E la strada si apre!

Pellegrinaggio ad Assisi!

La vita, come risaputo, è il viaggio più lungo, il cammino più faticoso. Lo zaino che ognuno porta sulle spalle è colmo di beni, alcuni essenziali, altri superflui, utili solamente ad appesantire e affaticare ogni passo. Come un pellegrinaggio è la vita, e come la vita è il pellegrinaggio che abbiamo compiuto seguendo i passi di san Francesco d’Assisi, un uomo che più di tutti è stato capace di disfarsi dei pesi che portava con sé per vivere una vita umile donata agli altri, con lo sguardo rivolto sempre verso l’Essenziale.

“Tanto è il bene che mi aspetto che ogni pena mi è diletto”. Con questa frase nel cuore abbiamo iniziato il nostro cammino dalla Verna, il monte che Francesco ha scelto come luogo di preghiera e di incontro con il Signore. Un vento forte ci ha accolti, spingendoci a compiere il primo passo: iniziare a maturare nel nostro cuore la grazia da chiedere nel nostro cammino fino ad Assisi, meta del nostro pellegrinaggio. Fin da subito, quindi, è stato chiaro che i passi che ci venivano chiesti non erano solo fisici, ma anche spirituali. Spinti dalla via, ci siamo trovati a camminare accanto a sconosciuti che in poco tempo sono diventati compagni di cammino, indispensabili presenze per ognuno. Quante sono state le mani tese a rialzare chi, stanco, si sedeva sul bordo della strada, quanti i sorrisi a risollevare dallo scoraggiamento, quante le condivisioni che hanno fatto camminare il cuore! Ognuno percorreva un doppio cammino, assaporando ogni luce e accogliendo ogni fatica, nell’anima e nel corpo; ogni passo si faceva sentire, soprattutto nelle lunghe salite sotto il sole caldo, nel silenzio del raccoglimento personale che ha accompagnato molta della nostra strada. Dagli scherzi, dalle battute, dalle ciambelline e i succhetti, ai canti, alle chiacchierate, fino alla nascita di nuove amicizie, alla confessione e alla messa quotidiana, ai rosari sgranati insieme ai passi: tutto ha reso questo cammino più di un cammino. Siamo tornati alle nostre case grati delle meraviglie che abbiamo visto e vissuto, del creato che dall’alba al tramonto ci si presentava in tutta la sua bellezza e ci accompagnava nella strada. A volte bastava davvero un panorama per riuscire ad andare avanti. Questo pellegrinaggio ci ha fatto camminare con san Francesco e la sua vita, le sue amicizie, le sue fatiche e le paure di cui non aveva paura: come Francesco, anche a noi tutti è stato chiesto di scavare a fondo dentro la nostra vita per accogliere le paure che portiamo dentro, scoprendo che proprio dalle nostre fragilità e dai nostri timori affidati alla misericordia di Dio può nascere un seme di bene da donare agli altri. Grazie al nostro cammino abbiamo avuto modo di comprendere come le fatiche siano davvero nulla di fronte alla meraviglia che ci aspetta: ogni salita veniva accolta come parte del percorso, necessaria per giungere ad Assisi, e ci rendeva grati per i compagni di cammino, grati per la natura che ci accompagnava, per le persone che abbiamo incontrato per la strada. Non importava quanti chilometri mancassero ancora, quante ore di cammino, dove e quando ci saremmo fermati, quanti letti, quante docce avremmo trovato. Ci è stata data la possibilità di vivere ogni momento, sentire ad ogni passo la strada srotolarsi sotto i nostri piedi, vivere appieno le relazioni tra noi, spogliarci delle maschere e rivelarci ognuno nella propria verità, fragilità e bellezza. Abbiamo sperimentato il servizio, il dono che siamo per gli altri e il dono che gli altri sono per noi, perché tante volte abbiamo dovuto mettere da parte il nostro io e lasciarci aiutare, amare, abbracciare da chi avevamo attorno. Giunti ad Assisi, l’emozione era tanta, come quella di una sposa che vede il proprio sposo il giorno delle nozze, consapevoli che tutti i passi fatti fino a lì non erano che il riscaldamento per iniziare un nuovo cammino fatto di salite, fatiche, discese, vissuto nella quotidianità della vita di tutti i giorni. Siamo adesso chiamati a testimoniare che, come direbbe Marco Gallo, “si può vivere così”, confidando nel Signore e nella sua Provvidenza, tanto cara a Francesco come a don Bosco, che abbiamo avuto modo di sperimentare nel nostro pellegrinaggio più volte, come nella strada per Gubbio, quando un uomo ci è venuto incontro con un sacchetto pieno di gelati. Ci ha lasciati senza parole quando, al nostro chiedergli chi fosse, ci ha risposto: “sono uno che passa”. È stato uno dei tanti incontri importanti, un esempio di come sia semplice farsi prossimi per essere dono gratuito e strumento di chi, da lassù, accompagna ogni nostro passo. La sfida, adesso, è continuare a vivere da pellegrini. Quindi…buon cammino!

 

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