Che cos'è la fede e cosa significa aver fede... La fede è una questione di “cuore”, di “testa” e di “volontà”, una questione che impegna l'uomo nella sua totalità, una questione di vita. È il nostro rispondere continuamente "sì" a Dio che si rivela, si presenta a noi e ci parla ininterrottamente nelle vicende quotidiane della vita. Ma la fede ha anche i suoi momenti di crisi, di difficoltà, di oscurità.
del 13 gennaio 2012 (function(d, s, id) { var js, fjs = d.getElementsByTagName(s)[0]; if (d.getElementById(id)) return; js = d.createElement(s); js.id = id; js.src = '//connect.facebook.net/it_IT/all.js#xfbml=1'; fjs.parentNode.insertBefore(js, fjs);}(document, 'script', 'facebook-jssdk')); 
          La fede è una questione di “cuore”, di “testa” e di “volontà”, una questione che impegna l’uomo nella sua totalità, una questione di vita. È il nostro rispondere continuamente 'sì' a Dio che si rivela, si presenta a noi e ci parla ininterrottamente nelle vicende quotidiane della vita. Ma la fede ha anche i suoi momenti di crisi, di difficoltà, di oscurità. E probabilmente anche la crisi delle vocazioni dipende dalla crisi della fede del nostro tempo. Ecco allora un piccolo vademecum per vivere a pieno il nostro sì a Dio. 
          San Giovanni Damasceno diceva che se un pagano ti chiede cosa sia la fede tu non rispondergli, ma prendilo per mano, portalo nell’interno della tua chiesa e mostragli le sue immagini, i suoi dipinti, le sue opere. Forse perché l’arte è l’espressione visibile di quella esperienza invisibile che è l’incontro col Dio che si rivela, incontro che “ispira” profeti a parlare in nome di Dio e artisti a dipingere il Suo volto. La fede, dunque, non può essere spiegata, ma semplicemente raccontata, nella speranza che chi ascolta possa farne un'esperienza simile. Anche la Bibbia lo sa. Essa è un bene così grande che risulta più facile descriverla con dei modelli che con le parole. Così, ad esempio, per aiutare i cristiani ebrei vacillanti nella loro fede a causa delle persecuzioni, l’autore della Lettera agli Ebrei contempla la potenza vittoriosa della fede nella vita dei padri, facendo vedere che tutto quello che vi è di grande nella storia del popolo di Dio è frutto della fede. 
          Con Benedetto XVI siamo convinti che anche noi ci troviamo a vivere in un tempo di “profonda crisi di fede” e dunque anche noi abbiamo bisogno di modelli, di persone che ci mostrino con i fatti che cosa significa e cosa comporta concretamente dire sì a Dio che si rivela. Come Maria di Nazaret che è beata proprio perché ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto (Lc 1,45).
          Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola». E l’angelo si allontanò da lei (Lc 1,38). Queste semplici parole sono un’esauriente testimonianza di che cos’è la fede e cosa significa credere. Maria si trova coinvolta in una relazione col Dio vivente, che prende l’iniziativa e col quale instaura un dialogo, fondato sull’intelligenza, sulla libertà e sul riconoscimento della fedeltà di Colui che le parla. Questo dialogo, al cui centro c’è il disegno di amore salvifico, una parola-evento, un’auto rivelazione di Dio, esige una risposta consapevole e libera, che implica abbandono completo a ciò che è imprevedibile, ma che genera un’unione feconda. 
          La fede, in quanto risposta del cristiano al Dio trinitario che si rivela in Gesù Cristo, senza il legame alla rivelazione soprannaturale non ha senso. La fede, dunque, si fonda sulla manifestazione dell’amore di Dio per l'uomo in Gesù, sperimentato e, nei limiti del possibile, compreso. Inoltre è una virtù chiamata teologale o divina non soltanto perché si riferisce a Dio, ma anche perché è Dio a renderla possibile, a offrirci la grazia di credere. Essa ha Dio come oggetto e insieme ci proviene dalla sua benevolenza, è la vita divina in noi, la risposta che lo Spirito Santo suscita in noi di fronte alla Parola-evento che ci raggiunge tra le mille pieghe della nostra vita quotidiana e nelle circostanze più diverse. Infine, è proprio questo fondamento irrinunciabile all’esperienza col trascendente che ne fa un vissuto in chiaroscuro, di luce e di ombra, di certezze e di dubbi.
          Lo studio del vocabolario biblico evidenzia che la fede ha due poli: la fiducia che si pone in una persona «fedele» e che impegna tutto l'uomo; e dall'altra parte, un moto dell'intelligenza, cui una parola o dei segni permettono di accedere a realtà che non si vedono. La fede, dunque, è una questione di “cuore”, di “testa” e di “volontà”, una questione che impegna l’uomo nella sua totalità, una questione di vita. È il nostro rispondere continuamente 'sì' a Dio che si rivela, si presenta a noi e ci parla ininterrottamente nelle vicende quotidiane della vita. Credere, dunque, ci apre alla vita divina, ci fa entrare in dialogo con il Signore, a cui possiamo dire: 'Tu sei mio', ed egli può dirci: 'lo sono tuo'. Con la fede, cioè, ci leghiamo in strettissima relazione con Dio Padre, Figlio, Spirito Santo, nel tempo e nello spazio della storia.  
