Credere e dare fiducia. E, ha chi ha il compito di educare, dico: «Agite con il cuore!». Tutti ne parlano, ma non è una novità! Da sempre l'uomo e la donna sono contenti quando vivono dei buoni rapporti con altre persone nel quotidiano della propria esistenza. Anche Gesù ha vissuto tra noi, in una rete di rapporti, che ce lo hanno fatto sentire “uomo” come noi!
del 19 dicembre 2008
Tutti ne parlano, ma non è una novità!
Da sempre l’uomo e la donna sono contenti quando vivono dei buoni rapporti con altre persone nel quotidiano della propria esistenza. Anche Gesù ha vissuto tra noi, in una rete di rapporti, che ce lo hanno fatto sentire “uomo” come noi!
Si è circondato di amici con mille difetti e limiti, che spesso lo hanno deluso, abbandonato, lasciato solo.
 
Uno dei migliori del gruppo, messo alla prova, lo ha tradito tre volte; un altro lo ha addirittura venduto, messo all’incanto per trenta denari! Ma Lui, l’Infinito nella bontà e nell’amore, non si è vendicato, li ha colmati invece di una ventata di Spirito Santo, che li ha trasformati in “amici veri”.
Saranno loro il seme del Vangelo sparso sulla terra, per diffondere la sua parola, la sua testimonianza, la sua Chiesa, “casa tra le case”, luogo della speranza e della fraternità, che è un gradino dell’amicizia, più facile da costruire perché in parte ripaga quanto viene donato, mentre l’amore richiede una gratuità senza limite, senza contraccambio.
 
Il rapporto in educazione è essenziale. Don Bosco, cresciuto nei primi anni della sua vita senza padre, ha avvertito subito l’importanza di un rapporto educativo con una persona adulta, che lo ascoltasse e lo aiutasse a chiarire il suo percorso di vita.
Voleva fare il prete per essere il prete dei ragazzi, perché ai suoi tempi non era facile trovarne uno che stesse con loro. Era considerato tempo perso e il distacco tra il ragazzo e il prete portava spesso all’abbandono della fede. Diventato lui prete, ha colmato subito questa distanza, andando incontro loro anche nel gioco pur di condurli a Dio.
 
Era il suo un rapporto educativo avvolto di amorevolezza, di paternità, di fiducia, di affetto, di accoglienza, di perdono, di fantasia, di creatività: ti voglio bene, ci tengo a te, ma tu devi impegnarti a crescere, tu devi essere responsabile dei “talenti” che hai ricevuto!
Era esigente nel chiedere quanto un ragazzo poteva dare, insegnando loro a saper ricavare, anche dall’errore, una via di uscita per ricominciare da capo in novità di vita.
 
Pochi giorni fa, un padre di famiglia, esasperato per il figlio umiliato da gesti di bullismo, era pronto a denunciare “i carnefici”.
Presente all’assemblea con i genitori e i figli, mi era venuto naturale pensare a come si sarebbe comportato Don Bosco. Mi sono rivolto allora al cuore del padre, invitandolo a riflettere sul tema dell’errore ma anche su quello che è proprio di Dio: la legge del perdono, della speranza, della riconciliazione, dell’offrire a chi ha sbagliato la carta del riscatto…
 
A quanti hanno scelto di fare l’educatore, a quanti hanno scelto di generare dei figli o delle figlie è richiesto di agire con il cuore: “L’educatore deve coltivare prima e far sgorgare poi all’interno del proprio cuore ragione, religione, amorevolezza, facendo dell’amorevolezza la punta di diamante, l’attuazione pratica di quanto religione e ragione propongono” (P. Chavez, Rettore Maggiore dei Salesiani).
Paolo VI, arcivescovo a Milano, in un suo discorso ai salesiani e ai loro ragazzi parlava in una presenza educativa, che era carità che sapeva farsi amare, fatta di vicinanza affettiva ed effettiva, di partecipazione, di accompagnamento e di animazione, di testimonianza e proposta vocazionale.
 
Quando un ragazzo incontra un educatore, capace di rapporti umani e significativi, non lo dimentica, entra a far parte della sua vita.
Ad un dibattito sull’emarginazione, a fine spettacolo, in un teatro di Torino, un giovane, salito sul palcoscenico con la sua bambina, aveva dichiarato pubblicamente: “Io debbo al mio educatore se oggi ho una mia famiglia, una mia figlia. Lui ha creduto in me, loro (accennando agli altri animatori presenti in sala) mi hanno ridato la speranza, dopo che avevo perso la mamma per colpa di mio padre, che me l’aveva uccisa davanti ai miei occhi”.
 
Credere e ridare fiducia non è altro che costruire un rapporto con lui, in un ambiente dal cuore oratoriano, perché respira ottimismo, allegria, pazienza e gioco, respira della bontà e misericordia di Dio.
 
don Vittorio Chiari
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