Dio vivrà per il suo amoreLa messa del giorno

Il vangelo di oggi, vangelo immenso, ci vieta pensieri piccoli. Se il Natale non è, io non sono. Se Cristo non è qui, la mia vita è solo una commedia piena di rumore e difurore e che non significa nulla...

Dio vivrà per il suo amoreLa messa del giorno

da Teologo Borèl

del 25 dicembre 2007

 

Dal Vangelo secondo Giovanni (1,1-18)

 

In principio era il Verbo,

e il Verbo era presso Dio

e il Verbo era Dio.

Egli era in principio presso Dio:

tutto è stato fatto per mezzo di lui,

e senza di lui nulla

è stato fatto di tutto ciò che esiste.

In lui era la vita

e la vita era la luce degli uomini;

la luce splende nelle tenebre,

ma le tenebre non l’hanno vinta.

Venne un uomo mandato da Dio

e il suo nome era Giovanni.

Egli venne come testimone

per dare testimonianza alla luce,

perché tutti credessero per mezzo di lui.

Non era lui la luce,

ma doveva dare testimonianza alla luce.

Veniva nel mondo

la luce vera,

quella che illumina ogni uomo.

Era nel mondo,

e il mondo è stato fatto per mezzo di lui,

eppure il mondo non lo ha riconosciuto.

Venne fra i suoi,

e i suoi non l’hanno accolto.

A quanti però l’hanno accolto,

ha dato potere di diventare figli di Dio:

a quelli che credono nel suo nome,

i quali non da sangue,

né da volere di carne,

né da volere di uomo,

ma da Dio sono stati generati.

E il Verbo si fece carne

e venne ad abitare in mezzo a noi;

e noi abbiamo contemplato la sua gloria,

gloria come di unigenito dal Padre,

pieno di grazia e di verità.

Giovanni gli dà testimonianza

e proclama: “Era di lui che io dissi:

Colui che viene dopo di me

è avanti a me,

perché era prima di me”.

Dalla sua pienezza

noi tutti abbiamo ricevuto:

grazia su grazia.

Perché la legge fu data per mezzo di Mosè,

la grazia e la verità vennero

per mezzo di Ges√π Cristo.

Dio nessuno l’ha mai visto:

il Figlio unigenito,

che è Dio ed è nel seno del Padre,

è lui che lo ha rivelato.

 

 

Il Vangelo di oggi, vangelo immenso, ci vieta pensieri piccoli. Se il Natale non è, io non sono. Se Cristo non è qui, la mia vita è solo una commedia piena di rumore e difurore e che non significa nulla (Shakespeare).

Se il Natale non esiste, è l’uomo che non esiste più. O, almeno, l’uomo che progettiamo e che sogniamo.

E il Verbo si è fatto carne. E venuto e ha fatto risplendere la vita.

Ma nella grotta di Betlemme c’è solo il quasi niente: un grido di bambino. E per capire meglio mi ripeto: la Parola si è fatta pianto di bambino. E si farà fame del latte della madre; e si farà lacrime per la morte dell’amico Lazzaro, si farà festa per il figlio prodigo, tenerezza per Marta e Maria, e «guai!» per i farisei.

La Parola si farà spalle per la pecora smarrita e mani che lavano i piedi dei discepoli. E poi carne inchiodata dove grida il dolore; e poi silenzio, il grande silenzio del venerdì santo, ma non per sempre. E sarà pietra rotolata via il mattino di Pasqua e nome pronunciato con amore, come nessuno, per Maria di Magdala e per Pietro, tre volte, sul lago.

Dio viene come un bambino: un neonato non può far paura, si affida alle tue mani, vive solo se qualcuno lo ama.

Così le madri fanno vivere i loro figli: li nutrono di latte e di sogni, ma prima ancora di amore. Gesù vivrà perché è amato. E oggi Dio vive tra noi per il nostro amore. Vive lì dove tu abiti, solo per il tuo amore. Ora sta a noi aiutare Dio a essere vivo in questo mondo (H. Illesum), a incarnarsi ancora in queste case, in queste strade, in questa città. Nasce in quegli uomini che vogliono diventare tanto piccoli e tanto liberi da essere incapaci di aggredire, di odiare, di minacciare.

Nasce solo in uomini che vogliono essere tanto piccoli, tanto liberi da pensare con il cuore. E assurdo questo? Forse sì. Forse è anche illogico. Ma la vita del cristiano è comprensibile solo se in essa c’è qualcosa di incomprensibile (S. Weil), un di più, un sogno, un angelo, una croce, un presepio.

Il miracolo è che Dio non plasma più l’uomo con polvere dal suolo, dall’esterno, come in principio, ma che si fa lui stesso argilla plasmata, bambino di Betlemme e carne universale.

I Padri antichi ripetono che Cristo è l’uomo universale, non è solo l’uomo di Nazaret. Allora non è vero che l’uomo può salvarsi solo rinnegando la natura umana. Allora non è vero che l’uomo nella sua radice è cattivo, non è vero che l’uomo si salva solo contraddicendo il cuore e le passioni.

C’è un frammento di Logos in ogni carne, c’è qualcosa di Dio in ogni uomo, c’è santità in ogni vita, c’è quello che gli angeli diranno nel cielo di Betlemme: la buona volontà, la volontà di amore. E ci salveremo anche dicendo sì alla natura umana, a questa carne abitata dal cielo, dicendo sì a tutto ciò che è libero da inganno e da violenza, perché strade di luce stanno nascendo, sono ormai aperte dentro di noi.

 

 

E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi

 

Siamo invasi dalle parole:

da quelle altisonanti a quelle astute,

da quelle futili a quelle velenose.

Per questo, Signore Ges√π, ci portiamo dentro

il desiderio di una Parola autentica,

capace di donare vita, di trasmettere speranza,

di infondere fiducia, di generare amore.

Sei tu questa Parola

capace di chiamare all’esistenza,

di trasformare la storia, di raggiungere i cuori,

Parola fatta carne per la nostra salvezza.

 

Siamo abbagliati da tante luci

che solcano la nostra oscurità:

piccole e grandi, tenui e forti,

allegre e tristi, fredde e colorate,

ognuna con la pretesa di mostrarci

il vero volto della realtà,

Ma solo tu sei la Luce

che rischiara il mondo,

che raggiunge la profondità dei cuori,

che scandaglia gli oceani,

che traccia la strada della felicità.

 

A coloro che ti accolgono

tu dischiudi una vita nuova,

libera da timori e da smarrimenti:

la vita dei figli di Dio.

Tu sei dunque la Parola e sei la Luce,

sei la Vita che trabocca e che si dona,

sei la Grazia che trasforma e rende nuovi.

 

Roberto Laurita

Ermes Ronchi

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