Relazione, dialogo e risposta sono i cardini su cui ruota la “porta della fede”. Attraversare quella porta comporta immettersi in un cammino che dura tutta la vita (Benedetto XVI).  
          Ma chi è veramente questo Dio che aspetta una risposta? E chi è veramente l’uomo che è interpellato? E quale il senso delle circostanze in cui si svolge la trama di quest’esperienza? Come ogni relazione ha i suoi momenti di crisi, come ogni dialogo ha le sue incomprensioni e ogni risposta le sue resistenze, così la fede. Sì, perché lo dicevamo prima, la fede è una questione di mente, di cuore e di volontà in una relazione che ci coinvolge con un Altro che ci trascende, in situazioni talvolta incomprensibili. La fede è un cammino, la fede è una lotta. 
          Così scriveva sul suo cellulare Leo, il giovane protagonista del primo romanzo di Alessandro D’Avenia: “…dici di essere padre nostro, ma sembri startene troppo tranquillo nei cieli… non posso accettare la tua volontà, perché non ha senso quello che stai facendo con Beatrice. Se sei onnipotente: salvala. Se sei misericordioso: guariscila. Mi hai messo un sogno nel cuore: non portarmelo via. Se mi vuoi bene: dimostramelo. Tu dici di essere la vita, ma la vita te la prendi. Tu dici di essere l’amore, ma l’amore lo rendi impossibile. Tu dici di essere la verità, ma la verità è che non ti importa di me e che non puoi cambiare le cose. Non mi stupisce che nessuno ti creda”.
          Ci sono difficoltà provenienti dalla ragione, che interessando i contenuti della fede ci assalgono e ci disturbano: sono i grandi perché dell’esistenza, come quelli che nascono davanti al dolore, al male e alla morte. In questo caso possiamo affrontare tali difficoltà confrontandoci con chi già è passato per queste strade, informandoci e approfondendo le questioni con la pazienza e l’umiltà di metterci di fronte a Dio e implorare la luce dello Spirito. Per questo è estremamente importante leggere la Scrittura, il Vangelo, che ci pongono davanti la vera immagine di Dio, che suscita e nutre la fede. Tre giorni fa abbiamo soccorso due persone mangiate vive dai vermi – scriveva Madre Teresa all’arcivescovo - …il vecchio ha chiesto una sigaretta e, meraviglia di Dio, nella mia borsa c’erano due pacchetti delle migliori sigarette: un uomo ricco me le aveva date quella mattina per strada. Dio aveva pensato al desiderio di quel vecchio. Perché le scrivo queste stupide cose mentre lei è occupato con altre ben più importanti? Perché è il primo articolo del “Credo” dei nostri poveri. Il Dio bambino mite ed umile, che ha scelto ciò che nel mondo è stolto, debole e ignobile manifesta il suo amore tenero nei piccoli dettagli che solo occhi credenti possono riconoscere.
          Ci sono difficoltà che nascono dal cuore, con i suoi sentimenti. Per esempio, quando non sentiamo più niente, siamo aridi, il Signore non ci parla, non ascolta la nostra preghiera, è diventato muto. Cosa fare? Bisogna anzitutto ricordarsi che in queste difficoltà di ordine sentimentale, la fede si purifica, non diminuisce. Quando siamo nell'aridità o nell'oscurità, infatti, comprendiamo che Dio è “altro” da noi, che non si identifica con in nostri sentimenti, con i nostri gusti, con le nostre immagini, ma è sempre al di là. Allora la fede diventa più autentica, più pura e, perseverando nel deserto, noi scopriamo il vero volto di Dio. È necessaria dunque una grande perseveranza, è necessario un grande coraggio per resistere alle tentazioni contro la fede che nascono dal non sentire, dal non gustare; dobbiamo pregare insistentemente e chiedere i doni dello Spirito, affermando risolutamente, con un atto di fede, la nostra fiducia in quel mistero di Dio che non è legato all'esperienza sensibile. Così la fede si solidifica, si irrobustisce. 
          Infine, le difficoltà di fede possono essere causate da una cattiva volontà. Questo capita quando scegliamo, per esempio, di operare contro i comandamenti, e preferiamo dire no a Dio che ci parla nell’intimo della coscienza. Non poche difficoltà nella nostra vita di fede derivano purtroppo dal fatto che la nostra vita cristiana, i nostri comportamenti non sono conformi al Vangelo. Occorre dunque un cammino di conversione che ci porti a pensare e ad agire secondo la verità e la voce del Vangelo che risuona nel nostro cuore. Occorre, anche in questo caso, un cammino di preghiera per implorare dallo Spirito i suoi doni. E il credere ci sarà più facile.
          Un’ultima osservazione. La vocazione è come il secondo passo di questo cammino relazionale con Dio che si rivela. È il sì al Dio che rivelando se stesso manifesta il suo disegno di salvezza universale di salvezza e chiede collaboratori a tempo pieno per poterlo realizzare. Ma se si inciampa al primo passo come può esser fatto il secondo? La crisi delle vocazioni non dipende forse dalla crisi della fede del nostro tempo? Quando il Signore chiama qualcuno in maniera particolare… gli domanda una preferenza assoluta per la sua persona e per l’opera del suo Vangelo: “Seguimi”. Questa preferenza è seducente; essa presuppone un atteggiamento di fede molto salda. È qui, cari figli, il nodo del problema delle vocazioni (Paolo VI).
Francesco Bruno
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