver morirà di cancro negli Usa nel 1977. I due eccezionali fidanzati erano stati definitivamente riuniti dalla morte, «il gran sonno che tutti ci accomuna» della sapienza greca.

Giovanni Balocco

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