Il Vangelo commentato dai giovani e dai salesiani. Prenditi un tempo di meditazione sulla Parola di Dio.
Dal Vangelo secondo Matteo (16,13-20)
In quel tempo, Gesù, giunto nella regione di Cesarèa di Filippo, domandò ai suoi discepoli: «La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?». Risposero: «Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elìa, altri Geremìa o qualcuno dei profeti».
Disse loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente».
E Gesù gli disse: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli».
Allora ordinò ai discepoli di non dire ad alcuno che egli era il Cristo.
Commento al Vangelo
Questo brano – coinvolgente, datore di vita, esigente – è inserito nel contesto della drammatica opposizione tra Gesù e gli uomini aggrappati solo all’Antico Israele.
È ancora più importante il fatto che Matteo non voglia riferirsi solo ad avvenimenti precisi e circostanziati, per noi, svoltisi nel passato. Non si rivolge esclusivamente alle persone concretamente presenti a ciò che viene narrato. Invece, si parte dall’“In principio” (Mt 1,1) e viene raggiunta “La fine del mondo” (Mt 28,20). L’opera di Matteo dunque “vuole abbracciare la storia intera, dal principio alla fine: in Cristo tutta la storia trova il suo senso e il suo valore” (Claudio Doglio): Gesù non abolisce l’Antico Testamento, ma lo porta a compimento. Anche per noi, l’incontro con il Signore risorto non annulla la storia, le ferite, i cammini travagliati… e tutto ciò che fa parte di noi. Invece, accoglie tutto quanto, addirittura cancella il peccato di colui che si lascia riconciliare, offre un significato preciso alla nostra esistenza.
In alcuni libri di commento al vangelo di Matteo, questo intero brano viene denominato “Il primato di Pietro”. Ma si tratta della grandezza di una persona umana o dello Spirito Santo che ha agito in lui e gli ha permesso una tale precisa professione di fede, vocazione e missione? Dobbiamo stare un po’ attenti, altrimenti quel “Tu sei Pietro” diventerà solo oggetto di drammatiche divisioni e guerre. Invece si tratta di un dono che viene da Dio. Il resto mi pare sia strumentalizzazione, dall’una e dall’altra parte.
Forse Gesù, anche oggi, desidera accompagnarci – con Pietro che ci “presiede alla comunione delle chiese” (Sant’Ignazio di Antiochia, secondo secolo) – molto più lontano.
Mi soffermerei, in particolare, su un passaggio interno al testo che pare assolutamente fondamentale.
Prima si parla delle opinioni della “gente”.
Poi il dialogo si fa veramente serrato e Gesù giunge a chiedere di tratteggiare in maniere definita la posizione del “voi”.
Prima si riferiscono le chiacchiere, i pettegolezzi altrui.
Poi Gesù si rivolge (come abbiamo visto prima) ad ogni uomo e donna della storia intera. Ognuno viene attirato nel dialogo e, a partire da Pietro docile allo Spirito Santo, la domanda viene rivolta a ciascuno: avanti e indietro nel tempo.
Oggi, sia personalmente che come comunità, Gesù si ferma e chiede: “IO, GESÙ, CHI SONO PER TE?”
Le risposte potrebbero essere innumerevoli, specialmente in questi tempi in cui tanti – anche all’interno della Chiesa – cercano di ritrarre Gesù a propria immagine e somiglianza. Invece capita proprio il contrario, almeno nella parola di Dio! È Gesù che ci dona la sua figura autentica.
Noi cerchiamo di mettere d’accordo a tutti i costi bene e male.
In fondo, pretendiamo che il Signore Gesù e il disgraziato infelice diavoletto, alla fine, si mettano d’accordo, smettano di litigare (specialmente nel terreno delle nostre scelte). Così, ormai liberi da ogni consapevolezza della distanza ipersiderale tra la grazia e il peccato, potremo agire con una libertà assurda, perché vuota di direzione e responsabilità.
È proprio come se avessimo a disposizione un grandioso motore Ferrari, ma… senza carrozzeria intera e soprattutto mancante di un pilota.
Come Pietro, lo Spirito Santo ci illumini, affinché avvenga lo scoppio di una vocazione e una missione vissuta in pienezza, “come piace a Dio”.
Commento di: don Paolo Mojoli
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