Qual è l'uomo che può decidere che una vita debba avere fine? Sia questa vita la propria o quella di un altro.
del 06 novembre 2008
La mamma, quasi ottantenne, di un mio amico ha avuto un ictus ed è semiparalizzata. Già con problemi di vista ora deve giacere inerme a letto. La situazione è tale per cui, dopo alcuni mesi di ospedale, viene spostata in una casa di riposo. Qui riceve le cure e le attenzioni necessarie.
I suoi figli, genitori con tre figli ciascuno, a turno, si recano quotidianamente da lei.
Un’ora e mezza all’andata. Altri novanta minuti al ritorno.
In questi giorni di degenza in questa casa di riposo la mamma del mio amico è colpita da  un altro ictus. I pochi gesti con i quali comunica con i figli si diradano fino a scomparire.
I figli ogni pomeriggio la raggiungono per una carezza, per un gesto, per chiacchierare con lei che silente giace al loro fianco.
Una domanda mi continuo a porre: ha senso vivere così? Ha diritto anche lei a vivere sino all’ultimo istante concessole?
 
Che risposte dare a queste domande? C’è una falsa carità che per rispettarne la dignità (?) direbbe di spegnere questa vita. In alcuni paesi è già possibile e l’art. 8 della Convenzione Europea sui diritti umani stabilisce che decidere su come porre termine alla propria vita fa parte dell’inviolabilità della privacy di ogni cittadino. La privacy per potersi suicidare (viene definito infatti suicidio assistito)?
 
Ma è giusto? Qual è l’uomo che può decidere che una vita debba avere fine? Sia questa vita la propria o quella di un altro.
Nessuno può disporre di una vita altrui. Se lo facesse romperebbe gli argini.
Si abbasserebbe la soglia del possibile. Dapprima si inizierebbe con lasciar morire, per carità ovviamente, chi non ha che la morte come prospettiva (attenzione: ce l’abbiamo tutti!). Poi si arriverebbe, inesorabilmente, nel tempo, al vecchio solo che non soffre nel corpo ma che, per pietà, non può più vivere da solo e quindi… E poi…
Inverosimile? La storia insegna. La legge sull’aborto (interruzione di gravidanza per chi vuol essere politicamente corretto) aveva posto dei paletti. Il testo è chiaro. Ci sono una serie di passi prima di arrivare all’aborto. Eppure.. dopo 30 anni da quella legge, in ospedale, una signora può entrare, chiedere di abortire, firmare una carta e, lo stesso giorno uscire. Come se avesse fatto una seduta dal dentista!
 
Dice il criminologo Nigel Walker:
«La legislazione di una generazione diventa la morale della generazione seguente».
Questo è avvenuto pure col divorzio. E non sembra che la società ne stia beneficiando…
 
Se si esamina il diritto internazionale si incontrano due documenti importantissimi che fanno esplicito riferimento al “diritto alla vita”: l’art. 3 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, approvata a New York il 10 dicembre 1948 (“Ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà e alla sicurezza della propria persona”), e l’art. 6 del Patto internazionale sui diritti civili e politici, approvato a New York il 16 dicembre 1966 (“Il diritto alla vita è inerente alla persona umana. Questo diritto deve essere protetto dalla legge. Nessuno può essere arbitrariamente privato della vita”).
 
Un cristiano in cerca di risposte può far anche riferimento al Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica che, in riferimento al Quinto comandamento (Non uccidere), alla domanda “Perché la vita umana va rispettata?” risponde [466]: Perché è sacra. Fin dal suo inizio essa comporta l'azione creatrice di Dio e rimane per sempre in una relazione speciale con il Creatore, suo unico fine. A nessuno è lecito distruggere direttamente un essere umano innocente, essendo ciò gravemente contrario alla dignità della persona e alla santità del Creatore. «Non far morire l'innocente e il giusto» (Es 23,7).
 
La mamma del mio amico è morta. Il buon Dio ha saputo chiamarla al momento giusto.
I suoi figli hanno ringraziato per il tempo concesso loro per accompagnarla in questi giorni di sofferenza.
 
Comitato VIS San Marco - Pier
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