Una ricerca presentata a Roma spiega le difficoltà che vivono i 7.500 minori stranieri non accompagnati presenti in Italia, e cosa prevede per loro il «decreto sicurezza». Non ancora maggiorenni, giungono in Italia da paesi più o meno lontani, per lo più distrutti da guerre e barbarie. Da soli.
del 08 giugno 2009
Non ancora maggiorenni, giungono in Italia da paesi pi√π o meno lontani, per lo pi√π distrutti da guerre e barbarie. Da soli.
Sono i minori stranieri non accompagnati, poco più che bambini che dai loro paesi raggiungono l’Italia per cercare un futuro migliore.
Le loro storie e l’accoglienza che li aspetta nel nostro paese sono l’oggetto della ricerca «Minori erranti. L’accoglienza e i percorsi di protezione», elaborata da Terre des hommes Italia e Parsec tra aprile 2008 e aprile 2009, e presentata stamattina a Roma. L’obiettivo è verificare se e come il «sistema Italia» è in grado di offrire un’accoglienza in linea con i diritti fondamentali sottoscritti dall’Italia, attraverso la firma delle tante convenzioni internazionali per la tutela dei minori.
Le stime parlano di oltre 7.500 presenze sul territorio nazionale per l’anno 2008, cifre indubbiamente inferiori al dato reale, a causa della grande diffusione del fenomeno proprio all’interno di quella zona d’ombra ancora chiamata «clandestinità».
La ricerca, condotta a livello nazionale e poi calata nella realtà di cinque città particolarmente investite dal fenomeno [Milano, Torino, Venezia, Roma e Napoli], cerca di inquadrare anche le incongruenze dell’accoglienza offerta nelle diverse regioni italiane, evidenziando un approccio ancora approssimativo e discrezionale al problema.
Maschio, indipendente e autonomo, per lo più giovanissimo [al marzo 2006 circa il 20 per cento dei minori stranieri non accompagnati presenti sul territorio nazionale aveva meno di 14 anni], e perciò fragile, spesso vittima di organizzazioni criminali specializzate nella tratta di essere umani, è questo l’identikit, secondo la ricerca, dei minori che raggiungono le coste italiane. Le rotte sono le stesse utilizzate dai flussi migratori tradizionali, simili anche le «regole d’ingaggio», ovvero cifre consistenti [3-4 mila euro] elargite ai trafficanti, in cambio di mezzi e organizzazione per affrontare viaggi che possono durare anche qualche anno, come nel caso degli afgani. In condizioni, ovviamente, disumane.
In alcuni casi, come per gli albanesi e i kosovari, è la famiglia stessa a sostenere economicamente il viaggio, investendo il minore, grazie alle rimesse mensili, di un ruolo «salvifico» per tutto il nucleo familiare, casi in cui il progetto migratorio limita e definisce anche il periodo di permanenza in Italia. Per quanto riguarda i minori rumeni o marocchini, per esempio, i debiti di viaggio sono invece più esigui e non vi sono progetti migratori ben definiti. Questi minori cercano un’occupazione che li riscatti dalle privazioni materiali dalle quali provengono, e soffrono situazioni familiari difficili di cui non si sentono parte. Non sono tanto interessati alle tradizionali proposte dei servizi [scuola, formazione, ecc…] quanto alle opportunità di immediato inserimento lavorativo.
In altri casi, invece, si tratta di scelte ben più drastiche, spesso dovute alla perdita dei genitori e dei legami familiari, causati dai conflitti in atto. È questo il caso degli afgani, pronti ad affrontare un viaggio interminabile [che fino a poco tempo fa poteva durare anche 2 o 3 anni] per fuggire dalle atrocità delle «missioni di pace» internazionali. Infine si registrano casi di minori non accompagnati che vivono in strada [a Torino si segnala il caso di numerosi ragazzi marocchini provenienti dai sobborghi di Casablanca, e a Roma dei bambini afgani trovati nei tombini della stazione Ostiense] che arrivano con gravi disturbi psichici o con dipendenze da stupefacenti, prevalentemente colla e solventi.
Per quanto riguarda il sistema di accoglienza nazionale, punti di criticità sono il riconoscimento della figura del minore straniero non accompagnato, l’identificazione delle attività consentite al minore durante la sua permanenza in Italia, in particolare la possibilità di lavorare, la conversione del permesso di soggiorno rilasciato durante la minore età in permesso di soggiorno per maggiore età al compimento dei 18 anni, e infine, l’individuazione dell’autorità competente a intervenire nel processo di accoglienza.
La ricerca è anche l’occasione per le due associazioni per lanciare un appello a governo e ministeri competenti per l’approvazione di un Piano nazionale per i minori stranieri non accompagnati e, in particolare, la promozione di un percorso uniforme di prima accoglienza sull’intero territorio nazionale.
«Abbiamo presentato questa ricerca – dice il presidente di Terre des hommes, Raffaele K. Salinari – per raccontare le enormi difficoltà in cui vivono i minori stranieri non accompagnati in Italia. Due copie sono state mandate anche ai presidenti di camera e senato, Fini e Schifani, per invitarli a riflettere sul decreto sicurezza, un progetto di legge molto pericoloso».
Rimandata a dopo le elezioni, l’approvazione del «pacchetto sicurezza» punta a aumentare le difficoltà per la richiesta del permesso di soggiorno da parte del minore al compimento della maggiore età, esponendoli ulteriormente ai rischi della «clandestinità».
Lucia Alessi
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